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INSEGNARE LA RELIGIONE CON
             L’ARTE
QUESTIONI GIUSTIFICATIVE E MODELLO DI ANALISI DEL TESTO-ARTE
             Maria Franca Tricarico – ed. Elledici, 2002




           Annunciazione del corridoio Nord, affresco di Beato Angelico nel
                       convento di San Marco – 1440 - 1450
Andrea della Robbia, Annunciazione, 1490 circa, Firenze, Museo dello Spedale degli Innocenti
COS'È COMUNICAZIONE
Senza la pretesa di inoltrarci nell'ambito episte-mologico della comunicazione, né
di esaurirne tutte le definizioni, cosa del resto impossibile se si considera che
sono sempre più numerose le discipline che se ne interessano, è sufficiente dire,
in termini generali, che si possono individuare due definizioni di comunicazio-ne,
peraltro sempre chiamate in causa ogni qualvolta ci si accosta a questa realtà
complessa e variegata e si tenta di teorizzarla.

La prima definizione fa riferimento al «circuito seduttivo» nel senso che il
processo comunicativo prevede un emittente il quale invia un messaggio ad un
ricevente con lo scopo di provocare in questo un ben preciso effetto.

La seconda definizione intende la comunicazione come un «processo
cooperativo», ossia come processo di negoziazione, di scambio e di creazione di
significati.
In guest'ottica è chiaro che la comunicazione fa riferimento al processo di
interazione fra emittente, messaggio e destinatario. Precisamente, si tratta di un
processo che vede implicati l'emittente nella costruzione del messaggio, e il
ricevente nell'attività interpretativa mediante la quale ricostruisce il messaggio.
Questo significa che un messaggio è un oggetto materiale, un intreccio di segni
(testo) che incomincia a vivere, cioè a significare nel momento in cui viene letto
(percepito), compreso e interpretato.
Questo secondo approccio alla comunicazione, ed è quello che per il nostro
argomento ci interessa, è di tipo strutturale proprio perché si focalizza sulle
relazioni che intercorrono fra le componenti necessarie per la costruzione di
significati. Queste possono essere così identificate:


     il testo e i segni che lo compongono;
     colui che «legge» il testo-arte alla luce della sua esperienza culturale e
    sociale, esperienza che gli consente non solo di usare, ma anche di
    comprendere e di interpretare certi segni;
     la consapevolezza che un testo dice oltre se stesso (dal senso letterale
    al senso simbolico).

    Il modo con cui l'interazione fra le componenti indicate produce significato
    è oggetto di studio della semio-tica, la scienza che si interessa dei segni.
    E l'arte cristiana è appunto un sistema segnico che veicola significati.
L'ARTE NEL CONTESTO COMUNICATIVO
L'opera d'arte, nel nostro caso l'arte cristiana, è un testo, un insieme
complesso di strutture segniche sistemiche che vanno lette, comprese e
interpretate. Ciascuna struttura è portatrice di significato e contribuisce,
insieme ad altre, a creare il significato complessivo dell'opera. In altri termini,
l'arte cristiana generalmente non «fotografa» un evento singolo della
storia della salvezza, ma riunisce vari eventi e li rappresenta insieme per
richiamare, con la forza della sintesi, il significato e il valore di un fatto
salvifico.
In questo senso, il testo-arte cristiana può essere oggetto di considerazione
semiotica.
Al riguardo, A. Grabar dice che mettendo l'accento sull'analisi delle forme e
sulle tecniche artistiche, si è rinunciato allo studio del valore semiotico delle
immagini, cioè della loro iconografia. Al contrario, il valore semiotico del testo-
arte va riconosciuto e riconsiderato proprio perché esso è costituito da segni
molteplici i quali intessono trame espressivo-comunicative.
L'arte cristiana, dunque, è un prodotto di significazione e, pertanto, di
comunicazione.
Il messaggio di questa comunicazione continua, lungo i secoli, ad essere
potenzialmente leggibile, comprensibile, interpretabile da ogni destinatario,
continua ad essere una potente forma espressivo-comunicativa dei
contenuti della religione.
L'ARTE QUALE ESPRESSIONE DEL «RELIGIOSO»
Le radici dell'arte come forma di comunicazione simbolica con il trascendente
affondano nella preistoria.
 Le prime espressioni religiose dell'uomo primitivo si trovano nelle pitture
rinvenute sulle pareti e sulle volte delle caverne scoperte nell'area mediterranea.
Le incisioni rupestri che rappresentano animali e figure antropomorfe in scene di
guerra o in scene corali di danze sacre, sono tutte testimonianze che svelano non
solo le abitudini di vita dell'uomo preistorico, ma anche le sue credenze, il suo
intessere, una rete di rapporti di tipo simbolico per comunicare con i propri simili,
con la natura (magia) e con il trascendente (religione).
Nel corso dei secoli, l'arte pittorica, musiva, architettonica si fa ,via via, sempre di
più spazio del e spazio per il divino fino a diventare, con il cristianesimo,
espressione di fede e al servizio della fede.

Il testo-arte cristiana è una potente forma espressivo-comunicativa dei dogmi
e della predicazione. Se è vero, infatti, che la religione cristiana è stata conservata
e tramandata attraverso le formule dogmatiche, è pure vero che si è tramandata e
conservata nelle «formule iconografiche» le quali sono in sintonia con quelle
dogmatiche. E anche con le formule iconografiche i cristiani hanno mostrato la loro
fede, e imparato la fede contemplandola.
Le pitture catacombali, infatti, in una maniera estremamente semplice,
perpetuano, celebrano e confermano la fede dei primi cristiani, fede che ha
meritato loro la vita eterna. Queste pitture possono essere definite come voce
della «Chiesa-discepola».
I cicli pittorici e musivi delle basiliche, invece, richiamavano alla mente e
rendevano accessibile ai fedeli il complesso delle verità rivelate, quelle verità
che venivano loro proposte per credere e per godere la salvezza eterna. Sono
l'eco della voce della «Chiesa-docente».
In entrambi i casi la connotazione simbolica del testo-arte cristiana è
antropologica nel senso che non è parola di Dio rivolta all'uomo, ma è il dire
dell'uomo su Dio. Un dire simbolico che ha bisogno di essere interpretato per
svelare le verità che contiene.
IL PERCHÉ DELLE FORME ICONOGRAFICHE
Se la trasmissione orale e/o scritta del messaggio della salvezza fa ricorso
direttamente alla parola rivelata nel documento per eccellenza che è la Bibbia,
oppure ricorre alle altre fonti della religione cristiana quali la letteratura patristica, la
liturgia, l'omiletica, l'insegnamento autentico del Magistero della Chiesa, la
trasmissione visiva della salvezza media la parola rivelata attraverso il colore, i
segni e i simboli, il gesto, il drammatismo di una scena. Si tratta degli elementi che
strutturano le «formule iconografiche» della fede.
Scaturita dalle radici della Rivelazione, l'arte cristiana non è arte per l'arte; essa
ha un ben preciso scopo religioso: rendere visibile l'Invisibile. E su questa
via si afferma con gradualità.

