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Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale4
Copia n. _____________
L’autore
__________________________
© Copyright: Raimondo Villano.
Ricerche ©, creazione, copertina di Raimondo Villano.
Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte del libro può essere riprodotta o diffusa con un
mezzo qualsiasi, fotocopie, microfilm o altro, senza il permesso scritto dell’editore.
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withoutwritten permission from the publisher.
Realizzazione editoriale: Prof. Dott. Maria Rosaria Giordano.
Redazione: mobile +39 334 14 33 878; e-mail: farmavillano@libero.it.
Advisor executive: Francesco Villano.
Editore: Chiron - Praxys dpt.
© 2012 Fondazione Chiron, via Maresca 12, scala A - 80058 Torre Annunziata (Napoli).
website: www.raimondovillano.com (no profit: chiron).
Segreteria: ludovico.ce@libero.it;
Vendite: giovanna.ce@alice.it; www.raimondovillano.com (business: editoria)
Stampa: MBE - Roma.
Prima edizione: marzo 2012. Prima ristampa: ottobre 2012. Seconda ristampa: dicembre
2012; Terza ristampa: febbraio 2013; Seconda Edizione: marzo 2014.
Finito di scrivere il 10 gennaio 2012.
Pagine complessive: 292.
Serie numerata. Questo volume, privo del numero di serie e della firma dell’autore, è da
ritenersi contraffatto.
Con la Società Dante Alighieri, in accordo con uno dei più importanti dizionari dell’uso della
lingua italiana contemporanea, il Devoto-Oli by Mondadori Education, l’autore è “Custode
del lemma: digitale” per il 2011/2012 nell’ambito della campagna “Adotta una parola” per la
sensibilizzazione del pubblico ad un uso corretto e consapevole delle parole, di sostegno alla
conoscenza più ampia del lessico italiano, di monitoraggio di alcuni termini e, più in generale,
di promozione della grande varietà di espressione del mondo della comunicazione globale.
Tale iniziativa, interpretando il sentimento di affezione verso la propria lingua, è tesa ad
arginare l’impoverimento del lessico nella lingua italiana contemporanea e comporta
l’impegno sia di segnalare i casi in cui la parola viene usata in modo non adeguato sia di
usare la parola scelta tutte le volte che se ne presenta l’occasione. Il lemma assunto in tutela e
monitoraggio, espunte le parole base, è acquisito attingendo ad una lista che rappresenta la
traccia della lingua italiana nel suo insieme, sia parole che circolano ormai poco, e delle quali
si sente la mancanza, sia parole nuove, che lo colpiscono per la loro utilità , sia parole
tecniche, alle quali si è legati per lavoro o interessi personali (Firenze, 17 ottobre 2011).
ISBN 978-88-97303-16-9.
CDD 215 VIL log 2012.
LCC HN30-39.
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Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 23
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Alla mia stupenda moglie Maria Rosaria
e al mio meraviglioso figlio Francesco,
con immenso amore!
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 27
Indice
Alla ricerca dei punti fermi - Logos e teofania nel tempo digitale 29
Prefazione 35
Parte 1. Aspetti antropologici
Capitolo I
Problematiche ed azioni politiche 43
Capitolo II
Aspetti filosofici, morali ed esistenziali 59
Capitolo III
Impatto spaziale. Problemi urbanistici 71
Capitolo IV
Impatto sociale 79
Capitolo V
Conclusioni 93
Parte 2. Elementi dottrinali
Capitolo VI
Fede e cultura 99
Capitolo VII
Fede e ragione 107
Capitolo VIII
Fede e scienza 119
Capitolo IX
Fede e amore 127
Capitolo X
Fede e arte 133
Parte 3. Riflessioni pastorali
Capitolo XI
Pastorale e diaconia della cultura digitale 147
Capitolo XII
Nuova evangelizzazione nel mondo digitale 165
Capitolo XIII
Contributo del laicato cattolico 175
Capitolo XIV
Metodica e pedagogia di approccio a web e social media 183
Capitolo XV
Elementi progettuali di presenza nel web 207
Parte 4. Orizzonti teofanici
Capitolo XVI
Tempo digitale 217
Capitolo XVII
Spazio digitale 231
Capitolo XVIII
Forma e materia 235
Capitolo XIX
Bellezza e verità 239
Capitolo XX
Conclusioni 247
Appendice 249
Bibliografia essenziale 265
Profilo sintetico dell’autore 285
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 29
Alla ricerca dei punti fermi - Logos e teofania nel tempo digitale
Sulla tomba di Raffaello Sanzio si legge un’iscrizione latina: Ille
hic est Raphael timuit quo sospite vinci rerum magna parens et
moriente mori (Qui è quel Raffaello da cui, fin che visse, Madre Natura
temette di essere superata, e quando morì temette di morire con lui). Il
grande pittore era conosciuto soprattutto per la sua perfezione nel
raffigurare ciò che dipingeva. La sua ultima opera è stata La
trasfigurazione di Cristo, oggi esposta nella Pinacoteca dei Musei
Vaticani. Considerata un'opera innovativa per la maestria nell'utilizzo
della luce e l'espressività nella rappresentazione biblica, sembra di
conservare ancora le tracce dell'incompiutezza.
Le due zone circolari del dipinto sovrapposte creano un’evidente
tensione tra orizzonti diversi. Quello in basso, dedicato alla fallita
guarigione dell’ossesso, “viene letto” come simbolo della fragilità
umana e dell'impotenza di fronte al male, messe in risalto dall'oscurità
che travolge i protagonisti dell'episodio. La scena in alto, da cui prende
il titolo l'intero dipinto, è investita, invece, da una luce abbagliante e da
grande dinamicità che attraggono immediatamente l'attenzione
dell'osservatore. Il Logos, l’eterno Verbo del Padre, entra nella
dimensione temporale nascondendosi nella forma umana e nell'atto
epifanico della trasfigurazione rivela la propria identità divina. L'intero
episodio raccontato dagli evangelisti e rappresentato nel dipinto di
Raffaello potrebbe, quindi, essere compendiato in tre parole: Logos,
teofania e tempo.
In un certo senso, il dipinto di Raffaello potrebbe essere una
sintesi iconografica dell’umanità di tutti i tempi anche dell’uomo del
tempo digitale, che è il nostro. Anche oggi, come allora, l’uomo si
ritrova in balia delle fragilità, scosso dalle vecchie e nuove
perturbazioni, non di rado avvolto dall’oscurità, ma in cerca della luce e
di un orizzonte di speranza, che va oltre un semplice soddisfare il
fabbisogno.
Di fronte all’evidente smarrimento di una società fluttuante,
l’uomo contemporaneo sembra essersi stancato delle incertezze e dei
relativismi e, sempre più spesso, insegue delle costanti su cui poggiare
la propria esistenza. Nasce, quindi, spontaneamente la domanda:
esistono ancora dei punti fermi che ci permettono di orientarci con
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale30
sicurezza e ritrovare la strada per un cammino sereno? E se la risposta
dovesse risultare positiva ne nascerebbe subito un’altra: quali sono?
Raimondo Villano accetta la non facile sfida di indicarli a partire
dall’antica categoria del Logos, carica di accezioni che disegnano un
ampio percorso di riflessione in cui alla ricerca del senso accompagna
anche una ferma volontà di indicare i punti cardinali di riferimento. Non
c’è dubbio che, per un cristiano, il Logos rappresenta tale riferimento
per eccellenza incidendo non solo sull’intera ermeneutica teologica, ma
anche e anzitutto sul vissuto umano nella sua concretezza. La presenza
del Verbo si estende su tutta la storia salvifica fin dall’atto creativo e
riceve un’espressione unica nel fatto dell’Incarnazione, quando vengono
annullate in maniera radicale e del tutto singolare le distanze tra Dio e
l’uomo, perché l’Eterno inizia ad esistere nel tempo diventando
l’Emmanuele Dio con noi (Mt 1, 23).
Il Verbo, pertanto, diviene una costante, un riferimento che sin
dagli inizi della storia della salvezza accompagna l’uomo diventando il
desiderio del cuore, la regola di vita e la lampada nel cammino che non
si spegne mai, perché - come dice la Scrittura - tutto passerà, ma la
Parola di Dio rimarrà in eterno (1 Pt 1, 25). Nel Verbo Incarnato ogni
cristiano ritrova l’orientamento ideale della propria vita, la sua sorgente
(Gv 1, 3. 10; Eb 1, 2), principio di continuità (Eb 1,3) e sua meta (Ap
22, 13).
Ma l’audacia della scelta di Villano non consiste solo nella
capacità di indicare un concetto caro a chi si ricollega idealmente
all’orizzonte dell’insegnamento biblico, ma anche nell’aver scelto una
categoria che, essendo cruciale per la Bibbia, può costituire un
riferimento universale per chi, pur non condividendo la stessa eredità di
fede, desidera la comprensione della realtà, cioè cerca la verità e vuole
seguirla. Il termine logos, infatti, è segnato dall’universalità,
considerando che già nell’antichità diventa decisivo al di fuori del
cerchio della rivelazione giudeo-cristiana e costituisce un riferimento
importante per il nobile pensiero della filosofia greca. Basta ricordare il
significato attribuitogli da Eraclito (550 ca - 480 ca a.C.) di ragione
universale investita di un carattere divino che permea ogni cosa e crea
l’armonia del mondo; oppure da Platone (427 - 347 a. C.) che, pur
limitando la sua comprensione alla dimensione del discorso o della
ragione, riconosce in esso qualcosa di trascendente per il suo legame
con la verità. Con diverse accezioni, il logos accompagna la riflessione
di Aristotele (384 - 322 a. C), degli Stoici dal III secolo a.C. in poi, e di
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 31
Filone di Alessandria (20 a.C. - 50), costituendo qualcosa di più di una
semplice categoria speculativa: una chiave di comprensione della realtà.
È chiaro che, nella tradizione cristiana, il Logos (il Verbo, la
Parola) riceve un significato molto più ampio racchiudendo in sé una
dimensione epifanico-teofanica. La sua unicità consiste nell’essere sia
un riferimento ideale della vita, sia uno “strumento” privilegiato di
comprensione, che rende accessibili gli eventi teofanici offrendo una
chiave di lettura e guidando l’uomo verso un rapporto consapevole con
Dio. L’espressione epifanica più radicale, però, si manifesta quando il
Verbo stesso diventa il protagonista della storia attraverso
l’Incarnazione, assumendo la natura umana e diventando allo stesso
tempo l’immagine del Dio invisibile (Col 1, 15). Tuttavia, sembra che la
tradizione occidentale, a differenza di quella bizantina, nella riflessione
teologica privilegi più la dimensione speculativa degli eventi epifanici
che la simbolico - rappresentativa.
Nella tradizione bizantina dell'iconografia persiste la convinzione
che l'icona, nel suo esprimere il divino, vada oltre una semplice
raffigurazione artistica. Tutte le fasi dello “scrivere” un'icona mirano a
un solo obiettivo: “fissare l'evento” epifanico. La tavola di legno su cui
si posa l’immagine solo apparentemente circoscrive il sacro, il
trascendente. In realtà, nel “fissare l’evento”, l’icona attua un’epifania,
diventando una sorta di finestra tra divino e umano. L’immagine sacra,
quindi, supera il limite del “rimandare verso”… e della
rappresentazione, tanto da veder coniare un vero e proprio titolo
acheropite, per le icone considerate non dipinte da mano
umana.L’icona, pertanto, comunica e crea un dinamismo di incontro tra
Dio e uomo, aprendo quest’ultimo alla dimensione salvifica. In questo
senso, nella spiritualità bizantina l’icona verrà vista come mezzo
epifanico pari ad esempio, alla Parola del Vangelo.
In questa prospettiva, quindi, Logos e teofania sono tutt’uno
trovando un’espressione straordinaria nella cornice del tempo. Il Verbo,
infatti, incide sul tempo modificando il suo paradigma interpretativo. Il
succedersi dei momenti, inteso come chrónos, subirà un cambiamento
radicale e straordinario, con l’ingresso del Verbo nella dimensione
temporale. Nel Verbo Incarnato il tempo si ricongiunge all'eternità di
Dio, e la Sua presenza nel mondo traccia un nuovo orizzonte di
riferimento: quello dell'incontro tra Dio e l'uomo. Ed è proprio in questo
orizzonte che avviene una radicale trasformazione: il tempo inteso come
chrónos diventa il tempo inteso come kairós, ossia il tempo salvifico, il
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale32
tempo dell'incontro intimo con Dio che si rende presente nella storia
dell'uomo. Lo svolgersi degli eventi, che nella prospettiva cosmica delle
credenze arcaiche trasmetteva l'idea di regolarità e di una certa
circolarità, riceverà una comprensione nuova, lineare e aperta al futuro,
che non si esaurisce nella ciclicità ma proietta l’uomo verso eternità.
Così, l'uomo, pur vivendo nell’abituale cornice del tempo-chrónos,
entra nella dimensione del tempo-kairós scandito dall'incontro con Dio,
sempre nuovo e dinamico, che diventa anche la misura della storia e
dell’esistenza umana qualitativamente diverse.
In questo libro di Villano, le categorie del Logos, della teofania e
del tempo si intrecciano con varia intensità, offrendo una lettura
anticonformista dell’uomo contemporaneo e della sua cultura. Da essa
emerge un messaggio inconfondibile: il continuo cercare dei punti fermi
di riferimento e l'impegno a costruire su di essi la propria esistenza sono
espressione di una vita qualitativamente migliore. Nelle pagine che
seguono è stato indicato un arduo ma interessante percorso di riflessione
che attraversa diversi ambiti e si confronta con varie realtà: da quelle
più vicine alla quotidianità come la politica e l’agire sociale a quelle
sublimi della metafisica e dell’estetica. Ma, per certi versi, questo libro
è anche un compendio della comprensione della cultura nelle sue
molteplici espressioni alla luce degli autori classici e del magistero della
Chiesa. Perciò, accanto alle riflessioni dell’autore, si potranno trovare
anche ampie citazioni di alcuni testi fondamentali a comporre quasi una
piccola antologia di riferimento.
Un aspetto importante di questo libro è l'attenzione riservata al
presente. Il tempo digitale, indicato come una componente essenziale
della riflessione. Già a partire dal titolo, il libro, nasconde in sé una serie
di domande fondamentali: le categorie classiche, come quella del Logos,
hanno ancora ragione di essere riproposte? Sono ancora comprensibili o
almeno traducibili per l'uomo contemporaneo? E quest’ultimo, può
abbracciare il Logos ed entrare anche oggi nella prospettiva
dell'esperienza di tipo epifanico? Inoltre, il “tempo digitale”, l'era degli
eventi scollegati e estremamente relativizzati, il tempo delle autostrade
telematiche dove l'informazione sovrabbonda e, a volte, soffoca la
dimensione contemplativa dell’essere, “l’era fluttuante”, può costituire
un luogo d'incontro tra l'eternità e il presente, tra l'assoluto e il
contingente? Infine, l’uomo contemporaneo è ancora capace di
sperimentare quel tipo di incontro con la Parola, con il Verbo, così da
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 33
essere trasformato radicalmente nella sua esistenza per diventare
un'icona di Dio, ovvero l’imago Chrisiti che riflette l’imago Dei?
La risposta di Villano è audace e serena. L’autore non è
intimorito dal tempo virtuale, che penetrando nella cultura ne
condiziona le basi cambiandole e, non di rado, sconvolgendole.
L’afflizione del tempo fluttuante, che sembra affermarsi e propagarsi
mentre in realtà si dissolve nel nulla, non deve per forza opprimerci.
L’uomo di oggi può ritrovare un orizzonte positivo per la propria
esistenza. Logos, teofania e tempo sono termini che codificano un
percorso da seguire non solo dal punto di vista della comprensione
speculativa, ma anche dell’esperienza esistenziale. Il Verbo, accolto e
vissuto, diventa una forza trasformatrice al punto d’innalzare l’uomo
verso una nuova dimensione, una nuova dignità, rendendolo imago Dei,
un segno visibile quasi epifanico.
Come nel quadro di Raffaello c’è chi rimane circondato
dall’oscurità, chi è turbato dalla realtà che lo spaventa e chi, invece,
guarda la luce e indica il Cristo trasfigurato nel fiducioso gesto di
certezza di aver trovato la strada da seguire. In un contesto socio-
culturale in cui gradualmente vengono meno le certezze, e con esse
anche la speranza, il tentativo di restituire fiducia offerto da Villano
incoraggia e apre insperati laboratori di ricerca.
Rev. Tomasz Trafny
Responsabile del Dipartimento Scienza e Fede
Direttore esecutivo del Progetto STOQ(*)
Pontificio Consiglio della Cultura
Città del Vaticano
_______________
(*) Progetto Science, Theology and the Ontological Quest che, in collaborazione con le sette Università
Pontificie Romane (Lateranense, Gregoriana, Regina Apostolorum, San Tommaso - Angelicum, Santa
Croce, Salesiana, Urbaniana), è teso a sviluppare il dialogo fra scienza, filosofia e teologia, al fine di
confrontare la visione cristiana del mondo, dell’uomo e della società con le molteplici sfide teoretiche,
etiche e culturali che nascono dallo sviluppo della scienza ed è diretto a studenti, scienziati, filosofi e
teologi e a quanti siano interessati ad approfondire le basi razionali della propria fede o ad approfondire
la possibilità di divenire credenti all’inizio del Terzo Millennio.
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 35
Prefazione
Tra il 1985 e il 2000 essenzialmente quattro punti, per così dire
cardinali, dominavano i miei interessi e la mia esistenza: la vita
sentimentale prima e coniugale poi, la professione, gli studi e l’attività
umanitaria. Nel tempo, in pratica, quest’ultima e, in larga misura,
l’attività professionale divennero, ancorché ne avessi completa
consapevolezza, tendenzialmente una vera e propria forma di
“apostolato”.
D’altro canto, ciò che ho indicato quale ambito di studio era
costituito, in effetti, sia da approfondimento scientifico, umanistico,
tecnico e culturale di determinate discipline a me congeniali, sia più che
da un mero studio da una vera e propria formazione spirituale
autodidatta, prevalentemente incentrata su documenti del Magistero
petrino e pastorali. Tale attitudine, poi, in tempi non lunghi mi fece
tacciare “amichevolmente” di una “dipendenza quasi eccessiva”
nell’ambiente di una blasonata organizzazione non governativa
internazionale in cui operavo a vari livelli da dirigente. Decisamente
questo episodio determinò per taluni versi una mia correzione di rotta,
nel senso che dismisi pubblicamente l’abito stricto sensu di
“intellettuale” di matrice cristiana a tutto vantaggio del rafforzamento
dell’azione umanitaria e caritativa, sempre secondo i dettami della
dottrina sociale della Chiesa in me radicati: una veste, quindi, più laica
ed in chiave dialettica con varie espressioni di realtà confessionali
diverse presenti nella citata qualificata o.n.g. a me tanto cara, ora come
allora. Con il senno di poi, dunque, vedendo opportunità di carità ed
attuandole, forse, inconsapevolmente, per dirla parafrasando con
Sant’Agostino(1)
, avevo quasi la grazia di contemplare al mio orizzonte
il bagliore della Trinità.
Dal punto di vista della formazione e degli studi, poi, il
fenomeno emergente della società globale dell’informazione, dopo oltre
un decennio di approfondimenti, approdò nel 1996 nella pubblicazione
del libro “Verso la società globale dell’informazione” in cui effettuavo
un’analisi dei principali fattori problematici di genesi e sviluppo sia in
termini scientifici che umanistici, con approfondimenti essenziali di
aspetti filosofici ed esistenziali con accenni teologici e pastorali. Fu uno
dei miei pochi libri di maggiore complessità.
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale36
Dal 1996 al 2000, tra i vari impegni, ne ebbi principalmente tre
che coinvolsero in modo significativo la mia coscienza di cristiano
cattolico socialmente impegnato in conferenze, studi e promozione di
documenti: la difesa della vita nascente (1996 e seguenti), la famiglia e
la tutela della vita (2000/01). Ai primi anni 2000, intanto, per la mia
investitura a membro dell’Ordine dei Giovanniti e, nel contempo, per
un’innegabile crescita professionale, mi addentrai nella disamina di
articolate tematiche di etica laica e morale cristiana culminata a fine
2007 nella pubblicazione del libro, piuttosto elaborato, dal titolo “La
cruna dell’ago: meridiani farmaceutici tra etica laica e morale
cattolica”. La vita di Giovannita, intanto, continuava a formarmi
spiritualmente e tale percorso condusse nel 2008 ad una sintesi
melitense nell’opera “Tuitio fidei et obsequium pauperum. Storia,
spiritualità e sovranità nelle tradizioni e nella modernità del Sovrano
Militare Ordine di Malta”.
Con la sensibilità e la cultura di studioso di storia che, nel
frattempo, si erano in me andate formando, coniugate ad una più matura
formazione spirituale, giunsi a gennaio 2010 alla pubblicazione del
complesso libro “Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità. Riflessioni
sull’indagine diacronica per la memoria dell’homo faber” dove, tra
l’altro, approfondivo aspetti inerenti la sede delle epifanie divine
nell’intreccio fra tempo ed eternità e le applicazioni dell’informatica
multimediale e telematica in ambito storico e museale. Negli ultimi
anni, intanto, il piano di formazione spirituale è sostanzialmente
traslato, accostandomi al Voto di Obbedienza canonica in ambito
giovannita.
Nel contempo, ho ripreso taluni approfondimenti di cultura
digitale, a partire dalla “realtà virtuale” sviluppata fino al 1996 e, per
alcuni aspetti, nel 2010. Il lasso di tempo che intercorre tra il mio primo
lavoro del 1996 e oggi è di quindici anni: potrebbe sembrare un breve
lasso mentre, in effetti, per il mondo delle nuove tecnologie è una “era
geologica”. Si è passati dai primi sviluppi (1991), dall’ipertestualità e
gli iniziali data-base, alla multimedialità, alla diffusione planetaria,
all’ipermedialità fino ai social networking ed alla piena era di web 2.0,
che modificano ulteriormente le dinamiche relazionali, per giungere alla
crossmedialità, convergenza tecnologica e digitale dei principali media
come tv, radio, telefonia, web. Da un’esistenza digitale quindici anni
dopo la rivoluzione tecnologica evolve in rivoluzione culturale!
