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Cinzia Salluzzo Rovituso
SCRITTI DIVERSI
Prologo
1
“Tra il dire e il fare c’è di
mezzo il mare.”
– Proverbio italiano
Prologo in italiano
Conosco Cinzia Salluzzo da 5 anni. Mi ha
sempre affascinato il giornalismo come co-
rrespondente di alcuni mass media italiani
in Spagna. Ho letto i suoi articoli con inte-
resse ed ho imparato molto sopra la vera
Italia, quella di cui i grandi quotidiani non
parlano. Cinzia riesce a combinare le due
sponde del mediterraneo. Da un aparte
racconta dell'ultima tendenza in medicia,
autogestione dell'agricolutura ed i proble-
mi di genere: dall'altro lato scrive sulla re-
lattà politica  spagnola sia culturale che
politica:  dal Museo Reina Sofia alla rivo-
luzione del 15M( la rivoluazione spagnola
così chiamata in Europa ed in Nord Ameri-
ca).
Un'altro aspetto che coltiva  è l'intervista,
credo che in questo campo eccelle per-
chèesprime lo spirito degli intervistati e li
mostra realemente come sono.
Per ultimo è obigatorio riferirsi alla poesia,
in cui esprime tutto il suo mondo emotivo-
che riflette tutta la spiritualità contenuta
nella sua anima. Spero che i lettori possa-
no dilettarsi di questo libro che si pubblica
digitalemnte in maniera gratuita per tutti
quelli che vogliono conoscere l'universo let-
terario di questa scrittrice italiana (per
metà spagnola nella sua anima).
José Javier Monroy
Editor, autore, webmaster
2
Tratto di youtube
Película 1.1 Sogno di un sogno
Prologo en castellano
Conozco a Cinzia Salluzzo desde hace
más de 5 años. Siempre me asombró su
faceta periodística como corresponsal de
varios medios italianos en España. He leí-
do sus artículos con interés y he aprendi-
do mucho sobre la verdadera Italia que no
sale en la prensa. Cinzia consigue aunar
dos orillas del mediterráneo. Por un lado
habla de las últimas tendencias en medici-
na, autogestión del medio rural y los pro-
blemas de género. Por otro escribe sobre
la realidad española cultural y política: Del
museo Reina Sofía a la revolución del 15
M (the spanish revolution como se la llama
en Norteamérica).
Otro aspecto literario que cultiva es el gé-
nero de la entrevista. Creo que en este
campo destaca especialmente pues llega
al espíritu de los entrevistados y nos los
muestra como son en realidad.
Por último es obligado referirse a la poe-
sía. Mundo especialmente emotivo que re-
fleja toda la espiritualidad contenida que
porta en su alma.
Espero que los lectores disfruten de esta
obra que se publica digitalmente de mane-
ra gratuita para todos aquellos que quie-
ran conocer el universo literario de esta es-
critora italiana (y medio española en su al-
ma) con mucho porvenir:
José Javier Monroy
Editor, escritor, webmaster, etc
Cinzia Salluzzo Rovituso
3
PROSA
2
“L'amor che move il sole e
l'altre stelle”
– Dante Alighieri.
L'Italia per la prima volta al mondo sperimenta
la medicina tibetana tong lee in un ospedale
per curare il cancro.
L'Italia è sempre stata tra gli ultimi paesi a
riconoscere la medicina olistica come bran-
chia della medicina ufficiale,un esempio po-
sitivo tra tutti è la Germania dove il servizio
sanitario nazionale fa scegliere al paziente
se seguire la medicina allopatica o olistica
con costi economici ridotti e con servizi
gratuiti.L'Italia ha fatto un balzo in
avanti:l'Ausl di Bologna ha deciso di uti-
lizzare accanto alla terapia ufficiale per ma-
lati di cancro la meditazione tibetana tong
len ( letteralmente prendere e dare) è il pri-
mo esperimento al mondo di questa porta-
ta applicato da una Azienda Sanitaria Na-
zionale.
La terapia inizierà a metà Febbraio nell'Os-
pedale di Bellaria di Bologna partecipe-
ranno 80 pazienti, sarà guidato dal team di
Giocchino Pagliaro responsabile del com-
partimento di Psicologia clinica del Diparti-
mento di Bologna. Il Dott Pagliaro è da an-
ni studioso ed autore di numerosi testi rela-
tivi
5
alle concezioni olistiche della mente ispi-
randosi al concetto di unità mente e corpo
alla base dell'antica tecnica terapeutica ti-
betana, sostiene che la mditazione tibeta-
na è il metodo più rapido e potente per
guarire noi stessi" Gli effetti benefici della
meditazione oggi sono ampiamente dimos-
trati e verificati sia a livello fisiologico, che
bio-chimico, che psicopatologico. La lette-
ratura scientifica è vastissima e dimostra
che la meditazione è particolarmente indi-
cata nella gestione dello stress, nel tratta-
mento dell’ansia, dell’attacco di panico,
nelle depressioni, nel trattamento dell’in-
sonnia, del colon irritabile e come regolato-
re della pressione. Nella mia UOC di Psico-
logia Ospedaliera, all’Ospedale Bellaria de-
ll’AUSL di Bologna, la utilizziamo con pa-
zienti oncologici, cardiologici e neurologici.
Ma la meditazione è e resta innanzitutto
una pratica di liberazione dalla sofferenza
dell’esistenza, e quindi è un cammino di
elevazione spirituale . Sarebbe un errore ri-
durla ad una forma di terapia. Continuiamo
a chiamarla meditazione, non america-
nizziamola con il termine mindfulness pen-
sando di attribuirle un maggiore alone di
scientificità."
La meditazione tibetana tong len era inizia-
lemente una tecnica segreta resa nota dal
Lama Kadampa il quale provò ad utilizzare
questa meditazione su un gruppo di amma-
lati di lebbra , riscontrando in loro un gran-
de giovamento iniziò a diffondere l'insegna-
mento rendendolo pubblico.
Essa precede la pratica meditativa vera e
propria,permette di diminuire e eliminare il
nostro dolore purificando le cause della
malattia che sostiene si trovano nella men-
te umana. Nei vari scritti il tong len è descri-
tto come la pratica di "scambiare se stessi
con gli altri" quando soffriamo ci chiudia-
mo in noi stessi producendo ancora più do-
lore , il tong len è uno strumento che ci per-
mette di aprire la nostra mente ed il nostro
cuore al dolore sia per noi stessi che per
gli altri, ciò che determina la sofferenza di-
venta radice della felicità.Questa meditazio-
ne è consigliata dal Dalai Lama in persona
per alleviare le nostre o altrui sofferenze fisi-
6
che e per ridurre l'avversione verso qualcu-
no.
Per valutare l'efficacia della terapia degli
80 pazienti 40 saranno sottoposti alla prati-
ca meditativa mentre i restanti pazienti non
la seguiranno, i 15 medici non conosce-
ranno l'identità dei pazienti sottoposti
all'esperimento avranno solo una scheda
con le iniziali del paziente, ma saranno al
corrente del tipo di patologia e dei valori
saguigni, monitorando dai tre a cinque an-
ni il loro stato di salute.La sperimentazione
aiuterà a verificare per la prima volta al
mondo,con prove scientifiche,se l'attività
meditativa possa migliorare lo stato di salu-
te: cambiamento dei valori del sangue (spe-
cialmente i globuli bianchi) e se ci sono mi-
glioramenti negli stati d'ansia e di tensio-
ne. Ad oggi non ci sono documenti scienti-
fici che possano provare il reale beneficio
della terapia siamo i primi al mondo a inizia-
re a scrivere una nuova pagina di storia nel-
la medicina.
Box Medicina Olistica
La medicina olistica come termine nasce
negli anni 70 è fa parte del concetto di olis-
mo (dal greco olos, tutto; il termine è stato
coniato da Jan Christiaan Smuts nel 1926,
Holism and Evolution) l'olismo è la filosofia
che spiega l'organismo nella sua interezza
che nelle singole parti che lo compongono
cercando di mettere in armonia le vaie
componenti dell'individuo.
la medicina olistica spiega le malattie nel
complesso del sistema uomo i cui elemen-
ti, psicologici, biologici e sociali sono forte-
7
mente interconnessi. La medicina olistica è
sempre esistita le antiche medicine come
as esempio quelle dei Kahuna delle Hawai,
gli sciamani siberiani, gli Inca delle Ande,
le culture romane, greche,le culure indiane,
egizie ecc.
La medicina olistica attuale cerca di inte-
grare le differenti tradizioni passate e pre-
senti ed è in fase evolutiva sono migliaia le
tecniche differenti utilizzate che hanno co-
me punto in comune un'essere umano con-
siderato in modo sacro come unità di cos-
cienza con un suo equilbrio psicoenrgetico
che se alterato crea la malattia e nasce da-
ll'esperienza interiore a prescindere dal ti-
po di pratica adottata.
Per esempio ci sono la floriterapia, l'ome-
patia, l'ayurveda, i vari tipi di massaggi, le
terapie emozionali, le terapie energetiche
di cui il più conosciuto è il Reiki è così via.
Nei paesi come Germania, Francia e Inghil-
terra sono riconosciute alla pari della medi-
cina allopatica, per esempio il Reiki in Ger-
mania è considerata una forma di cura ed
il reikista un professionista terapista ed
abbondano Ospedali che curano con ques-
te terapie.
In Italia si prova da anni a farl riconoscere
e ci si è riusciti maggiormente con l'omepa-
tia, ci sono medici di base che sono anche
omeopati, ma siamo ben lontani dal
raggiungere l'obiettivo anche se il numero
di italiani che ne fa uso è esponenzialmen-
te aumentato.
La medicina olistica può essere considera-
ta la medicina del futuro visto che da una
recente indagine in Francia uscita dal gior-
nale Le Monde sostiene che il 50% dei far-
maci in commercio sono inutili.
8
Gli ecovillaggi la strada del futuro.
La crisi economica impera di questi giorni
l'annuncio della Merkel e del presidente
della Cina ai suoi cittadini della necessità
di tagli economici e di un 2013 molto duro.
La mancanza di lavoro, i prezzi sempre più
cari di prodotti di qualità sia in termini ener-
getici che di spesa comune come ortaggi
e verdure, la crescita dei conseguenti disa-
gi sociali sta spingendo al proliferare della
nascita di ecovillaggi.
Ecovilaggio viene dal termine anglosasso-
ne "eco-village" che tradotto in italiano sig-
n i fi c a c o m u n i t à i n t e n z i o n a l e
ecosostenibile.Gli ecovillaggi sono comu-
nità di persone che in base ad un progetto
comune decidono di vivere insieme in ar-
monia con tutto ciò che li circonda: la natu-
ra e gli altri esseri viventi.
Gli insediamenti urbani e rurali il loro sco-
po è quello di integrare una struttura socia-
le in equilibrio con principi di sostenibilitàa
9
ambientale. Seguono il famoso stile di vita
"a basso impatto" o " vita green", a cui
hanno aderito molte star famose da Licia
Colò passando per Jovannotti a Gianni Mo-
randi, è una vera controccorente economi-
co e sociale oltre ad una filosofia di vita.Si
basa sul rispetto del pianeta in cui viviamo
riducendo al minimo gli sprechi di ener-
gia(elettrica e petrolio) quindi quando è
possibile l'uso dell'energia alternativa, ris-
pettare e seguire un alimentazione legata
ai cicli agricoli, uso dei prodotti bio, limita-
re al minimo gli sprechi.
La motivazione profonda che sta alla base
degli ecovilaagi è la necissità di costruire
un modello alternativo al sistema sociale di
invertire il processo della dirompente dis-
gragazione delle strutture socio
culturali.Per questo si basa sull'importanza
dell'individuo come parte di un tutto sia al
livello sociale che economico che in armo-
nia con la natura in contrapposizione con il
mondo in cui fanno da padrone le grandi
strutture organizzative in cui il singolo è in-
serito in un contesto quasi meccanico.
All'interno di questo termine trovano spa-
zio anche quelle comunitàa in cui una gran-
de importanza ha anche la spiritualità.
Sono basati su un modello democratico
partecipativo con forte senso di apparte-
nenza al gruppo, con forte senso di respon-
sabiliotà reciproco, sono autosufficenti da
ogni punto di vista per durare a lungo ter-