Per la lettura e l'interpretazione della produzione artistica cristiana è importante
aver ben presente che Gesù Cristo è la «vera immagine storica di Dio»: «Se
conoscete me, conoscerete anche il Padre [...]. Chi ha visto me ha visto il Padre»
(Gv 14,6.9). «Chi vede me, vede colui che mi ha mandato» (Gv 12,45). Come
pure è importante aver ben chiaro che ciò che del Cristo si rappresenta non è la
sua natura divina. Essa, in quan-to tale, è incircoscrivibile, e neppure la sua
natura umana, che è inseparabile dalla sua natura divina, ma ciò che si
rappresenta, come ha spiegato Teodoro Studita, un asceta bizantino delI'VIII-IX
sec., è la persona di Gesù di Nazaret che per rivelazione e fede sappiamo essere
la seconda Persona della Trinità.
E la rappresentabilità del Cristo nelle sue sembianze umane viene sancita
ufficialmente dal Concilio Trullano del 692.


  Fino al III sec. l'arte cristiana non registra rappresentazioni figurative, ma
  fa ricorso al grafismo simbolico anche di derivazione verbale. Il passaggio
  da questo tipo di simbolismo alla rappresentatività di Dio in forme sensibili
  è dato dalla presa di coscienza della centralità dell'Incarnazione.
  Infatti, poiché Dio non solo ha parlato, ma ha anche preso un volto
  umano in Cristo, questo giustifica che lo si possa in qualche modo
  rappresentare. Il superamento di tutta la crisi iconoclasta sta esattamente
  in questa presa di coscienza.

  Il Concilio di Nicea del 787, fondandosi sul mistero
  dell'Incarnazione, giustificava contro gli iconoclasti una nuova
  «economia» delle immagini, non solo quelle del Cristo, ma anche
  quelle di Maria, Madre di Dio, degli Angeli e dei Santi.
LE FONTI DELL'ARTE CRISTIANA

Dato il carattere simbolico delle figurazioni dell'arte cristiana, per la loro
interpretazione occorre fare riferimento alle fonti letterarie quali la Sacra
Scrittura, i testi patristici, i testi liturgici (Sacramentari), le omelie, i libri apocrifi,
specialmente quelli del Nuovo Testamento.
Sono pure utili, soprattutto per la conoscenza delle catacombe, le fonti
epigrafiche, storiografiche, topografiche; gli Itineraria, ossia dei diari-guide scritti
dai pellegrini dei primi secoli; i Cronografi, ossia dei calendari tra i quali molto
famoso è quello che risale all'anno 354 dov'è raccolta tutta una serie di
documenti relativi anche al giorno della morte (il dies natalis, ossia il giorno della
«vera nascita» nell'aldilà) dei vescovi e dei martiri, e al luogo dove sono venerati;
il Liber pontificalis che è uno dei documenti più preziosi per la storia della Chiesa
in quanto contiene le biografie dei Papi da Pietro a Martino V (XV sec), nonché
notizie relative ai santuari suburbani dei martiri, particolarmente i santuari delle
catacombe.
L'ARTE CRISTIANA E L'INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE

L'arte cristiana è un testo importantissimo non solo per la teologia, ma anche
per l'insegnamento della religione in quanto è «rappresentazione, in simboli e
immagini, dei testi della fede cristiana su Dio».
Il testo-arte, cioè, non è «la rappresentazione del Mistero, di una realtà che non
si può rappresentare in alcun modo», ma è un documento che può dire in quale
modo una verità di fede è creduta e interpretata dal popolo cristiano in un
determinato momento storico e in un dato ambiente geografico.

Nel Documento conclusivo della sperimentazione nazionale
sull'insegnamento di religione cattolica (2001), in più punti si fa riferimento
alla necessità di valorizzare l'arte quale espressione percepibile di realtà
invisibili.
Questo sta a dire che la scuola vuole iniziare gli alunni al linguaggio dei segni e
dei simboli dell'arte che si richiamano alla fede dei cristiani. Si tratta di una
strategia didattica particolarmente adeguata alla mentalità mediale degli alunni i
quali, proprio attraverso le espressioni visive, più facilmente che non attraverso
la parola, riescono a cogliere e a fissare nella mente il messaggio veicolato dal
testo-arte.
Come ogni testo, anche quello dell'arte, è un fatto culturale che va letto e
interpretato alla luce dei codici epocali. In definitiva, usare l'arte significa
anche recuperare le origini del cristianesimo, significa far memoria di un
passato in gran parte testimoniato dalla vasta produzione artistica.
D'altra parte, negare o ignorare il passato sarebbe per la scuola un votarsi
all'oblio per quanto attiene a una dimensione fondamentale della cultura
italiana, appunto quella religiosa. Al contrario, facendo memoria,
recuperando anche il linguaggio dell'arte cristiana, la scuola aiuta i
ragazzi a sviluppare la coscienza dell'identità e dell'appartenenza a un
gruppo culturale e sociale.
Di qui la necessità che la scuola aiuti i ragazzi a imparare e a possedere il
linguaggio dell'arte cristiana che, indubbiamente, è un linguaggio complesso
proprio perché simbolico.
Perché l'arte cristiana continui a comunicare, è dunque necessario che si
sappia non solo leggere, ma anche comprendere e interpretare il suo
significato intrinseco a partire dagli elementi formali, compositivi.
METODO DI LETTURA