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 37
Occorre riflettere sul fatto che Internet è una grande risorsa
culturale che presenta anche ambiguità e rischi. Il tempo che viviamo,
largamente modellato dallo sviluppo di nuove tecnologie, è andato ben
oltre il limite delle semplici relazioni, dal momento che la
comunicazione ha fatto irruzione non come elemento esterno, bensì
come fatto costitutivo di una nuova realtà che ogni giorno si configura
in modo diverso: “comunica” in senso lato, trasformando, come un
laboratorio sempre all’opera, fatti ed eventi in tendenze e
comportamenti culturali. Aumentano i pericoli di omologazione e di
controllo, di relativismo intellettuale e morale, già ben riconoscibili
nella flessione dello spirito critico, nella verità ridotta al gioco delle
opinioni, nelle molteplici forme di degrado e di umiliazione dell'intimità
della persona. Si assiste allora a un “inquinamento dello spirito, quello
che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non
salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia(2)
...”.
Mi è sembrato necessario, dunque, prendere atto della realtà
contemporanea ed esaminarne le principali nuove sfide di particolare
rilievo tra cui, in particolare, l’esigenza del dialogo a tutto campo con la
cultura digitale. Interagire al servizio dell’uomo in questo ambito
sviluppando un’azione pastorale è compito molto impegnativo ma
obiettivo da perseguire in quanto la dimensione pastorale ha la capacità
di porsi al servizio di una “nuova evangelizzazione” correlata
all’influsso che i nuovi media esercitano nei modi di vita, nel costume e
nella cultura di una società in rapido e continuo cambiamento.
Ne è nato questo libro che, partendo da una disamina umanistica
del fenomeno della società globale dell’informazione desunta in parte
dal mio libro in merito del 1996 e rielaborata a completamento, giunge
nella 1^ parte a riflessioni più propriamente di matrice filosofico -
esistenziale per poi riflettere nella 2^ parte su elementi di magistero,
nella 3^ parte su aspetti di pastorale ed evangelizzazione mentre
nell’ultima parte tratta gli orizzonti di teofania digitale ed aspetti
correlati. Nelle riflessioni di questo lavoro, però, non vi è alcun
tentativo di esercizio accademico o di erudizione e men che meno un
intento pedagogico quanto, invece, più limitatamente ma con buone
probabilità anche più autenticamente, il desiderio di dare una parte di
me stesso forse concorrendo a creare consapevolezze di futuro.
Benché abbia acquisito un vissuto per vari aspetti più
specificamente digitale e, quindi, con un tasso di sofferenza e disagio
sensibilmente diversi ed attenuati rispetto a chi proviene da realtà
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale38
distanti e si percepisce “alieno” di fronte a difficoltà assai maggiori, mi
sento, tuttavia, di affermare che nell’epoca contemporanea, almeno
culturalmente, siamo tutti una sorta di “pellegrini”, nel senso indicato
dal Virgilio di dantesca memoria alle anime spaesate appena sbarcate
sulla spiaggia del Purgatorio: “(…) voi credete forse che siano esperti
d’esto loco; / ma noi siam peregrini come voi siete”.
Questo lavoro, dunque, altro non è che un non mero esercizio di
comprensione un po’ più approfondita di un pellegrino.
D’altro canto, sebbene non mi sfugga che un’originalità di
concezione e di pensiero possa esporre a maggior rischio d’incorrere in
errore, benché in buona fede, essendomi avventurato in meandri
insidiosi di ambiti specialistici di considerevole complessità, con
l’attenuante della curiositas di semplice credente discretamente
praticante, ove mai questo mio scritto dovesse giungere ad esperti di
Santa Romana Ecclesia, confido nella benevolenza riservabile ad un
figlio, quantunque umile, di Dio e, magari, nell’opportunità di
correggere i miei errori.
Altrettanta benevolenza, ovviamente, spero possa essermi
all’uopo riservata anche dall’acculturato lettore laico.
Ad entrambi, comunque, va la mia gratitudine anche per l’attenta
lettura riservatami.
Tornando ad illustrare più nel particolare il lavoro svolto, nelle
pagine seguenti tento di aiutare a superare, in effetti, alcune dinamiche
collettive che inducono a smarrire la percezione della profondità delle
persone e ad appiattirsi sulla loro superficie e mi prefiggo di essere utile
a stimolare riflessioni sulla fede nel mondo digitale, giacché la nuova
cultura ed il nuovo linguaggio coinvolgono credente e non credente
nelle consapevolezze e nelle verità fondamentali.
Rifacendosi alla splendida similitudine del Cardinale Joseph
Ratzinger circa l’albero di sicomoro, i cui frutti non sono commestibili
se non preventivamente incisi in modo accurato, si può intuire quanto
l’impegno culturale costituisca una sorta di incisione determinante
affinché la persona e la società crescano nell’era digitale per l’annuncio
e la difesa del Vangelo nelle diverse culture: un’incisione, tuttavia, che
può essere effettuata correttamente solo se si possiedono competenza,
conoscenza ed esperienza.
Con questo lavoro, pertanto, mi sono prefisso di approfondire i
principali aspetti problematici dei fenomeni del tempo digitale
correlativamente alle questioni fondamentali che il Santo Padre e la
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 39
Chiesa hanno proposto come impegno comune alla cristianità, partendo
dal tentativo di riassumere le principali ragioni a favore dell’opzione per
un Dio che è Logos (Ragione) e Amore (ambedue inseparabili)
riflettendo nel contesto delle conoscenze su quanto sia considerata
ancora ragionevole(3)
.
Annunciare il Vangelo è il compito primario di ogni cristiano.
Evangelizzare, anche in questa nuova fase caratterizzata dalla presenza
dei cosiddetti nuovi media, è un impegno da affrontare con vigore, in
un’epoca in cui esiste e prospera una rilevante cristofobia e in un tempo
digitale in cui si rilevano “visioni” secondo le quali tutta la storia della
Chiesa nel secondo millennio sarebbe stata un declino permanente e in
cui alcuni vedono il declino già subito dopo il Nuovo Testamento. In
realtà, “opera Christi non deficiunt, sed proficiunt”, le opere di Cristo
non vanno indietro, ma progrediscono.
San Bonaventura ci insegna l’insieme del necessario
discernimento, anche severo, del realismo sobrio e dell’apertura a nuovi
carismi donati da Cristo, nello Spirito Santo, alla sua Chiesa. E mentre
si ripete questa idea del declino, c’è anche l’altra idea, quella di un
“utopismo spiritualistico”, che si ripete. Sappiamo, infatti, come dopo il
Concilio Vaticano II alcuni erano convinti che tutto fosse nuovo, che ci
fosse un’altra Chiesa, che la Chiesa pre-conciliare fosse finita e ne
avremmo avuta un’altra, totalmente “altra”. Un utopismo anarchico!
E grazie a Dio i timonieri saggi della barca di Pietro, Papa
Paolo VI e Papa Giovanni Paolo II, da una parte hanno difeso la novità
del Concilio e dall’altra, nello stesso tempo, hanno difeso l’unicità e la
continuità della Chiesa, “che è sempre Chiesa di peccatori e sempre
luogo di Grazia(4)
”.
Dunque, “non seduce certo la prospettiva ingenua che, di fronte
alle grandi sfide del nostro tempo, possa esserci una formula magica(5)
”.
Ma, d’altro canto, non posso affatto non riconoscere quanto sia in
me radicato la convinzione che “non una formula ci salverà, ma una
Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi(6)
!” .
Raimondo Villano
_______________
(1) De Trinitate, VIII, 8, 12.
(2) Benedetto XVI, Discorso in Piazza di Spagna, 8 dicembre 2009.
(3) Rif.: Card. Joseph Ratzinger, Fede, ragione e istituzioni della Chiesa, 1999.
(4) Benedetto XVI, Catechesi su San Bonaventura all’udienza generale, Vaticano, 10 marzo 2010.
(5) Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo millennio ineunte (29), Epifania del Signore 2001.
(6) Giovanni Paolo II, Ibid.
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 97
Parte Seconda
Elementi Dottrinali
“Nel campo profano, gli uomini di pensiero,
anche e forse specialmente in Italia,
non pensano nulla di Cristo.
Egli è un ignoto, un dimenticato, un assente,
in gran parte della cultura contemporanea”
Giovanni Battista Montini
Introduzione allo studio di Cristo (1933)
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 119
CAPITOLO VIII
Fede e scienza
La scienza da un lato è ritenuta da alcuni come una panacea, dimostrata dai notevoli
progressi del secolo scorso. I suoi innumerevoli progressi (...) potrebbero far credere
che la scienza può rispondere a tutte le questioni dell’esistenza dell’uomo, e perfino
alle sue più alte ispirazioni. Dall’altro lato vi sono coloro che temono la scienza e
prendono le distanze da essa, a causa di sviluppi che fanno riflettere, come la
costruzione e il terrificante uso di armi nucleari(110)
”.
“La scienza non è definita da nessuno di questi due estremi.
Il suo compito era e rimane una paziente e appassionata ricerca della verità sul
cosmo, sulla natura e sulla costituzione dell’essere umano. In tale ricerca, vi sono
stati molti successi e molti fallimenti, trionfi e sconfitte”.
“Ciononostante anche i risultati provvisori costituiscono un reale contributo sulla
scoperta della corrispondenza fra intelletto e realtà naturali, sulla quale le generazioni
future potranno continuare a progredire”.
La Chiesa ha stima per l’attuale ricerca scientifica e riconoscenza per l’impegno
scientifico, che incoraggia e dal quale trae beneficio. “Ai nostri giorni, gli scienziati
apprezzano sempre più la necessità di essere aperti alla filosofia se devono scoprire i
fondamenti logici ed epistemologici per la metodologia e le loro conclusioni. Da
parte sua la Chiesa è convinta che l’attività scientifica, in ultima istanza, trae
beneficio dal riconoscimento della dimensione spirituale dell’uomo e dalla sua
ricerca delle domande ultime che consentono il riconoscimento di un mondo che
esiste indipendentemente da noi e che non possiamo comprendere pienamente, che
possiamo comprendere solo nella misura in cui comprendiamo la sua inerente
logica”.
“Gli scienziati non creano il mondo; essi imparano qualcosa sul mondo e tentano di
imitarlo, seguendo le leggi e l’intelligibilità che la natura ci manifesta. L’esperienza
dello scienziato quale essere umano è perciò quella di percepire una costante, una
legge, un Logos che l’uomo non ha creato ma che ha invece osservato; infatti, esso ci
conduce ad ammettere l’esistenza di una Ragione onnipotente, che è altra rispetto a
quella umana, e che sostiene il mondo.
Questo è un punto di incontro fra le scienze naturali e la religione.
Ne risulta che la scienza diviene luogo di dialogo, un incontro fra l’uomo e la natura,
potenzialmente, fra l’uomo e il suo Creatore”.
È opportuno, inoltre, focalizzare ancora due elementi per un’ulteriore riflessione. In
primo luogo, “mentre le realizzazioni crescenti delle scienze approfondiscono la
nostra meraviglia della complessità della natura, si percepisce sempre più la necessità
di un approccio interdisciplinare legato alla riflessione filosofica che conduce ad una
sintesi”.
_______________
(110) Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti alla Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle
Scienze riuniti per riflettere sul tema “L’eredità scientifica del XX secolo”, Città del Vaticano 28 ottobre
2010.
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale120
In secondo luogo, “le realizzazioni scientifiche in questo secolo devono essere
sempre informate da imperativi di fraternità e pace, aiutando a risolvere i grandi
problemi dell’umanità, e dirigendo gli sforzi di ciascuno verso l'autentico bene
dell’uomo e lo sviluppo integrale dei popoli del mondo”.
“Il risultato positivo della scienza del XXI secolo dipenderà sicuramente in larga
misura dall’abilità dello scienziato di ricercare la verità ed applicare le scoperte in
modo tale che vadano di pari passo con la ricerca di ciò che è giusto e buono”.
Per caratterizzare insieme la nostra debolezza e la nostra forza, la nostra miseria e la
nostra grandezza, Pascal usa la celeberrima metafora della “canna pensante”. Ma
nella sua stessa logica, dovremmo aggiungere che siamo soprattutto “una canna
capace di amare”. In una parola, l’autore dei “Pensieri” esprime la trascendenza che
si apre nel cuore stesso della nostra immanenza: “L’uomo supera infinitamente
l’uomo”.
Se, da un punto di vista biologico, l’uomo sembra risultare da tutta l’evoluzione
biologica che lo precede, una buona critica filosofica può mostrare che egli non si
può ridurre, senza contraddizioni, alla sua dimensione scientifica.
Non va sottaciuto, poi, quanto le contraddizioni dello scientismo siano evidenti per
dover ancora essere dimostrate a lungo(111)
: lo scientismo afferma, senza il minimo
supporto scientifico, sia sperimentale, sia teorico, che la scienza da sola può spiegare
l'uomo a se stesso, come tutte le altre realtà dell’universo. Si tratta in realtà di
un’affermazione gratuita, di natura ideologica, esattamente contraria alla metodologia
scientifica, con tutta la sua necessaria cautela.
Maurice Blondel, infatti, mostra chiaramente, già ne “L’Action” del 1893, ripresa poi
nel 1937, che la scienza non esiste di per sé, ma deriva per intero dall’attività umana,
in interazione costante con la natura. La scienza essendo uno dei prodotti dell’azione,
non saprebbe, senza enunciati di principio, motivare adeguatamente l’azione da cui
procede.
D’altra parte, Blondel mostra pure come la stessa coscienza del determinismo
supponga una presa di distanza da esso, una possibilità di scelta senza la quale
saremmo condannati al “monoideismo”, quindi all’incoscienza, come nell’ipnosi.
Coscienza e libertà sono inseparabili. Ora questa necessaria libertà, permessa, ma non
indotta, da tutto l’ordine fisico, implica una vera trascendenza rispetto alla naturalità
biologica dalla quale siamo emersi.
È utile, inoltre, sviluppare alcune considerazioni riguardanti il rapporto tra ragione
scientifica e religione alla luce dell’essenzialità che la razionalità non sia
riduzionismo scientifico(112)
.
L’affermazione teologica più forte della coerenza tra religione e scienza sta nella tesi
di Galileo che il mondo è matematico, anzi che il mondo è stato strutturato da Dio in
forma matematica, per cui la scoperta delle leggi, espresse in forma matematica, che
governano la natura, comporrebbe l’armonia tra razionalità oggettiva posta da Dio a
base della creazione e la nostra ragione soggettiva.
_______________
(111) Marc Leclerc, Pontificia Università Gregoriana, Un volto tra la natura e il divino, L’Osservatore
Romano, 7 agosto 2009.
(112) Giorgio Israel, Ma la razionalità non è riduzionismo scientifico, L’Osservatore Romano, 21
gennaio 2010.
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 121
Questa formula galileiana è affascinante ma elusiva e, anzi, da essa derivano molte
delle difficoltà che hanno condotto all’attuale riduzione positivistica della ragione.
Infatti, come dimostra lo stesso sviluppo storico della scienza, l’ipotesi che il mondo
è matematico è soltanto un’ipotesi di un genere molto particolare, in quanto
assolutamente inverificabile.
Essa è in realtà un’ipotesi metafisica che per sorreggersi ha bisogno di verifiche
continue, ma mai definitive. Il corso degli eventi ha piuttosto dimostrato che in tanti
ambiti essa appare smentita o quantomeno appare molto dubbia.
La conseguenza più pericolosa di tale ipotesi è di aver generato l’idea che non
soltanto il mondo fisico, ma ogni aspetto del mondo sia matematico.
È ormai comune ritenere che “soltanto il tipo di certezza derivante dalla sinergia di
matematica ed empiria ci permette di parlare di scientificità”, per cui “ciò che
pretende di essere scienza deve confrontarsi con questo criterio, e così anche le
scienze che riguardano le cose umane, come la storia, la psicologia, la sociologia e la
filosofia, cercano di avvicinarsi al canone della scientificità(113)
”.
Ma questo sviluppo è profondamente negativo non soltanto per la scienza, in quanto
l’efficacia del matematismo nelle scienze umane è lungi dall'essere evidente. Esso è
anche fonte di riduzione del razionalismo al riduzionismo positivistico e, quindi, è la
fonte diretta della “limitazione autodecretata della ragione”. In realtà qui il
matematismo è soltanto rappresentativo di una tendenza alla dittatura del
riduzionismo.
Chi ingenuamente vede una conferma della religione nella pretesa scoperta di
strutture neuronali che spiegherebbero l'emergere nel cervello del sentimento di
trascendenza e, quindi, come si dice, mostrerebbero “l’esistenza di Dio nel cervello”,
non si avvede che mettere Dio alla mercé di una conformazione cerebrale - che esiste
in alcuni individui e in altri no, che può degenerare nel processo evolutivo o essere
soppressa con interventi umani - significa distruggerlo.
Non ci si difenderà validamente dal relativismo se non affermando che la razionalità
che si esprime nella soggettività umana è irriducibile ai canoni ristretti
dell’oggettivismo scientifico di tipo fisico-matematico o dello scientismo riduzionista
e materialista.
“Razionalità ampia” significa ricercare un’idea dell’oggettività più ampia di quella
suggerita da quei canoni, entro i quali non c’è spazio per l’idea di Dio.
È importante, inoltre, soffermarsi a riflettere sul valore del rapporto con la verità.
La gente comune, senza conoscere Protagora, ne ripete esistenzialmente l’asserto
secondo il quale “l'uomo è la misura di tutte le cose” in un senso molto spiccio e
immediato: non c’è una verità assoluta che ci precede, ma è il singolo o il gruppo a
determinarla nelle situazioni concrete e mutevoli e secondo gli interessi o i vantaggi
contingenti. È quello che potremmo classificare come “soggettivismo” o, per usare
un termine caro a Benedetto XVI, come “relativismo”.
L’impostazione classica del rapporto con la verità, però, è stata molto differente(114)
.
_______________
(113) Considerazioni alla luce del discorso di Papa Benedetto XVI tenuto all’università di Ratisbona il
12 settembre 2006.
(114) Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, stralci della
Premessa al libro Ireneus Wojciech Kornzeniowski “Per una ermeneutica veritativa”, Roma, Città
Nuova, 2010, pagine 440.
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale122
La si potrebbe formulare, mantenendosi sempre in questo livello destinato alla folla
dell’agorà quotidiana, con un aforisma dei Minima moralia (1951) di Adorno: “La
verità non la si ‘ha’, ma vi si ‘è’, come per la felicità”.
Già nell’Uomo senza qualità (1930-43) Robert Musil affermava: “La verità non è un
cristallo che si può mettere in tasca, bensì un mare sconfinato in cui ci si immerge”.
Il vero è visto, dunque, come un primum assoluto che ci precede e verso il quale la
ricerca dell’uomo tende. La ragione ha intrinsecamente bisogno di questo nutrimento
per il suo stesso esercizio, come in modo altamente simbolico ricordava
il Fedro platonico: “Il motivo per cui le anime mettono tanto impegno per poter
vedere la Pianura della Verità è questo: il nutrimento adatto alla parte migliore
dell’anima proviene dal prato che è là e la natura dell’ala con cui l’anima può volare
si nutre proprio di questo” (248 b-c).
Nella concezione filosofica greca, infatti, come l’eunomía, cioè la legge buona e
giusta, è la stella polare che incarna il riferimento capitale della giustizia
‘oggettiva’ in sé stante, fonte della norma etica, così l’alétheia è antecedente come
meta di orientamento all’attività dell’intelletto, rendendo la filosofia nella sua intima
essenza ricerca e servizio della verità che la trascende e ne costituisce l’oggetto.
Potremmo, perciò, affermare che nella concezione classica l’amore per la verità è il
paradigma stesso della ricerca filosofica ed è, quindi, anche il metro della stessa
scientificità.
La nuda veritas - per usare la famosa espressione delle Odi di Orazio (I, 24, 7) - è
l’unica autorità che va rispettata e accolta.
Questa interpretazione ha retto per secoli non solo il pensiero cristiano ma anche
l’investigazione di ogni disciplina, sulla scia del famoso appello agostiniano:
intellectum valde ama (Epistulae, 120, 3, 13), ama molto l’intelligenza la cui
missione radicale è appunto quella di conoscere la verità.
E “la ricerca della verità - come ricordava Giovanni Paolo II nel suo discorso per il
centenario della nascita di Albert Einstein (1979) - è il compito fondamentale della
scienza” stessa, proprio perché, continuava lo stesso Papa nell’enciclica Fides et
ratio, riprendendo il celebre passo di apertura della Metafisica di Aristotele, “tutti gli
uomini desiderano sapere e oggetto proprio di questo desiderio è la verità” (25).
La modernità, però, ha impresso a questa concezione una netta torsione proponendo
una visione quasi totalmente alternativa.
Il percorso ha avuto i suoi prodromi ideali con Hobbes allorché nel suo “Leviatano”
aveva formulato uno dei principi decisivi del positivismo legislativo: auctoritas non
veritas facit legem. Per quanto riguardava il diritto, quindi, alla verità intrinseca
dell’eunomía si opponeva l’autorità civile o religiosa che poteva sancire norme e
progetti prescindendo dalla verità superiore. In sintesi, secondo il filosofo inglese del
Seicento, “la pretesa di possedere la verità e il diritto di imporla, deve essere esclusa
dalla politica e lo stabilire leggi e regole che governano i comportamenti, dovrebbe
essere riservato non a coloro che conoscono la ‘verità’, soggetta alle interpretazioni
individuali o collettive, ma all'autorità indipendente e incontestabile” (così David
Gress nel saggio Peace and Survival del 1985).