mini. Usano un metodo olistico che integra
l'habitat umano e l'ecologia, usano tutti
energie alternative, i sostenitori cercano
l'indipendenza economica cercando forme
di commercio autosostenibile e che abbia
anche degli sbocchi esterni. Gli ecovillaggi
rurali sono si basano su agricoltura biologi-
ca sia per il proprio sostentamento che per
la vendita, esso si basa secondo Robert
Gilman su un capitale infrastrutturale ver-
de, su edilizia autonoma e coabitazione.Le
comunità nn devono essere troppo grandi
10
si va dai 100 ad un massimo di 500 mem-
bri per favorire la partecipazione attiva di
tutti. Anche l'arte, la cretività ed eventi so-
no un fulcro ilmodo in cui si esprime l'uni-
cità dell'individuo ed anche come si espri-
me una collettività.
Nella dimensione sociale di ecovilaggio è
molto importnate la colettività come princi-
pio su cui sono basate dei veri e propri la-
boratori viventi basati sul tentativo di una
società equa si formano a seconda delle
caratteristiche culturali e geografiche delle
regioni di appartenenza tramite la colletti-
vità incoraggiano lo sviluppo personale.
Grande importanza si da all'educazione ed
insegnamento elementi cardine per consen-
tire il diffondersi di questo nuovo stile di vi-
ta nel mondo.
Gli ecovillaggi sono stati riconosciuti nel
1995 come movimento a Findhorn in un
meeting, ora sono aggregati in una rete in-
ternazionale chiamata Gen ( Global Ecovi-
llages Network) in Italia esiste Rive ( Rete
Italiana Ecovillaggi) ce ne sono moltissimi
gli storici nati negli anni 60, ma molti
stanno nascendo in questi anni basti pen-
sare al'ecovillaggio più famoso di questi ul-
timi anni per via del terremoto di Aquila l'e-
covilaggio Eva nato dall'iniziativa degli abi-
t a n t i d i P e s c o m a g g i o r e
(http://eva.pescomaggiore.org/) che si so-
no autocostruiti case il legno rivestite di pa-
glia in una valle a 300 metri dal paese.
Ma tanti sono gli ecovilaggi sparsi nel mon-
do e ce ne sono per tutti i gusti abbiamo
Tunduqueral Green Village in Argentina si-
tuato nell'oasi verde dell'altopiano di Uspa-
llata basato sulla ricerca dia rmonia tra uo-
mo e natura si può lavorare all'interno e
soggiornarvi per brevi o lunghi periodi; poi
abbiamo il primo ecovillaggio Dyssekilde in
Danimarca attualmente ci vivono 180 per-
sone a 60 km da Copenaghen. Le case
vengono costruite dai volontari anche chi
11
coltiva lo fa gratuitamente fu ideato nel
1982 dal filosofo Martinus i principi erano
di vegeteranesimo,autosufficenza alimenta-
re, ecologia, lavoro locale con il tempo i va-
lori legati all'ambiente sono rimaste mentre
le rwgole iniziali sono diminuite lasciando
più libertà individuale. Dyssekilde è all'a-
vanguardia nel campo dell'ecologia con ris-
caldamento a stufe a pellet sistemi geome-
trici e pannelli fotovoltaici un trattamento
dell'acqua piovana che è la più grnade di
Europa.
Chi è alla ricerca di una profonda spisitua-
lità può recarsi a Findhorn in Scozia a 40
km da Inverness è il più antico nato nel
1962 da un gruppo di carovane vi vivono
400 membri fissi.
Economia condivisa, giardinaggio agricoltu-
ra, fonti energetiche rinnovabili coabitazio-
ne sperimentazione sociale e spiritualità
aperta e laica sono alcuni degli ingredienti
del successo di questa longeva comunità.
Le origini sono mistiche Doroty Maclean
incomincia a sentire delle voci che la porta-
no in questo lugo sperduto della Scozia e
le suggeriscono come coltivare un terreno
sabbioso ritenuto improduttivo incomincia-
no a germgliore le prima piante e l'evento
ha un grosso impatto tanto che gli scienzia-
ti iniziano a studiare il fenomeno intanto
Findhorn si ingrandisce.
12
Il perno su cui si basa Findhorn è lo svi-
luppo individuale sia spirituale che creativo
sia lavora sei ores al giorno è importante
cosa fa l'anima e cosa sta imparando, so-
no n umersos i corsi olistici che vi si tengo-
no ed è uno dei centri motore degli ecovi-
llaggi a livello mondiale.
Un esempio per la sua stuttura interna e
Svanholm in Danimarca oraganizzata co-
me una società nella società con una pro-
pria polica sociale ed economia ed i vari
settori dall'educazione alla cultura un de-
mocrazia diretta con una economia comu-
ne.
Al Sud dell'India troviamo Auroville il pro-
getto più grande esistente al mondo nato
negli anni 60 che coinvolge più di 2000 per-
sone che vengono da 40 nazioni diverse
raggruppate in piccole comunità. Un eco-
nomia basata su un solido artigianato e dai
visitatori il suo fabbisogno enrgetico viene
fornito da una modernissima centrale termi-
ca solare circondato da una foresta lussere-
giante c'è un centro dedicato alla ricerca
elettornica ed ospedali aperti al pubblico.
Cercando con il motore di ricerca sono
moltissimi gli ecovillaggi nel mondo anche
negli Stati Uniti dove hanno una rete inter-
na propria, e sono tantissimi i progetti che
stanno nascendo
l'amore nella sua totalità , la coscienza e la
pace sono i valori che guidano gli ecovi-
llaggi semi che stanno germagliando dal
declino si questo sistema socio-economi-
co.
13
La rivoluzione globale del 15 ottobre 2011
15 ottobre 2011 una data stori-
ca perché?
Innanzitutto siamo di fronte dopo al 1968
alla prima protesta globale che dalla Spag-
na dopo il famoso 15 m, in cui dei giovani
spagnoli occuparono Sol, sta dilagando in
tutta Europa si cerca di costruire un siste-
ma nuovo, dove non ci siano solo i privilegi
di pochi ma ci siano diritti garantiti per
tutti.
Non si urla, non si vogliono atti di violenza,
si vuole Dialogar....e dialogare....dialogare
con i potenti, con i banchieri, si vuole usci-
re dalla crisi assieme come fatto in Islanda.
Questo è il movimento di coloro che sono
stanchi di subire il privilegio di pochi sulla
propria pelle turbati e consapevoli di paga-
re in primis per un gruppi di potere, hol-
ding etc che vogliono mantenere a tutti i
costi propri vantaggi e di favorire quei po-
14
chi “dei” del potere economico che decido-
no i destini dei paesi.
Cosa ci si aspetta il 15 ottobre in Italia : in-
filtrati delle forze armate tra pacifici mani-
festanti che hanno fatto di Gandhi il loro
portavoce, cariche della polizia, un nuovo
G8 mentre questo èe l’appello dei global-
project:
"Noi siamo indignati. Siamo indignati con-
tro i governi europei che, stretti tra la crisi
e le politiche liberiste e monetariste impos-
te dalla Bce e dall'Fmi, accettano di essere
esautorati delle funzioni democratiche per
diventare semplici amministratori dei tagli
della spesa sociale, delle privatizzazioni,
della precarizzazione del mondo del lavoro
e della costruzione di opere faraoniche, in-
curanti dell'ambiente e delle popolazioni.
Siamo indignati perché le classi dirigenti
continuano a proporci l'austerity per le po-
polazioni, mentre le rendite e i privilegi del-
la finanza, dei grandi possidenti e della poli-
tica rimangono intonse, quando non cres-
cono. Siamo indignati in particolare contro
il governo italiano, che ha deciso di rispon-
dere alla crisi con una manovra i cui conte-
nuti cambiano di ora in ora ma i cui pilastri
restano sempre gli stessi: taglio ai servizi,
privatizzazioni, attacco ai diritti dei lavorato-
ri.
Siamo indignati perché il governo ha deci-
so di abolire per decreto il diritto del lavo-
ro, permettendo alle aziende di derogare
ed eludere contratti e leggi, compreso
l'art.18 dello Statuto dei lavoratrici e dei la-
voratori, proseguendo sulla strada della
cancellazione della libertà e della democra-
zia nei luoghi di lavoro.
Siamo indignati perché in questo modo si
elimina la democrazia nei luoghi del lavoro
e si estende a tutti i lavoratori il ricatto del-
la precarietà, e della clandestinità per i mi-
granti, con cui negli ultimi due decenni si
15
sono livellate verso il basso i diritti e le con-
dizioni di vita di migliaia di giovani, esclusi
dal sistema di welfare e da ogni orizzonte
di emancipazione.
Siamo indignati perché poco più di 2 mesi
fa abbiamo votato, insieme alla maggioran-
za assoluta del popolo italiano, per la ri-
pubblicizzazione dell'acqua e per le ener-
gie rinnovabili, e ora vediamo il nostro go-
verno riproporre esattamente le vecchie ri-
cette basate sulla svendita dei beni e su
un modello di sviluppo energivoro.
Siamo indignati perché si potrebbe fare al-
tro; perché vorremmo uscire dalla crisi
attraverso un grande processo di innova-
zione, attraverso al costruzione di un nuo-
vo modello di sviluppo che colga la sfida
della riconversione ecologica dell'econo-
mia e di uno sviluppo sociale partecipato,
basato sulla centralità dei saperi e dell'in-
novazione. Invece il nostro governo conti-
nua a impoverire la scuola pubblica, l'uni-
versità e la ricerca, ignorando i milioni di
studenti, dottorandi, precari, ricercatori
che si sono mobilitati negli scorsi mesi e
preferendo ascoltare la voce delle rendite
baronali e dei profitti aziendali.
Siamo indignati perché i governi europei
inseguono il dogma del pareggio di bilan-
cio, cercando di far quadrare i conti della
finanza, appesi come sono ai giudizi delle
agenzie di rating o dei mercati di borsa, in-
vece di fare i conti con le esigenze e i bi-
sogni dei loro cittadini.
Siamo indignati perché in questo modo
non abbiamo più una reale sovranità demo-
cratica, che è affidata alle stesse élite finan-
ziarie transnazionali che prima hanno gene-
rato la crisi, poi hanno chiesto di essere
salvate dagli stati e ora vorrebbero far pa-
gare il conto a noi, giustificando con lo sta-
to di necessità dichiarato della crisi la priva-
16
tizzazione della vita delle persone e della
natura.
Siamo indignati perché vediamo il serio ris-
chio che a una vera alternativa al governo
di Berlusconi e della Lega, si tenti di sosti-
tuire un’alternanza, fatta delle stesse politi-
che con maggioranze diverse, perché tutto
cambi senza che in realtà nulla cambi.
E allora sappiamo che siamo indignati, ma
indignarsi non basta.
Il cambiamento non arriverà da sé. Ce
l'hanno insegnato le vicende degli scorsi
mesi: le grande battaglie per i saperi, le lot-
te dei lavoratori in difesa del contratto na-
zionale, i diritti e i beni comuni in Italia, le
rivolte del Mediterraneo, ora la crescita di
un sentimento di ribellione contro le mano-
vre finanziarie insostenibili e tutto ciò che
ci viene propinato in nome della crisi.
Noi non ci limitiamo a indignarci, ma inten-
diamo darci da fare. Abbiamo in mente un
mondo migliore del loro, e siamo pronti a
mobilitarci per realizzarlo. Per il 15 ottobre
in tanti stanno promuovendo appelli, dis-
cussioni pubbliche, verso la giornata inter-
nazionale United for global change."
Riepiloghiamo: il corteo partirà alle 14 da
piazza della Repubblica attraverserà via
Cavour, Largo Corrado Ricci, via Dei Fori
Imperiali, piazza del Colosseo, via Labica-
na, via Manzoni, via Emanuele Filiberto, e
infine raggiungerà piazza San Giovanni.
17
Redazionale: Italia Inferno e speranza
Italia, mia adorata Patria lontana, culla del
mondo antico, il tuo nome si erge nel pas-
sato maestoso della Storia. Il vero Ombeli-
co del mondo centro della cultura e fiore
del Rinascimento. Patria, ora, pervasa da
una devastante decadenza, una decaden-
za non barocca ma una crisi socio-cultura-
le profonda.
Un grido lancinante si erge sotto cumuli di
macerie, un grido di dolore di sdegno, de-
triti di una città colpita a morte, Aquila,
pioggia di sangue e pietre delle stragi , co-
me dimenticare Capaci, dimenticare Usti-
ca, dimenticare ?! Della Chiesa, Giovanni