Nell'insegnamento della religione, l'accostamento all'arte non sarà fatto
nell'ottica della storia dell'arte che studia i diversi manufatti come
espressione dei gusti estetici di una data epoca e di un dato contesto
geografico; sarà, invece, un accostamento finalizzato a leggere e a
interpretare quello che un'opera ha detto e continua a dire ancora oggi.
In quest'ottica, dunque, nella strategia didattica non interesserà tanto
considerare la plasticità dei corpi, il realismo dei panneggi, ecc., ma piuttosto
certi atteggiamenti, certi colori, certe disposizioni, ecc. che per la loro spiccata
valenza simbolica, sono portatori di un messaggio. Ad esempio, per esprimere la
formula dogmatica del Concilio di Efeso (431) che ha proclamato «Maria
Theotokos», ossia Madre di Dio, l'arte fa uso di attributi regali quali altrettanti
segni-simbolo: veste color porpora, trono, predella.
Per l'analisi di un testo-arte, fin dalla scuola di base, con i dovuti adattamenti
rispondenti alle capacità degli alunni, si può adottare il metodo di E. Panofsky
che prevede: la descrizione preiconografica; l'analisi iconografica;
l'interpretazione iconologica. Si tratta di tre operazioni di ricerca che si
fondono in un processo organico e indivisibile, e che consentono di recuperare il
significato unitario di un'opera evitando il pericolo di soggettivismo.
La descrizione preiconografica consiste nell'individuazione dei «motivi» (gli
oggetti raffigurati) presenti in un'opera, ad esempio: linee, colori, volumi, oggetti,
ani-mali, piante, utensili, persone, ecc. I motivi vanno indicati con termini generali:
un bambino, non Gesù Bambino; una donna, non Maria; un anziano, non S.
Giuseppe; un giovane con le ali, non un angelo; un libro, non il Vangelo; una
colomba, non lo Spirito Santo, ecc.
L'analisi iconografica, appoggiandosi alle fonti letterarie, alla tradizione (anche
orale) consente di riconoscere il soggetto di un'opera evocato dai motivi: non una
nascita, ma la nascita di Gesù, non una cena, ma l'Ultima Cena. Questo tipo di
analisi è legato alla cultura, cioè alla capacità degli alunni che, forniti di strumenti
culturali connessi a fattori storico-sociali, sono in grado di associare i motivi e di
coglierne il significato oltre la loro rappresentazione formale.
L'interpretazione iconologica, fondandosi sulla convinzione che ogni forma
esprime particolari valori simbolici, consente di individuare non solo il significato
intrinseco o contenuto di un testo-arte, ma individuare pure che con il mutare delle
situazioni storico-culturali, muta anche l'universo dei simboli, vale a dire il modo di
visualizzare personaggi, concetti, eventi (nel nostro caso personaggi, concetti,
eventi della salvezza). Così, ad esempio, i diversi modi di presentare la Croce, la
Natività, a seconda dei periodi storici e in diverse aree geografiche, non
costituiscono un semplice elemento di stile, ma costituiscono altrettante forme
simboliche mediante le quali un dato contenuto spirituale è connesso a un
particolare segno visibile che lo evoca.
ESEMPLIFICAZIONE DELLA LETTURA DEL TESTO-
                  ARTE




    Il Buon Pastore, Ravenna, Mausoleo di Galla Placidia, V sec.
DESCRIZIONE PREICONOGRAFICA
Al centro del mosaico, su tre pietre sovrapposte, è seduto un giovane. Indossa
una tunica (chiton) color oro ornata con due clavi blu e un mantello (imation) color
porpora viola. Porta i calzari. Dietro il suo capo c'è un disco color oro. Con il
braccio sinistro sorregge un'asta dorata attraversata nella parte superiore da un
asse orizzontale. Con la mano destra tocca un agnello che guarda verso di lui. Lo
sguardo del giovane è rivolto verso destra. Ai suoi lati, tre per parte disposti in
modo simmetrico, ci sono sei agnelli che guardano verso il giovane. Quattro
agnelli sono in piedi, due seduti.
Sullo sfondo ci sono due rilievi rocciosi. La vegetazione è costituita da palme.
Il giovane al centro della composizione è il Buon Pastore dì cui parla l'evangelista
Giovanni. Il suo volto «bello» esprime visivamente il termine greco kalós (bello nel
senso di esemplare, ideale) che nella traduzione italiana viene reso con l'aggettivo
«buono»: «lo sono il buon Pastore» (Gv10,11).
II Cristo è rappresentato con le sembianze giovanili e senza barba. È il Cristo
Logos. In questo modo si vuole evidenziare la sua natura divina e la sua
coesistenza eterna con il Padre visualizzando quanto è affermato dal Concilio di
Nicea del 325 contro Ario, ossia che Gesù è «generato, non creato, della stessa
sostanza (homousios) del Padre».
II Cristo è pure presentato quale Sol invictus. Que-sto lo si ricava dal nimbo
raffigurato come disco solare. È lui il «sole che sorge per rischiarare quelli che
stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte» (Lc 1,78-79). È «la luce del mondo;
chi [...lo] segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gf
8,12). È il «sole di giustizia» di cui parla Malachia (Ml 3,20). La tunica (chiton)
dorata ne indica la sacralità e la regalità.
II Cristo, come una divinità, come un sovrano antico, si appoggia ad uno scettro
d'oro, ad una croce-scettro di vittoria contro la morte. Il contesto ambientale in cui
è inserita la scena, con la sua vegetazione, rafforza il simbolismo della vittoria: le
palme, infatti, venivano portate nei cortei trionfali dopo il successo in una battaglia
(cf 1Mac 13,51).
Il Cristo è pure il pastore-re. L'ufficio di pastore come simbolo della potestà regale
era molto comune nell'antichità. Nell'antico Oriente il titolo di pastore era attribuito
ai sovrani, «pastori dei popoli». Nelle iscrizioni assire e babilonesi re'ǔ (pascolare)
significa regnare, governare. La mitologia greca è consapevole dell'affinità fra la
natura del pastore e quella del re quando, ad esempio, presenta Paride, figlio di
re, che pascola il gregge sulle falde del monte Ida. Nella Sacra Scrittura si
attribuiscono a Dio espressioni che fanno riferimento alle prerogative del pastore
quali, ad esempio: radunare, difendere, condurre, guidare, dare la vita per il
gregge (cf Ger23,3-4; Sal23,2-3; Ez34,23; Gv10,11).
II Cristo pastore-re è venuto a convocare attorno a sé il «piccolo gregge» (Lc12,32).
Le sei pecore (il sei è l'abbreviazione di dodici) simboleggiano sia i cristiani, sia gli
apostoli che sono «il seme del nuovo Israle». Le pecore guardano verso il Cristo-
sole. In questo modo è simboleggiata la conversio ad lucem (concezione del divino
come luce) dei cristiani di cui parla S. Agostino, conversio che è fonte di
conoscenza.
La postura del Cristo rivela un'accentuazione del significato della «destra» (yad
[mano] yamìn [destra]). Poiché il termine yamìn deriva dalla radice ebraica ymn, può
essere tradotto anche con i termini «fiducia», «confidenza»; la fiducia e la
confidenza di coloro che hanno creduto e che per questo hanno meritato di essere
alla «destra di Dio». In questo mosaico, pertanto, il Cristo è rappresentato anche
come il Salvatore di coloro che stanno alla sua destra (cf Mt25,34). Questo è reso
visivamente dal suo sguardo volto verso destra e dalla sua mano destra protesa
verso la pecora.
Il Cristo è «Sommo Sacerdote del sacrificio redentore». Il suo mantello (imation)
porpora viola richiama la veste liturgica che doveva essere indossata dal sommo
sacerdote per officiare nel santuario (cf Es 39,1).
II Cristo è seduto su tre pietre, una sorta di altare. Come nel gruppo del Laocoonte (I
sec. a. C. - Musei Vaticani) c'è un rapporto con l'altare, ara sacrificale per l'uomo
che diventa vittima della non obbedienza alle forze divine degli dei dell'Olimpo,
anche qui, nel mosaico di Ravenna, c'è un rapporto con l'altare, la mensa
eucaristica su cui si compie il sacrificio redentore. Qui è una sorta di altare-trono
formato da pietre sovrapposte la cui «pietra di fondamento» è il Cristo stesso perché
nelle costruzioni «nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si
trova, che è Gesù Cristo» (7 Cor 3,11).
LAVORARE A SCUOLA CON IL TESTO-ARTE
             Maria Luisa Mazzarello - Insegnare la religione con l’arte, ed. Elledici, 2002