Questa prospettiva si è allargata progressivamente alla stessa filosofia e alla scienza
ed è dilagata ai nostri giorni, mettendo profondamente in crisi la funzione della
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 123
verità. Anzi, si è divenuti sempre più convinti che la verità non solo non va ricercata
né obbedita, ma deve essere accantonata e relegata ai margini di una corretta
epistemologia. Illuminante è l’asserto che Patricia Smith Churchland in un articolo
apparso nel 1987 sul The Journal of Philosophy ha imposto alla sua concezione della
scientificità: Truth, whatever that is, definitely takes the hindmost, la verità,
qualunque essa sia, deve occupare chiaramente non più il primo posto di riferimento
ma dev’essere relegata nelle retrovie, come retroguardia e zavorra del pensiero.
Non è mancato il passo successivo di chi ha esorcizzato il concetto stesso di verità
ritenendolo persino nocivo. Sappiamo che il famoso detto di Cristo “La verità vi farà
liberi” (Giovanni, 8, 32) ha di per sé come soggetto una particolare accezione di
“verità”, cioè la rivelazione divina offerta dal Figlio; tuttavia la frase è stata assunta
nella storia della tradizione come un’esaltazione della funzione liberatoria e
liberatrice della verità.
Ebbene, ammiccando proprio alla frase giovannea, Sandra Harding in un suo scritto
del 1991 (Whose Science? Whose Knowledge? Thinking from Women's Lives) giunge
invece alla sua negazione assoluta, dichiarando che “la verità, qualunque essa sia,
non ci farà liberi”.
Ma è noto che già Michel Foucault a più riprese nei suoi scritti aveva percepito la
verità come un grave pericolo dell’intelletto e non certo come una dotazione positiva,
incline com’è a essere esclusiva, impositiva, schiavizzante a causa della “pretesa” in
essa insita.
È in questo particolare e inedito contesto che si colloca non solo l’affermazione di
Benedetto XVI secondo cui “l’ethos della scientificità è volontà di obbedienza alla
verità”, ma anche l’intera impostazione del suo discorso di Ratisbona, così come non
pochi spunti del discorso (non pronunciato) del 17 gennaio 2008 per l’Università “La
Sapienza” di Roma. La sua è la proposta di restituire alla verità la propria missione
intrinseca, formativa e normativa, il suo primato che non è di dominio ma di
liberazione, la sua presenza che non è tirannica, ma illuminante.
Naturalmente questo è possibile solo con un’inversione di tendenza, come già era
suggerito da Giovanni Paolo II in Fides et ratio: “È necessaria una filosofia di
portata autenticamente metafisica, capace di trascendere i dati empirici per giungere,
nella sua ricerca della verità, a qualcosa di assoluto, di ultimo, di fondante” (83).
E già nel 1984, in occasione della consegna del “Premio Internazionale Paolo VI” ad
Hans Urs von Balthasar, lo stesso Pontefice aveva ribadito che “amare la verità vuol
dire non servirsene, ma servirla; cercarla per se stessa, non piegarla alle proprie utilità
e convenienze”.
Benedetto XVI ha ribadito - sempre nel citato discorso per “La Sapienza” - che il
concetto stesso di verità deve essere assunto nella sua massima espansione,
superando “la limitazione autodecretata della ragione a ciò che è verificabile
nell’esperimento” e dischiudendosi alla verità tutta intera: “in questo senso la
teologia, non soltanto come disciplina storica e umano-scientifica, ma come teologia
vera e propria, cioè come interrogativo sulla ragione della fede, deve avere il suo
posto nell'università e nel vasto dialogo delle scienze”.
Una visione più completa che non impone salti di frontiera, confondendo i modi
specifici e gli statuti propri di ogni disciplina, ma ne costituisce il dialogo fecondo e
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale124
gli incroci positivi, essendo tutte le autentiche ricerche un cammino verso la verità
che rende autenticamente liberi.
A questo punto si può riflettere sulla necessaria mediazione culturale tra scienza e
fede.
Per cominciare, occorre ricordare che né la scienza né la fede si possono staccare
completamente dalla cultura nella quale si inseriscono. Anche se
l’iperspecializzazione tende a farlo dimenticare, c’è una “cultura scientifica” e c'è
una “cultura religiosa” che fanno parte integrante della cultura in genere; ora è
proprio in seno a questa cultura specificamente umana che possono di nuovo
dialogare tra di loro.
Dal punto di vista storico, va ricordato che il singolare connubium della cultura
classica e della cultura biblica, giudaico-cristiana, è proprio il luogo di nascita della
scienza moderna, tra la fine del medioevo ed il rinascimento, come ha mostrato Pierre
Duhem. Questo singolare paradosso vede l’associazione inaspettata di elementi
eterogenei, ma tutti necessari alla nascita della scienza nel senso moderno:
l’universalità della ragione greca, del Lògos e la singolarità dell'elezione, sia del
popolo dell’Alleanza che del Messia in cui si compie il suo destino; e, con questa, la
necessaria desacralizzazione della natura, senza la quale una scienza sperimentale
sarebbe impensabile(115)
.
Per finire, dobbiamo riflettere sulla relazione tra mediazione filosofica e mediazione
culturale tra scienza e fede. La ragione concreta è inseparabile da una sua
necessaria inculturazione, che fa già percepire come nessuna articolazione razionale,
pur rigorosa, potrebbe funzionare, né venir capita, senza una viva mediazione
culturale. Ci vuole un linguaggio comune per far comunicare diversi campi del
pensiero e dell’esperienza umana, come la scienza e la fede in particolare. La ricerca
di un linguaggio comune a tutte le conoscenze era già il voto fondamentale del
Circolo di Vienna, all’alba del positivismo logico. Ma sappiamo ora che il linguaggio
ricercato non si può limitare a quello formale delle scienze positive, perché deve
poter integrare tutte le dimensioni della nostra esperienza. Il linguaggio ordinario,
poi, infinitamente aperto, risulta più potente di tutti i linguaggi formali, per sempre
incapaci di giustificare la non contraddizione dei propri assiomi, come risulta da un
corollario del teorema d’incompiutezza di Kurt Goedel.
Dunque, è l’uomo stesso che si scopre mediatore, in seno al cosmo, tra la natura e il
divino, come si può vedere da Agostino a Blondel, con una particolare enfasi in
Cusano e Pascal. Ci sarebbe da riflettere sul rapporto necessario tra questa
incompiuta mediazione umana e il ruolo dell’Unico Mediatore - Medium Absolutum
secondo l’espressione di Cusano - che solo potrebbe darci il nostro compimento.
Una cultura umanistica, inclusiva, integrando tutti gli uomini, soggetti di pensiero, a
cominciare dai più poveri come protagonisti, potrà forse riavviare il dialogo fecondo
tra scienza e fede.
Questo comprende l’uso necessario della nostra libertà di fronte all’Unico
Necessario.
_______________
(115) Marc Leclerc, Pontificia Università Gregoriana, Un volto tra la natura e il divino, L’Osservatore
Romano, 7 agosto 2009.
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 125
Come ha mostrato Blondel, nessuno può scampare all’alternativa decisiva, sia
nell’azione, sia nel pensiero: o chiuderci nella nostra illusoria volontà
d’autosufficienza, oppure aprirci, tramite l’umile riconoscimento della nostra radicale
insufficienza, a tutti i soccorsi che ci potrebbe dare, gratuitamente, l’Unico
Necessario, comunicandosi a noi come Mediatore assoluto, per colmare la nostra
inquietudine e compiere, finalmente, il nostro destino(116)
.
In conclusione, dunque, “scienza e religione non sono in contrasto, ma hanno
bisogno una dell’altra per completarsi nella mente di un uomo che pensa seriamente
(117)
” e “la scienza può purificare la religione dalla superstizione, come la religione
può purificare la scienza dai falsi assoluti(118)
”.
_______________
(116) Marc Leclerc, Pontificia Università Gregoriana, Un volto tra la natura e il divino, L’Osservatore
Romano, 7 agosto 2009.
(117) Max Karl Plank, fisico (1858-1947), Saggio sulla conoscenza.
(118) Giovanni Paolo II (1920-2005, PP 1978-2005), Lettera per il centenario della nascita di Einstein
(1979).
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 249
Appendice
“Se per nessuno è possibile l'assenteismo sociale,
per i cristiani è un peccato di omissione”.
Cardinale Angelo Bagnasco (Todi, ottobre 2011)
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 251
ESTRATTI DALLA
LETTERA APOSTOLICA IN FORMA DI MOTU PROPRIO
“PORTA FIDEI” DEL SOMMO PONTEFICE BENEDETTO XVI
CON LA QUALE SI INDICE L'ANNO DELLA FEDE
Benedetto XVI sin dall'inizio del suo ministero come successore dell’apostolo Pietro,
ha richiamato “l’esigenza di riscoprire il cammino della fede”. Ciò è fattore
importante anche alla luce del fatto che sovente è venuto meno “un tessuto culturale
unitario” ispirato alla fede cristiana. Ma non è accettabile “che il sale diventi
insipido e la luce sia tenuta nascosta”. Di fronte alla sete di Dio che donne e uomini
del nostro tempo provano nei deserti di questo mondo, ogni seguace di Cristo deve
far brillare, attraverso il continuo rinnovamento personale, la testimonianza
dell’unica luce che illumina il mondo. “In un cammino - scrive il Papa - che dura
tutta la vita”.
"La 'porta della fede' che introduce alla vita di comunione con Dio e permette
l'ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi. È possibile oltrepassare quella
soglia quando la Parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla
grazia che trasforma". (...)
"Fin dall'inizio del mio ministero come Successore di Pietro ho ricordato l'esigenza
di riscoprire il cammino della fede per mettere in luce con sempre maggiore evidenza
la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell'incontro con Cristo. (...)
Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente
accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non
sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi
di fede che ha toccato molte persone".
"Alla luce di tutto questo ho deciso di indire un Anno della fede. Esso avrà inizio
l'11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano
II, e terminerà nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo, il 24
novembre 2013. Nella data dell'11 ottobre 2012, ricorreranno anche i vent'anni dalla
pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, testo promulgato dal mio
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale252
Predecessore, il Beato Papa Giovanni Paolo II[1], allo scopo di illustrare a tutti i
fedeli la forza e la bellezza della fede". (...)
"Proprio l'Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi è stata da me convocata, nel
mese di ottobre del 2012, sul tema de La nuova evangelizzazione per la trasmissione
della fede cristiana. Sarà quella un'occasione propizia per introdurre l'intera
compagine ecclesiale ad un tempo di particolare riflessione e riscoperta della fede.
Non è la prima volta che la Chiesa è chiamata a celebrare un Anno della fede. Il mio
venerato Predecessore il Servo di Dio Paolo VI ne indisse uno simile nel 1967. (...)
Essa si concluse con la Professione di fede del Popolo di Dio, per attestare quanto i
contenuti essenziali che da secoli costituiscono il patrimonio di tutti i credenti hanno
bisogno di essere confermati, compresi e approfonditi in maniera sempre nuova al
fine di dare testimonianza coerente in condizioni storiche diverse dal passato".
"Ho ritenuto che far iniziare l'Anno della fede in coincidenza con il cinquantesimo
anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II possa essere un'occasione propizia
per comprendere che i testi lasciati in eredità dai Padri conciliari (...). Io pure intendo
ribadire con forza quanto ebbi ad affermare a proposito del Concilio pochi mesi dopo
la mia elezione a Successore di Pietro: "se lo leggiamo e recepiamo guidati da una
giusta ermeneutica, esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il
sempre necessario rinnovamento della Chiesa".
"Il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla
vita dei credenti: con la loro stessa esistenza nel mondo i cristiani sono infatti
chiamati a far risplendere la Parola di verità che il Signore Gesù ci ha lasciato.
Proprio il Concilio, nella Costituzione dogmatica Lumen gentium, affermava: (...) la
Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre
bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e
del rinnovamento". (...)
"L'Anno della fede, in questa prospettiva, è un invito ad un'autentica e rinnovata
conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. Nel mistero della sua morte e
risurrezione, Dio ha rivelato in pienezza l'Amore che salva e chiama gli uomini alla
conversione di vita mediante la remissione dei peccati. Per l'apostolo Paolo, questo
Amore introduce l'uomo ad una nuova vita (...). Grazie alla fede, questa vita nuova
plasma tutta l'esistenza umana sulla radicale novità della risurrezione. (...) La 'fede
che si rende operosa per mezzo della carità' diventa un nuovo criterio di intelligenza e
di azione che cambia tutta la vita dell'uomo". (...)
"Con il suo amore, Gesù Cristo attira a sé gli uomini di ogni generazione: in ogni
tempo Egli convoca la Chiesa affidandole l'annuncio del Vangelo, con un mandato
che è sempre nuovo. Per questo anche oggi è necessario un più convinto impegno
ecclesiale a favore di una nuova evangelizzazione per riscoprire la gioia nel credere e
ritrovare l'entusiasmo nel comunicare la fede. Nella quotidiana riscoperta del suo
amore attinge forza e vigore l'impegno missionario dei credenti che non può mai
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 253
venire meno. La fede, infatti, cresce quando è vissuta come esperienza di un amore
ricevuto e quando viene comunicata come esperienza di grazia e di gioia". (...)
"Solo credendo, quindi, la fede cresce e si rafforza; non c'è altra possibilità per
possedere certezza sulla propria vita se non abbandonarsi, in un crescendo continuo,
nelle mani di un amore che si sperimenta sempre più grande perché ha la sua origine
in Dio".
"Vorremmo celebrare questo Anno in maniera degna e feconda. Dovrà intensificarsi
la riflessione sulla fede per aiutare tutti i credenti in Cristo a rendere più consapevole
ed a rinvigorire la loro adesione al Vangelo, soprattutto in un momento di profondo
cambiamento come quello che l'umanità sta vivendo. Avremo l'opportunità di
confessare la fede nel Signore Risorto nelle nostre Cattedrali e nelle chiese di tutto il
mondo; nelle nostre case e presso le nostre famiglie, perché ognuno senta forte
l'esigenza di conoscere meglio e di trasmettere alle generazioni future la fede di
sempre. Le comunità religiose come quelle parrocchiali, e tutte le realtà ecclesiali
antiche e nuove, troveranno il modo, in questo Anno, per rendere pubblica
professione del Credo".
"Desideriamo che questo Anno susciti in ogni credente l'aspirazione a confessare la
fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e speranza. Sarà
un'occasione propizia anche per intensificare la celebrazione della fede nella liturgia,
e in particolare nell'Eucaristia, che è "il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa
e insieme la fonte da cui promana tutta la sua energia". Nel contempo, auspichiamo
che la testimonianza di vita dei credenti cresca nella sua credibilità. Riscoprire i
contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullo stesso
atto con cui si crede, è un impegno che ogni credente deve fare proprio, soprattutto in
questo Anno".
"Il cristiano non può mai pensare che credere sia un fatto privato. La fede è decidere
di stare con il Signore per vivere con Lui. E questo 'stare con Lui' introduce alla
comprensione delle ragioni per cui si crede. La fede, proprio perché è atto della
libertà, esige anche la responsabilità sociale di ciò che si crede. (...) La stessa
professione della fede è un atto personale ed insieme comunitario. È la Chiesa,
infatti, il primo soggetto della fede. Nella fede della Comunità cristiana ognuno
riceve il Battesimo, segno efficace dell'ingresso nel popolo dei credenti per ottenere
la salvezza".
"Come si può osservare, la conoscenza dei contenuti di fede è essenziale per dare il
proprio assenso, cioè per aderire pienamente con l'intelligenza e la volontà a quanto
viene proposto dalla Chiesa. La conoscenza della fede introduce alla totalità del
mistero salvifico rivelato da Dio. L'assenso che viene prestato implica quindi che,
quando si crede, si accetta liberamente tutto il mistero della fede, perché garante della
sua verità è Dio stesso che si rivela e permette di conoscere il suo mistero di amore".
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale254
"D'altra parte, non possiamo dimenticare che nel nostro contesto culturale tante
persone, pur non riconoscendo in sé il dono della fede, sono comunque in una sincera
ricerca del senso ultimo e della verità definitiva sulla loro esistenza e sul mondo.
Questa ricerca è un autentico 'preambolo' alla fede, perché muove le persone sulla
strada che conduce al mistero di Dio. La stessa ragione dell'uomo, infatti, porta insita
l'esigenza di 'ciò che vale e permane sempre'. Tale esigenza costituisce un invito
permanente, inscritto indelebilmente nel cuore umano, a mettersi in cammino per
trovare Colui che non cercheremmo se non ci fosse già venuto incontro. Proprio a
questo incontro la fede ci invita e ci apre in pienezza".
"Per accedere a una conoscenza sistematica dei contenuti della fede, tutti possono
trovare nel Catechismo della Chiesa Cattolica un sussidio prezioso ed indispensabile.
Esso costituisce uno dei frutti più importanti del Concilio Vaticano II. (...) È proprio
in questo orizzonte che l'Anno della fede dovrà esprimere un corale impegno per la
riscoperta e lo studio dei contenuti fondamentali della fede che trovano nel
Catechismo della Chiesa Cattolica la loro sintesi sistematica e organica. (...) Il
Catechismo offre una memoria permanente dei tanti modi in cui la Chiesa ha
meditato sulla fede e prodotto progresso nella dottrina per dare certezza ai credenti
nella loro vita di fede".
"In questo Anno, pertanto, il Catechismo della Chiesa Cattolica potrà essere un vero
strumento a sostegno della fede, soprattutto per quanti hanno a cuore la formazione
dei cristiani, così determinante nel nostro contesto culturale. A tale scopo, ho invitato
la Congregazione per la Dottrina della Fede, in accordo con i competenti Dicasteri
della Santa Sede, a redigere una Nota, con cui offrire alla Chiesa ed ai credenti alcune
indicazioni per vivere quest'Anno della fede nei modi più efficaci ed appropriati, al
servizio del credere e dell'evangelizzare".
"La fede, infatti, si trova ad essere sottoposta più che nel passato a una serie di
interrogativi che provengono da una mutata mentalità che, particolarmente oggi,
riduce l'ambito delle certezze razionali a quello delle conquiste scientifiche e
tecnologiche. La Chiesa tuttavia non ha mai avuto timore di mostrare come tra fede e
autentica scienza non vi possa essere alcun conflitto perché ambedue, anche se per
vie diverse, tendono alla verità".
"Sarà decisivo nel corso di questo Anno ripercorrere la storia della nostra fede, la
quale vede il mistero insondabile dell'intreccio tra santità e peccato. Mentre la prima
evidenzia il grande apporto che uomini e donne hanno offerto alla crescita ed allo
sviluppo della comunità con la testimonianza della loro vita, il secondo deve
provocare in ognuno una sincera e permanente opera di conversione per sperimentare
la misericordia del Padre che a tutti va incontro".
"L'Anno della fede sarà anche un'occasione propizia per intensificare la
testimonianza della carità. (...) La fede senza la carità non porta frutto e la carità
senza la fede sarebbe un sentimento in balia costante del dubbio. Fede e carità si
esigono a vicenda, così che l'una permette all'altra di attuare il suo cammino. Non
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 255
pochi cristiani, infatti, dedicano la loro vita con amore a chi è solo, emarginato o
escluso come a colui che è il primo verso cui andare e il più importante da sostenere,
perché proprio in lui si riflette il volto stesso di Cristo. Grazie alla fede possiamo
riconoscere in quanti chiedono il nostro amore il volto del Signore risorto".
"Giunto ormai al termine della sua vita, l'apostolo Paolo chiede al discepolo
Timoteo di 'cercare la fede' con la stessa costanza di quando era ragazzo. Sentiamo
questo invito rivolto a ciascuno di noi, perché nessuno diventi pigro nella fede. Essa è
compagna di vita che permette di percepire con sguardo sempre nuovo le meraviglie
che Dio compie per noi. Intenta a cogliere i segni dei tempi nell'oggi della storia, la
fede impegna ognuno di noi a diventare segno vivo della presenza del Risorto nel
mondo. Ciò di cui il mondo oggi ha particolarmente bisogno è la testimonianza
credibile di quanti, illuminati nella mente e nel cuore dalla Parola del Signore, sono
capaci di aprire il cuore e la mente di tanti al desiderio di Dio e della vita vera, quella
che non ha fine".
CITTA' DEL VATICANO, 17 OTT. 2011 (VIS)
LIT/VIS 20111017 (1960)
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 257
fondamentali. Le reti sociali sono dunque alimentate da aspirazioni radicate nel cuore
dell’uomo.
La cultura dei social network e i cambiamenti nelle forme e negli stili della
comunicazione, pongono sfide impegnative a coloro che vogliono parlare di verità e
di valori. Spesso, come avviene anche per altri mezzi di comunicazione sociale, il
significato e l’efficacia delle differenti forme di espressione sembrano determinati
più dalla loro popolarità che dalla loro intrinseca importanza e validità. La popolarità
è poi frequentemente connessa alla celebrità o a strategie persuasive piuttosto che alla
logica dell’argomentazione. A volte, la voce discreta della ragione può essere
sovrastata dal rumore delle eccessive informazioni, e non riesce a destare
l’attenzione, che invece viene riservata a quanti si esprimono in maniera più
suadente. I social media hanno bisogno, quindi, dell’impegno di tutti coloro che sono
consapevoli del valore del dialogo, del dibattito ragionato, dell’argomentazione
logica; di persone che cercano di coltivare forme di discorso e di espressione che
fanno appello alle più nobili aspirazioni di chi è coinvolto nel processo comunicativo.
Dialogo e dibattito possono fiorire e crescere anche quando si conversa e si prendono
sul serio coloro che hanno idee diverse dalle nostre. “Costatata la diversità culturale,
bisogna fa sì che le persone non solo accettino l’esistenza della cultura dell’altro, ma
aspirino anche a venire arricchite da essa e ad offrirle ciò che si possiede di bene, di
vero e di bello” (Discorso nell’Incontro con il mondo della cultura,Belém, Lisbona,
12 maggio 2010).