Falcone, Paolo Borsellino e una fitta schie-
ra di martiri morti in tuo Nome, di partigia-
ni, di giovani donne, di giovani uomini.
Italia che allontani i tuoi figli, che in paese
straniero trovano dimora.
Italia in mano a dei tentacoli oscuri come
la polvere da sparo che profuma d’incen-
so. La mia terra bionda che splende alla lu-
18
ce della luna, granaio di Federico II, Trina-
cria, che naviga sopra lo stretto del golfo,
gemme d’arancia profumo di limoni dovun-
que e la voce soffocata di un vulcano che
esplode nella rabbia di chi ha perso un pa-
dre, un amico, un prete di periferia, un fra-
tello.
“Mio fratello sapeva della trattativa tra la
mafia e lo Stato. Era stato informato. E per
questo è stato ucciso. La strage di via D'A-
melio è una strage di Stato. Pezzi delle isti-
tuzioni hanno lavorato per prepararla ed
eseguirla. Adesso che la verità sulla strage
si avvicina, spero solo che non siano gli
storici a doverla scrivere. Bensì i giornalis-
ti. Io tra non molti anni raggiungerò mio fra-
tello Paolo e non so se riuscirò a leggerla
sui giornali dichiara Salvatore Borsellino,
fratello del neo eroe Paolo, nei giorni de-
ll’anniversario della strage di Via d’Amelio.
Sicilia, dove, l’ombra nera mise le radici,
con rami che , ora, sembrano avvolgerti tut-
ta Italia, mia. Un esempio lo scempio e la
ferita ancora aperta di Aquila dove le mille
voci dei tuoi figli sono sgomente e dispera-
te• tra tutte Laura Tarantino“La gente mi
chiede come sto. Come volete che stia? DI
MERDA. Stiamo tutti di merda, 70.000 per-
sone stanno di merda. Senza casa, senza
la città, senza tessuto sociale, senza gli uffi-
ci. Molti di noi non rientreranno nella loro
casa se non tra molti anni (me compresa),
molti di noi non ci rientreranno più, perché
la casa la hanno già perduta, o perché glie-
la stanno per abbattere. Tutti non rivedre-
mo la città ricostruita prima di 7/8 anni, al-
meno. Le persone anziane rischiano di non
rivederla mai più.”1
Italia, “ come quando spira una nebbia fitta
o come quando fa notte nel nostro emisfe-
ro appare da lontano come un mulinello gi-
rato dal vento provocato da Lucifero che
crea sbattendo le ali di pipistrello, Italia
così mi appari,da lontano, l’anticamera de-
ll’Inferno.” 2
19
Solo che nel mio petto batte il cuore di
tutti quegli italiani che, in te cara patria,
non smettono, lottando, di Sperare.
N o t e : 1
http://alessandrotauro.blogspot.com/2009/07/come
-volete-che-si-stia-qui-ma-lo.html
Note: 2 tratto da Canto XXXIII dell’Inferno
di Dante
t r a t t o d a P e r i o d i c o I t a l i a n o
www.periodicoitaliano.it
20
Disparità di genere
Il ‘femmicidio’ è la conseguenza estrema
delle forme di violenza esistenti contro le
donne. Queste morti non sono isolati inci-
denti che arrivano in maniera inaspettata e
involontaria, bensì l’ultimo efferato atto di
violenza che pone fine a una serie di bruta-
lità maschili continuate nel tempo. Un’anali-
si serrata su cause e conseguenze di una
politica che fa ancora troppo poco per eli-
minare le disparità di genere. E una valan-
ga di ‘raccomandazioni’ a cui l’Italia, in ge-
nere, si sottrae: una legge specifica contro
la violenza sulle donne; una struttura gover-
nativa che tratti solo la parità e la violenza;
finanziamenti di case rifugio e centri antivio-
lenza per mantenere quelle esistenti e aprir-
ne di nuove; ratificare la Convenzione di Is-
tanbul per la prevenzione della violenza, la
protezione delle vittime e la condanna dei
colpevoli, che l’Italia avrebbe dovuto a fir-
mare ad aprile. Prevenzione, protezione
delle vittime e punizione dei colpevoli sono
i ritardi dell’Italia. Una violazione dei dritti
umani? Di fatto, regole poco chiare consen-
21
tono di giungere a esplosioni di violenza
che culminano con l’uccisione di donne
per il solo fatto di essere tali. “Dall’inizio de-
gli anni novanta è diminuito il numero di
omicidi di uomini su uomini, mentre il nu-
mero di donne uccise da uomini è aumen-
tato”, ha ricordato di recente Rashida Man-
joo, relatrice speciale per conto delle Nazio-
ni Unite di un rapporto sulle violenze con-
tro le donne. “I numeri ormai li conoscia-
mo: una donna su tre – in una età compre-
sa tra i 16 e i 70 – è stata vittima di violen-
za.
Circa un terzo delle vittime non presenta
denuncia, mentre solo una minoranza chie-
de aiuto per stalking. L’allarme sociale di
questa situazione complessiva non lascia
dubbi: la violenza contro le donne rimane
un problema significativo in Italia. Affrontar-
lo è un obbligo internazionale. Non a paro-
le, ma con leggi e con azioni reali. L’Italia”,
ha aggiunto la Manjoo, “deve impegnarsi a
eliminare atteggiamenti stereotipati circa i
ruoli e le responsabilità delle donne e a mo-
dificare quello degli uomini nella famiglia,
nella società e nell’ambiente di lavoro. Non
è sufficiente che le donne restino le ‘centro-
campiste del welfare’ per la loro capacità a
conciliare lavoro e famiglia con il carico ‘ca-
salingo’. Esse trasportano un pesante far-
dello in termini di cura delle famiglie, men-
tre il contributo dei maschi italiani è tra i
più bassi nel mondo. Storie e dati portati ‘a
galla’, di volta in volta, da cronache, statis-
tiche, ricerche, rapporti e relazioni predis-
poste dall’Onu mettono sempre più in rela-
zione l’incapacità di riconoscere alle donne
posizioni e ruoli pari agli uomini e l’incapa-
cità a rispondere con strumenti adeguati a
proteggere le vittime”. Il quadro italiano, in
effetti, appare desolante: in un contesto so-
ciale antiquato e obsoleto, dove la violenza
domestica non sempre viene percepita co-
me un crimine, persiste la percezione che
le risposte dello Stato non siano appropria-
te e sufficienti. Ed è all’economia che si do-
vrebbe fare appello, come strumento di
prevenzione al fine di rimuovere gli ostacoli
che incidono sull’occupazione femminile,
quelli che permettono la disparità retributi-
va e di rafforzare il sistema di previdenza
sociale, per superare i limiti all’integrazione
delle donne nel mercato del lavoro. La si-
tuazione economica e politica in Italia non
22
giustifica la mancanza di attenzione e la di-
minuzione delle risorse per combattere la
violenza contro le donne. Le leggi per pro-
teggere le vittime ci sarebbero. Queste non
sono, tuttavia, sufficienti: dipendenza eco-
nomica, inchieste malfatte, un sistema di
istituzioni e regole frammentato, lungaggi-
ne dei processi e inadeguata punizione dei
colpevoli le rendono poco efficaci. In Italia
persistono attitudini socio-culturali che
condonano la violenza domestica e l’alto
numero di donne uccise dai propri partner
o ex partner può indicare il fallimento delle
autorità dello Stato nel proteggere adegua-
tamente le donne vittime dei propri partner
o ex partner. Ritardi dell’Italia che contri-
buiscono al silenzio delle vittime e lasciano
che il fenomeno resti invisibile.
D’altronde il ‘diritto’ degli uomini a picchia-
re le donne non è arcaico. È storia dei nos-
tri nonni. Ce ne siamo dimenticate: la
legge che lo ha abrogato è solo degli anni
’70 del secolo scorso. Solo trent’anni fa a
un marito o a un padre era consentito
picchiare in quanto mezzo per ‘correggere’
il comportamento delle donne.
Glielo riconosceva il codice penale e civile,
a patto che non ne abusasse. Ma il limite
poche volte era stato chiarito, cronicizzan-
do nel dna della società e della cultura ita-
liana l’abuso delle botte e la disattenzione
ai diritti delle donne. Creare una singola
struttura governativa dedicata a trattare es-
clusivamente la questione della parità e la
violenza era stata la prima raccomandazio-
ne fatta dalla Comunità internazionale al
Governo italiano all’inizio di quest’anno.
Un ministero specifico e non una ‘seconda
carica’ come quella attribuita a Elsa Forne-
ro, più concentrata sul ministero del Lavo-
ro, che sulle Pari Opportunità. Al Governo
Monti, il cui obiettivo principale è stato
23
quello di concentrarsi sulle riforme struttu-
rali, economiche e del mercato del lavoro
per affrontare la crisi economica nazionale,
l’Onu aveva chiesto di intervenire sulle cau-
se strutturali della disuguaglianza di gene-
re e della discriminazione. E sui fenomeni
stessi di violenza identificandoli, per esem-
pio, nella loro reale entità, riunendo i codici
civile e penale, formando i giudici per
rafforzare le loro competenze, sostenendo
economicamente i centri antiviolenza. Poli-
tiche più attente e reattive debbono svi-
luppare azioni legislative coerenti. Tra le
più urgenti, affinché si riconosca il reale pe-
so e si facciano norme conseguenti, c’è la
raccolta omogenea dei dati. Vitali come l’in-
vito a ratificare la Convenzione di Istanbul
per la prevenzione della violenza, la pro-
tezione delle vittime e la condanna dei col-
pevoli. Avrebbe dovuto essere firmata ad
aprile 2012, ma il Governo italiano è rimas-
to silente. Le nostre istituzioni, insieme alla
società civile, dovrebbero inoltre rielabora-
re un ‘piano nazionale’ contro la violenza
entro il 2013. Non considerare queste ur-
genze, che ora sono sostenute anche da-
ll’Onu, significa rinunciare alla modernizza-
zione del nostro Paese. Finché non si con-
sidera la violenza sulle donne un costo eco-
nomico che erode il Pil e l’economia, oltre
che l’equilibrio della società, l’Italia riuscirà
a garantire i diritti solo a metà. Difficile per
una donna che ha subito maltrattamenti in
casa tornare al lavoro il giorno dopo. La
vergogna di mostrare i segni: come potrà
procurarsi un certificato medico? E quanto
tempo impiegherà per tornare ad avere un
reddito? Come non farla sparire nell’econo-
mia sommersa? In ogni caso, il fenomeno
dei ‘femminicidi’ può considerarsi un vero
e proprio ‘genocidio nascosto’, cultural-
mente e socialmente occultato da mass
media, accettato, tollerato o giustificato,
mentre sotto il profilo penale l’impunità ri-
mane la regola generale. Con riguardo agli
omicidi basati sul genere è veramente ca-
rente l’assunzione di responsabilità da par-
te degli Stati nell’agire con la dovuta dili-
genza per la promozione e protezione dei
diritti delle donne.
Tratto da laici.it
24
Cinema Donne: Sally Potter.
Sally Potter è un’artista poliedrica conos-
ciuta in tutto il mondo soprattutto per le
sue opere cinematografiche ed il film “Or-
lando” nominato agli Oscar, da sempre
racconta le donne come nella Carmen di
Bizet messa in scena a Londra nel 2002
a l l ’ E n o C o l o s s e u m T h e t r e
(www.carmen.eno.org). Una sfida seguita
dal suo ultimo film Rage, il primo film per I-
Phone che narra il mondo della moda nello
stile sperimentale amato dalla regista londi-
nese, con la quale ha esordito nell’eldora-
do della celluloide.
Nel 1979, difatti, entra nel circuito interna-
zionale con il mediometraggio Thriller, con
cui decostruisce la Bohemè di Puccini, di-
mostra che Mimi, simbolo di tutte le don-
ne, è stata uccisa dal sistema patriarcale
su cui si fonda la società: Thriller divenne
un’ icona del femminismo. La Potter conti-
nuò ad approfondire questo tema nel film
più complesso The Gold Diggers, in cui in
25
una sola ora, la regista, fece luce sui
meccanismi che da sempre hanno colloca-
to la donna ai margini del sistema sociale.
Al tempo stesso indagò lo star system: Ju-
lie Christie, famosa attrice a quei tempi,
rappresenta la donna "Gold", la cui immagi-
ne iconizzata è merce di scambio per i sol-
di e sesso. Julie Christie, la diva, oggetto
di rituali, che possono essere sconfitti solo
grazie alla collaborazione tra le donne.