            L'ARTE CRISTIANA VA INTESA COME TESTO-DOCUMENTO
Una delle metodologie didattiche più rispondenti all'IRC viene identificata come
lavoro sui documenti-fonte della tradizione cristiana. In questo senso, dell'arte
come criterio ispiratore dell'azione didattica ne parlano i programmi di tutti i cicli
scolastici.
Il testo-arte, rientrando nella tipologia dei documenti-fonte, si presta a un
laboratorio di alfabetizzazione, di comprensione e di interpretazione della
cultura religiosa.
Si lavora su un materiale sensibile qual è l'immagine visiva che veicola
informazioni, che offre prove e conferme. Allo stesso tempo il testo-arte, aperto
all'integrazione con altri linguaggi e documenti, stimola l'intelligenza, l'affettività,
l'individualità e la socializzazione; crea un clima, un linguaggio comune.
A questo riguardo è opportuno ricordare che Vygotskj e la psicologia culturale
evidenziano la natura storico-culturale non solo dei processi psichici, ma anche
dell'origine sociale dei processi mentali individuali.
Questo significa che s'impara dagli altri e insieme agli altri per il fatto che si è
inseriti in una rete di relazioni sociali che consentono di imparare a condividere
significati.
Indichiamo di seguito alcune considerazioni.

■ Il testo-arte si pone nell'universo del simbolo
Il simbolo ha come sua caratteristica quella di «far pensare», ossia non svela
immediatamente il suo significato, ma si lascia scoprire. Così davanti all'e-
spressione visiva della Parola rivelata ci si trova come di fronte a una porta che
si apre in misura che si posseggono le chiavi per dischiuderla.
Questo significa aprire uno spazio alla parola dei ragazzi che,
confrontandosi con ciò che vedono, cominciano a dar parola a quanto è
rappresentato.
Una didattica che si avvale del linguaggio dei segni e dei simboli assume
rilevanza indiscutibile in ordine al messaggio cristiano. I segni-simboli dell'arte,
opportunamente investigati, diventano indicatori del Credo cristiano nel corso
dei secoli.
■ Il testo-arte introduce nell'esperienza del bello
Esiste un rapporto tra l'esperienza estetica e l'esperienza conoscitiva comune.
Entrambe esprimono novità e da entrambe il ragazzo riceve informazioni.
Si tratta di due vie che si completano e si integrano a vicenda. A questo
riguardo, diventa fondamentale l'incontro con le opere d'arte, un incontro che
potrà anche essere facilitato avvalendosi del patrimonio artistico dell'ambiente
(segni cristiani d'ambiente).
L'accostamento al testo-arte, non solo permette di scoprire una delle radici
culturali attorno a cui la comunità cristiana fin dalle sue origini è cresciuta e si è
espressa, ma consente pure di far maturare nei ragazzi una sensibilità artistica.
La valenza estetica, infatti, permette di andare oltre le barriere del tempo e
dello spazio per concentrare le energie conoscitive e affettive sul bello
che per sua natura è anche bene.
Una ragione in più per dire come la didattica che si articola at-torno al testo-
arte si colora di un umanesimo che è una dimensione imprescindibile per una
formazione armonica e integrale della persona (crescita culturale e crescita
umana).
■ Il testo-arte va correttamente interpretato
Il ruolo dell'educatore si può paragonare a quello del maestro d'arte che aiuta gli
apprendisti del suo laboratorio a dare voce e vita alla materia inerte. E questo
perché la voce racchiusa nell'immagine sia proprio la sua e non quella
dell'immaginario.
Come nel laboratorio-bottega erano compresenti diverse competenze, allo
stesso modo nel laboratorio-aula possono essere compresenti e
confrontarsi esperienze diverse di cui i ragazzi sono portatori, compresi i
disabili e i bambini più piccoli i quali già posseggono un patrimonio di
conoscenze che vengono loro dall'universo mediatico che li circonda.
In questo modo ciascuno, al proprio livello, può partecipare alla realizzazione di
progetti comuni.
In quest'ottica il laboratorio d'arte è la metafora di come si articola
l'apprendimento: è il luogo dove si fanno esperienze, si impara l'uso di
procedure, si usano materiali che consentono la costruzione di conoscen-ze.
Così imparare è un processo attivo che richiede di saper gestire conoscenze
previe su cui innestarne delle nuove.
IMMAGINI
DI NATALE
Jacopo Torriti, natività per l'abside della chiesa di
Santa Maria Maggiore, cartoni per i mosaici,1295-1296
La Natività di Giotto e bottega nel transetto destro della
                basilica inferiore di Assisi
Giotto - La Natività di Gesù, affresco 1303-1305 circa
          Cappella degli Scrovegni a Padova
Gentile da Fabriano, Adorazione dei Magi (dettaglio), Firenze (1423)
Sandro Botticelli, Adorazione dei magi - Uffizi - circa 1475
Correggio, Adorazione
dei pastori pittura a olio
su tavola, 1525 -1530
circa - Gemäldegalerie
di Dresda
Caravaggio, Natività con i
santi Lorenzo e Francesco
d'Assisi
Rubato a Palermo.
Andrea della Robbia, Annunciazione   Andrea della Robbia, Natività,
   1475, Santuario della Verna          Santuario della Verna
FINE PRESENTAZIONE