La sfida che i network sociali devono affrontare è quella di essere davvero inclusivi:
allora essi beneficeranno della piena partecipazione dei credenti che desiderano
condividere il Messaggio di Gesù e i valori della dignità umana, che il suo
insegnamento promuove. I credenti, infatti, avvertono sempre più che se la Buona
Notizia non è fatta conoscere anche nell’ambiente digitale, potrebbe essere assente
nell’esperienza di molti per i quali questo spazio esistenziale è importante.
L’ambiente digitale non è un mondo parallelo o puramente virtuale, ma è parte della
realtà quotidiana di molte persone, specialmente dei più giovani. I network sociali
sono il frutto dell’interazione umana, ma essi, a loro volta, danno forme nuove alle
dinamiche della comunicazione che crea rapporti: una comprensione attenta di questo
ambiente è dunque il prerequisito per una significativa presenza all’interno di esso.
La capacità di utilizzare i nuovi linguaggi è richiesta non tanto per essere al passo coi
tempi, ma proprio per permettere all’infinita ricchezza del Vangelo di trovare forme
di espressione che siano in grado di raggiungere le menti e i cuori di tutti.
Nell’ambiente digitale la parola scritta si trova spesso accompagnata da immagini e
suoni. Una comunicazione efficace, come le parabole di Gesù, richiede il
coinvolgimento dell’immaginazione e della sensibilità affettiva di coloro che
vogliamo invitare a un incontro col mistero dell’amore di Dio. Del resto sappiamo
che la tradizione cristiana è da sempre ricca di segni e simboli: penso, ad esempio,
alla croce, alle icone, alle immagini della Vergine Maria, al presepe, alle vetrate e ai
dipinti delle chiese. Una parte consistente del patrimonio artistico dell’umanità è
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale258
stato realizzato da artisti e musicisti che hanno cercato di esprimere le verità della
fede.
L’autenticità dei credenti nei network sociali è messa in evidenza dalla condivisione
della sorgente profonda della loro speranza e della loro gioia: la fede nel Dio ricco di
misericordia e di amore rivelato in Cristo Gesù. Tale condivisione consiste non
soltanto nell’esplicita espressione di fede, ma anche nella testimonianza, cioè nel
modo in cui si comunicano “scelte, preferenze, giudizi che siano profondamente
coerenti con il Vangelo, anche quando di esso non si parla in forma esplicita”
(Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 2011). Un modo
particolarmente significativo di rendere testimonianza sarà la volontà di donare se
stessi agli altri attraverso la disponibilità a coinvolgersi pazientemente e con rispetto
nelle loro domande e nei loro dubbi, nel cammino di ricerca della verità e del senso
dell’esistenza umana. L’emergere nelle reti sociali del dialogo circa la fede e il
credere conferma l’importanza e la rilevanza della religione nel dibattito pubblico e
sociale.
Per coloro che hanno accolto con cuore aperto il dono della fede, la risposta più
radicale alle domande dell’uomo circa l’amore, la verità e il significato della vita –
questioni che non sono affatto assenti nei social network – si trova nella persona di
Gesù Cristo. E’ naturale che chi ha la fede desideri, con rispetto e sensibilità,
condividerla con coloro che incontra nell’ambiente digitale. In definitiva, però, se la
nostra condivisione del Vangelo è capace di dare buoni frutti, è sempre grazie alla
forza propria della Parola di Dio di toccare i cuori, prima ancora di ogni nostro
sforzo. La fiducia nella potenza dell’azione di Dio deve superare sempre ogni
sicurezza posta sull’utilizzo dei mezzi umani. Anche nell’ambiente digitale, dove è
facile che si levino voci dai toni troppo accesi e conflittuali, e dove a volte il
sensazionalismo rischia di prevalere, siamo chiamati a un attento discernimento. E
ricordiamo, a questo proposito, che Elia riconobbe la voce di Dio non nel vento
impetuoso e gagliardo, né nel terremoto o nel fuoco, ma nel «sussurro di una brezza
leggera» (1 Re19,11-12). Dobbiamo confidare nel fatto che i fondamentali desideri
dell’uomo di amare e di essere amato, di trovare significato e verità - che Dio stesso
ha messo nel cuore dell’essere umano - mantengono anche le donne e gli uomini del
nostro tempo sempre e comunque aperti a ciò che il beato Cardinale Newman
chiamava la “luce gentile” della fede.
I social network, oltre che strumento di evangelizzazione, possono essere un fattore
di sviluppo umano. Ad esempio, in alcuni contesti geografici e culturali dove i
cristiani si sentono isolati, le reti sociali possono rafforzare il senso della loro
effettiva unità con la comunità universale dei credenti. Le reti facilitano la
condivisione delle risorse spirituali e liturgiche, rendendo le persone in grado di
pregare con un rinvigorito senso di prossimità a coloro che professano la loro stessa
fede. Il coinvolgimento autentico e interattivo con le domande e i dubbi di coloro che
sono lontani dalla fede, ci deve far sentire la necessità di alimentare con la preghiera
e la riflessione la nostra fede nella presenza di Dio, come pure la nostra carità
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 259
operosa: “se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità,
sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita” (1 Cor13,1).
Esistono reti sociali che nell’ambiente digitale offrono all’uomo di oggi occasioni di
preghiera, meditazione o condivisione della Parola di Dio. Ma queste reti possono
anche aprire le porte ad altre dimensioni della fede. Molte persone stanno, infatti,
scoprendo, proprio grazie a un contatto avvenuto inizialmente on line, l’importanza
dell’incontro diretto, di esperienze di comunità o anche di pellegrinaggio, elementi
sempre importanti nel cammino di fede. Cercando di rendere il Vangelo presente
nell’ambiente digitale, noi possiamo invitare le persone a vivere incontri di preghiera
o celebrazioni liturgiche in luoghi concreti quali chiese o cappelle. Non ci dovrebbe
essere mancanza di coerenza o di unità nell’espressione della nostra fede e nella
nostra testimonianza del Vangelo nella realtà in cui siamo chiamati a vivere, sia essa
fisica, sia essa digitale. Quando siamo presenti agli altri, in qualunque modo, noi
siamo chiamati a far conoscere l’amore di Dio sino agli estremi confini della terra.
Prego che lo Spirito di Dio vi accompagni e vi illumini sempre, mentre benedico di
cuore tutti voi, così che possiate essere davvero araldi e testimoni del Vangelo.
“Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16, 15).
Dal Vaticano, 24 gennaio 2013, Festa di san Francesco di Sales
BENEDICTUS PP. XVI
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale260
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA XLVIII GIORNATA MONDIALE
DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI
Comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro
[Domenica, 1 giugno 2014]
Cari fratelli e sorelle,
oggi viviamo in un mondo che sta diventando sempre più “piccolo” e dove, quindi,
sembrerebbe essere facile farsi prossimi gli uni agli altri. Gli sviluppi dei trasporti e
delle tecnologie di comunicazione ci stanno avvicinando, connettendoci sempre di
più, e la globalizzazione ci fa interdipendenti. Tuttavia all’interno dell’umanità
permangono divisioni, a volte molto marcate. A livello globale vediamo la
scandalosa distanza tra il lusso dei più ricchi e la miseria dei più poveri. Spesso basta
andare in giro per le strade di una città per vedere il contrasto tra la gente che vive sui
marciapiedi e le luci sfavillanti dei negozi. Ci siamo talmente abituati a tutto ciò che
non ci colpisce più. Il mondo soffre di molteplici forme di esclusione, emarginazione
e povertà; come pure di conflitti in cui si mescolano cause economiche, politiche,
ideologiche e, purtroppo, anche religiose.
In questo mondo, i media possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri;
a farci percepire un rinnovato senso di unità della famiglia umana che spinge alla
solidarietà e all’impegno serio per una vita più dignitosa. Comunicare bene ci aiuta
ad essere più vicini e a conoscerci meglio tra di noi, ad essere più uniti. I muri che ci
dividono possono essere superati solamente se siamo pronti ad ascoltarci e ad
imparare gli uni dagli altri. Abbiamo bisogno di comporre le differenze attraverso
forme di dialogo che ci permettano di crescere nella comprensione e nel rispetto. La
cultura dell’incontro richiede che siamo disposti non soltanto a dare, ma anche a
ricevere dagli altri. I media possono aiutarci in questo, particolarmente oggi, quando
le reti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi. In particolare
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 261
internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è
una cosa buona, è un dono di Dio.
Esistono però aspetti problematici: la velocità dell’informazione supera la nostra
capacità di riflessione e giudizio e non permette un’espressione di sé misurata e
corretta. La varietà delle opinioni espresse può essere percepita come ricchezza, ma è
anche possibile chiudersi in una sfera di informazioni che corrispondono solo alle
nostre attese e alle nostre idee, o anche a determinati interessi politici ed economici.
L’ambiente comunicativo può aiutarci a crescere o, al contrario, a disorientarci. Il
desiderio di connessione digitale può finire per isolarci dal nostro prossimo, da chi ci
sta più vicino. Senza dimenticare che chi, per diversi motivi, non ha accesso
ai media sociali, rischia di essere escluso.
Questi limiti sono reali, tuttavia non giustificano un rifiuto dei media sociali;
piuttosto ci ricordano che la comunicazione è, in definitiva, una conquista più umana
che tecnologica. Dunque, che cosa ci aiuta nell’ambiente digitale a crescere in
umanità e nella comprensione reciproca? Ad esempio, dobbiamo recuperare un certo
senso di lentezza e di calma. Questo richiede tempo e capacità di fare silenzio per
ascoltare. Abbiamo anche bisogno di essere pazienti se vogliamo capire chi è diverso
da noi: la persona esprime pienamente se stessa non quando è semplicemente
tollerata, ma quando sa di essere davvero accolta. Se siamo veramente desiderosi di
ascoltare gli altri, allora impareremo a guardare il mondo con occhi diversi e ad
apprezzare l’esperienza umana come si manifesta nelle varie culture e tradizioni. Ma
sapremo anche meglio apprezzare i grandi valori ispirati dal Cristianesimo, ad
esempio la visione dell’uomo come persona, il matrimonio e la famiglia, la
distinzione tra sfera religiosa e sfera politica, i principi di solidarietà e sussidiarietà, e
altri.
Come allora la comunicazione può essere a servizio di un’autentica cultura
dell’incontro? E per noi discepoli del Signore, che cosa significa incontrare una
persona secondo il Vangelo? Come è possibile, nonostante tutti i nostri limiti e
peccati, essere veramente vicini gli uni agli altri? Queste domande si riassumono in
quella che un giorno uno scriba, cioè un comunicatore, rivolse a Gesù: «E chi è mio
prossimo?» (Lc 10,29). Questa domanda ci aiuta a capire la comunicazione in termini
di prossimità. Potremmo tradurla così: come si manifesta la “prossimità” nell’uso dei
mezzi di comunicazione e nel nuovo ambiente creato dalle tecnologie digitali? Trovo
una risposta nella parabola del buon samaritano, che è anche una parabola del
comunicatore. Chi comunica, infatti, si fa prossimo. E il buon samaritano non solo si
fa prossimo, ma si fa carico di quell’uomo che vede mezzo morto sul ciglio della
strada. Gesù inverte la prospettiva: non si tratta di riconoscere l’altro come un mio
simile, ma della mia capacità di farmi simile all’altro. Comunicare significa quindi
prendere consapevolezza di essere umani, figli di Dio. Mi piace definire questo
potere della comunicazione come “prossimità”.
Quando la comunicazione ha il prevalente scopo di indurre al consumo o alla
manipolazione delle persone, ci troviamo di fronte a un’aggressione violenta come
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale262
quella subita dall’uomo percosso dai briganti e abbandonato lungo la strada, come
leggiamo nella parabola. In lui il levita e il sacerdote non vedono un loro prossimo,
ma un estraneo da cui era meglio tenersi a distanza. A quel tempo, ciò che li
condizionava erano le regole della purità rituale. Oggi, noi corriamo il rischio che
alcuni media ci condizionino al punto da farci ignorare il nostro prossimo reale.
Non basta passare lungo le “strade” digitali, cioè semplicemente essere connessi:
occorre che la connessione sia accompagnata dall’incontro vero. Non possiamo
vivere da soli, rinchiusi in noi stessi. Abbiamo bisogno di amare ed essere amati.
Abbiamo bisogno di tenerezza. Non sono le strategie comunicative a garantire la
bellezza, la bontà e la verità della comunicazione. Anche il mondo dei media non può
essere alieno dalla cura per l’umanità, ed è chiamato ad esprimere tenerezza. La rete
digitale può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone
umane. La neutralità dei media è solo apparente: solo chi comunica mettendo in
gioco se stesso può rappresentare un punto di riferimento. Il coinvolgimento
personale è la radice stessa dell’affidabilità di un comunicatore. Proprio per questo la
testimonianza cristiana, grazie alla rete, può raggiungere le periferie esistenziali.
Lo ripeto spesso: tra una Chiesa accidentata che esce per strada, e una Chiesa
ammalata di autoreferenzialità, non ho dubbi nel preferire la prima. E le strade sono
quelle del mondo dove la gente vive, dove è raggiungibile effettivamente e
affettivamente. Tra queste strade ci sono anche quelle digitali, affollate di umanità,
spesso ferita: uomini e donne che cercano una salvezza o una speranza. Anche grazie
alla rete il messaggio cristiano può viaggiare «fino ai confini della terra» (At 1,8).
Aprire le porte delle chiese significa anche aprirle nell’ambiente digitale, sia perché
la gente entri, in qualunque condizione di vita essa si trovi, sia perché il Vangelo
possa varcare le soglie del tempio e uscire incontro a tutti. Siamo chiamati a
testimoniare una Chiesa che sia casa di tutti. Siamo capaci di comunicare il volto di
una Chiesa così? La comunicazione concorre a dare forma alla vocazione missionaria
di tutta la Chiesa, e le reti sociali sono oggi uno dei luoghi in cui vivere questa
vocazione a riscoprire la bellezza della fede, la bellezza dell’incontro con Cristo.
Anche nel contesto della comunicazione serve una Chiesa che riesca a portare calore,
ad accendere il cuore.
La testimonianza cristiana non si fa con il bombardamento di messaggi religiosi, ma
con la volontà di donare se stessi agli altri «attraverso la disponibilità a coinvolgersi
pazientemente e con rispetto nelle loro domande e nei loro dubbi, nel cammino di
ricerca della verità e del senso dell’esistenza umana» (Benedetto XVI, Messaggio per
la XLVII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 2013). Pensiamo
all’episodio dei discepoli di Emmaus. Occorre sapersi inserire nel dialogo con gli
uomini e le donne di oggi, per comprenderne le attese, i dubbi, le speranze, e offrire
loro il Vangelo, cioè Gesù Cristo, Dio fatto uomo, morto e risorto per liberarci dal
peccato e dalla morte. La sfida richiede profondità, attenzione alla vita, sensibilità
spirituale. Dialogare significa essere convinti che l’altro abbia qualcosa di buono da
dire, fare spazio al suo punto di vista, alle sue proposte. Dialogare non significa
rinunciare alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa che siano uniche ed assolute.
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 263
L’icona del buon samaritano, che fascia le ferite dell’uomo percosso versandovi
sopra olio e vino, ci sia di guida. La nostra comunicazione sia olio profumato per il
dolore e vino buono per l’allegria. La nostra luminosità non provenga da trucchi o
effetti speciali, ma dal nostro farci prossimo di chi incontriamo ferito lungo il
cammino, con amore, con tenerezza. Non abbiate timore di farvi cittadini
dell’ambiente digitale. È importante l’attenzione e la presenza della Chiesa nel
mondo della comunicazione, per dialogare con l’uomo d’oggi e portarlo all’incontro
con Cristo: una Chiesa che accompagna il cammino sa mettersi in cammino con tutti.
In questo contesto la rivoluzione dei mezzi di comunicazione e dell’informazione è
una grande e appassionante sfida, che richiede energie fresche e un’immaginazione
nuova per trasmettere agli altri la bellezza di Dio.
Dal Vaticano, 24 gennaio 2014, memoria di san Francesco di Sales
FRANCESCO
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 265
Bibliografia Essenziale
Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 267
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R. VILLANO - Logos e teofania nel tempo digitale - LIBRO 2^ ed.; Cap. Fede e scienza

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  • 2. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale4 Copia n. _____________ L’autore __________________________ © Copyright: Raimondo Villano. Ricerche ©, creazione, copertina di Raimondo Villano. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte del libro può essere riprodotta o diffusa con un mezzo qualsiasi, fotocopie, microfilm o altro, senza il permesso scritto dell’editore. All right reserved. No part of this book shall be reproduced, stored in a retrieval system, or transmitted by ani means, electronic, mechanical, photocopying, recording or otherwise, withoutwritten permission from the publisher. Realizzazione editoriale: Prof. Dott. Maria Rosaria Giordano. Redazione: mobile +39 334 14 33 878; e-mail: farmavillano@libero.it. Advisor executive: Francesco Villano. Editore: Chiron - Praxys dpt. © 2012 Fondazione Chiron, via Maresca 12, scala A - 80058 Torre Annunziata (Napoli). website: www.raimondovillano.com (no profit: chiron). Segreteria: ludovico.ce@libero.it; Vendite: giovanna.ce@alice.it; www.raimondovillano.com (business: editoria) Stampa: MBE - Roma. Prima edizione: marzo 2012. Prima ristampa: ottobre 2012. Seconda ristampa: dicembre 2012; Terza ristampa: febbraio 2013; Seconda Edizione: marzo 2014. Finito di scrivere il 10 gennaio 2012. Pagine complessive: 292. Serie numerata. Questo volume, privo del numero di serie e della firma dell’autore, è da ritenersi contraffatto. Con la Società Dante Alighieri, in accordo con uno dei più importanti dizionari dell’uso della lingua italiana contemporanea, il Devoto-Oli by Mondadori Education, l’autore è “Custode del lemma: digitale” per il 2011/2012 nell’ambito della campagna “Adotta una parola” per la sensibilizzazione del pubblico ad un uso corretto e consapevole delle parole, di sostegno alla conoscenza più ampia del lessico italiano, di monitoraggio di alcuni termini e, più in generale, di promozione della grande varietà di espressione del mondo della comunicazione globale. Tale iniziativa, interpretando il sentimento di affezione verso la propria lingua, è tesa ad arginare l’impoverimento del lessico nella lingua italiana contemporanea e comporta l’impegno sia di segnalare i casi in cui la parola viene usata in modo non adeguato sia di usare la parola scelta tutte le volte che se ne presenta l’occasione. Il lemma assunto in tutela e monitoraggio, espunte le parole base, è acquisito attingendo ad una lista che rappresenta la traccia della lingua italiana nel suo insieme, sia parole che circolano ormai poco, e delle quali si sente la mancanza, sia parole nuove, che lo colpiscono per la loro utilità , sia parole tecniche, alle quali si è legati per lavoro o interessi personali (Firenze, 17 ottobre 2011). ISBN 978-88-97303-16-9. CDD 215 VIL log 2012. LCC HN30-39.
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  • 13. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 25 Alla mia stupenda moglie Maria Rosaria e al mio meraviglioso figlio Francesco, con immenso amore!