Sally Potter è la regista più versatile e speri-
mentale della moderna storia del Cinema,
una prova n’è Rage, ma anche il suo ulti-
mo lavoro teatrale la Carmen.
La "Carmen" è una delle opere più famose
in tutto il mondo, ambientata in Spagna, è
un dramma lirico in quattro atti, composta
da Bizet tra il 1873 e il 1874 su libretto di
Henri Meilhac e Ludovic Havély, che fu ispi-
rato a omonimo romanzo di Prosper Méri-
mé, ricco di tragedia e passione trasforma-
to nel palcoscenico in un’opera cine-teatra-
le.
I suoi film, nonostante i generi differenti,
hanno tutti degli elementi in comune: in pri-
mis la musica, tutti sono film musicali ed è
lei stessa la compositrice, The Man Who
Cried, aveva come Leit Motiv l’Opera, che
ritorna nella Carmen. Il film girato nel 2000
aveva come protagonista Cristina Ricci,
una donna alla ricerca del padre.
Il secondo elemento, tema dominante è la
figura femminile, da una donna che si
emancipa e si risveglia con tutto il suo po-
tenziale, in Thriller e in The Gold Diggers,
assistiamo ad una donna alla ricerca della
sua identità Orlando. Il film uscito nel 1998
può essere considerato il capolavoro della
regista, basato sull’Orlando di Virginia
Wolf, vede un’interpretazione formidabile
di Tilda Swinton.
Le sue protagoniste sono tutte alla ricerca
della loro indipendenza e cercano di definir-
si al di là delle regole che il patriarcato ha
imposto, creando dal nulla modelli di riferi-
mento, la destrutturazione è un'altra carat-
teristica dell’opera della Potter. Elemento,
quest’ultimo, presente anche in The Tango
Lesson. Storia di se stessa, di una filmaker
26
che ha maturato temi nuovi e coraggiosi
che si racconta come regista, decostruen-
do alla Godard il film stesso, come donna,
come amante. Nel suo percorso filmico e
come se la donna trovata se stessa, nella
sua completezza, è pronta a confrontarsi
con il partner. Relazione d’amore “sviscera-
ta” in Yes 2004, intimo e complesso, il film
girato in maniera completamente indipen-
dente non ha avuto la distribuzione che me-
ritava.
Nella Carmen Sally Potter torna ad un per-
sonaggio femminile forte, una donna indi-
pendente che sceglie la libertà e per ques-
to muore, dura legge del vecchio o ancora
attuale sistema patriarcale. Rage è al di
fuori degli stereotipi, film i-phone, sette epi-
sodi, sette interviste, monologhi di cinque
minuti con Jude Law nei panni di una drag
queen, un’uomo-donna?
Sally Potter ha cavalcato gli anni più impor-
tanti della Storia della Donna divenendo
uno degli emblemi del femminismo, un
femminismo che sembra svanito ma che è
vivo nel dna delle generazioni successive.
Un femminismo che non vuole distruggere,
che non vuole “una donna con i pantaloni”
ma che vuole riportare la donna al giusto
ruolo che deteneva nelle vecchie società
ritenute “matriarcali”.
Una donna, non relegata ai margini, ma
una donna che, ritrovata se stessa e la sua
identità, sa lottare per affermarsi con tutte
le qualità di cui è permeata, che non de-
morde mai anche in un mondo maschilista
come quello dell’Arte e difficile come quel-
lo del Cinema.
Un’applauso a Sally Potter.
27
Esteri: Zapatero invitato al G8
Il Primo ministro Silvio Berlusconi, ha invita-
to la Spagna alla prossima riunione del G8,
evento storico e seconda conquista del
presidente dell’Esecutivo Zapatero ed il
suo staff.
Zapatero e’stato invitato da Berlusconi, pre-
sidente attuale del G8, a partecipare all’in-
contro delle otto potenze mondiali che si
terra’ ad Aquila, la notizia di questi giorni
e’stata sottolineta da tutti i media di infoma-
zione spagnola.
Un successo della politica estera di Zapate-
ro che e’ riuscito, meglio del predecessore
Aznar, a emergere nel panorama internazio-
nale. In Principis riuscendo a ottenere un
invito al G20 ed ora nell’impresa definita
storica: partecipare al G8. Un incontro che
Berlusconi intende ampliare al G14 e al
G20, pero’ ufficialmente sino ad oggi e’ sta-
ta invitata oltre la Spagna solo l’Olanda.
Aznar, a dire il vero, era stato invitato al G8
in Canada nel 2002 ma aveva assistito co-
28
me presidente in carica della EU. Ora il pre-
mier spagnolo partecipera’ come invitato,
diverra’ presidente della EU solo 1 gennaio
del 2010.
Il presidente dell’esecutivo, che nonostan-
te l’acuirsi della crisi nel suo paese si fa ba-
luardo in Europa della politica socialista, in
questi mesi e’ stato protagonista di una es-
calation di eventi “esteri”. Oltre al lavoro di-
plomatico per promuovere una riunione in
Egitto tra Paesi Arabi ed Europa durate la
sua futura presidenza, Zapatero e’stato pre-
sente a diversi summit tra i quali all’incon-
tro di Praga tra Unione Europea e Stati Uni-
ti e al vertice sull’Alleanza fra le civilizzazio-
ni a Instambul.
L’invito di Berlusconi e’ l’ennesimo suc-
cesso della politica diplomatica di Zapate-
ro intrepresa all’indomani della vittoria del
2004 con il ritiro delle truppe spagnole da-
ll’Irak. L’evoluzione e’ stata una politica di
cooperazione con gli altri stati, sfruttando
sia la sua posizione geografica che la sua
scelta politica: la vicinanza con il Marocco
fa della Spagna un ponte ideale tra Europa
e Mondo Arabo; la sua ideologia socialista
lo avvicina a Chavez e a Cuba e a tutti i go-
verni socialisti dell’America Latina. Senza
mai dimenticare che la Spagna e’ ben vista
da tutti i paesi Ispano parlanti che hanno
no solo molti loro cari emigrati in Spagna
ma hanno avviato anche delle relazioni
commerciali.
L’esempio piu’illustre della scalata alla sce-
na internazionale e’ la scelta di Barcellona
come segretariato permanente dell’Unione
del Mediterraneo che situa la citta’al cen-
tro dell spiluppo non solo politico e econo-
mico ma anche culturale del bacino. Un
successo conquistato con l’allestimento di
una macchina diplomatica che ha visto ilus-
tri spagnoli occupare dei posti stategici
29
all’interno nell’Unione Europea e nell'area
euromediterranea, al raggiungimento
obiettivo Barcellona, con le presenze spag-
nole del "ministro degli esteri europeo" Xa-
vier Solana, del direttore generale della Re-
lex Eneko Landaburu, del direttore per il
Mediterraneo Tupla Del Moral, scendendo
giù fino al capo unità per l'Upm Laura Bae-
za ed alla coordinatrice per il Pem Imma
Roca.
In questo summit a Aquila, chiaramente, la
Spagna presenziera’, ancora non si conos-
ce a che titolo e in che funzione, ma e’
chiaro che si tratta solo di un altra conquis-
ta verso l’obiettivo finale di una Spagna
protagonista nella scena internazionale,
non dimentichiamo che Obama e’ riuscito
a vincere anche grazie all’elettorato ispani-
co con la quale ha conquistato il voto in al-
cuni Stati dell’Ovest da sempre dei re-
pubblicani, per non parlare delle buone re-
lazioni tra Zapatero e Chavez a cui ha fatto
affidamento il presidente degli Stati Uniti
nell’ultimo Summit delle Americhe. A Pra-
ga Barrack ha lodato l’«impegno della
Spagna ad esercitare le proprie responsabi-
lità» in America Latina, ed ha dichiarato di
essere contento di poter chiamare Zapate-
ro suo amico.
Si dovra’ a questo l’invito di Berlusconi?
tratto Periodico Italiano
30
Museo Reina Sofia opera di un italiano.
L’arte e’ eternamente giovane al Museo
Reiña Sofia , in Calle Santa Isabel 52 di Ma-
drid, una traversa di Paseo del Prado,
raggiungibile dalla metro di Atocha
www.museoreiñasofia.es. Il Museo viene
aperto nel 1990 e’ si propone da subito co-
me la maggiore e moderna galleria del
mondo, anche se portare a termine la
struttura non e’ stato facile.
Il Museo ha inglobato L’Ospedale S.Carlos
ma l’attuale struttura si deve all’architetto
José de Hermosilla e sopratutto all’italiano
Francesco Sabatini. Francesco Sabatini e’
stato l’archittetto che ha sviluppato la sua
carriera professionale in Spagna al servizio
della Casa Reale, nominato dal re Carlo di
Borbone Gran Maestro delle Opere Reali,
con rango di tenente colonnello del Corpo
degli Ingegneri, oltre ad essere designato
come accademico onorario della Real Aca-
demia de Bellas Artes de San Fernando.Lo
stile di Sabatini rientra all'interno del Neo-
classicismo, ma a differenza di altri autori
31
del movimento, non si inspiró fondamental-
mente alle antichità greco-romane, bensì
all'architettura rinascimentale.
L’Ospedale S.Carlos viene restaurato nel
1980, e proclamato museo nel 1977, divie-
ne Il Museo Reiña Sofia , organismo auto-
nomo dipendente dal Ministero della Cultu-
ra con il decreto reale 535/88 de 27
maggio 1988. Nel 2005 la struttua assume
l’aspetto che ora conosciamo. Il Museo ha
l’obiettivo di proporre le migliori opere
spagnole intregrate nel contesto artistico
internazionale, la collezione ebbe origine
dall’Unione delle Opere del Museo spagno-
lo di Arte contemporaneo e di quello di Mu-
seo del Prado, che conteneva le Maggiore
opere di Pablo Picasso tra cui Guernica
che possiamo ammirare ora nella seconda
pianta del Museo di Reiña Sofia. Oggi la
galleria conta 16.200 opere di varie corren-
ti e tecniche artistiche: 4000 quadri,1400
sculture,2600 fotografie e 80 video. Nella
sua collezione permante oltre ad ammirare
Picasso sono esposte le opere di Miro’,Da-
li’, e anche artisti post-cubisti Julio Gonzá-
lez e Pablo Gargallo, el cine de Luis Bu-
ñuel, y la fotografía surrealista de Man Ray
e Dora Maar.
Troviamo anche le alcune delle opere degli
artisti della pop art, dell’astrattismo, arte
minimale ele ultime correnti artistiche ad
esempio gli spagnoli:Antoni Tàpies, Anto-
nio Saura, Eduardo Chillida, Jorge Oteiza,
Manuel Millares y Manuel Rivera, Pablo Pa-
lazuelo, Eduardo Arroyo, Equipo Crónica y
Esteban Vicente e in campo internazionale:
Yves Klein y Lucio Fontana, sin olvidar a
Mark Rothko, Francis Bacon, Henry Moo-
re, Graham Sutherland, Jean Dubuffet, Cy
Twombly, Jannis Kounellis, Robert Mother-
well, Mario Merz, Sean Scully. L’eterna gio-
ventu’ del museo e’ presente nel suo conti-
nuo interesse verso l’arte contemporanea
e le nuove forme espressive tra cui le vi-
deo-istallazioni, la video-arte, arte cocen-
tuale e proiezioni, a queste sono dedicate
32
delle sale e tra gli ultimi espositori si ricor-
dano: Cristina Iglesias, Louise Bourgeois,
Gerhard Richter, Bill Viola, Anish Kapoor,
Juan Muñoz, Miquel Barceló, Adolfo
Schlosser, Robert Mapplethorpe, Andreas
Gursky. Famosa e’ la manifestazione Cine
y casi cine dal 5 novembre al 6 dicembre,
un ciclo di proiezioni che il Dipartimento au-
diovisvo organizza per mostrare le tenden-
ze piu’ visibili della nuova tendenza audio-
visva contemporanea.
In questa edizione il ciclo e’ composto di
36 opere ad esempio verra’ mostrata per
la prima volta After Apocalypse Now: Mar-
tin Sheen (The Soldier), 2007 (info
www.museoreinasofia.es/s-audiovisuales/
audiovisuales.php) e dal 26 Novembre
2007 iniziera’ uno dei festival piu’ importan-
te a livello internazionale dalle 20, il festival
Iternazionale dei Cortometraggi di
Oberhausen. Uno dei cardini e’ il carattere
educativo del Museo con lo scopo princi-
pale di diffondere la cultura: ci sono pro-
grammi dedicati agli studenti, programmi
per il pubblico e programmi per i govani. Il
museo mette a disposizione un gran nume-
ro di publicazioni didattiche nella sua biblio-
teca a Plaza de Emperador Carlos V e qua-
derni didattici sulle esposizioni temporali e
per il pubblico adulto si organizzano corsi,
seminari,incluyendo incontro con gli artista
che espongono al museo. Un museo inte-
rrativo, dinque che si avalora della moder-
na tecnología di Internet con il suo sito
bilingüe….insomma un museo eternamen-