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Religione arte

  • 1. INSEGNARE LA RELIGIONE CON L’ARTE QUESTIONI GIUSTIFICATIVE E MODELLO DI ANALISI DEL TESTO-ARTE Maria Franca Tricarico – ed. Elledici, 2002 Annunciazione del corridoio Nord, affresco di Beato Angelico nel convento di San Marco – 1440 - 1450
  • 2. Andrea della Robbia, Annunciazione, 1490 circa, Firenze, Museo dello Spedale degli Innocenti
  • 3. COS'È COMUNICAZIONE Senza la pretesa di inoltrarci nell'ambito episte-mologico della comunicazione, né di esaurirne tutte le definizioni, cosa del resto impossibile se si considera che sono sempre più numerose le discipline che se ne interessano, è sufficiente dire, in termini generali, che si possono individuare due definizioni di comunicazio-ne, peraltro sempre chiamate in causa ogni qualvolta ci si accosta a questa realtà complessa e variegata e si tenta di teorizzarla. La prima definizione fa riferimento al «circuito seduttivo» nel senso che il processo comunicativo prevede un emittente il quale invia un messaggio ad un ricevente con lo scopo di provocare in questo un ben preciso effetto. La seconda definizione intende la comunicazione come un «processo cooperativo», ossia come processo di negoziazione, di scambio e di creazione di significati. In guest'ottica è chiaro che la comunicazione fa riferimento al processo di interazione fra emittente, messaggio e destinatario. Precisamente, si tratta di un processo che vede implicati l'emittente nella costruzione del messaggio, e il ricevente nell'attività interpretativa mediante la quale ricostruisce il messaggio. Questo significa che un messaggio è un oggetto materiale, un intreccio di segni (testo) che incomincia a vivere, cioè a significare nel momento in cui viene letto (percepito), compreso e interpretato.
  • 4. Questo secondo approccio alla comunicazione, ed è quello che per il nostro argomento ci interessa, è di tipo strutturale proprio perché si focalizza sulle relazioni che intercorrono fra le componenti necessarie per la costruzione di significati. Queste possono essere così identificate:  il testo e i segni che lo compongono;  colui che «legge» il testo-arte alla luce della sua esperienza culturale e sociale, esperienza che gli consente non solo di usare, ma anche di comprendere e di interpretare certi segni;  la consapevolezza che un testo dice oltre se stesso (dal senso letterale al senso simbolico). Il modo con cui l'interazione fra le componenti indicate produce significato è oggetto di studio della semio-tica, la scienza che si interessa dei segni. E l'arte cristiana è appunto un sistema segnico che veicola significati.
  • 5. L'ARTE NEL CONTESTO COMUNICATIVO L'opera d'arte, nel nostro caso l'arte cristiana, è un testo, un insieme complesso di strutture segniche sistemiche che vanno lette, comprese e interpretate. Ciascuna struttura è portatrice di significato e contribuisce, insieme ad altre, a creare il significato complessivo dell'opera. In altri termini, l'arte cristiana generalmente non «fotografa» un evento singolo della storia della salvezza, ma riunisce vari eventi e li rappresenta insieme per richiamare, con la forza della sintesi, il significato e il valore di un fatto salvifico. In questo senso, il testo-arte cristiana può essere oggetto di considerazione semiotica. Al riguardo, A. Grabar dice che mettendo l'accento sull'analisi delle forme e sulle tecniche artistiche, si è rinunciato allo studio del valore semiotico delle immagini, cioè della loro iconografia. Al contrario, il valore semiotico del testo- arte va riconosciuto e riconsiderato proprio perché esso è costituito da segni molteplici i quali intessono trame espressivo-comunicative. L'arte cristiana, dunque, è un prodotto di significazione e, pertanto, di comunicazione. Il messaggio di questa comunicazione continua, lungo i secoli, ad essere potenzialmente leggibile, comprensibile, interpretabile da ogni destinatario, continua ad essere una potente forma espressivo-comunicativa dei contenuti della religione.
  • 6. L'ARTE QUALE ESPRESSIONE DEL «RELIGIOSO» Le radici dell'arte come forma di comunicazione simbolica con il trascendente affondano nella preistoria. Le prime espressioni religiose dell'uomo primitivo si trovano nelle pitture rinvenute sulle pareti e sulle volte delle caverne scoperte nell'area mediterranea. Le incisioni rupestri che rappresentano animali e figure antropomorfe in scene di guerra o in scene corali di danze sacre, sono tutte testimonianze che svelano non solo le abitudini di vita dell'uomo preistorico, ma anche le sue credenze, il suo intessere, una rete di rapporti di tipo simbolico per comunicare con i propri simili, con la natura (magia) e con il trascendente (religione). Nel corso dei secoli, l'arte pittorica, musiva, architettonica si fa ,via via, sempre di più spazio del e spazio per il divino fino a diventare, con il cristianesimo, espressione di fede e al servizio della fede. Il testo-arte cristiana è una potente forma espressivo-comunicativa dei dogmi e della predicazione. Se è vero, infatti, che la religione cristiana è stata conservata e tramandata attraverso le formule dogmatiche, è pure vero che si è tramandata e conservata nelle «formule iconografiche» le quali sono in sintonia con quelle dogmatiche. E anche con le formule iconografiche i cristiani hanno mostrato la loro fede, e imparato la fede contemplandola.
  • 7. Le pitture catacombali, infatti, in una maniera estremamente semplice, perpetuano, celebrano e confermano la fede dei primi cristiani, fede che ha meritato loro la vita eterna. Queste pitture possono essere definite come voce della «Chiesa-discepola». I cicli pittorici e musivi delle basiliche, invece, richiamavano alla mente e rendevano accessibile ai fedeli il complesso delle verità rivelate, quelle verità che venivano loro proposte per credere e per godere la salvezza eterna. Sono l'eco della voce della «Chiesa-docente». In entrambi i casi la connotazione simbolica del testo-arte cristiana è antropologica nel senso che non è parola di Dio rivolta all'uomo, ma è il dire dell'uomo su Dio. Un dire simbolico che ha bisogno di essere interpretato per svelare le verità che contiene.