  • 14. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 27 Indice Alla ricerca dei punti fermi - Logos e teofania nel tempo digitale 29 Prefazione 35 Parte 1. Aspetti antropologici Capitolo I Problematiche ed azioni politiche 43 Capitolo II Aspetti filosofici, morali ed esistenziali 59 Capitolo III Impatto spaziale. Problemi urbanistici 71 Capitolo IV Impatto sociale 79 Capitolo V Conclusioni 93 Parte 2. Elementi dottrinali Capitolo VI Fede e cultura 99 Capitolo VII Fede e ragione 107 Capitolo VIII Fede e scienza 119 Capitolo IX Fede e amore 127 Capitolo X Fede e arte 133 Parte 3. Riflessioni pastorali Capitolo XI Pastorale e diaconia della cultura digitale 147 Capitolo XII Nuova evangelizzazione nel mondo digitale 165 Capitolo XIII Contributo del laicato cattolico 175 Capitolo XIV Metodica e pedagogia di approccio a web e social media 183 Capitolo XV Elementi progettuali di presenza nel web 207 Parte 4. Orizzonti teofanici Capitolo XVI Tempo digitale 217 Capitolo XVII Spazio digitale 231 Capitolo XVIII Forma e materia 235 Capitolo XIX Bellezza e verità 239 Capitolo XX Conclusioni 247 Appendice 249 Bibliografia essenziale 265 Profilo sintetico dell’autore 285
  • 15. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 29 Alla ricerca dei punti fermi - Logos e teofania nel tempo digitale Sulla tomba di Raffaello Sanzio si legge un’iscrizione latina: Ille hic est Raphael timuit quo sospite vinci rerum magna parens et moriente mori (Qui è quel Raffaello da cui, fin che visse, Madre Natura temette di essere superata, e quando morì temette di morire con lui). Il grande pittore era conosciuto soprattutto per la sua perfezione nel raffigurare ciò che dipingeva. La sua ultima opera è stata La trasfigurazione di Cristo, oggi esposta nella Pinacoteca dei Musei Vaticani. Considerata un'opera innovativa per la maestria nell'utilizzo della luce e l'espressività nella rappresentazione biblica, sembra di conservare ancora le tracce dell'incompiutezza. Le due zone circolari del dipinto sovrapposte creano un’evidente tensione tra orizzonti diversi. Quello in basso, dedicato alla fallita guarigione dell’ossesso, “viene letto” come simbolo della fragilità umana e dell'impotenza di fronte al male, messe in risalto dall'oscurità che travolge i protagonisti dell'episodio. La scena in alto, da cui prende il titolo l'intero dipinto, è investita, invece, da una luce abbagliante e da grande dinamicità che attraggono immediatamente l'attenzione dell'osservatore. Il Logos, l’eterno Verbo del Padre, entra nella dimensione temporale nascondendosi nella forma umana e nell'atto epifanico della trasfigurazione rivela la propria identità divina. L'intero episodio raccontato dagli evangelisti e rappresentato nel dipinto di Raffaello potrebbe, quindi, essere compendiato in tre parole: Logos, teofania e tempo. In un certo senso, il dipinto di Raffaello potrebbe essere una sintesi iconografica dell’umanità di tutti i tempi anche dell’uomo del tempo digitale, che è il nostro. Anche oggi, come allora, l’uomo si ritrova in balia delle fragilità, scosso dalle vecchie e nuove perturbazioni, non di rado avvolto dall’oscurità, ma in cerca della luce e di un orizzonte di speranza, che va oltre un semplice soddisfare il fabbisogno. Di fronte all’evidente smarrimento di una società fluttuante, l’uomo contemporaneo sembra essersi stancato delle incertezze e dei relativismi e, sempre più spesso, insegue delle costanti su cui poggiare la propria esistenza. Nasce, quindi, spontaneamente la domanda: esistono ancora dei punti fermi che ci permettono di orientarci con
  • 16. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale30 sicurezza e ritrovare la strada per un cammino sereno? E se la risposta dovesse risultare positiva ne nascerebbe subito un’altra: quali sono? Raimondo Villano accetta la non facile sfida di indicarli a partire dall’antica categoria del Logos, carica di accezioni che disegnano un ampio percorso di riflessione in cui alla ricerca del senso accompagna anche una ferma volontà di indicare i punti cardinali di riferimento. Non c’è dubbio che, per un cristiano, il Logos rappresenta tale riferimento per eccellenza incidendo non solo sull’intera ermeneutica teologica, ma anche e anzitutto sul vissuto umano nella sua concretezza. La presenza del Verbo si estende su tutta la storia salvifica fin dall’atto creativo e riceve un’espressione unica nel fatto dell’Incarnazione, quando vengono annullate in maniera radicale e del tutto singolare le distanze tra Dio e l’uomo, perché l’Eterno inizia ad esistere nel tempo diventando l’Emmanuele Dio con noi (Mt 1, 23). Il Verbo, pertanto, diviene una costante, un riferimento che sin dagli inizi della storia della salvezza accompagna l’uomo diventando il desiderio del cuore, la regola di vita e la lampada nel cammino che non si spegne mai, perché - come dice la Scrittura - tutto passerà, ma la Parola di Dio rimarrà in eterno (1 Pt 1, 25). Nel Verbo Incarnato ogni cristiano ritrova l’orientamento ideale della propria vita, la sua sorgente (Gv 1, 3. 10; Eb 1, 2), principio di continuità (Eb 1,3) e sua meta (Ap 22, 13). Ma l’audacia della scelta di Villano non consiste solo nella capacità di indicare un concetto caro a chi si ricollega idealmente all’orizzonte dell’insegnamento biblico, ma anche nell’aver scelto una categoria che, essendo cruciale per la Bibbia, può costituire un riferimento universale per chi, pur non condividendo la stessa eredità di fede, desidera la comprensione della realtà, cioè cerca la verità e vuole seguirla. Il termine logos, infatti, è segnato dall’universalità, considerando che già nell’antichità diventa decisivo al di fuori del cerchio della rivelazione giudeo-cristiana e costituisce un riferimento importante per il nobile pensiero della filosofia greca. Basta ricordare il significato attribuitogli da Eraclito (550 ca - 480 ca a.C.) di ragione universale investita di un carattere divino che permea ogni cosa e crea l’armonia del mondo; oppure da Platone (427 - 347 a. C.) che, pur limitando la sua comprensione alla dimensione del discorso o della ragione, riconosce in esso qualcosa di trascendente per il suo legame con la verità. Con diverse accezioni, il logos accompagna la riflessione di Aristotele (384 - 322 a. C), degli Stoici dal III secolo a.C. in poi, e di
  • 17. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 31 Filone di Alessandria (20 a.C. - 50), costituendo qualcosa di più di una semplice categoria speculativa: una chiave di comprensione della realtà. È chiaro che, nella tradizione cristiana, il Logos (il Verbo, la Parola) riceve un significato molto più ampio racchiudendo in sé una dimensione epifanico-teofanica. La sua unicità consiste nell’essere sia un riferimento ideale della vita, sia uno “strumento” privilegiato di comprensione, che rende accessibili gli eventi teofanici offrendo una chiave di lettura e guidando l’uomo verso un rapporto consapevole con Dio. L’espressione epifanica più radicale, però, si manifesta quando il Verbo stesso diventa il protagonista della storia attraverso l’Incarnazione, assumendo la natura umana e diventando allo stesso tempo l’immagine del Dio invisibile (Col 1, 15). Tuttavia, sembra che la tradizione occidentale, a differenza di quella bizantina, nella riflessione teologica privilegi più la dimensione speculativa degli eventi epifanici che la simbolico - rappresentativa. Nella tradizione bizantina dell'iconografia persiste la convinzione che l'icona, nel suo esprimere il divino, vada oltre una semplice raffigurazione artistica. Tutte le fasi dello “scrivere” un'icona mirano a un solo obiettivo: “fissare l'evento” epifanico. La tavola di legno su cui si posa l’immagine solo apparentemente circoscrive il sacro, il trascendente. In realtà, nel “fissare l’evento”, l’icona attua un’epifania, diventando una sorta di finestra tra divino e umano. L’immagine sacra, quindi, supera il limite del “rimandare verso”… e della rappresentazione, tanto da veder coniare un vero e proprio titolo acheropite, per le icone considerate non dipinte da mano umana.L’icona, pertanto, comunica e crea un dinamismo di incontro tra Dio e uomo, aprendo quest’ultimo alla dimensione salvifica. In questo senso, nella spiritualità bizantina l’icona verrà vista come mezzo epifanico pari ad esempio, alla Parola del Vangelo. In questa prospettiva, quindi, Logos e teofania sono tutt’uno trovando un’espressione straordinaria nella cornice del tempo. Il Verbo, infatti, incide sul tempo modificando il suo paradigma interpretativo. Il succedersi dei momenti, inteso come chrónos, subirà un cambiamento radicale e straordinario, con l’ingresso del Verbo nella dimensione temporale. Nel Verbo Incarnato il tempo si ricongiunge all'eternità di Dio, e la Sua presenza nel mondo traccia un nuovo orizzonte di riferimento: quello dell'incontro tra Dio e l'uomo. Ed è proprio in questo orizzonte che avviene una radicale trasformazione: il tempo inteso come chrónos diventa il tempo inteso come kairós, ossia il tempo salvifico, il
  • 18. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale32 tempo dell'incontro intimo con Dio che si rende presente nella storia dell'uomo. Lo svolgersi degli eventi, che nella prospettiva cosmica delle credenze arcaiche trasmetteva l'idea di regolarità e di una certa circolarità, riceverà una comprensione nuova, lineare e aperta al futuro, che non si esaurisce nella ciclicità ma proietta l’uomo verso eternità. Così, l'uomo, pur vivendo nell’abituale cornice del tempo-chrónos, entra nella dimensione del tempo-kairós scandito dall'incontro con Dio, sempre nuovo e dinamico, che diventa anche la misura della storia e dell’esistenza umana qualitativamente diverse. In questo libro di Villano, le categorie del Logos, della teofania e del tempo si intrecciano con varia intensità, offrendo una lettura anticonformista dell’uomo contemporaneo e della sua cultura. Da essa emerge un messaggio inconfondibile: il continuo cercare dei punti fermi di riferimento e l'impegno a costruire su di essi la propria esistenza sono espressione di una vita qualitativamente migliore. Nelle pagine che seguono è stato indicato un arduo ma interessante percorso di riflessione che attraversa diversi ambiti e si confronta con varie realtà: da quelle più vicine alla quotidianità come la politica e l’agire sociale a quelle sublimi della metafisica e dell’estetica. Ma, per certi versi, questo libro è anche un compendio della comprensione della cultura nelle sue molteplici espressioni alla luce degli autori classici e del magistero della Chiesa. Perciò, accanto alle riflessioni dell’autore, si potranno trovare anche ampie citazioni di alcuni testi fondamentali a comporre quasi una piccola antologia di riferimento. Un aspetto importante di questo libro è l'attenzione riservata al presente. Il tempo digitale, indicato come una componente essenziale della riflessione. Già a partire dal titolo, il libro, nasconde in sé una serie di domande fondamentali: le categorie classiche, come quella del Logos, hanno ancora ragione di essere riproposte? Sono ancora comprensibili o almeno traducibili per l'uomo contemporaneo? E quest’ultimo, può abbracciare il Logos ed entrare anche oggi nella prospettiva dell'esperienza di tipo epifanico? Inoltre, il “tempo digitale”, l'era degli eventi scollegati e estremamente relativizzati, il tempo delle autostrade telematiche dove l'informazione sovrabbonda e, a volte, soffoca la dimensione contemplativa dell’essere, “l’era fluttuante”, può costituire un luogo d'incontro tra l'eternità e il presente, tra l'assoluto e il contingente? Infine, l’uomo contemporaneo è ancora capace di sperimentare quel tipo di incontro con la Parola, con il Verbo, così da
  • 19. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 33 essere trasformato radicalmente nella sua esistenza per diventare un'icona di Dio, ovvero l’imago Chrisiti che riflette l’imago Dei? La risposta di Villano è audace e serena. L’autore non è intimorito dal tempo virtuale, che penetrando nella cultura ne condiziona le basi cambiandole e, non di rado, sconvolgendole. L’afflizione del tempo fluttuante, che sembra affermarsi e propagarsi mentre in realtà si dissolve nel nulla, non deve per forza opprimerci. L’uomo di oggi può ritrovare un orizzonte positivo per la propria esistenza. Logos, teofania e tempo sono termini che codificano un percorso da seguire non solo dal punto di vista della comprensione speculativa, ma anche dell’esperienza esistenziale. Il Verbo, accolto e vissuto, diventa una forza trasformatrice al punto d’innalzare l’uomo verso una nuova dimensione, una nuova dignità, rendendolo imago Dei, un segno visibile quasi epifanico. Come nel quadro di Raffaello c’è chi rimane circondato dall’oscurità, chi è turbato dalla realtà che lo spaventa e chi, invece, guarda la luce e indica il Cristo trasfigurato nel fiducioso gesto di certezza di aver trovato la strada da seguire. In un contesto socio- culturale in cui gradualmente vengono meno le certezze, e con esse anche la speranza, il tentativo di restituire fiducia offerto da Villano incoraggia e apre insperati laboratori di ricerca. Rev. Tomasz Trafny Responsabile del Dipartimento Scienza e Fede Direttore esecutivo del Progetto STOQ(*) Pontificio Consiglio della Cultura Città del Vaticano _______________ (*) Progetto Science, Theology and the Ontological Quest che, in collaborazione con le sette Università Pontificie Romane (Lateranense, Gregoriana, Regina Apostolorum, San Tommaso - Angelicum, Santa Croce, Salesiana, Urbaniana), è teso a sviluppare il dialogo fra scienza, filosofia e teologia, al fine di confrontare la visione cristiana del mondo, dell’uomo e della società con le molteplici sfide teoretiche, etiche e culturali che nascono dallo sviluppo della scienza ed è diretto a studenti, scienziati, filosofi e teologi e a quanti siano interessati ad approfondire le basi razionali della propria fede o ad approfondire la possibilità di divenire credenti all’inizio del Terzo Millennio.
  • 20. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 35 Prefazione Tra il 1985 e il 2000 essenzialmente quattro punti, per così dire cardinali, dominavano i miei interessi e la mia esistenza: la vita sentimentale prima e coniugale poi, la professione, gli studi e l’attività umanitaria. Nel tempo, in pratica, quest’ultima e, in larga misura, l’attività professionale divennero, ancorché ne avessi completa consapevolezza, tendenzialmente una vera e propria forma di “apostolato”. D’altro canto, ciò che ho indicato quale ambito di studio era costituito, in effetti, sia da approfondimento scientifico, umanistico, tecnico e culturale di determinate discipline a me congeniali, sia più che da un mero studio da una vera e propria formazione spirituale autodidatta, prevalentemente incentrata su documenti del Magistero petrino e pastorali. Tale attitudine, poi, in tempi non lunghi mi fece tacciare “amichevolmente” di una “dipendenza quasi eccessiva” nell’ambiente di una blasonata organizzazione non governativa internazionale in cui operavo a vari livelli da dirigente. Decisamente questo episodio determinò per taluni versi una mia correzione di rotta, nel senso che dismisi pubblicamente l’abito stricto sensu di “intellettuale” di matrice cristiana a tutto vantaggio del rafforzamento dell’azione umanitaria e caritativa, sempre secondo i dettami della dottrina sociale della Chiesa in me radicati: una veste, quindi, più laica ed in chiave dialettica con varie espressioni di realtà confessionali diverse presenti nella citata qualificata o.n.g. a me tanto cara, ora come allora. Con il senno di poi, dunque, vedendo opportunità di carità ed attuandole, forse, inconsapevolmente, per dirla parafrasando con Sant’Agostino(1) , avevo quasi la grazia di contemplare al mio orizzonte il bagliore della Trinità. Dal punto di vista della formazione e degli studi, poi, il fenomeno emergente della società globale dell’informazione, dopo oltre un decennio di approfondimenti, approdò nel 1996 nella pubblicazione del libro “Verso la società globale dell’informazione” in cui effettuavo un’analisi dei principali fattori problematici di genesi e sviluppo sia in termini scientifici che umanistici, con approfondimenti essenziali di aspetti filosofici ed esistenziali con accenni teologici e pastorali. Fu uno dei miei pochi libri di maggiore complessità.
  • 21. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale36 Dal 1996 al 2000, tra i vari impegni, ne ebbi principalmente tre che coinvolsero in modo significativo la mia coscienza di cristiano cattolico socialmente impegnato in conferenze, studi e promozione di documenti: la difesa della vita nascente (1996 e seguenti), la famiglia e la tutela della vita (2000/01). Ai primi anni 2000, intanto, per la mia investitura a membro dell’Ordine dei Giovanniti e, nel contempo, per un’innegabile crescita professionale, mi addentrai nella disamina di articolate tematiche di etica laica e morale cristiana culminata a fine 2007 nella pubblicazione del libro, piuttosto elaborato, dal titolo “La cruna dell’ago: meridiani farmaceutici tra etica laica e morale cattolica”. La vita di Giovannita, intanto, continuava a formarmi spiritualmente e tale percorso condusse nel 2008 ad una sintesi melitense nell’opera “Tuitio fidei et obsequium pauperum. Storia, spiritualità e sovranità nelle tradizioni e nella modernità del Sovrano Militare Ordine di Malta”. Con la sensibilità e la cultura di studioso di storia che, nel frattempo, si erano in me andate formando, coniugate ad una più matura formazione spirituale, giunsi a gennaio 2010 alla pubblicazione del complesso libro “Il tempo scolpito nel silenzio dell’eternità. Riflessioni sull’indagine diacronica per la memoria dell’homo faber” dove, tra l’altro, approfondivo aspetti inerenti la sede delle epifanie divine nell’intreccio fra tempo ed eternità e le applicazioni dell’informatica multimediale e telematica in ambito storico e museale. Negli ultimi anni, intanto, il piano di formazione spirituale è sostanzialmente traslato, accostandomi al Voto di Obbedienza canonica in ambito giovannita. Nel contempo, ho ripreso taluni approfondimenti di cultura digitale, a partire dalla “realtà virtuale” sviluppata fino al 1996 e, per alcuni aspetti, nel 2010. Il lasso di tempo che intercorre tra il mio primo lavoro del 1996 e oggi è di quindici anni: potrebbe sembrare un breve lasso mentre, in effetti, per il mondo delle nuove tecnologie è una “era geologica”. Si è passati dai primi sviluppi (1991), dall’ipertestualità e gli iniziali data-base, alla multimedialità, alla diffusione planetaria, all’ipermedialità fino ai social networking ed alla piena era di web 2.0, che modificano ulteriormente le dinamiche relazionali, per giungere alla crossmedialità, convergenza tecnologica e digitale dei principali media come tv, radio, telefonia, web. Da un’esistenza digitale quindici anni dopo la rivoluzione tecnologica evolve in rivoluzione culturale!
  • 22. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 37 Occorre riflettere sul fatto che Internet è una grande risorsa culturale che presenta anche ambiguità e rischi. Il tempo che viviamo, largamente modellato dallo sviluppo di nuove tecnologie, è andato ben oltre il limite delle semplici relazioni, dal momento che la comunicazione ha fatto irruzione non come elemento esterno, bensì come fatto costitutivo di una nuova realtà che ogni giorno si configura in modo diverso: “comunica” in senso lato, trasformando, come un laboratorio sempre all’opera, fatti ed eventi in tendenze e comportamenti culturali. Aumentano i pericoli di omologazione e di controllo, di relativismo intellettuale e morale, già ben riconoscibili nella flessione dello spirito critico, nella verità ridotta al gioco delle opinioni, nelle molteplici forme di degrado e di umiliazione dell'intimità della persona. Si assiste allora a un “inquinamento dello spirito, quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia(2) ...”. Mi è sembrato necessario, dunque, prendere atto della realtà contemporanea ed esaminarne le principali nuove sfide di particolare rilievo tra cui, in particolare, l’esigenza del dialogo a tutto campo con la cultura digitale. Interagire al servizio dell’uomo in questo ambito sviluppando un’azione pastorale è compito molto impegnativo ma obiettivo da perseguire in quanto la dimensione pastorale ha la capacità di porsi al servizio di una “nuova evangelizzazione” correlata all’influsso che i nuovi media esercitano nei modi di vita, nel costume e nella cultura di una società in rapido e continuo cambiamento. Ne è nato questo libro che, partendo da una disamina umanistica del fenomeno della società globale dell’informazione desunta in parte dal mio libro in merito del 1996 e rielaborata a completamento, giunge nella 1^ parte a riflessioni più propriamente di matrice filosofico - esistenziale per poi riflettere nella 2^ parte su elementi di magistero, nella 3^ parte su aspetti di pastorale ed evangelizzazione mentre nell’ultima parte tratta gli orizzonti di teofania digitale ed aspetti correlati. Nelle riflessioni di questo lavoro, però, non vi è alcun tentativo di esercizio accademico o di erudizione e men che meno un intento pedagogico quanto, invece, più limitatamente ma con buone probabilità anche più autenticamente, il desiderio di dare una parte di me stesso forse concorrendo a creare consapevolezze di futuro. Benché abbia acquisito un vissuto per vari aspetti più specificamente digitale e, quindi, con un tasso di sofferenza e disagio sensibilmente diversi ed attenuati rispetto a chi proviene da realtà
  • 23. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale38 distanti e si percepisce “alieno” di fronte a difficoltà assai maggiori, mi sento, tuttavia, di affermare che nell’epoca contemporanea, almeno culturalmente, siamo tutti una sorta di “pellegrini”, nel senso indicato dal Virgilio di dantesca memoria alle anime spaesate appena sbarcate sulla spiaggia del Purgatorio: “(…) voi credete forse che siano esperti d’esto loco; / ma noi siam peregrini come voi siete”. Questo lavoro, dunque, altro non è che un non mero esercizio di comprensione un po’ più approfondita di un pellegrino. D’altro canto, sebbene non mi sfugga che un’originalità di concezione e di pensiero possa esporre a maggior rischio d’incorrere in errore, benché in buona fede, essendomi avventurato in meandri insidiosi di ambiti specialistici di considerevole complessità, con l’attenuante della curiositas di semplice credente discretamente praticante, ove mai questo mio scritto dovesse giungere ad esperti di Santa Romana Ecclesia, confido nella benevolenza riservabile ad un figlio, quantunque umile, di Dio e, magari, nell’opportunità di correggere i miei errori. Altrettanta benevolenza, ovviamente, spero possa essermi all’uopo riservata anche dall’acculturato lettore laico. Ad entrambi, comunque, va la mia gratitudine anche per l’attenta lettura riservatami. Tornando ad illustrare più nel particolare il lavoro svolto, nelle pagine seguenti tento di aiutare a superare, in effetti, alcune dinamiche collettive che inducono a smarrire la percezione della profondità delle persone e ad appiattirsi sulla loro superficie e mi prefiggo di essere utile a stimolare riflessioni sulla fede nel mondo digitale, giacché la nuova cultura ed il nuovo linguaggio coinvolgono credente e non credente nelle consapevolezze e nelle verità fondamentali. Rifacendosi alla splendida similitudine del Cardinale Joseph Ratzinger circa l’albero di sicomoro, i cui frutti non sono commestibili se non preventivamente incisi in modo accurato, si può intuire quanto l’impegno culturale costituisca una sorta di incisione determinante affinché la persona e la società crescano nell’era digitale per l’annuncio e la difesa del Vangelo nelle diverse culture: un’incisione, tuttavia, che può essere effettuata correttamente solo se si possiedono competenza, conoscenza ed esperienza. Con questo lavoro, pertanto, mi sono prefisso di approfondire i principali aspetti problematici dei fenomeni del tempo digitale correlativamente alle questioni fondamentali che il Santo Padre e la
  • 24. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 39 Chiesa hanno proposto come impegno comune alla cristianità, partendo dal tentativo di riassumere le principali ragioni a favore dell’opzione per un Dio che è Logos (Ragione) e Amore (ambedue inseparabili) riflettendo nel contesto delle conoscenze su quanto sia considerata ancora ragionevole(3) . Annunciare il Vangelo è il compito primario di ogni cristiano. Evangelizzare, anche in questa nuova fase caratterizzata dalla presenza dei cosiddetti nuovi media, è un impegno da affrontare con vigore, in un’epoca in cui esiste e prospera una rilevante cristofobia e in un tempo digitale in cui si rilevano “visioni” secondo le quali tutta la storia della Chiesa nel secondo millennio sarebbe stata un declino permanente e in cui alcuni vedono il declino già subito dopo il Nuovo Testamento. In realtà, “opera Christi non deficiunt, sed proficiunt”, le opere di Cristo non vanno indietro, ma progrediscono. San Bonaventura ci insegna l’insieme del necessario discernimento, anche severo, del realismo sobrio e dell’apertura a nuovi carismi donati da Cristo, nello Spirito Santo, alla sua Chiesa. E mentre si ripete questa idea del declino, c’è anche l’altra idea, quella di un “utopismo spiritualistico”, che si ripete. Sappiamo, infatti, come dopo il Concilio Vaticano II alcuni erano convinti che tutto fosse nuovo, che ci fosse un’altra Chiesa, che la Chiesa pre-conciliare fosse finita e ne avremmo avuta un’altra, totalmente “altra”. Un utopismo anarchico! E grazie a Dio i timonieri saggi della barca di Pietro, Papa Paolo VI e Papa Giovanni Paolo II, da una parte hanno difeso la novità del Concilio e dall’altra, nello stesso tempo, hanno difeso l’unicità e la continuità della Chiesa, “che è sempre Chiesa di peccatori e sempre luogo di Grazia(4) ”. Dunque, “non seduce certo la prospettiva ingenua che, di fronte alle grandi sfide del nostro tempo, possa esserci una formula magica(5) ”. Ma, d’altro canto, non posso affatto non riconoscere quanto sia in me radicato la convinzione che “non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi(6) !” . Raimondo Villano _______________ (1) De Trinitate, VIII, 8, 12. (2) Benedetto XVI, Discorso in Piazza di Spagna, 8 dicembre 2009. (3) Rif.: Card. Joseph Ratzinger, Fede, ragione e istituzioni della Chiesa, 1999. (4) Benedetto XVI, Catechesi su San Bonaventura all’udienza generale, Vaticano, 10 marzo 2010. (5) Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo millennio ineunte (29), Epifania del Signore 2001. (6) Giovanni Paolo II, Ibid.