te giovane che nutre i suoi cittadini con
continue novita’ e meraviglie artistiche.
33
Esteri:Onda anomala Madrid
Una sessantina i ragazzi che hanno sfilato
dinanzi all'ambasciata italiana per protesta-
re contro il pacchetto sicurezza definita da-
gli stessi una nuova legge sull'immigrazio-
ne. Una politica del governo italiano che
intende criminizzare gli immigranti .I mani-
festanti uniti a REDI (Red Española Dere-
chos Inmigrantes) esigono dagli Stati mem-
bri della UE che venga condannata la nuo-
va legge e ne domandano la sua ritirata di-
chiarando "L' Italia presenta una situazione
di profonda crisi economica e sociale, spe-
rimenta un tasso di povertà inarrestabile,
registra una percentuale di disoccupazio-
ne, lavoro in nero e precariato senza prece-
denti, ma soprattutto non ha alcuna pros-
pettiva di crescita e sviluppo essendo fre-
nata da un livello di corruzione inaccettabi-
le in uno stato democratico.
Di fronte a questa situazione l' attuale Go-
verno BERLUSCONI IV sceglie come prio-
rità la lotta xenofoba nei confronti degli
immigrati.E' facile dedurre che l'esigenza
34
di questo esecutivo è nascondere i proble-
mi reali del Paese deviando l'attenzione de-
ll'opinione pubblica e ingigantendo il pro-
blema dell' immigrazione illegale. Suo fine
é trovare un capro espiatorio in risposta al
clima di preoccupazione diffusa in molti
strati della popolazione, colpendo così il
gruppo sociale più debole e già privo di di-
ritti. Uno di questi è la dignità, valore prima-
rio della Dichiarazione dei diritti Fondamen-
tali dell'Uomo, che non si può far finta di
non riconoscere come si stia in questo mo-
do negando totalmente agli immigrati.
La campagna razzista del Governo BER-
LUSCONI IV ha suscitato l' indignazione
dell' opinione pubblica mondiale e di asso-
ciazioni che difendono i diritti dei migranti
come la Red Espanola de Derechos de
Los Inmigrantes (REDI), che ha indetto la
manifestazione alla quale partecipiamo.
Non accettiamo l'atteggiamento dei politici
italiani che sembrano far finta di ignorare
che l'immigrazione nel nostro paese può
creare problemi di sicurezza solo a causa
di leggi giudiziarie approvate dai governi in
questi anni col solo fine di evitare le pro-
prie pene e pagare i crimini di cui un'intera
classe politica è responsabile: l' incertezza
della pena e il prolungamento dell' iter dei
processi giudiziari non fanno altro che favo-
rire il proliferare della delinquenza, italiana
e non.Noi sappiamo bene che aumentare i
tempi di detenzione nei centri di permanen-
za temporanea (adesso ironicamente ed
emblematicamente denominati “centri di
identificazione ed espulsione”), aumentare
le pene detentive per i reati connessi
all'immigrazione, creare dei sindaci sceriffi
e consentire “ronde” di cittadini “preferibil-
mente ex agenti di polizia”, non ha altro
obiettivo se non incentivare un clima di fo-
bia e di razzismo volti, oltre che a dimenti-
care i reali problemi del paese, a soddisfa-
re i bassi istinti politici dei dirigenti leghisti
e di un certo elettorato. Per questo ritenia-
mo imprescindibile la revoca del pacchetto
sicurezza (ddl n.733), e le conseguenti di-
missioni dell'esecutivo italiano che con
questa manovra cerca di garantirsi la pro-
pia immunita a discapito dei più deboli."
Progetti futuri dell'Onda Anomala Madrile-
ña risponde Simone Costa:"Stiamo cercan-
do riscontri che abbiano approvato al Se-
nato una legge oscura Blog, un nuovo
emendamento a sorpresa ma ancora non
ne abbiamo trovato traccia".
tratto da periodico italiano
35
Cinema: 66 festival di Venezia
Ecco una Reensione delle tante che
puoi leggere:
66. Festival di Venezia: penultimo
giorno: metafora e reale a confron-
to.
Penultimo Giorno di questo 66mo Festival
del Cinema di Venezia si ode, nel fruscio
degli arbusti che abbeliscono la Mostra, il
mormorio dei tanti spettatori che ogni an-
no si accalcano all’entrate dei Cinema del
Lido. Si fa la fila davanti alla Sala Grande,
ci si domanda quale sia il secondo film a
“sorpresa”ed eccolo, finalmente, il titolo
appare sul grande schermo: “Lola“. Il 25esi-
36
mo titolo in gara per il Leone D’Oro, del bri-
llante regista filippino Kinatay Mendoza, re-
duce dal premio alla regia nel 2009 a Ca-
nnes con Kinatay. Lola racconta di due
“Nonne” sofferenti per le conseguenze di
un crimine che ha visto protagonista i ris-
pettivi nipoti: uno come possibile carnefi-
ce, l’atro come vittima. Una camera che se-
gue suoi protagonisiti nella loro intimitá Ani-
ta Linda, l’attrice veterana del cinema fi-
lippino, viene seguita ovunque nella sua ri-
cerca di denaro per la sepoltura del nipote,
nel suo dramma quotidiano per la sopravvi-
venza. Le sue vicissitudine si incrociano e
si specchiano con quelle di Puring, il regis-
ta spiega che si tratta di un film su “la nos-
tra umanitá soppesata - ed equilibrata -
sulle scale della giustizia.
Il delitto serve per mettere alla prova le for-
ze e le fragilitá delle due donne. Una si di-
mostra debole, l’altra forte. Questo permet-
te di equilibrare l’umanita’, come nell’equili-
brio della natura, in cui sopravvive chi piú
si adatta e il valore di ciascuno dipende da-
lla sua posizione nella vita” Alla fine Anita
accetterá i soldi di Puring, una seppelirá il
nipote e l’altra lo salverà.
Il regista escogita e mette in atto molti stra-
tagemmi per rendere il materiale visivo ade-
rente alla realtá: la profondità dei piani, pa-
noramiche veloci a stile documentarista,
con un sonoro sempre in primo piano che
amplifica la presenza del reale nella fiction.
La metáfora, invece, è protagonista in“ Mr.
Nobody”, un’opera enigmatica, l’ultimo
film di Jaco Van Dormael, con un ricco
cast internazionale: Jared Leto, Diane Kru-
ger, Sarah Polley, Rhys Ifans e la nostra
Chiara Caselli.
Un’opera con l’apparenza di un film di fan-
tascienza, il protagonista Nemo Nobody,
interpretato da un superbo Jared Leto, con-
duce la sua vita normale sino al giorno in
cui si ritrova a vivere catapultado nel futuro
2029 all’eta’ di 120 anni. Qui oltre a essere
più anziano si trova ad essere l’unico mor-
tale tra immortali. Nemo non teme la mor-
te, ma ė preoccupato di come ha vissuto
la sua vita. Iniziano ad essere mostrate sul-
37
lo schermo, le possibili vite che avrebbe
potuto vivere, si intrecciano i livelli narrativi
in cui si dipanano le tre possibili storie d’a-
more accanto a tre donne diverse Anna, Eli-
se e Jeanne, in un passato fittizio ma reale.
Un film che lascia interdetti, tanto che la
critica ha reagito spaccandosi a meta’ tra
applausi e fischi.
Terminato questo bellíssimo “tour de four-
ce” filmico si aspetta domani per la premia-
zione.
A Venezia si sussurra da tempo che il favo-
rito sia Baaria il film di Tornatore, ma ci si
apettano grosse sorprese.
tratto da Periodico Italiano.
38
Poesia
3 “L’italiano e una delle pou bel-
le lingue del mondo. guarda-
re i fiori e facile ; farli cresce-
re e molto piu dificile.”
– Anonimo
il passato
il passato scivola lento
come le note di un vecchio sax all'orizzon-
te
Il passato si ricorda di te solo se tu lo vuoi
si torna da un viaggio dove tutto si è allon-
tanato
si va verso un presente da costruire
il passato alla volte rimane nel cuore ma
i suoi battititi si confondono con il battito
dell'adesso
al passato si attaccano quelli che non vo-
gliono cambiare orizzonte
ed hanno bisogno di vedere in te que-
ll'immagine fugace che non esiste da tem-
po
lo fanno per rimanere attaccati all'illusione
che il tempo non passa
il mio passato è pieno di rovi, che hanno
prodotto una rosa bianca purpurea bellissi-
ma.
40
Voglio, Chiedo, Stringo, Posso
Voglio
scendere per un momento
sulla tua pelle
sentirne la morbidezza
ed abbondonarmi
a essa
Voglio
catturare i tuoi sorrisi tristi
nella gioia
luminosa della rugiada di un mattino
Chiedo
le parole delle tue labbra nelle mie
Sussuro
baci di tenerezzza
Stringo
nel mio il tuo cuore
Posso
solo immaginare.
41
La ricerca
Passi
nella notte
sulle dune del deserto
le impronte
che segnano il cammino verso un orizzon-
te indefinito
Alba, che esplode nell'anima mia
in vorticosa
ricerca
del limite
che unisce
del limite da superare
del limite
che condiziona il mio corpo
e la materia
grida
allo spirito:
Io esisto!
42
La Morte
Bianco
Marmo
fiocco di neve
nel silenzio di cipressi
...........
L'assenza infinitaimmutabile
..........
Il viaggio continua
in verdi raggi di Luce
...............
La morte
non esiste.
43
L'immenso
Silenzi..
scivola la notte tra le maglie bianche nuvo-
le
si staglia silenzioso il monte ricolmo di lacri-
me e sospiri
silenzi
avvolgono il caldo rumore dell'acqua che
scorre
il fluire continuo della vita riscalda gli utimi
trepidanti attimi di un addio
nascosto
foglie danzano in vortici di luce ed intrave-
do
l'infinito
nei tuoi occhi simile al suono dell'immenso
palpito
del mondo
44
e scorrono ancora lente
le immagini perdute di fotogrammi impossi-
bili invisibili
l'immensa rocca
si staglia innanzi
e mi lascio travolgere da questa luce
che avvolge ogni singolo atomo del Creato
e nell'universo
mi perdo
e nell'immenso
mi immergo
......
mi ergo.
45
Film festival Monterotondo 2005
Película 3.1 Volo d’angelo
Enterviste
4 “Se dai a un uomo un pesce
lo nutri per un giorno, se
gli insegni a pescare lo nu-
tri per il resto dei suoi gior-
ni.”
– Anonimo
Daniele Poto: "Io protesto all'inglese"
Lo ‘speaker’s corner’ nasce a Londra, ad
Hyde park, in un angolo del famoso parco
dove un cittadino qualsiasi sale su una cas-
setta, propone un discorso e coinvolge il
pubblico presente in un dibattito ‘aperto’.
Un ‘a tu per tu con la gente’ che non richie-
de permessi o pretesti per essere attuato.
Niente a che vedere, quindi, con i dibattiti
culturali organizzati per promuovere l’usci-
ta di un libro, una mostra o un evento. Ed
è proprio in questa sua semplicità che l’an-
golo degli oratori si è diffuso in tutto il mon-
do, giungendo anche in Italia. Sinonimo di
‘confronto diretto con la gente’, il termine
ha fatto ‘capolino’ nelle riviste e nei pro-
grammi radiofonici, affermando l’idea che
molti dei temi che riguardano la politica, l’e-
conomia e il sociale possano e debbano
essere resi accessibili a tutti, in maniera
semplice e diretta. Evidentemente, la cosa
funziona (tanto che persino la politica ha
cercato di appropriarsene per scendere in
piazza e discutere con la gente). La casisti-
ca, comunque, è piuttosto ampia. Dal ‘sem-
47
plice’ cittadino un po’ ‘arrabbiato’, che so-
ttolinea le ‘indecenze’ del sistema, all’asso-
ciazione culturale che organizza una serie
di incontri pubblici, al professionista ‘im-
pegnato’ che sente la necessità di risolleva-
re gli italiani da quel diffuso torpore cultura-
le dal quale sembrano non voler più riemer-
gere. Come ci racconta Daniele Poto, un
giornalista che, nel corso degli anni, ha co-
llaborato per numerose testate (Tuttosport,
il Messaggero, il Corriere della Sera, Il Tem-
po, la Repubblica, Olimpico). Ha iniziato la
carriera come reporter per Paese sera, Li-
berazione (nella versione del quotidiano ra-
dicale), Lotta Continua, Gazzetta del Popo-
lo (fino all’estinzione), Prealpina. Ha lavora-
to all'Ansa e nella prestigiosa rivista‘La fie-
ra letteraria’. Come esperto di sport è sta-
to ospite delle prime storiche emittenti ca-
pitoline come SPQR, Telefantasy, Gbr, Vi-
deouno, Rete Oro, Quarta Rete, Tele Roma
Europa, Super Tre, Teleradiosole. È stato
più volte ospite del ‘Processo del lunedì’ di
Biscardi come opinionista. Eccolo a voi