  • 8. IL PERCHÉ DELLE FORME ICONOGRAFICHE Se la trasmissione orale e/o scritta del messaggio della salvezza fa ricorso direttamente alla parola rivelata nel documento per eccellenza che è la Bibbia, oppure ricorre alle altre fonti della religione cristiana quali la letteratura patristica, la liturgia, l'omiletica, l'insegnamento autentico del Magistero della Chiesa, la trasmissione visiva della salvezza media la parola rivelata attraverso il colore, i segni e i simboli, il gesto, il drammatismo di una scena. Si tratta degli elementi che strutturano le «formule iconografiche» della fede. Scaturita dalle radici della Rivelazione, l'arte cristiana non è arte per l'arte; essa ha un ben preciso scopo religioso: rendere visibile l'Invisibile. E su questa via si afferma con gradualità. Per la lettura e l'interpretazione della produzione artistica cristiana è importante aver ben presente che Gesù Cristo è la «vera immagine storica di Dio»: «Se conoscete me, conoscerete anche il Padre [...]. Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14,6.9). «Chi vede me, vede colui che mi ha mandato» (Gv 12,45). Come pure è importante aver ben chiaro che ciò che del Cristo si rappresenta non è la sua natura divina. Essa, in quan-to tale, è incircoscrivibile, e neppure la sua natura umana, che è inseparabile dalla sua natura divina, ma ciò che si rappresenta, come ha spiegato Teodoro Studita, un asceta bizantino delI'VIII-IX sec., è la persona di Gesù di Nazaret che per rivelazione e fede sappiamo essere la seconda Persona della Trinità.
  • 9. E la rappresentabilità del Cristo nelle sue sembianze umane viene sancita ufficialmente dal Concilio Trullano del 692. Fino al III sec. l'arte cristiana non registra rappresentazioni figurative, ma fa ricorso al grafismo simbolico anche di derivazione verbale. Il passaggio da questo tipo di simbolismo alla rappresentatività di Dio in forme sensibili è dato dalla presa di coscienza della centralità dell'Incarnazione. Infatti, poiché Dio non solo ha parlato, ma ha anche preso un volto umano in Cristo, questo giustifica che lo si possa in qualche modo rappresentare. Il superamento di tutta la crisi iconoclasta sta esattamente in questa presa di coscienza. Il Concilio di Nicea del 787, fondandosi sul mistero dell'Incarnazione, giustificava contro gli iconoclasti una nuova «economia» delle immagini, non solo quelle del Cristo, ma anche quelle di Maria, Madre di Dio, degli Angeli e dei Santi.
  • 10. LE FONTI DELL'ARTE CRISTIANA Dato il carattere simbolico delle figurazioni dell'arte cristiana, per la loro interpretazione occorre fare riferimento alle fonti letterarie quali la Sacra Scrittura, i testi patristici, i testi liturgici (Sacramentari), le omelie, i libri apocrifi, specialmente quelli del Nuovo Testamento. Sono pure utili, soprattutto per la conoscenza delle catacombe, le fonti epigrafiche, storiografiche, topografiche; gli Itineraria, ossia dei diari-guide scritti dai pellegrini dei primi secoli; i Cronografi, ossia dei calendari tra i quali molto famoso è quello che risale all'anno 354 dov'è raccolta tutta una serie di documenti relativi anche al giorno della morte (il dies natalis, ossia il giorno della «vera nascita» nell'aldilà) dei vescovi e dei martiri, e al luogo dove sono venerati; il Liber pontificalis che è uno dei documenti più preziosi per la storia della Chiesa in quanto contiene le biografie dei Papi da Pietro a Martino V (XV sec), nonché notizie relative ai santuari suburbani dei martiri, particolarmente i santuari delle catacombe.
  • 11. L'ARTE CRISTIANA E L'INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE L'arte cristiana è un testo importantissimo non solo per la teologia, ma anche per l'insegnamento della religione in quanto è «rappresentazione, in simboli e immagini, dei testi della fede cristiana su Dio». Il testo-arte, cioè, non è «la rappresentazione del Mistero, di una realtà che non si può rappresentare in alcun modo», ma è un documento che può dire in quale modo una verità di fede è creduta e interpretata dal popolo cristiano in un determinato momento storico e in un dato ambiente geografico. Nel Documento conclusivo della sperimentazione nazionale sull'insegnamento di religione cattolica (2001), in più punti si fa riferimento alla necessità di valorizzare l'arte quale espressione percepibile di realtà invisibili. Questo sta a dire che la scuola vuole iniziare gli alunni al linguaggio dei segni e dei simboli dell'arte che si richiamano alla fede dei cristiani. Si tratta di una strategia didattica particolarmente adeguata alla mentalità mediale degli alunni i quali, proprio attraverso le espressioni visive, più facilmente che non attraverso la parola, riescono a cogliere e a fissare nella mente il messaggio veicolato dal testo-arte.
  • 12. Come ogni testo, anche quello dell'arte, è un fatto culturale che va letto e interpretato alla luce dei codici epocali. In definitiva, usare l'arte significa anche recuperare le origini del cristianesimo, significa far memoria di un passato in gran parte testimoniato dalla vasta produzione artistica. D'altra parte, negare o ignorare il passato sarebbe per la scuola un votarsi all'oblio per quanto attiene a una dimensione fondamentale della cultura italiana, appunto quella religiosa. Al contrario, facendo memoria, recuperando anche il linguaggio dell'arte cristiana, la scuola aiuta i ragazzi a sviluppare la coscienza dell'identità e dell'appartenenza a un gruppo culturale e sociale. Di qui la necessità che la scuola aiuti i ragazzi a imparare e a possedere il linguaggio dell'arte cristiana che, indubbiamente, è un linguaggio complesso proprio perché simbolico. Perché l'arte cristiana continui a comunicare, è dunque necessario che si sappia non solo leggere, ma anche comprendere e interpretare il suo significato intrinseco a partire dagli elementi formali, compositivi.