  • 25. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 97 Parte Seconda Elementi Dottrinali “Nel campo profano, gli uomini di pensiero, anche e forse specialmente in Italia, non pensano nulla di Cristo. Egli è un ignoto, un dimenticato, un assente, in gran parte della cultura contemporanea” Giovanni Battista Montini Introduzione allo studio di Cristo (1933)
  • 26. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 119 CAPITOLO VIII Fede e scienza La scienza da un lato è ritenuta da alcuni come una panacea, dimostrata dai notevoli progressi del secolo scorso. I suoi innumerevoli progressi (...) potrebbero far credere che la scienza può rispondere a tutte le questioni dell’esistenza dell’uomo, e perfino alle sue più alte ispirazioni. Dall’altro lato vi sono coloro che temono la scienza e prendono le distanze da essa, a causa di sviluppi che fanno riflettere, come la costruzione e il terrificante uso di armi nucleari(110) ”. “La scienza non è definita da nessuno di questi due estremi. Il suo compito era e rimane una paziente e appassionata ricerca della verità sul cosmo, sulla natura e sulla costituzione dell’essere umano. In tale ricerca, vi sono stati molti successi e molti fallimenti, trionfi e sconfitte”. “Ciononostante anche i risultati provvisori costituiscono un reale contributo sulla scoperta della corrispondenza fra intelletto e realtà naturali, sulla quale le generazioni future potranno continuare a progredire”. La Chiesa ha stima per l’attuale ricerca scientifica e riconoscenza per l’impegno scientifico, che incoraggia e dal quale trae beneficio. “Ai nostri giorni, gli scienziati apprezzano sempre più la necessità di essere aperti alla filosofia se devono scoprire i fondamenti logici ed epistemologici per la metodologia e le loro conclusioni. Da parte sua la Chiesa è convinta che l’attività scientifica, in ultima istanza, trae beneficio dal riconoscimento della dimensione spirituale dell’uomo e dalla sua ricerca delle domande ultime che consentono il riconoscimento di un mondo che esiste indipendentemente da noi e che non possiamo comprendere pienamente, che possiamo comprendere solo nella misura in cui comprendiamo la sua inerente logica”. “Gli scienziati non creano il mondo; essi imparano qualcosa sul mondo e tentano di imitarlo, seguendo le leggi e l’intelligibilità che la natura ci manifesta. L’esperienza dello scienziato quale essere umano è perciò quella di percepire una costante, una legge, un Logos che l’uomo non ha creato ma che ha invece osservato; infatti, esso ci conduce ad ammettere l’esistenza di una Ragione onnipotente, che è altra rispetto a quella umana, e che sostiene il mondo. Questo è un punto di incontro fra le scienze naturali e la religione. Ne risulta che la scienza diviene luogo di dialogo, un incontro fra l’uomo e la natura, potenzialmente, fra l’uomo e il suo Creatore”. È opportuno, inoltre, focalizzare ancora due elementi per un’ulteriore riflessione. In primo luogo, “mentre le realizzazioni crescenti delle scienze approfondiscono la nostra meraviglia della complessità della natura, si percepisce sempre più la necessità di un approccio interdisciplinare legato alla riflessione filosofica che conduce ad una sintesi”. _______________ (110) Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti alla Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze riuniti per riflettere sul tema “L’eredità scientifica del XX secolo”, Città del Vaticano 28 ottobre 2010.
  • 27. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale120 In secondo luogo, “le realizzazioni scientifiche in questo secolo devono essere sempre informate da imperativi di fraternità e pace, aiutando a risolvere i grandi problemi dell’umanità, e dirigendo gli sforzi di ciascuno verso l'autentico bene dell’uomo e lo sviluppo integrale dei popoli del mondo”. “Il risultato positivo della scienza del XXI secolo dipenderà sicuramente in larga misura dall’abilità dello scienziato di ricercare la verità ed applicare le scoperte in modo tale che vadano di pari passo con la ricerca di ciò che è giusto e buono”. Per caratterizzare insieme la nostra debolezza e la nostra forza, la nostra miseria e la nostra grandezza, Pascal usa la celeberrima metafora della “canna pensante”. Ma nella sua stessa logica, dovremmo aggiungere che siamo soprattutto “una canna capace di amare”. In una parola, l’autore dei “Pensieri” esprime la trascendenza che si apre nel cuore stesso della nostra immanenza: “L’uomo supera infinitamente l’uomo”. Se, da un punto di vista biologico, l’uomo sembra risultare da tutta l’evoluzione biologica che lo precede, una buona critica filosofica può mostrare che egli non si può ridurre, senza contraddizioni, alla sua dimensione scientifica. Non va sottaciuto, poi, quanto le contraddizioni dello scientismo siano evidenti per dover ancora essere dimostrate a lungo(111) : lo scientismo afferma, senza il minimo supporto scientifico, sia sperimentale, sia teorico, che la scienza da sola può spiegare l'uomo a se stesso, come tutte le altre realtà dell’universo. Si tratta in realtà di un’affermazione gratuita, di natura ideologica, esattamente contraria alla metodologia scientifica, con tutta la sua necessaria cautela. Maurice Blondel, infatti, mostra chiaramente, già ne “L’Action” del 1893, ripresa poi nel 1937, che la scienza non esiste di per sé, ma deriva per intero dall’attività umana, in interazione costante con la natura. La scienza essendo uno dei prodotti dell’azione, non saprebbe, senza enunciati di principio, motivare adeguatamente l’azione da cui procede. D’altra parte, Blondel mostra pure come la stessa coscienza del determinismo supponga una presa di distanza da esso, una possibilità di scelta senza la quale saremmo condannati al “monoideismo”, quindi all’incoscienza, come nell’ipnosi. Coscienza e libertà sono inseparabili. Ora questa necessaria libertà, permessa, ma non indotta, da tutto l’ordine fisico, implica una vera trascendenza rispetto alla naturalità biologica dalla quale siamo emersi. È utile, inoltre, sviluppare alcune considerazioni riguardanti il rapporto tra ragione scientifica e religione alla luce dell’essenzialità che la razionalità non sia riduzionismo scientifico(112) . L’affermazione teologica più forte della coerenza tra religione e scienza sta nella tesi di Galileo che il mondo è matematico, anzi che il mondo è stato strutturato da Dio in forma matematica, per cui la scoperta delle leggi, espresse in forma matematica, che governano la natura, comporrebbe l’armonia tra razionalità oggettiva posta da Dio a base della creazione e la nostra ragione soggettiva. _______________ (111) Marc Leclerc, Pontificia Università Gregoriana, Un volto tra la natura e il divino, L’Osservatore Romano, 7 agosto 2009. (112) Giorgio Israel, Ma la razionalità non è riduzionismo scientifico, L’Osservatore Romano, 21 gennaio 2010.
  • 28. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 121 Questa formula galileiana è affascinante ma elusiva e, anzi, da essa derivano molte delle difficoltà che hanno condotto all’attuale riduzione positivistica della ragione. Infatti, come dimostra lo stesso sviluppo storico della scienza, l’ipotesi che il mondo è matematico è soltanto un’ipotesi di un genere molto particolare, in quanto assolutamente inverificabile. Essa è in realtà un’ipotesi metafisica che per sorreggersi ha bisogno di verifiche continue, ma mai definitive. Il corso degli eventi ha piuttosto dimostrato che in tanti ambiti essa appare smentita o quantomeno appare molto dubbia. La conseguenza più pericolosa di tale ipotesi è di aver generato l’idea che non soltanto il mondo fisico, ma ogni aspetto del mondo sia matematico. È ormai comune ritenere che “soltanto il tipo di certezza derivante dalla sinergia di matematica ed empiria ci permette di parlare di scientificità”, per cui “ciò che pretende di essere scienza deve confrontarsi con questo criterio, e così anche le scienze che riguardano le cose umane, come la storia, la psicologia, la sociologia e la filosofia, cercano di avvicinarsi al canone della scientificità(113) ”. Ma questo sviluppo è profondamente negativo non soltanto per la scienza, in quanto l’efficacia del matematismo nelle scienze umane è lungi dall'essere evidente. Esso è anche fonte di riduzione del razionalismo al riduzionismo positivistico e, quindi, è la fonte diretta della “limitazione autodecretata della ragione”. In realtà qui il matematismo è soltanto rappresentativo di una tendenza alla dittatura del riduzionismo. Chi ingenuamente vede una conferma della religione nella pretesa scoperta di strutture neuronali che spiegherebbero l'emergere nel cervello del sentimento di trascendenza e, quindi, come si dice, mostrerebbero “l’esistenza di Dio nel cervello”, non si avvede che mettere Dio alla mercé di una conformazione cerebrale - che esiste in alcuni individui e in altri no, che può degenerare nel processo evolutivo o essere soppressa con interventi umani - significa distruggerlo. Non ci si difenderà validamente dal relativismo se non affermando che la razionalità che si esprime nella soggettività umana è irriducibile ai canoni ristretti dell’oggettivismo scientifico di tipo fisico-matematico o dello scientismo riduzionista e materialista. “Razionalità ampia” significa ricercare un’idea dell’oggettività più ampia di quella suggerita da quei canoni, entro i quali non c’è spazio per l’idea di Dio. È importante, inoltre, soffermarsi a riflettere sul valore del rapporto con la verità. La gente comune, senza conoscere Protagora, ne ripete esistenzialmente l’asserto secondo il quale “l'uomo è la misura di tutte le cose” in un senso molto spiccio e immediato: non c’è una verità assoluta che ci precede, ma è il singolo o il gruppo a determinarla nelle situazioni concrete e mutevoli e secondo gli interessi o i vantaggi contingenti. È quello che potremmo classificare come “soggettivismo” o, per usare un termine caro a Benedetto XVI, come “relativismo”. L’impostazione classica del rapporto con la verità, però, è stata molto differente(114) . _______________ (113) Considerazioni alla luce del discorso di Papa Benedetto XVI tenuto all’università di Ratisbona il 12 settembre 2006. (114) Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, stralci della Premessa al libro Ireneus Wojciech Kornzeniowski “Per una ermeneutica veritativa”, Roma, Città Nuova, 2010, pagine 440.
  • 29. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale122 La si potrebbe formulare, mantenendosi sempre in questo livello destinato alla folla dell’agorà quotidiana, con un aforisma dei Minima moralia (1951) di Adorno: “La verità non la si ‘ha’, ma vi si ‘è’, come per la felicità”. Già nell’Uomo senza qualità (1930-43) Robert Musil affermava: “La verità non è un cristallo che si può mettere in tasca, bensì un mare sconfinato in cui ci si immerge”. Il vero è visto, dunque, come un primum assoluto che ci precede e verso il quale la ricerca dell’uomo tende. La ragione ha intrinsecamente bisogno di questo nutrimento per il suo stesso esercizio, come in modo altamente simbolico ricordava il Fedro platonico: “Il motivo per cui le anime mettono tanto impegno per poter vedere la Pianura della Verità è questo: il nutrimento adatto alla parte migliore dell’anima proviene dal prato che è là e la natura dell’ala con cui l’anima può volare si nutre proprio di questo” (248 b-c). Nella concezione filosofica greca, infatti, come l’eunomía, cioè la legge buona e giusta, è la stella polare che incarna il riferimento capitale della giustizia ‘oggettiva’ in sé stante, fonte della norma etica, così l’alétheia è antecedente come meta di orientamento all’attività dell’intelletto, rendendo la filosofia nella sua intima essenza ricerca e servizio della verità che la trascende e ne costituisce l’oggetto. Potremmo, perciò, affermare che nella concezione classica l’amore per la verità è il paradigma stesso della ricerca filosofica ed è, quindi, anche il metro della stessa scientificità. La nuda veritas - per usare la famosa espressione delle Odi di Orazio (I, 24, 7) - è l’unica autorità che va rispettata e accolta. Questa interpretazione ha retto per secoli non solo il pensiero cristiano ma anche l’investigazione di ogni disciplina, sulla scia del famoso appello agostiniano: intellectum valde ama (Epistulae, 120, 3, 13), ama molto l’intelligenza la cui missione radicale è appunto quella di conoscere la verità. E “la ricerca della verità - come ricordava Giovanni Paolo II nel suo discorso per il centenario della nascita di Albert Einstein (1979) - è il compito fondamentale della scienza” stessa, proprio perché, continuava lo stesso Papa nell’enciclica Fides et ratio, riprendendo il celebre passo di apertura della Metafisica di Aristotele, “tutti gli uomini desiderano sapere e oggetto proprio di questo desiderio è la verità” (25). La modernità, però, ha impresso a questa concezione una netta torsione proponendo una visione quasi totalmente alternativa. Il percorso ha avuto i suoi prodromi ideali con Hobbes allorché nel suo “Leviatano” aveva formulato uno dei principi decisivi del positivismo legislativo: auctoritas non veritas facit legem. Per quanto riguardava il diritto, quindi, alla verità intrinseca dell’eunomía si opponeva l’autorità civile o religiosa che poteva sancire norme e progetti prescindendo dalla verità superiore. In sintesi, secondo il filosofo inglese del Seicento, “la pretesa di possedere la verità e il diritto di imporla, deve essere esclusa dalla politica e lo stabilire leggi e regole che governano i comportamenti, dovrebbe essere riservato non a coloro che conoscono la ‘verità’, soggetta alle interpretazioni individuali o collettive, ma all'autorità indipendente e incontestabile” (così David Gress nel saggio Peace and Survival del 1985). Questa prospettiva si è allargata progressivamente alla stessa filosofia e alla scienza ed è dilagata ai nostri giorni, mettendo profondamente in crisi la funzione della
  • 30. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 123 verità. Anzi, si è divenuti sempre più convinti che la verità non solo non va ricercata né obbedita, ma deve essere accantonata e relegata ai margini di una corretta epistemologia. Illuminante è l’asserto che Patricia Smith Churchland in un articolo apparso nel 1987 sul The Journal of Philosophy ha imposto alla sua concezione della scientificità: Truth, whatever that is, definitely takes the hindmost, la verità, qualunque essa sia, deve occupare chiaramente non più il primo posto di riferimento ma dev’essere relegata nelle retrovie, come retroguardia e zavorra del pensiero. Non è mancato il passo successivo di chi ha esorcizzato il concetto stesso di verità ritenendolo persino nocivo. Sappiamo che il famoso detto di Cristo “La verità vi farà liberi” (Giovanni, 8, 32) ha di per sé come soggetto una particolare accezione di “verità”, cioè la rivelazione divina offerta dal Figlio; tuttavia la frase è stata assunta nella storia della tradizione come un’esaltazione della funzione liberatoria e liberatrice della verità. Ebbene, ammiccando proprio alla frase giovannea, Sandra Harding in un suo scritto del 1991 (Whose Science? Whose Knowledge? Thinking from Women's Lives) giunge invece alla sua negazione assoluta, dichiarando che “la verità, qualunque essa sia, non ci farà liberi”. Ma è noto che già Michel Foucault a più riprese nei suoi scritti aveva percepito la verità come un grave pericolo dell’intelletto e non certo come una dotazione positiva, incline com’è a essere esclusiva, impositiva, schiavizzante a causa della “pretesa” in essa insita. È in questo particolare e inedito contesto che si colloca non solo l’affermazione di Benedetto XVI secondo cui “l’ethos della scientificità è volontà di obbedienza alla verità”, ma anche l’intera impostazione del suo discorso di Ratisbona, così come non pochi spunti del discorso (non pronunciato) del 17 gennaio 2008 per l’Università “La Sapienza” di Roma. La sua è la proposta di restituire alla verità la propria missione intrinseca, formativa e normativa, il suo primato che non è di dominio ma di liberazione, la sua presenza che non è tirannica, ma illuminante. Naturalmente questo è possibile solo con un’inversione di tendenza, come già era suggerito da Giovanni Paolo II in Fides et ratio: “È necessaria una filosofia di portata autenticamente metafisica, capace di trascendere i dati empirici per giungere, nella sua ricerca della verità, a qualcosa di assoluto, di ultimo, di fondante” (83). E già nel 1984, in occasione della consegna del “Premio Internazionale Paolo VI” ad Hans Urs von Balthasar, lo stesso Pontefice aveva ribadito che “amare la verità vuol dire non servirsene, ma servirla; cercarla per se stessa, non piegarla alle proprie utilità e convenienze”. Benedetto XVI ha ribadito - sempre nel citato discorso per “La Sapienza” - che il concetto stesso di verità deve essere assunto nella sua massima espansione, superando “la limitazione autodecretata della ragione a ciò che è verificabile nell’esperimento” e dischiudendosi alla verità tutta intera: “in questo senso la teologia, non soltanto come disciplina storica e umano-scientifica, ma come teologia vera e propria, cioè come interrogativo sulla ragione della fede, deve avere il suo posto nell'università e nel vasto dialogo delle scienze”. Una visione più completa che non impone salti di frontiera, confondendo i modi specifici e gli statuti propri di ogni disciplina, ma ne costituisce il dialogo fecondo e
  • 31. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale124 gli incroci positivi, essendo tutte le autentiche ricerche un cammino verso la verità che rende autenticamente liberi. A questo punto si può riflettere sulla necessaria mediazione culturale tra scienza e fede. Per cominciare, occorre ricordare che né la scienza né la fede si possono staccare completamente dalla cultura nella quale si inseriscono. Anche se l’iperspecializzazione tende a farlo dimenticare, c’è una “cultura scientifica” e c'è una “cultura religiosa” che fanno parte integrante della cultura in genere; ora è proprio in seno a questa cultura specificamente umana che possono di nuovo dialogare tra di loro. Dal punto di vista storico, va ricordato che il singolare connubium della cultura classica e della cultura biblica, giudaico-cristiana, è proprio il luogo di nascita della scienza moderna, tra la fine del medioevo ed il rinascimento, come ha mostrato Pierre Duhem. Questo singolare paradosso vede l’associazione inaspettata di elementi eterogenei, ma tutti necessari alla nascita della scienza nel senso moderno: l’universalità della ragione greca, del Lògos e la singolarità dell'elezione, sia del popolo dell’Alleanza che del Messia in cui si compie il suo destino; e, con questa, la necessaria desacralizzazione della natura, senza la quale una scienza sperimentale sarebbe impensabile(115) . Per finire, dobbiamo riflettere sulla relazione tra mediazione filosofica e mediazione culturale tra scienza e fede. La ragione concreta è inseparabile da una sua necessaria inculturazione, che fa già percepire come nessuna articolazione razionale, pur rigorosa, potrebbe funzionare, né venir capita, senza una viva mediazione culturale. Ci vuole un linguaggio comune per far comunicare diversi campi del pensiero e dell’esperienza umana, come la scienza e la fede in particolare. La ricerca di un linguaggio comune a tutte le conoscenze era già il voto fondamentale del Circolo di Vienna, all’alba del positivismo logico. Ma sappiamo ora che il linguaggio ricercato non si può limitare a quello formale delle scienze positive, perché deve poter integrare tutte le dimensioni della nostra esperienza. Il linguaggio ordinario, poi, infinitamente aperto, risulta più potente di tutti i linguaggi formali, per sempre incapaci di giustificare la non contraddizione dei propri assiomi, come risulta da un corollario del teorema d’incompiutezza di Kurt Goedel. Dunque, è l’uomo stesso che si scopre mediatore, in seno al cosmo, tra la natura e il divino, come si può vedere da Agostino a Blondel, con una particolare enfasi in Cusano e Pascal. Ci sarebbe da riflettere sul rapporto necessario tra questa incompiuta mediazione umana e il ruolo dell’Unico Mediatore - Medium Absolutum secondo l’espressione di Cusano - che solo potrebbe darci il nostro compimento. Una cultura umanistica, inclusiva, integrando tutti gli uomini, soggetti di pensiero, a cominciare dai più poveri come protagonisti, potrà forse riavviare il dialogo fecondo tra scienza e fede. Questo comprende l’uso necessario della nostra libertà di fronte all’Unico Necessario. _______________ (115) Marc Leclerc, Pontificia Università Gregoriana, Un volto tra la natura e il divino, L’Osservatore Romano, 7 agosto 2009.