all’indomani di uno ‘speaker's corner’ orga-
nizzato a Monterotondo sul tema: ‘Vivere
di economia o vivere in economia’.
Daniele Poto, lo speaker's corner si è
molto diffuso in questi ultimi anni e ce
ne sono di vari tipi: potresti darci la tua
definizione?
“E’ un luogo d’incontro per una partecipa-
zione democratica dal basso in un momen-
to in cui la politica (soprattutto i Partiti)
mostrano il ‘fiato corto’. Cittadinanza attiva
vuol dire questo: esprimersi sui problemi di
base, fossero pure la gestione dell’acqua
pubblico o il nuovo piano trasporti di una
città, per far contare la propria voce e non
rimanere in una protesta senza articolato”.
In Italia funziona come all’estero?
“Lo speaker’s classico ad Hyde Park più
che altro è diventato un luogo di predica-
zione, a volte fanatico- religiosa. La versio-
ne italiana vorrebbe rispondere a criteri di
normalità e di senso comune, ma non ba-
nale nella interpretazione del succedere
della vita, affidato al copione libero di chi
partecipa”.
Per gli italiani è una novità: il pubblico
come interagisce con il relatore?
“Sta alla capacità del relatore sulla singola
materia (che sia esperto, neutrale o di par-
te) stimolare il pubblico che, alternativa-
mente, diventa protagonista in un’interazio-
ne foriera di sviluppi dialettici e di apprendi-
mento. Idealmente, da ogni incontro bisog-
nerebbe uscire arricchiti (sia chi ha parlato,
sia chi è rimasto silente). Altrimenti, non
avrebbe senso incontrarsi”.
48
Come si organizza uno speaker’s cor-
ner?
“Attraverso i social network, le e-mail, i
gruppi d’ascolto. Parte la convocazione in
un luogo propizio, possibilmente comodo
e invitante. Naturalmente, si può anche
arricchire l’incontro con convivialità, brindi-
si, spuntini: un momento piacevole, ma sti-
molante”.
Il confronto con la ‘piazza’ evidenzia
buona o scarsa conoscenza degli argo-
menti che trattano i media?
“Molte tematiche sono conosciute solo in
parte, o superficialmente. Mi rendo che la
lettura dei giornali è diventata un ‘optio-
nal’. Eppure, la formazione ha bisogno di
un ampio ventaglio di informazioni e non
può bastare la televisione, nella somma-
rietà dei telegiornali, internet, i blog, la free
press. Penso che il quotidiano, nella sua
obsolescenza, abbia ancora qualcosa di
dirci, soprattutto per quanto riguarda
l’approfondimento e quel che resta delle
inchieste”.
Lo speaker's corner è un modo per
diffondere una notizia, o lo possiamo in-
tendere come una forma di cultura dal
basso?
“Esattamente: cultura e informazione dal
basso. Che però, progressivamente, si fa
‘alta’ e cresce nella scala. Una cultura che
vuole poter contare, democraticamente.
Non è cosa da poco, visto che abbiamo un
Governo non democraticamente eletto, al
momento”.
Su che basi scegli gli argomenti da pro-
porre?
“Argomenti su cui mi sento preparato, che
mi stimolano o che possono stimolare. Ar-
gomenti di interesse pubblico quasi priori-
tario, emergenziale”.
Nel tuo ultimo intervento hai scelto il te-
ma ‘Vivere l’economia’: su argomenti
così complessi quali sono le ingenuità
più diffuse nel pubblico?
“Confrontarsi immediatamente con il pro-
prio quotidiano, che pure è importante. Ma
dal ‘micro’ bisognerebbe salire al ‘macro’,
sul terreno dei problemi comuni. Politica,
da ‘polis’, in senso nobile è anche questo:
partecipazione e condivisione del proble-
ma”.
Il contatto diretto con la gente come re-
latore ti ha dato una diversa prospettiva
su come si diffonde la cultura e l’infor-
mazione in Italia?
49
“Mi ha fatto constatare, per la ridotta parte-
cipazione e l’isolamento in cui finiamo nel
cadere, che effettivamente l’Italia è un Pae-
se in declino, succube dei ‘disvalori’. Solo
ritrovando un cammino, un percorso, una
comunità, una finalità, un’idea di dover
essere collettivi ci risolleveremo da questo
torpore”.
Qual è l’argomento o i temi di cui si par-
la troppo poco?
“Ci sono tante tematiche. Anche gli argo-
menti normalmente più popolari, di largo
interesse, spesso richiedono un approfon-
dimento, poiché sono conosciuti superfi-
cialmente. Senza contare quelle tematiche
di cui si parla poco perché sottovalutate, o
censurate dai media. L’alternanza dei due
registri, nel caso dello speaker's corner, da
vita a un’interessante e stimolante varietà
di interventi, in genere”.
Dove svolgi attualmente lo speaker’s
corner?
“Dopo un lungo periodo di attività nei par-
chi romani e al Casale del Podere Rosa,
attualmente la seconda domenica del me-
se alla grafica ‘Campioli’ di Monterotondo,
sotto l’egida dell’associazione culturale Re-
seda”.
50
Cristina Striglio: "Abbandonare gli animali è
un reato"
Martedi prossimo, 3 luglio 2012, alle
ore19.30 si terrà a Milano, presso l'Old
fashion club di viale Emilio Alemagna n. 6,
un ‘happy hour’ di beneficenza per la pre-
sentazione dello spot televisivo dellaOnlus
‘Amoglianimali’ dal titolo:‘Ovunque andrai
non abbandonarlo mai’. Testimonial dello
spot è Luca Laurenti accompagnato dall’a-
mico Matthew. Amoglianimali ha voluto in-
fatti realizzare uno spot contro gli abbando-
ni, un argomento molto delicato nella sua
drammaticità. Il messaggio che si intende
trasmettere è la felicità che si prova nel
prendersi cura dei nostri migliori amici. L’a-
peritivo, con ricco buffet, costerà eccezio-
nalmente 15 euro, di cui una gran parte
sarà interamente devoluta a favore di Amo-
glianimali, che impiegherà i fondi raccolti
per le sue attività di tutela e assistenza de-
gli animali. La serata proseguirà con la
‘One night’ Fidelio e l’innovativo corpo di
ballo ‘Nu’Art’. Questo happy hour benefico
sarà inoltre animato da musica ‘lounge’ e
dalla presenza di numerosi personaggi del
51
mondo delle arti e dello spettacolo amanti
degli animali, alcuni dei quali sono stati pro-
tagonisti del backstage dello spot. Abbia-
mo incontrato la portavoce nazionale di
Amoglianimali, la collega Cristina Striglio,
al fine di scambiare insieme a lei un parere
intorno agli scopi che questa organizzazio-
ne no-profit si è prefissata e sugli obiettivi
che intende raggiungere.
Cristina Striglio, può spiegarci, innanzi-
tutto, quali sono gli scopi di questo vos-
tro incontro di Milano? Di cosa si tratta,
esattamente?
“Gli scopi che ci prefiggiamo con questo
evento benefico sono la presentazione del-
lo spot tv contro gli abbandoni e la presen-
tazione dei nostri nuovi progetti, da rea-
lizzare nelle realtà più disagiate”.
Amoglianimali Onlus ha raccolto, in
questi anni, dei dati precisi in merito al
fenomeno dell’abbandono di cani e ani-
mali domestici durante i mesi estivi, o
poco prima delle vacanze: qual è il trend
di questi ultimi anni? In crescita, oppure
in diminuzione?
“Purtroppo, è estremamente difficile poter
fornire dei dati precisi in merito agli abban-
doni. Il fenomeno dell’abbandono sulle
strade sembra essere in diminuzione, ma
non nei canili o in aree semideserte. Se gli
animali non vengono identificati dal micro-
chip, di cui spesso sono sprovvisti, diviene
assai complesso distinguere tra un abban-
dono o un probabile randagismo”.
La collettività si è resa conto della gra-
vità della cosa, secondo lei, oppure il ve-
ro ‘muro’ è quello di una sostanziale ipo-
crisia di fondo?
“In merito a questo, avete ragione: l’ipocri-
sia di fondo esiste ed è molto radicata in
coloro che avrebbero la possibilità di preve-
nire questo atto di barbarie. L’abbandono
di un animale domestico è estremamente
grave, perseguibile penalmente, ma troppo
52
spesso non si riesce a individuare i respon-
sabili. A mio avviso, le pene dovrebbero
essere molto più severe. Le autorità, inve-
ce di imporre divieti e restrizioni, come per
esempio nel caso di ‘Trenitalia’, dovrebbe-
ro offrire la possibilità di portare sempre
con sé il proprio animale. Dobbiamo am-
mettere che molti passi avanti sono stati
fatti in Italia, ma c’è ancora molto lavoro
da svolgere”.
Chi non ama gli animali è in grado di
amare veramente qualcuno o qualcosa?
“Personalmente, ritengo di no: questo era
il mio pensiero anche prima di accogliere
nella mia vita Matthew, un amico meravi-
glioso di 10 anni. Ma se proprio non si rius-
cisse ad amarli, per lo meno si dovrebbe
avere il dovere morale di rispettarli e di im-
pegnarsi a tutelarne i diritti come qualsiasi
altro essere vivente”.
Quali altre iniziative avete previsto, per il
futuro, al fine di sensibilizzare ancor di
più l’opinione pubblica a voler sempre
più bene ai nostri amici animali?
“Noi riteniamo che solo il buon esempio
possa essere un monito o un messaggio di
sensibilizzazione. Quindi, proseguiremo
con la nostra attività di sostegno per aiuta-
re gli animali più sfortunati, ospiti di struttu-
re in aree molto disagiate e/o di proprietà
di persone anziane o meno abbienti. Conti-
nueremo a fornire il nostro ausilio sul terri-
torio per sterilizzare gratuitamente i cani
randagi, laddove gli enti preposti abbiano
la necessità di contenere il fenomeno sem-
pre più allarmante dei cani in gruppi vagan-
ti e aggressivi. Cercheremo di coinvolgere
sempre di più i media sensibili al tema, co-
me voi, nelle nostre iniziative benefiche, al
fine di far conoscere i risultati raggiunti e i
numerosi e importanti progetti che vo-
rremmo realizzare”.
53
Daniele Poto: Io protesto all'inglese
Lo ‘speaker’s corner’ nasce a Londra, ad
Hyde park, in un angolo del famoso parco
dove un cittadino qualsiasi sale su una cas-
setta, propone un discorso e coinvolge il
pubblico presente in un dibattito ‘aperto’.
Un ‘a tu per tu con la gente’ che non richie-
de permessi o pretesti per essere attuato.
Niente a che vedere, quindi, con i dibattiti
culturali organizzati per promuovere l’usci-
ta di un libro, una mostra o un evento. Ed
è proprio in questa sua semplicità che l’an-
golo degli oratori si è diffuso in tutto il mon-
do, giungendo anche in Italia. Sinonimo di
‘confronto diretto con la gente’, il termine
ha fatto ‘capolino’ nelle riviste e nei pro-
grammi radiofonici, affermando l’idea che
molti dei temi che riguardano la politica, l’e-
conomia e il sociale possano e debbano
essere resi accessibili a tutti, in maniera
semplice e diretta. Evidentemente, la cosa
funziona (tanto che persino la politica ha
cercato di appropriarsene per scendere in
piazza e discutere con la gente). La casisti-
ca, comunque, è piuttosto ampia. Dal ‘sem-
54
plice’ cittadino un po’ ‘arrabbiato’, che so-
ttolinea le ‘indecenze’ del sistema, all’asso-
ciazione culturale che organizza una serie
di incontri pubblici, al professionista ‘im-
pegnato’ che sente la necessità di risolleva-
re gli italiani da quel diffuso torpore cultura-
le dal quale sembrano non voler più riemer-
gere. Come ci racconta Daniele Poto, un
giornalista che, nel corso degli anni, ha co-
llaborato per numerose testate (Tuttosport,
il Messaggero, il Corriere della Sera, Il Tem-
po, la Repubblica, Olimpico). Ha iniziato la
carriera come reporter per Paese sera, Li-
berazione (nella versione del quotidiano ra-
dicale), Lotta Continua, Gazzetta del Popo-
lo (fino all’estinzione), Prealpina. Ha lavora-
to all'Ansa e nella prestigiosa rivista ‘La fie-
ra letteraria’. Come esperto di sport è sta-
to ospite delle prime storiche emittenti ca-
pitoline come SPQR, Telefantasy, Gbr, Vi-
deouno, Rete Oro, Quarta Rete, Tele Roma
Europa, Super Tre, Teleradiosole. È stato
più volte ospite del ‘Processo del lunedì’ di
Biscardi come opinionista. Eccolo a voi
all’indomani di uno ‘speaker's corner’ orga-
nizzato a Monterotondo sul tema: ‘Vivere
di economia o vivere in economia’.