  • 13. METODO DI LETTURA Nell'insegnamento della religione, l'accostamento all'arte non sarà fatto nell'ottica della storia dell'arte che studia i diversi manufatti come espressione dei gusti estetici di una data epoca e di un dato contesto geografico; sarà, invece, un accostamento finalizzato a leggere e a interpretare quello che un'opera ha detto e continua a dire ancora oggi. In quest'ottica, dunque, nella strategia didattica non interesserà tanto considerare la plasticità dei corpi, il realismo dei panneggi, ecc., ma piuttosto certi atteggiamenti, certi colori, certe disposizioni, ecc. che per la loro spiccata valenza simbolica, sono portatori di un messaggio. Ad esempio, per esprimere la formula dogmatica del Concilio di Efeso (431) che ha proclamato «Maria Theotokos», ossia Madre di Dio, l'arte fa uso di attributi regali quali altrettanti segni-simbolo: veste color porpora, trono, predella. Per l'analisi di un testo-arte, fin dalla scuola di base, con i dovuti adattamenti rispondenti alle capacità degli alunni, si può adottare il metodo di E. Panofsky che prevede: la descrizione preiconografica; l'analisi iconografica; l'interpretazione iconologica. Si tratta di tre operazioni di ricerca che si fondono in un processo organico e indivisibile, e che consentono di recuperare il significato unitario di un'opera evitando il pericolo di soggettivismo.
  • 14. La descrizione preiconografica consiste nell'individuazione dei «motivi» (gli oggetti raffigurati) presenti in un'opera, ad esempio: linee, colori, volumi, oggetti, ani-mali, piante, utensili, persone, ecc. I motivi vanno indicati con termini generali: un bambino, non Gesù Bambino; una donna, non Maria; un anziano, non S. Giuseppe; un giovane con le ali, non un angelo; un libro, non il Vangelo; una colomba, non lo Spirito Santo, ecc. L'analisi iconografica, appoggiandosi alle fonti letterarie, alla tradizione (anche orale) consente di riconoscere il soggetto di un'opera evocato dai motivi: non una nascita, ma la nascita di Gesù, non una cena, ma l'Ultima Cena. Questo tipo di analisi è legato alla cultura, cioè alla capacità degli alunni che, forniti di strumenti culturali connessi a fattori storico-sociali, sono in grado di associare i motivi e di coglierne il significato oltre la loro rappresentazione formale. L'interpretazione iconologica, fondandosi sulla convinzione che ogni forma esprime particolari valori simbolici, consente di individuare non solo il significato intrinseco o contenuto di un testo-arte, ma individuare pure che con il mutare delle situazioni storico-culturali, muta anche l'universo dei simboli, vale a dire il modo di visualizzare personaggi, concetti, eventi (nel nostro caso personaggi, concetti, eventi della salvezza). Così, ad esempio, i diversi modi di presentare la Croce, la Natività, a seconda dei periodi storici e in diverse aree geografiche, non costituiscono un semplice elemento di stile, ma costituiscono altrettante forme simboliche mediante le quali un dato contenuto spirituale è connesso a un particolare segno visibile che lo evoca.
  • 15. ESEMPLIFICAZIONE DELLA LETTURA DEL TESTO- ARTE Il Buon Pastore, Ravenna, Mausoleo di Galla Placidia, V sec.
  • 16. DESCRIZIONE PREICONOGRAFICA Al centro del mosaico, su tre pietre sovrapposte, è seduto un giovane. Indossa una tunica (chiton) color oro ornata con due clavi blu e un mantello (imation) color porpora viola. Porta i calzari. Dietro il suo capo c'è un disco color oro. Con il braccio sinistro sorregge un'asta dorata attraversata nella parte superiore da un asse orizzontale. Con la mano destra tocca un agnello che guarda verso di lui. Lo sguardo del giovane è rivolto verso destra. Ai suoi lati, tre per parte disposti in modo simmetrico, ci sono sei agnelli che guardano verso il giovane. Quattro agnelli sono in piedi, due seduti. Sullo sfondo ci sono due rilievi rocciosi. La vegetazione è costituita da palme.
  • 17. Il giovane al centro della composizione è il Buon Pastore dì cui parla l'evangelista Giovanni. Il suo volto «bello» esprime visivamente il termine greco kalós (bello nel senso di esemplare, ideale) che nella traduzione italiana viene reso con l'aggettivo «buono»: «lo sono il buon Pastore» (Gv10,11). II Cristo è rappresentato con le sembianze giovanili e senza barba. È il Cristo Logos. In questo modo si vuole evidenziare la sua natura divina e la sua coesistenza eterna con il Padre visualizzando quanto è affermato dal Concilio di Nicea del 325 contro Ario, ossia che Gesù è «generato, non creato, della stessa sostanza (homousios) del Padre».
  • 18. II Cristo è pure presentato quale Sol invictus. Que-sto lo si ricava dal nimbo raffigurato come disco solare. È lui il «sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte» (Lc 1,78-79). È «la luce del mondo; chi [...lo] segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gf 8,12). È il «sole di giustizia» di cui parla Malachia (Ml 3,20). La tunica (chiton) dorata ne indica la sacralità e la regalità. II Cristo, come una divinità, come un sovrano antico, si appoggia ad uno scettro d'oro, ad una croce-scettro di vittoria contro la morte. Il contesto ambientale in cui è inserita la scena, con la sua vegetazione, rafforza il simbolismo della vittoria: le palme, infatti, venivano portate nei cortei trionfali dopo il successo in una battaglia (cf 1Mac 13,51).
  • 19. Il Cristo è pure il pastore-re. L'ufficio di pastore come simbolo della potestà regale era molto comune nell'antichità. Nell'antico Oriente il titolo di pastore era attribuito ai sovrani, «pastori dei popoli». Nelle iscrizioni assire e babilonesi re'ǔ (pascolare) significa regnare, governare. La mitologia greca è consapevole dell'affinità fra la natura del pastore e quella del re quando, ad esempio, presenta Paride, figlio di re, che pascola il gregge sulle falde del monte Ida. Nella Sacra Scrittura si attribuiscono a Dio espressioni che fanno riferimento alle prerogative del pastore quali, ad esempio: radunare, difendere, condurre, guidare, dare la vita per il gregge (cf Ger23,3-4; Sal23,2-3; Ez34,23; Gv10,11).
  • 20. II Cristo pastore-re è venuto a convocare attorno a sé il «piccolo gregge» (Lc12,32). Le sei pecore (il sei è l'abbreviazione di dodici) simboleggiano sia i cristiani, sia gli apostoli che sono «il seme del nuovo Israle». Le pecore guardano verso il Cristo- sole. In questo modo è simboleggiata la conversio ad lucem (concezione del divino come luce) dei cristiani di cui parla S. Agostino, conversio che è fonte di conoscenza. La postura del Cristo rivela un'accentuazione del significato della «destra» (yad [mano] yamìn [destra]). Poiché il termine yamìn deriva dalla radice ebraica ymn, può essere tradotto anche con i termini «fiducia», «confidenza»; la fiducia e la confidenza di coloro che hanno creduto e che per questo hanno meritato di essere alla «destra di Dio». In questo mosaico, pertanto, il Cristo è rappresentato anche come il Salvatore di coloro che stanno alla sua destra (cf Mt25,34). Questo è reso visivamente dal suo sguardo volto verso destra e dalla sua mano destra protesa verso la pecora.