  • 32. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 125 Come ha mostrato Blondel, nessuno può scampare all’alternativa decisiva, sia nell’azione, sia nel pensiero: o chiuderci nella nostra illusoria volontà d’autosufficienza, oppure aprirci, tramite l’umile riconoscimento della nostra radicale insufficienza, a tutti i soccorsi che ci potrebbe dare, gratuitamente, l’Unico Necessario, comunicandosi a noi come Mediatore assoluto, per colmare la nostra inquietudine e compiere, finalmente, il nostro destino(116) . In conclusione, dunque, “scienza e religione non sono in contrasto, ma hanno bisogno una dell’altra per completarsi nella mente di un uomo che pensa seriamente (117) ” e “la scienza può purificare la religione dalla superstizione, come la religione può purificare la scienza dai falsi assoluti(118) ”. _______________ (116) Marc Leclerc, Pontificia Università Gregoriana, Un volto tra la natura e il divino, L’Osservatore Romano, 7 agosto 2009. (117) Max Karl Plank, fisico (1858-1947), Saggio sulla conoscenza. (118) Giovanni Paolo II (1920-2005, PP 1978-2005), Lettera per il centenario della nascita di Einstein (1979).
  • 33. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 249 Appendice “Se per nessuno è possibile l'assenteismo sociale, per i cristiani è un peccato di omissione”. Cardinale Angelo Bagnasco (Todi, ottobre 2011)
  • 34. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 251 ESTRATTI DALLA LETTERA APOSTOLICA IN FORMA DI MOTU PROPRIO “PORTA FIDEI” DEL SOMMO PONTEFICE BENEDETTO XVI CON LA QUALE SI INDICE L'ANNO DELLA FEDE Benedetto XVI sin dall'inizio del suo ministero come successore dell’apostolo Pietro, ha richiamato “l’esigenza di riscoprire il cammino della fede”. Ciò è fattore importante anche alla luce del fatto che sovente è venuto meno “un tessuto culturale unitario” ispirato alla fede cristiana. Ma non è accettabile “che il sale diventi insipido e la luce sia tenuta nascosta”. Di fronte alla sete di Dio che donne e uomini del nostro tempo provano nei deserti di questo mondo, ogni seguace di Cristo deve far brillare, attraverso il continuo rinnovamento personale, la testimonianza dell’unica luce che illumina il mondo. “In un cammino - scrive il Papa - che dura tutta la vita”. "La 'porta della fede' che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l'ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi. È possibile oltrepassare quella soglia quando la Parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma". (...) "Fin dall'inizio del mio ministero come Successore di Pietro ho ricordato l'esigenza di riscoprire il cammino della fede per mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell'incontro con Cristo. (...) Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone". "Alla luce di tutto questo ho deciso di indire un Anno della fede. Esso avrà inizio l'11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II, e terminerà nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo, il 24 novembre 2013. Nella data dell'11 ottobre 2012, ricorreranno anche i vent'anni dalla pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, testo promulgato dal mio
  • 35. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale252 Predecessore, il Beato Papa Giovanni Paolo II[1], allo scopo di illustrare a tutti i fedeli la forza e la bellezza della fede". (...) "Proprio l'Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi è stata da me convocata, nel mese di ottobre del 2012, sul tema de La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Sarà quella un'occasione propizia per introdurre l'intera compagine ecclesiale ad un tempo di particolare riflessione e riscoperta della fede. Non è la prima volta che la Chiesa è chiamata a celebrare un Anno della fede. Il mio venerato Predecessore il Servo di Dio Paolo VI ne indisse uno simile nel 1967. (...) Essa si concluse con la Professione di fede del Popolo di Dio, per attestare quanto i contenuti essenziali che da secoli costituiscono il patrimonio di tutti i credenti hanno bisogno di essere confermati, compresi e approfonditi in maniera sempre nuova al fine di dare testimonianza coerente in condizioni storiche diverse dal passato". "Ho ritenuto che far iniziare l'Anno della fede in coincidenza con il cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II possa essere un'occasione propizia per comprendere che i testi lasciati in eredità dai Padri conciliari (...). Io pure intendo ribadire con forza quanto ebbi ad affermare a proposito del Concilio pochi mesi dopo la mia elezione a Successore di Pietro: "se lo leggiamo e recepiamo guidati da una giusta ermeneutica, esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa". "Il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti: con la loro stessa esistenza nel mondo i cristiani sono infatti chiamati a far risplendere la Parola di verità che il Signore Gesù ci ha lasciato. Proprio il Concilio, nella Costituzione dogmatica Lumen gentium, affermava: (...) la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento". (...) "L'Anno della fede, in questa prospettiva, è un invito ad un'autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. Nel mistero della sua morte e risurrezione, Dio ha rivelato in pienezza l'Amore che salva e chiama gli uomini alla conversione di vita mediante la remissione dei peccati. Per l'apostolo Paolo, questo Amore introduce l'uomo ad una nuova vita (...). Grazie alla fede, questa vita nuova plasma tutta l'esistenza umana sulla radicale novità della risurrezione. (...) La 'fede che si rende operosa per mezzo della carità' diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia tutta la vita dell'uomo". (...) "Con il suo amore, Gesù Cristo attira a sé gli uomini di ogni generazione: in ogni tempo Egli convoca la Chiesa affidandole l'annuncio del Vangelo, con un mandato che è sempre nuovo. Per questo anche oggi è necessario un più convinto impegno ecclesiale a favore di una nuova evangelizzazione per riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l'entusiasmo nel comunicare la fede. Nella quotidiana riscoperta del suo amore attinge forza e vigore l'impegno missionario dei credenti che non può mai
  • 36. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 253 venire meno. La fede, infatti, cresce quando è vissuta come esperienza di un amore ricevuto e quando viene comunicata come esperienza di grazia e di gioia". (...) "Solo credendo, quindi, la fede cresce e si rafforza; non c'è altra possibilità per possedere certezza sulla propria vita se non abbandonarsi, in un crescendo continuo, nelle mani di un amore che si sperimenta sempre più grande perché ha la sua origine in Dio". "Vorremmo celebrare questo Anno in maniera degna e feconda. Dovrà intensificarsi la riflessione sulla fede per aiutare tutti i credenti in Cristo a rendere più consapevole ed a rinvigorire la loro adesione al Vangelo, soprattutto in un momento di profondo cambiamento come quello che l'umanità sta vivendo. Avremo l'opportunità di confessare la fede nel Signore Risorto nelle nostre Cattedrali e nelle chiese di tutto il mondo; nelle nostre case e presso le nostre famiglie, perché ognuno senta forte l'esigenza di conoscere meglio e di trasmettere alle generazioni future la fede di sempre. Le comunità religiose come quelle parrocchiali, e tutte le realtà ecclesiali antiche e nuove, troveranno il modo, in questo Anno, per rendere pubblica professione del Credo". "Desideriamo che questo Anno susciti in ogni credente l'aspirazione a confessare la fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e speranza. Sarà un'occasione propizia anche per intensificare la celebrazione della fede nella liturgia, e in particolare nell'Eucaristia, che è "il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana tutta la sua energia". Nel contempo, auspichiamo che la testimonianza di vita dei credenti cresca nella sua credibilità. Riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullo stesso atto con cui si crede, è un impegno che ogni credente deve fare proprio, soprattutto in questo Anno". "Il cristiano non può mai pensare che credere sia un fatto privato. La fede è decidere di stare con il Signore per vivere con Lui. E questo 'stare con Lui' introduce alla comprensione delle ragioni per cui si crede. La fede, proprio perché è atto della libertà, esige anche la responsabilità sociale di ciò che si crede. (...) La stessa professione della fede è un atto personale ed insieme comunitario. È la Chiesa, infatti, il primo soggetto della fede. Nella fede della Comunità cristiana ognuno riceve il Battesimo, segno efficace dell'ingresso nel popolo dei credenti per ottenere la salvezza". "Come si può osservare, la conoscenza dei contenuti di fede è essenziale per dare il proprio assenso, cioè per aderire pienamente con l'intelligenza e la volontà a quanto viene proposto dalla Chiesa. La conoscenza della fede introduce alla totalità del mistero salvifico rivelato da Dio. L'assenso che viene prestato implica quindi che, quando si crede, si accetta liberamente tutto il mistero della fede, perché garante della sua verità è Dio stesso che si rivela e permette di conoscere il suo mistero di amore".
  • 37. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale254 "D'altra parte, non possiamo dimenticare che nel nostro contesto culturale tante persone, pur non riconoscendo in sé il dono della fede, sono comunque in una sincera ricerca del senso ultimo e della verità definitiva sulla loro esistenza e sul mondo. Questa ricerca è un autentico 'preambolo' alla fede, perché muove le persone sulla strada che conduce al mistero di Dio. La stessa ragione dell'uomo, infatti, porta insita l'esigenza di 'ciò che vale e permane sempre'. Tale esigenza costituisce un invito permanente, inscritto indelebilmente nel cuore umano, a mettersi in cammino per trovare Colui che non cercheremmo se non ci fosse già venuto incontro. Proprio a questo incontro la fede ci invita e ci apre in pienezza". "Per accedere a una conoscenza sistematica dei contenuti della fede, tutti possono trovare nel Catechismo della Chiesa Cattolica un sussidio prezioso ed indispensabile. Esso costituisce uno dei frutti più importanti del Concilio Vaticano II. (...) È proprio in questo orizzonte che l'Anno della fede dovrà esprimere un corale impegno per la riscoperta e lo studio dei contenuti fondamentali della fede che trovano nel Catechismo della Chiesa Cattolica la loro sintesi sistematica e organica. (...) Il Catechismo offre una memoria permanente dei tanti modi in cui la Chiesa ha meditato sulla fede e prodotto progresso nella dottrina per dare certezza ai credenti nella loro vita di fede". "In questo Anno, pertanto, il Catechismo della Chiesa Cattolica potrà essere un vero strumento a sostegno della fede, soprattutto per quanti hanno a cuore la formazione dei cristiani, così determinante nel nostro contesto culturale. A tale scopo, ho invitato la Congregazione per la Dottrina della Fede, in accordo con i competenti Dicasteri della Santa Sede, a redigere una Nota, con cui offrire alla Chiesa ed ai credenti alcune indicazioni per vivere quest'Anno della fede nei modi più efficaci ed appropriati, al servizio del credere e dell'evangelizzare". "La fede, infatti, si trova ad essere sottoposta più che nel passato a una serie di interrogativi che provengono da una mutata mentalità che, particolarmente oggi, riduce l'ambito delle certezze razionali a quello delle conquiste scientifiche e tecnologiche. La Chiesa tuttavia non ha mai avuto timore di mostrare come tra fede e autentica scienza non vi possa essere alcun conflitto perché ambedue, anche se per vie diverse, tendono alla verità". "Sarà decisivo nel corso di questo Anno ripercorrere la storia della nostra fede, la quale vede il mistero insondabile dell'intreccio tra santità e peccato. Mentre la prima evidenzia il grande apporto che uomini e donne hanno offerto alla crescita ed allo sviluppo della comunità con la testimonianza della loro vita, il secondo deve provocare in ognuno una sincera e permanente opera di conversione per sperimentare la misericordia del Padre che a tutti va incontro". "L'Anno della fede sarà anche un'occasione propizia per intensificare la testimonianza della carità. (...) La fede senza la carità non porta frutto e la carità senza la fede sarebbe un sentimento in balia costante del dubbio. Fede e carità si esigono a vicenda, così che l'una permette all'altra di attuare il suo cammino. Non
  • 38. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 255 pochi cristiani, infatti, dedicano la loro vita con amore a chi è solo, emarginato o escluso come a colui che è il primo verso cui andare e il più importante da sostenere, perché proprio in lui si riflette il volto stesso di Cristo. Grazie alla fede possiamo riconoscere in quanti chiedono il nostro amore il volto del Signore risorto". "Giunto ormai al termine della sua vita, l'apostolo Paolo chiede al discepolo Timoteo di 'cercare la fede' con la stessa costanza di quando era ragazzo. Sentiamo questo invito rivolto a ciascuno di noi, perché nessuno diventi pigro nella fede. Essa è compagna di vita che permette di percepire con sguardo sempre nuovo le meraviglie che Dio compie per noi. Intenta a cogliere i segni dei tempi nell'oggi della storia, la fede impegna ognuno di noi a diventare segno vivo della presenza del Risorto nel mondo. Ciò di cui il mondo oggi ha particolarmente bisogno è la testimonianza credibile di quanti, illuminati nella mente e nel cuore dalla Parola del Signore, sono capaci di aprire il cuore e la mente di tanti al desiderio di Dio e della vita vera, quella che non ha fine". CITTA' DEL VATICANO, 17 OTT. 2011 (VIS) LIT/VIS 20111017 (1960)
  • 39. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 257 fondamentali. Le reti sociali sono dunque alimentate da aspirazioni radicate nel cuore dell’uomo. La cultura dei social network e i cambiamenti nelle forme e negli stili della comunicazione, pongono sfide impegnative a coloro che vogliono parlare di verità e di valori. Spesso, come avviene anche per altri mezzi di comunicazione sociale, il significato e l’efficacia delle differenti forme di espressione sembrano determinati più dalla loro popolarità che dalla loro intrinseca importanza e validità. La popolarità è poi frequentemente connessa alla celebrità o a strategie persuasive piuttosto che alla logica dell’argomentazione. A volte, la voce discreta della ragione può essere sovrastata dal rumore delle eccessive informazioni, e non riesce a destare l’attenzione, che invece viene riservata a quanti si esprimono in maniera più suadente. I social media hanno bisogno, quindi, dell’impegno di tutti coloro che sono consapevoli del valore del dialogo, del dibattito ragionato, dell’argomentazione logica; di persone che cercano di coltivare forme di discorso e di espressione che fanno appello alle più nobili aspirazioni di chi è coinvolto nel processo comunicativo. Dialogo e dibattito possono fiorire e crescere anche quando si conversa e si prendono sul serio coloro che hanno idee diverse dalle nostre. “Costatata la diversità culturale, bisogna fa sì che le persone non solo accettino l’esistenza della cultura dell’altro, ma aspirino anche a venire arricchite da essa e ad offrirle ciò che si possiede di bene, di vero e di bello” (Discorso nell’Incontro con il mondo della cultura,Belém, Lisbona, 12 maggio 2010). La sfida che i network sociali devono affrontare è quella di essere davvero inclusivi: allora essi beneficeranno della piena partecipazione dei credenti che desiderano condividere il Messaggio di Gesù e i valori della dignità umana, che il suo insegnamento promuove. I credenti, infatti, avvertono sempre più che se la Buona Notizia non è fatta conoscere anche nell’ambiente digitale, potrebbe essere assente nell’esperienza di molti per i quali questo spazio esistenziale è importante. L’ambiente digitale non è un mondo parallelo o puramente virtuale, ma è parte della realtà quotidiana di molte persone, specialmente dei più giovani. I network sociali sono il frutto dell’interazione umana, ma essi, a loro volta, danno forme nuove alle dinamiche della comunicazione che crea rapporti: una comprensione attenta di questo ambiente è dunque il prerequisito per una significativa presenza all’interno di esso. La capacità di utilizzare i nuovi linguaggi è richiesta non tanto per essere al passo coi tempi, ma proprio per permettere all’infinita ricchezza del Vangelo di trovare forme di espressione che siano in grado di raggiungere le menti e i cuori di tutti. Nell’ambiente digitale la parola scritta si trova spesso accompagnata da immagini e suoni. Una comunicazione efficace, come le parabole di Gesù, richiede il coinvolgimento dell’immaginazione e della sensibilità affettiva di coloro che vogliamo invitare a un incontro col mistero dell’amore di Dio. Del resto sappiamo che la tradizione cristiana è da sempre ricca di segni e simboli: penso, ad esempio, alla croce, alle icone, alle immagini della Vergine Maria, al presepe, alle vetrate e ai dipinti delle chiese. Una parte consistente del patrimonio artistico dell’umanità è
  • 40. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale258 stato realizzato da artisti e musicisti che hanno cercato di esprimere le verità della fede. L’autenticità dei credenti nei network sociali è messa in evidenza dalla condivisione della sorgente profonda della loro speranza e della loro gioia: la fede nel Dio ricco di misericordia e di amore rivelato in Cristo Gesù. Tale condivisione consiste non soltanto nell’esplicita espressione di fede, ma anche nella testimonianza, cioè nel modo in cui si comunicano “scelte, preferenze, giudizi che siano profondamente coerenti con il Vangelo, anche quando di esso non si parla in forma esplicita” (Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 2011). Un modo particolarmente significativo di rendere testimonianza sarà la volontà di donare se stessi agli altri attraverso la disponibilità a coinvolgersi pazientemente e con rispetto nelle loro domande e nei loro dubbi, nel cammino di ricerca della verità e del senso dell’esistenza umana. L’emergere nelle reti sociali del dialogo circa la fede e il credere conferma l’importanza e la rilevanza della religione nel dibattito pubblico e sociale. Per coloro che hanno accolto con cuore aperto il dono della fede, la risposta più radicale alle domande dell’uomo circa l’amore, la verità e il significato della vita – questioni che non sono affatto assenti nei social network – si trova nella persona di Gesù Cristo. E’ naturale che chi ha la fede desideri, con rispetto e sensibilità, condividerla con coloro che incontra nell’ambiente digitale. In definitiva, però, se la nostra condivisione del Vangelo è capace di dare buoni frutti, è sempre grazie alla forza propria della Parola di Dio di toccare i cuori, prima ancora di ogni nostro sforzo. La fiducia nella potenza dell’azione di Dio deve superare sempre ogni sicurezza posta sull’utilizzo dei mezzi umani. Anche nell’ambiente digitale, dove è facile che si levino voci dai toni troppo accesi e conflittuali, e dove a volte il sensazionalismo rischia di prevalere, siamo chiamati a un attento discernimento. E ricordiamo, a questo proposito, che Elia riconobbe la voce di Dio non nel vento impetuoso e gagliardo, né nel terremoto o nel fuoco, ma nel «sussurro di una brezza leggera» (1 Re19,11-12). Dobbiamo confidare nel fatto che i fondamentali desideri dell’uomo di amare e di essere amato, di trovare significato e verità - che Dio stesso ha messo nel cuore dell’essere umano - mantengono anche le donne e gli uomini del nostro tempo sempre e comunque aperti a ciò che il beato Cardinale Newman chiamava la “luce gentile” della fede. I social network, oltre che strumento di evangelizzazione, possono essere un fattore di sviluppo umano. Ad esempio, in alcuni contesti geografici e culturali dove i cristiani si sentono isolati, le reti sociali possono rafforzare il senso della loro effettiva unità con la comunità universale dei credenti. Le reti facilitano la condivisione delle risorse spirituali e liturgiche, rendendo le persone in grado di pregare con un rinvigorito senso di prossimità a coloro che professano la loro stessa fede. Il coinvolgimento autentico e interattivo con le domande e i dubbi di coloro che sono lontani dalla fede, ci deve far sentire la necessità di alimentare con la preghiera e la riflessione la nostra fede nella presenza di Dio, come pure la nostra carità
  • 41. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 259 operosa: “se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita” (1 Cor13,1). Esistono reti sociali che nell’ambiente digitale offrono all’uomo di oggi occasioni di preghiera, meditazione o condivisione della Parola di Dio. Ma queste reti possono anche aprire le porte ad altre dimensioni della fede. Molte persone stanno, infatti, scoprendo, proprio grazie a un contatto avvenuto inizialmente on line, l’importanza dell’incontro diretto, di esperienze di comunità o anche di pellegrinaggio, elementi sempre importanti nel cammino di fede. Cercando di rendere il Vangelo presente nell’ambiente digitale, noi possiamo invitare le persone a vivere incontri di preghiera o celebrazioni liturgiche in luoghi concreti quali chiese o cappelle. Non ci dovrebbe essere mancanza di coerenza o di unità nell’espressione della nostra fede e nella nostra testimonianza del Vangelo nella realtà in cui siamo chiamati a vivere, sia essa fisica, sia essa digitale. Quando siamo presenti agli altri, in qualunque modo, noi siamo chiamati a far conoscere l’amore di Dio sino agli estremi confini della terra. Prego che lo Spirito di Dio vi accompagni e vi illumini sempre, mentre benedico di cuore tutti voi, così che possiate essere davvero araldi e testimoni del Vangelo. “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16, 15). Dal Vaticano, 24 gennaio 2013, Festa di san Francesco di Sales BENEDICTUS PP. XVI