Daniele Poto, lo speaker's corner si è
molto diffuso in questi ultimi anni e ce
ne sono di vari tipi: potresti darci la tua
d e fi n i z i o n e ?

“E’ un luogo d’incontro per una partecipa-
zione democratica dal basso in un momen-
to in cui la politica (soprattutto i Partiti)
mostrano il ‘fiato corto’. Cittadinanza attiva
vuol dire questo: esprimersi sui problemi di
base, fossero pure la gestione dell’acqua
pubblico o il nuovo piano trasporti di una
città, per far contare la propria voce e non
rimanere in una protesta senza articolato”.

In Italia funziona come all’estero?

“Lo speaker’s classico ad Hyde Park più
che altro è diventato un luogo di predica-
zione, a volte fanatico- religiosa. La versio-
ne italiana vorrebbe rispondere a criteri di
normalità e di senso comune, ma non ba-
nale nella interpretazione del succedere
della vita, affidato al copione libero di chi
partecipa”.


Per gli italiani è una novità: il pubblico
come interagisce con il relatore?

“Sta alla capacità del relatore sulla singola
55
materia (che sia esperto, neutrale o di par-
te) stimolare il pubblico che, alternativa-
mente, diventa protagonista in un’interazio-
ne foriera di sviluppi dialettici e di apprendi-
mento. Idealmente, da ogni incontro bisog-
nerebbe uscire arricchiti (sia chi ha parlato,
sia chi è rimasto silente). Altrimenti, non
a v r e b b e s e n s o i n c o n t r a r s i ” .



Come si organizza uno speaker’s cor-
n e r ?

“Attraverso i social network, le e-mail, i
gruppi d’ascolto. Parte la convocazione in
un luogo propizio, possibilmente comodo
e invitante. Naturalmente, si può anche
arricchire l’incontro con convivialità, brindi-
si, spuntini: un momento piacevole, ma sti-
molante”.
Il confronto con la ‘piazza’ evidenzia
buona o scarsa conoscenza degli argo-
m e n t i c h e t r a t t a n o i m e d i a ?

“Molte tematiche sono conosciute solo in
parte, o superficialmente. Mi rendo che la
lettura dei giornali è diventata un ‘optio-
nal’. Eppure, la formazione ha bisogno di
un ampio ventaglio di informazioni e non
può bastare la televisione, nella somma-
rietà dei telegiornali, internet, i blog, la free
press. Penso che il quotidiano, nella sua
obsolescenza, abbia ancora qualcosa di
dirci, soprattutto per quanto riguarda
l’approfondimento e quel che resta delle
i n c h i e s t e ” .



Lo speaker's corner è un modo per
diffondere una notizia, o lo possiamo in-
tendere come una forma di cultura dal
b a s s o ?

“Esattamente: cultura e informazione dal
basso. Che però, progressivamente, si fa
‘alta’ e cresce nella scala. Una cultura che
vuole poter contare, democraticamente.
Non è cosa da poco, visto che abbiamo un
Governo non democraticamente eletto, al
m o m e n t o ” .



Su che basi scegli gli argomenti da pro-
p o r r e ?

“Argomenti su cui mi sento preparato, che
mi stimolano o che possono stimolare. Ar-
56
gomenti di interesse pubblico quasi priori-
t a r i o , e m e r g e n z i a l e ” .



Nel tuo ultimo intervento hai scelto il te-
ma ‘Vivere l’economia’: su argomenti
così complessi quali sono le ingenuità
p i ù d i ff u s e n e l p u b b l i c o ?

“Confrontarsi immediatamente con il pro-
prio quotidiano, che pure è importante. Ma
dal ‘micro’ bisognerebbe salire al ‘macro’,
sul terreno dei problemi comuni. Politica,
da ‘polis’, in senso nobile è anche questo:
partecipazione e condivisione del proble-
m a ” .



Il contatto diretto con la gente come re-
latore ti ha dato una diversa prospettiva
su come si diffonde la cultura e l’infor-
m a z i o n e i n I t a l i a ?

“Mi ha fatto constatare, per la ridotta parte-
cipazione e l’isolamento in cui finiamo nel
cadere, che effettivamente l’Italia è un Pae-
se in declino, succube dei ‘disvalori’. Solo
ritrovando un cammino, un percorso, una
comunità, una finalità, un’idea di dover
essere collettivi ci risolleveremo da questo
t o r p o r e ” .



Qual è l’argomento o i temi di cui si par-
l a t r o p p o p o c o ?

“Ci sono tante tematiche. Anche gli argo-
menti normalmente più popolari, di largo
interesse, spesso richiedono un approfon-
dimento, poiché sono conosciuti superfi-
cialmente. Senza contare quelle tematiche
di cui si parla poco perché sottovalutate, o
censurate dai media. L’alternanza dei due
registri, nel caso dello speaker's corner, da
vita a un’interessante e stimolante varietà
di interventi, in genere”.




Dove svolgi attualmente lo speaker’s
c o r n e r ?

“Dopo un lungo periodo di attività nei par-
chi romani e al Casale del Podere Rosa,
attualmente la seconda domenica del me-
se alla grafica ‘Campioli’ di Monterotondo,
sotto l’egida dell’associazione culturale Re-
s e d a ” .