  • 21. Il Cristo è «Sommo Sacerdote del sacrificio redentore». Il suo mantello (imation) porpora viola richiama la veste liturgica che doveva essere indossata dal sommo sacerdote per officiare nel santuario (cf Es 39,1). II Cristo è seduto su tre pietre, una sorta di altare. Come nel gruppo del Laocoonte (I sec. a. C. - Musei Vaticani) c'è un rapporto con l'altare, ara sacrificale per l'uomo che diventa vittima della non obbedienza alle forze divine degli dei dell'Olimpo, anche qui, nel mosaico di Ravenna, c'è un rapporto con l'altare, la mensa eucaristica su cui si compie il sacrificio redentore. Qui è una sorta di altare-trono formato da pietre sovrapposte la cui «pietra di fondamento» è il Cristo stesso perché nelle costruzioni «nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo» (7 Cor 3,11).
  • 22. LAVORARE A SCUOLA CON IL TESTO-ARTE Maria Luisa Mazzarello - Insegnare la religione con l’arte, ed. Elledici, 2002 L'ARTE CRISTIANA VA INTESA COME TESTO-DOCUMENTO Una delle metodologie didattiche più rispondenti all'IRC viene identificata come lavoro sui documenti-fonte della tradizione cristiana. In questo senso, dell'arte come criterio ispiratore dell'azione didattica ne parlano i programmi di tutti i cicli scolastici. Il testo-arte, rientrando nella tipologia dei documenti-fonte, si presta a un laboratorio di alfabetizzazione, di comprensione e di interpretazione della cultura religiosa. Si lavora su un materiale sensibile qual è l'immagine visiva che veicola informazioni, che offre prove e conferme. Allo stesso tempo il testo-arte, aperto all'integrazione con altri linguaggi e documenti, stimola l'intelligenza, l'affettività, l'individualità e la socializzazione; crea un clima, un linguaggio comune. A questo riguardo è opportuno ricordare che Vygotskj e la psicologia culturale evidenziano la natura storico-culturale non solo dei processi psichici, ma anche dell'origine sociale dei processi mentali individuali. Questo significa che s'impara dagli altri e insieme agli altri per il fatto che si è inseriti in una rete di relazioni sociali che consentono di imparare a condividere significati.
  • 23. Indichiamo di seguito alcune considerazioni. ■ Il testo-arte si pone nell'universo del simbolo Il simbolo ha come sua caratteristica quella di «far pensare», ossia non svela immediatamente il suo significato, ma si lascia scoprire. Così davanti all'e- spressione visiva della Parola rivelata ci si trova come di fronte a una porta che si apre in misura che si posseggono le chiavi per dischiuderla. Questo significa aprire uno spazio alla parola dei ragazzi che, confrontandosi con ciò che vedono, cominciano a dar parola a quanto è rappresentato. Una didattica che si avvale del linguaggio dei segni e dei simboli assume rilevanza indiscutibile in ordine al messaggio cristiano. I segni-simboli dell'arte, opportunamente investigati, diventano indicatori del Credo cristiano nel corso dei secoli.
  • 24. ■ Il testo-arte introduce nell'esperienza del bello Esiste un rapporto tra l'esperienza estetica e l'esperienza conoscitiva comune. Entrambe esprimono novità e da entrambe il ragazzo riceve informazioni. Si tratta di due vie che si completano e si integrano a vicenda. A questo riguardo, diventa fondamentale l'incontro con le opere d'arte, un incontro che potrà anche essere facilitato avvalendosi del patrimonio artistico dell'ambiente (segni cristiani d'ambiente). L'accostamento al testo-arte, non solo permette di scoprire una delle radici culturali attorno a cui la comunità cristiana fin dalle sue origini è cresciuta e si è espressa, ma consente pure di far maturare nei ragazzi una sensibilità artistica. La valenza estetica, infatti, permette di andare oltre le barriere del tempo e dello spazio per concentrare le energie conoscitive e affettive sul bello che per sua natura è anche bene. Una ragione in più per dire come la didattica che si articola at-torno al testo- arte si colora di un umanesimo che è una dimensione imprescindibile per una formazione armonica e integrale della persona (crescita culturale e crescita umana).
  • 25. ■ Il testo-arte va correttamente interpretato Il ruolo dell'educatore si può paragonare a quello del maestro d'arte che aiuta gli apprendisti del suo laboratorio a dare voce e vita alla materia inerte. E questo perché la voce racchiusa nell'immagine sia proprio la sua e non quella dell'immaginario. Come nel laboratorio-bottega erano compresenti diverse competenze, allo stesso modo nel laboratorio-aula possono essere compresenti e confrontarsi esperienze diverse di cui i ragazzi sono portatori, compresi i disabili e i bambini più piccoli i quali già posseggono un patrimonio di conoscenze che vengono loro dall'universo mediatico che li circonda. In questo modo ciascuno, al proprio livello, può partecipare alla realizzazione di progetti comuni. In quest'ottica il laboratorio d'arte è la metafora di come si articola l'apprendimento: è il luogo dove si fanno esperienze, si impara l'uso di procedure, si usano materiali che consentono la costruzione di conoscen-ze. Così imparare è un processo attivo che richiede di saper gestire conoscenze previe su cui innestarne delle nuove.
  • 27. Jacopo Torriti, natività per l'abside della chiesa di Santa Maria Maggiore, cartoni per i mosaici,1295-1296
  • 28. La Natività di Giotto e bottega nel transetto destro della basilica inferiore di Assisi
  • 29. Giotto - La Natività di Gesù, affresco 1303-1305 circa Cappella degli Scrovegni a Padova
  • 30. Gentile da Fabriano, Adorazione dei Magi (dettaglio), Firenze (1423)
  • 31. Sandro Botticelli, Adorazione dei magi - Uffizi - circa 1475
  • 32. Correggio, Adorazione dei pastori pittura a olio su tavola, 1525 -1530 circa - Gemäldegalerie di Dresda
  • 33. Caravaggio, Natività con i santi Lorenzo e Francesco d'Assisi Rubato a Palermo.
  • 34. Andrea della Robbia, Annunciazione Andrea della Robbia, Natività, 1475, Santuario della Verna Santuario della Verna