  • 42. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale260 MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA XLVIII GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI Comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro [Domenica, 1 giugno 2014] Cari fratelli e sorelle, oggi viviamo in un mondo che sta diventando sempre più “piccolo” e dove, quindi, sembrerebbe essere facile farsi prossimi gli uni agli altri. Gli sviluppi dei trasporti e delle tecnologie di comunicazione ci stanno avvicinando, connettendoci sempre di più, e la globalizzazione ci fa interdipendenti. Tuttavia all’interno dell’umanità permangono divisioni, a volte molto marcate. A livello globale vediamo la scandalosa distanza tra il lusso dei più ricchi e la miseria dei più poveri. Spesso basta andare in giro per le strade di una città per vedere il contrasto tra la gente che vive sui marciapiedi e le luci sfavillanti dei negozi. Ci siamo talmente abituati a tutto ciò che non ci colpisce più. Il mondo soffre di molteplici forme di esclusione, emarginazione e povertà; come pure di conflitti in cui si mescolano cause economiche, politiche, ideologiche e, purtroppo, anche religiose. In questo mondo, i media possono aiutare a farci sentire più prossimi gli uni agli altri; a farci percepire un rinnovato senso di unità della famiglia umana che spinge alla solidarietà e all’impegno serio per una vita più dignitosa. Comunicare bene ci aiuta ad essere più vicini e a conoscerci meglio tra di noi, ad essere più uniti. I muri che ci dividono possono essere superati solamente se siamo pronti ad ascoltarci e ad imparare gli uni dagli altri. Abbiamo bisogno di comporre le differenze attraverso forme di dialogo che ci permettano di crescere nella comprensione e nel rispetto. La cultura dell’incontro richiede che siamo disposti non soltanto a dare, ma anche a ricevere dagli altri. I media possono aiutarci in questo, particolarmente oggi, quando le reti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi. In particolare
  • 43. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 261 internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è una cosa buona, è un dono di Dio. Esistono però aspetti problematici: la velocità dell’informazione supera la nostra capacità di riflessione e giudizio e non permette un’espressione di sé misurata e corretta. La varietà delle opinioni espresse può essere percepita come ricchezza, ma è anche possibile chiudersi in una sfera di informazioni che corrispondono solo alle nostre attese e alle nostre idee, o anche a determinati interessi politici ed economici. L’ambiente comunicativo può aiutarci a crescere o, al contrario, a disorientarci. Il desiderio di connessione digitale può finire per isolarci dal nostro prossimo, da chi ci sta più vicino. Senza dimenticare che chi, per diversi motivi, non ha accesso ai media sociali, rischia di essere escluso. Questi limiti sono reali, tuttavia non giustificano un rifiuto dei media sociali; piuttosto ci ricordano che la comunicazione è, in definitiva, una conquista più umana che tecnologica. Dunque, che cosa ci aiuta nell’ambiente digitale a crescere in umanità e nella comprensione reciproca? Ad esempio, dobbiamo recuperare un certo senso di lentezza e di calma. Questo richiede tempo e capacità di fare silenzio per ascoltare. Abbiamo anche bisogno di essere pazienti se vogliamo capire chi è diverso da noi: la persona esprime pienamente se stessa non quando è semplicemente tollerata, ma quando sa di essere davvero accolta. Se siamo veramente desiderosi di ascoltare gli altri, allora impareremo a guardare il mondo con occhi diversi e ad apprezzare l’esperienza umana come si manifesta nelle varie culture e tradizioni. Ma sapremo anche meglio apprezzare i grandi valori ispirati dal Cristianesimo, ad esempio la visione dell’uomo come persona, il matrimonio e la famiglia, la distinzione tra sfera religiosa e sfera politica, i principi di solidarietà e sussidiarietà, e altri. Come allora la comunicazione può essere a servizio di un’autentica cultura dell’incontro? E per noi discepoli del Signore, che cosa significa incontrare una persona secondo il Vangelo? Come è possibile, nonostante tutti i nostri limiti e peccati, essere veramente vicini gli uni agli altri? Queste domande si riassumono in quella che un giorno uno scriba, cioè un comunicatore, rivolse a Gesù: «E chi è mio prossimo?» (Lc 10,29). Questa domanda ci aiuta a capire la comunicazione in termini di prossimità. Potremmo tradurla così: come si manifesta la “prossimità” nell’uso dei mezzi di comunicazione e nel nuovo ambiente creato dalle tecnologie digitali? Trovo una risposta nella parabola del buon samaritano, che è anche una parabola del comunicatore. Chi comunica, infatti, si fa prossimo. E il buon samaritano non solo si fa prossimo, ma si fa carico di quell’uomo che vede mezzo morto sul ciglio della strada. Gesù inverte la prospettiva: non si tratta di riconoscere l’altro come un mio simile, ma della mia capacità di farmi simile all’altro. Comunicare significa quindi prendere consapevolezza di essere umani, figli di Dio. Mi piace definire questo potere della comunicazione come “prossimità”. Quando la comunicazione ha il prevalente scopo di indurre al consumo o alla manipolazione delle persone, ci troviamo di fronte a un’aggressione violenta come
  • 44. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale262 quella subita dall’uomo percosso dai briganti e abbandonato lungo la strada, come leggiamo nella parabola. In lui il levita e il sacerdote non vedono un loro prossimo, ma un estraneo da cui era meglio tenersi a distanza. A quel tempo, ciò che li condizionava erano le regole della purità rituale. Oggi, noi corriamo il rischio che alcuni media ci condizionino al punto da farci ignorare il nostro prossimo reale. Non basta passare lungo le “strade” digitali, cioè semplicemente essere connessi: occorre che la connessione sia accompagnata dall’incontro vero. Non possiamo vivere da soli, rinchiusi in noi stessi. Abbiamo bisogno di amare ed essere amati. Abbiamo bisogno di tenerezza. Non sono le strategie comunicative a garantire la bellezza, la bontà e la verità della comunicazione. Anche il mondo dei media non può essere alieno dalla cura per l’umanità, ed è chiamato ad esprimere tenerezza. La rete digitale può essere un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone umane. La neutralità dei media è solo apparente: solo chi comunica mettendo in gioco se stesso può rappresentare un punto di riferimento. Il coinvolgimento personale è la radice stessa dell’affidabilità di un comunicatore. Proprio per questo la testimonianza cristiana, grazie alla rete, può raggiungere le periferie esistenziali. Lo ripeto spesso: tra una Chiesa accidentata che esce per strada, e una Chiesa ammalata di autoreferenzialità, non ho dubbi nel preferire la prima. E le strade sono quelle del mondo dove la gente vive, dove è raggiungibile effettivamente e affettivamente. Tra queste strade ci sono anche quelle digitali, affollate di umanità, spesso ferita: uomini e donne che cercano una salvezza o una speranza. Anche grazie alla rete il messaggio cristiano può viaggiare «fino ai confini della terra» (At 1,8). Aprire le porte delle chiese significa anche aprirle nell’ambiente digitale, sia perché la gente entri, in qualunque condizione di vita essa si trovi, sia perché il Vangelo possa varcare le soglie del tempio e uscire incontro a tutti. Siamo chiamati a testimoniare una Chiesa che sia casa di tutti. Siamo capaci di comunicare il volto di una Chiesa così? La comunicazione concorre a dare forma alla vocazione missionaria di tutta la Chiesa, e le reti sociali sono oggi uno dei luoghi in cui vivere questa vocazione a riscoprire la bellezza della fede, la bellezza dell’incontro con Cristo. Anche nel contesto della comunicazione serve una Chiesa che riesca a portare calore, ad accendere il cuore. La testimonianza cristiana non si fa con il bombardamento di messaggi religiosi, ma con la volontà di donare se stessi agli altri «attraverso la disponibilità a coinvolgersi pazientemente e con rispetto nelle loro domande e nei loro dubbi, nel cammino di ricerca della verità e del senso dell’esistenza umana» (Benedetto XVI, Messaggio per la XLVII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 2013). Pensiamo all’episodio dei discepoli di Emmaus. Occorre sapersi inserire nel dialogo con gli uomini e le donne di oggi, per comprenderne le attese, i dubbi, le speranze, e offrire loro il Vangelo, cioè Gesù Cristo, Dio fatto uomo, morto e risorto per liberarci dal peccato e dalla morte. La sfida richiede profondità, attenzione alla vita, sensibilità spirituale. Dialogare significa essere convinti che l’altro abbia qualcosa di buono da dire, fare spazio al suo punto di vista, alle sue proposte. Dialogare non significa rinunciare alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa che siano uniche ed assolute.
  • 45. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 263 L’icona del buon samaritano, che fascia le ferite dell’uomo percosso versandovi sopra olio e vino, ci sia di guida. La nostra comunicazione sia olio profumato per il dolore e vino buono per l’allegria. La nostra luminosità non provenga da trucchi o effetti speciali, ma dal nostro farci prossimo di chi incontriamo ferito lungo il cammino, con amore, con tenerezza. Non abbiate timore di farvi cittadini dell’ambiente digitale. È importante l’attenzione e la presenza della Chiesa nel mondo della comunicazione, per dialogare con l’uomo d’oggi e portarlo all’incontro con Cristo: una Chiesa che accompagna il cammino sa mettersi in cammino con tutti. In questo contesto la rivoluzione dei mezzi di comunicazione e dell’informazione è una grande e appassionante sfida, che richiede energie fresche e un’immaginazione nuova per trasmettere agli altri la bellezza di Dio. Dal Vaticano, 24 gennaio 2014, memoria di san Francesco di Sales FRANCESCO
  • 46. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 265 Bibliografia Essenziale
  • 47. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 267 Libri e documenti Platone, De Republica; Aristotele, Poetica Aristotele, Fisica; Aristotele, Metafisica; San Paolo, Prima Lettera ai Corinzi; Sant’Agostino d’Ippona, Sermones; Sant’Agostino d’Ippona, Epistulae; Sant’Agostino d’Ippona, Confessiones; Boezio, De consolatione philosophiae; Sant’Anselmo d’Aosta, De concordia; San Tommaso d’Aquino, Breve principium; San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae; San Tommaso d’Aquino, Commento al De Trinitate di Boezio; San Tommaso d’Aquino, Summa contra gentiles; Bacone Francesco, Saggi; Montaigne, Saggi; Hobbes, Leviatano; Pascal Blaise, Pensieri; Von Goethe Johann Wolfgang, Faust; Leone XIII, Lettera Apostolica Saepenumero considerantes, 18 agosto 1883; Blondel Maurice, L’Action; Kierkegaard Søren, Opere; Giovanni Battista Montini, Studium, 1928; Giovanni Battista Montini, Introduzione allo studio di Cristo, Roma 1933; Hersch Jeanne, L’illusione filosofica”,1936; Hersch Jeanne, La nascita di Eva; Bonhoeffer Dietrich, Etica della responsabilità; Max Karl Plank, Saggio sulla conoscenza; Concilio Vaticano II, Decreto Optatam totius sulla formazione al sacerdozio; Concilio Vaticano II, Dichiarazione Gravissimum educationis sull’educazione cristiana; Concilio Vaticano II, Costituzione Dogmatica Dei Verbum sulla divina rivelazione; Paolo VI, Discorso agli artisti, Città del Vaticano, Cappella Sistina, 7 maggio del 1964; Concilio Vaticano II, Lumen Gentium (1964); Giovanni XXIII, Costituzione apostolica Humanae salutis; Paolo VI, Lettera enciclica Ecclesiam suam; Paolo VI, Allocuzione al Corpus diplomaticum, 1965; Costituzione Apostolica Sapientia christiana; Enchiridion Vaticanum, 1965; Kant Immanuel, Critica della ragion pratica, Bari, Laterza, 1966; Von Balthasar Hans Urs, Cordula, ovverosia il caso serio, 1966; Von Balthasar Hans Urs, Teologia della storia, Morcelliana, 1969; Ratzinger Joseph, Fede e futuro, Queriniana, 1971; Hick John, Dio e l’universo delle fedi, 1973; Giovanni Paolo II, Lettera per il centenario della nascita di Einstein, 1979; Gottman John, Office work and evolution of cities - Ekistics 274, 1979; Hick John, Dio ha molti nomi, 1980; Lévinas E., Totalità e infinito, Jaca Book, Milano 1980; Giovanni Battista Montini, Spiritus veritatis, in Colloqui religiosi, Brescia 1981 Escrivà de Balaguer José Maria, “Il tesoro del tempo”, Amici di Dio, Ares, 1982;
  • 48. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale268 Glucksmann R., Innovazioni nelle tecniche e negli apparecchi - Telematica Jackson 1982; Sabbah F., The new media - 1983; Lévinas E., Altrimenti che essere o aldilà dell’essenza, Jaca Book, Milano 1983; Richeri G., La circolazione telematica dei dati - L’Universo telematico, 1983; Gottmann John, Urban settlements and telecommunications - Ekistics 302, 1983; Castels M., High technology economic restructuring, and urban regional process in the U.S.A. - Ekistics, 1983; Turke K., Urban and regional impacts of the new information and communication technologies - Ekistics 302, 1983; Gadamer Hans Georg, Verità e metodo, Bompiani Editore, Milano, 1983; Von Balthasar Hans Urs, Teodrammatica (1973-1983); De Varda G. - Pagella P., Telematica e territorio - Quaderni Italtel n. 77 novembre 1984; De Varda G. - Pagella P., Telematica e territorio: telematica e agricoltura, Turismatica - Quaderni Italtel n. 77 novembre 1984; Sarati L., L’integrazione telematica - Quaderni Italtel, n. 77 novembre 1984; De Varda G. - Pagella P., Telematica e agricoltura - Quaderni Italtel, n. 77 novembre 1984; Lizza G., L’organizzazione telematica della città - Marsilio 1984; Tosco F., I servizi della città cablata, Telecomunicazioni informatica, ottobre 1985; Negroponte Nicholas, Essere digitali, Sperling e Kupfer, 1985; Sanguineti Juan José, La filosofia del cosmo in Tommaso d’Aquino, Ares, 1986; Beguinot Corrado, Le attività di ricerca per la città cablata - Giannini 1986; Carassa F., La città cablata - Giannini 1986; Ricoeur Paul, Tempo e racconto , 3 voll., Jaca Book, 1986-1988; C. N. R., IPIGET Napoli, La città cablata - Giannini 1987; Giovanni Paolo II, Esortazione postsinodale Christifideles Laici (1988); Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, Criteri di collaborazione ecumenica ed interreligiosa nel campo delle comunicazioni sociali, Roma, 1989; Giovanni Paolo II, Costituzione apostolica Le università cattoliche, 1990; Ratzinger Card. Joseph, Elogio della coscienza, “Il Sabato”, 16 marzo 1991; Fabbroni F., Manuale di didattica generale, Laterza, Bari, 1992. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Veritatis splendor (1993); Leuba J. L., Temps et eschatologie, Académie Internationale des Sciences Religieuses, Cerf, Paris 1994; Prigogine I., La nascita del tempo, Bompiani, 1994; Telecom Italia, I servizi internazionali - 17 luglio 1995; Censis-Cnel, Indagine sulle scuole (dati dei primi 570 questionari elaborati sui 1600 pervenuti dalle scuole), anno scolastico 1993-94 (1995); Teknibank per Osservatorio Smau, Investimenti in informatica delle industrie italiane espressi in miliardi di lire (1995); Pietrabissa Ettore, I nuovi orizzonti nelle relazioni banche-clienti, Direttore centrale ABI. Nona conferenza di IPACRI, Barcellona, 1995; Associazione Bancaria ItalianaABI, relazione illustrata da Fernando Fabiano, responsabile del Servizio automazione interbancaria dell’ABI Convegno su “L’informatica nelle banche: stato dell’arte e prospettive”, Roma, 1995; Lauria Costantino, dirigente Servizio Antiriciclaggio Ministero del Tesoro, intervento al Convegno Assofiduciaria su “Aggiornamento delle istruzioni per la lotta al riciclaggio”, Roma, 1995; Sicurforum Italia-F.T.I., Giornate di studio “La sicurezza informatica: il progetto intersettoriale A.I.P.A.11, Roma, 1995.
  • 49. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale 269 Rey Guido, Presidente A.I.P.A., Convegno Technimedia su “Comportamenti e norme nella società vulnerabile”nell’ambito del Forum multimediale “La società dell’informazione” (Libera Università Studi Sociali “Guido Carli”, Roma, 1995; Santer Jacques, Presidente Commissione Europea, Relazione di apertura G7, Bruxelles, 24 febbraio 1995; McGovern Pat, Presidente e Amministratore delegato di Ide, Apertura dei lavori dell’European It Forum, Parigi, 1995; Paolo Parrini Paolo, Conoscenza e realtà. Saggio di filosofia positiva, Laterza, Bari, 1995; Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium Vitae, 1995. Hobsbawm Eric J., Il Secolo breve, trad. it., Rizzoli, Milano 1995; “Archeologia delle attività produttive, storia del lavoro e storia della scienza: verso un nuovo cammino interdisciplinare”, Atti dalla Conferenza internazionale del TICCIH su “L’Archeologia Industriale e la nuova cultura del riuso”, Roma 11-12 ottobre 1996. Huntington Samuel, Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale, 1996; Villano Raimondo, Verso la Società Globale dell’Informazione, Eidos, pag. 194, 1996; PCM, Piano triennale per l’informatizzazione dello Stato italiano 1996/99; Associazione italiana per il calcolo automatico (Aica), Proposta per l’osservatorio sull’impiego dei sistemi di sicurezza, 1996; Hawking S., Penrose R., La natura dello spazio e del tempo , Sansoni, 1996; Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Fides et ratio,14 settembre 1998; Ratzinger Card. Joseph, Intervento alla Sorbona, 1998; Ratzinger Card. Joseph, Risposta al Cardinale Eyt in relazione alla provocazione al dialogo insita nell’Intervento alla Sorbona (1998); Mariani E., Aspetti del tempo, Quaderni I.P.E. n. 8, Napoli 1998; Di Maio Andrea, Il concetto di comunicazione. Saggio di lessicografia filosofica e teologica sul tema “communicare” in Tommaso d’Aquino, Roma, Pontificia Università Gregoriana, 1998; Cerruti Luigi, Dipartimento di Chimica Generale ed Organica Applicata dell’Università di Torino, Finalità educative della storia e dell’epistemologia delle scienze, Convegno “Insegnanti di qualità. I percorsi di formazione”, Trieste 3-5 maggio 1999. Ratzinger Card. Joseph, Cenni della concezione cristiana di tempo e di eternità, intervento alla Pontificia Università Lateranense il 15 dicembre 1998 all’interno del Colloquio su “San Tommaso e lo Spirito Santo”, Nuntium, giugno 1999; Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte, Epifania del Signore 2001; Tanzella G. -Nitti, Strumia A. (a cura di), Dizionario interdisciplinare di Scienza e Fede, UUP & Città Nuova 2002 Weiler Joseph H. H., Un’Europa cristiana: Un saggio esplorativo, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 2003; Cit Research, Mercato del cavo in Europa occidentale dal 1993 al 2003 (2004); Benedetto XVI, La rivoluzione di Dio, San Paolo, Milano, 2005; Benedetto XVI, Lettera enciclica Deus caritas est (2005); Benedetto XVI, Colloquio con il Clero, Duomo di Bressanone, 6 agosto 2006; Benedetto XVI, Discorso al Convegno ecclesiale, Verona 19 ottobre 2006; Benedetto XVI, Conferenza all’Università di Regensburg (De), 12 settembre 2006; Brandmüller Mons. Walter, Presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, Galileo e la Chiesa alla luce della storia del pensiero, 2006; Benedetto XVI, Incontro con i parroci e il clero della Diocesi di Roma, 22 Febbraio 2007; Benedetto XVI, Discorso di apertura del Convegno della Diocesi di Roma , 11 giugno 2007; Benedetto XVI, Lettera enciclica Spe Salvi (2007); Schiavone Aldo, Storia e destino, Einaudi, 2007;
  • 50. Raimondo Villano - Logos e teofania nel tempo digitale270 Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al convegno inter-accademico promosso dalla Académie des Sciences di Parigi e dalla Pontificia Accademia delle Scienze, Sala dei Papi, 28 gennaio 2008; Benedetto XVI, Lectio magistralis sulle Scritture, sulla libertà dal fondamentalismo e sulla domanda dell’Ignoto dissetata da fede e ragione, Parigi, 12 settembre 2008; Villano Raimondo, La cruna dell’ago: meridiani farmaceutici tra etica laica e morale cattolica, Effegibi, ISBN 978-88-904235-09, LCC BJ 1725, CDD 177 VIL cru 2008, pag. 393, settembre 2008. Pera Marcello, Perché dobbiamo dirci cristiani. Il liberalismo l’Europa l’Etica, Milano, Mondadori, 2008; Ratzinger Card. Joseph, San Bonavetura. La teologia della storia. Edizioni Porziuncola, Assisi, 2008; Benedetto XVI, Enciclica Caritas in veritate, 29 giugno 2009; Benedetto XVI, Udienza generale, 1 luglio 2009; Leclerc Marc, Pontificia Università Gregoriana, Un volto tra la natura e il divino, L’Osservatore Romano, 7 agosto 2009; Leclerc Marc, Pontificia Università Gregoriana, Un volto tra la natura e il divino, L’Osservatore Romano, 7 agosto 2009; Amato Arciv. Angelo, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, Lectio ai docenti e agli studenti della University of Notre Dame nell'Indiana (Stati Uniti), 8 agosto 2009; Benedetto XVI, Omelia rivolta ai suoi ex allievi, riuniti nel Ratzinger Schülerkreis, durante la celebrazione eucaristica, Cappella del Centro Mariapoli di Castel Gandolfo, 30 agosto 2009; Benedetto XVI, Discorso al mondo universitario e ai rappresentanti accademici e delle istituzioni culturali della Repubblica Ceca, castello di Praga 27 settembre 2009; Benedetto XVI, Meditazione nel corso della prima Congregazione Generale della II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, dopo la lectio brevis dell’Ora Terza, Città del Vaticano, Aula del Sinodo, 5 ottobre 2009; Follo Mons. Francesco, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (Unesco), La cultura si trova là dove gli uomini si preoccupano della verità e la cercano, Intervento della Santa Sede al dibattito di politica generale della 35ª sessione della Conferenza generale dell’Unesco, Parigi 10 ottobre 2009; Benedetto XVI, Catechesi dell’Udienza Generale, Città del Vaticano 21 ottobre 2009; Associazione “Bombacarta” & Riviste “Clandestino” e “Altre braci”, Educare alla bellezza, Convegno presso la Fondazione Claudi, Roma, ottobre 2009; Tighe Mons. Paul, Segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, Intervento alla riunione della Commissione episcopale europea per i media (Ceem), Città del Vaticano, 13 novembre 2009; Benedetto XVI, Catechesi all’udienza generale, Città del Vaticano, Aula Paolo VI, 18 novembre 2009; Benedetto XVI, Discorso ai Pontifici Atenei romani e alle Università cattoliche, 19 novembre 2009; Benedetto XVI, Discorso agli artisti, Città del Vaticano, Cappella Sistina, 21 novembre 2009; Benedetto XVI, Catechesi su di Guglielmo di Saint-Thierry all’udienza generale,Città del Vaticano 2 dicembre 2009; Benedetto XVI, Discorso in Piazza di Spagna, 8 Dicembre 2009; Benedetto XVI, Presentazione degli auguri natalizi alla Curia , 21 dicembre 2009; Verdon Timothy, L’arte nella vita della Chiesa, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2009; Ciceri Massimo, Piccolissimo sguardo sulla filosofia della storia antica e medievale, 2009;