Tratto da periodicoitalianomagazine
57
Susanna Schimperna: "Sulle donne, l'Italia ha
un grave problema culturale"
Si è tenuta di recente presso il CE.S.P.P., il
centro di psicologia popolare di Roma inti-
tolato a ‘Lino Filipponi’, un interessante in-
contro contro la violenza sulle donne, un’i-
niziativa alla quale hanno partecipato nu-
merosi personaggi del mondo politico e
culturale italiano. Tra questi, la brava gior-
nalistaSusanna Schimperna, scrittrice di
saggi comePiccolo dizionario dell’Eros
(Cairo editore),Abbandonati e contenti
(Leggereditore), Le amicizie amorose (Mon-
dadori), nonché direttrice, in passato, delle
interessanti riviste‘Blue’ e ‘Cuore’. Susa-
nna è nota anche per lo spazio dedicato
all’astrologia nella trasmissione‘Omnibus’,
sulle frequenze televisive de La7. Ed è au-
trice e conduttrice radiofonica di Ra-
dio2,dove l’abbiamo ascoltata in pro-
grammi come‘Sadalmelik’ e ‘Cattivi Pensie-
ri’. Da sempre impegnata per le donne, pro-
prio in merito a tale argomento ha cortese-
mente voluto rilasciarci quest’intervista.
58
Susanna Schimperna, in Italia, secondo i
dati Istat, hanno subito violenza più di sei
milioni e mezzo di donne, per la maggior
parte dirigenti e laureate: lei pensa che sia
questo il ‘pegno’ che si paga per l’emanci-
pazione culturale raggiunta?
“No, credo che soltanto in alcuni casi gli
uomini violenti vengano “eccitati” dalla sfi-
da rappresentata da una donna che avver-
tono in gamba, culturalmente e professio-
nalmente superiore a loro. Penso invece
che paghiamo il prezzo di tanti altri disagi,
sia psicologici che sociali, e di pesanti re-
taggi che condizionano più di quanto si vo-
glia ammettere, poiché non si cancellano
in pochi decenni secoli e secoli di discrimi-
nazioni, abitudini, leggi, costumi e dis-
prezzo”.
Lei è d’accordo su una legge che pro-
tegga in modo assoluto la donna e che
ancora manca nel nostro Paese?
“Io certamente vorrei una società in cui i
deboli fossero protetti in modo assoluto,
ma il problema è nella mentalità - e questa
non si cambia con le leggi - e in tutti quegli
strumenti che, comunque, dovrebbero aiu-
tare a prevenire, a evitare, e che, invece,
non ci sono, o sono pateticamente inade-
guati”.
Lei crede che essere un Paese cattolico
sia a vantaggio della cosiddetta cultura
dell’omertà?
“Invocando l’unità e il buon nome della fa-
miglia sì, è vero: si sono fatti e si fanno
danni incalcolabili. Tacere e sopportare, ac-
cettare tutto come una ‘croce’. Quanto è
stato manipolato il messaggio cristiano, ve-
ro? Direi addirittura ‘snaturato’. Ipocrisia,
invece di verità. E l’uomo signore e padro-
ne? Il pater familiae con diritto quasi asso-
luto sui membri del proprio nucleo diventò,
col cattolicesimo, il ‘padre-padrone’, quan-
do invece la rivoluzione di Gesù Cristo fu
quel mettere l’accento sull’uguaglianza di
tutti gli esseri umani, a prescindere da ce-
to, età e sesso. E, naturalmente, non pos-
siamo dimenticare l’evangelico, bellissimo:
“La verità vi farà liberi”.
  Rispetto agli altri Paesi, come si collo-
ca l’Italia nella difesa dei diritti della don-
na? E’ solo una questione di mancanza
di leggi o si tratta di un problema cultu-
rale?
“È un problema culturale: le donne sono
spesso le prime carnefici delle altre donne,
magari dopo esser state a propria volta vi-
ttime. Troppe madri coprono i mariti violen-
ti, fingono di non vedere, oppure impegna-
no le proprie energie a convincere le figlie -
59
picchiate o stuprate dai propri padri, mal-
menate dai propri mariti - a stare tranqui-
lle, a non dare adito a scoppi di rabbia, in-
somma a ‘gestire’ l’orrore, piuttosto che
combatterlo. E se parliamo di ‘stalking’,
molestie, violenze da parte di uomini ester-
ni alla cerchia familiare, è sempre presente
il sospetto che lei, la donna, abbia ‘provo-
cato’, che ‘se la sia cercata’, quando non
addirittura che stia ‘esagerando’ o ‘inven-
tando’. A volte, questo sospetto è plateal-
mente trasformato in accusa, altre è solo
adombrato. Ma basta un’occhiata scettica
o un tono ironico a far precipitare in un
abisso di disperazione una donna che è
già fragile, colpita, impaurita”.
Quali sono, secondo lei, i motivi che
spingono alla violenza sulle donne?
“C’è la frustrazione sessuale, che si mani-
festa con varie modalità: rapina (stupro),
negazione dell’esistente (uccisione della
donna che abbandona), ritorsione
(mobbing). E c’è una realtà di cui, pur-
troppo, dobbiamo tener conto sempre, vali-
da in tutte le società e le epoche: è facile,
è da vigliacchi e, proprio per questo, è così
comune prendersela con chi è fisicamente
più debole”.
60
IL Teatro Valle l'alternativa culturale prosegue.
Il Teatro Valle è uno dei più antichi teatri di
Roma costruito nel 1727 aveva una stuttu-
ra in legno ed architettonicamente seguiva
le regole dei Teatri Italiani con cinque pal-
chi nel 1791 fu totalmente risocostruito. Le
opere messe in scena inizialmente erano
opere in musica e drammi in prosa, succes-
sivamente il teatro divenne pubblico sono
innumerevoli le rappresentazioni dramma-
turgiche esibite,si tratta di un pezzo di sto-
ria importante della cultura italiana che nel
2011 smette di essere operativo. Il Teatro
faceva parte della rete gestita dall' Eti, l'en-
te teatrale italiano, l'istituto pubblico a pro-
mozione nazionale ed internazionale per la
promozione della diffusione della danza e
teatro soppresso nel 2010 dal governo Ber-
lusconi. Questo ha creato un vuoto enor-
me nel sistema cuturale italiano la destina-
zione del Teatro Valle era incerta tra l'idea
di privitazzirlo a farlo diventare un bistrot,
rallegra vederlo operativo dopo un'anno di
entusiasmante lotta e di occupazione degli
addetti del mondo dello spettacolo. Riper-
61
corriamo con Valerio Gatto nell'intervista la
storia di questa battaglia culturale che sta
portando il Teatro Valle a diventare Fonda-
zione.
 
Quando avete occupato il Teatro e per-
chè?
L'occupazione è iniziata a giugno del 2011
subito dopo il referendum sui tagli alla cul-
tura e le manifestazioni studentesche, alcu-
ni lavoratori dello spettacolo si sono mobili-
tati organizzandosi in gruppi che andavano
alle prime teatrali interrompendole e denun-
ciando i tagli che erano stati effettuati,
creando con mini performance lo spettaco-
lo nello spettacolo. Il Teatro Valle era desti-
nato da parte del Comune che ne era dive-
nuto il propretario a progetti pessimi tanta
gente normale, glia operatori dello spetta-
colo con il sostegno dei più grandi artisti (
Benigni, Bolloni,Elio Germano e tasntissimi
altri) hanno occupato l'edificio.
L'occupazione era già strutturata come
siete organizzati ora?
In realtà si trattava di un occupazione sim-
bolica pensata molto bene poi è diventata
a lungo termine ci sono persone che dor-
mono nei camerini,siamo ancora in 30, l'or-
ganizzazione si è strutturata con il tempo è
una specie di laboratorio sperimentale ci
sono dei punti fermi come le persone e la
rinuione d'assemblea del lunedì. Per l'orga-
nizzazione attuale è molto importante ques-
ta assemblea interna corellata da 7 gruppi
di lavoro che portano avanti i vari progetti
discussi in assemblea.
Che programmazione avete svolto e come
sarà quella del futuro?
Il primo anno è stato un festival continuo
ogni giorno un evento o una manifestazio-
ne o spettacolo diverso una dell cose più
belle che abbiamo fatto è stata quella di
aver riaperto il buco dell'orchesta chiuso
da 40 anni per mettere in scena un'opera
lirica italo americana appositamente
scritta.
Nel 2012 abbiamo stabilito di fare una pro-
grammazione con spettacoli a tiratura più
lunga chiamata 5 stagioni lasciando il tea-
tro aperto durante tutto l'anno è seguendo
62
il ciclo dell stagioni con spettacoli legati a
Città, Corpi, Scritture. L'idea è quella di un
teatro aperto ai cittadini sempre.
Oltre agli spettacoli abbiamo corsi di for-
mazione sia artigianale ( i vari tecnici teatra-
li) sia formazione drammaturgica ( scrittu-
ra, messa in scena, danza).
Uno spazio importante è dedicato ai bam-
bini con un appuntamento al mese usando
un linguaggio trasversale molto accurato.
Avete vinto sia dei premi nazionali che
internazionali, siete soddisfatti?
Certo siamo soddisfatti perchè si tratta di
un importnate riconoscimento ma ha qual-
cosa di strano e come se ti definisce, ti ren-
de di granito, come se fermasse un pro-
cesso in continua evoluzione in qualche
modo il Premio definisce. Comunque
abbiamo vinto il Premio Ubu( come il devid
di Donatello del Teatro), un premio conferi-
to da LegaAmbiente, ed il premio Anna
Lindh Fondation ( premio internazionale
mediterraneo cooperazione, pace e svi-
luppo) per il dialogo interculturale, la mis-
sione di pace ed il tentativo di cercare di
creare nuovi modelli.
Siete partecipi di molti progetti come
amici di Tbq di cosa si tratta?
Sono molti i teatri della cintura periferica
della città con un pessimo destino o dimet-
terli o affidarli a privati, stiamo lavorando
per cercare di cambiare il bando per il Tea-
tro Biblioteca Quarticciolo.
Vi siete attivati con collaborazioni con
altre organizzazioni nazionali o interna-
zionali?
Si, certamente in Italia con l'Istituto Svizze-
ro, il Goethe Institute e Villa dei Medici e
facciamo parte della rete di European Alter-
native un organizzazione della società ci-
viel dedita a promuovere politiche transina-
zionali. Abbiamo collaborato con Madrid
con il centro sociale patio maravillas da cui
siamo stati invitati, a Madrid ci sono molti
movimenti che lavorano contro la politica
di austerità.
Cosa è Crisi 2,0?
63
E' un progetto di dramamturgia costruito
attorno alla crisi con attività di riflessione.
Ora vi costituirete in fondazione può
spiegarci il motivo e quali obiettivi vole-
te raggiungere?
La fondazione essendo un'Istituzione ci
permette di dare al Teatro un destino forte
e farne un bene comune. Sarà organizzato
con principi simili dell'occupazione gestito
da un Assemblea di membri alla pari con
12 consiglieri turnari, la carica dura un an-
no non come nei grandi Consigli di ammi-
nistazione dove le cariche durano una vita,
saranno i cittadini a gestirloa votare i cosi-
glieri ed il direttore quindi nn ci saranno più
cariche decise dai piani alti.
Si tratta di lavorare sui Beni Comuni, un
modello alternativo sia al pubblico che al
privato, senza fini egoistici creando non so-
lo un modello culturale alternatio ma an-
che sociale bisogna imparare a smettere di
delegare, andare quindi oltra il principio
della delega ma costruire una comunità di
persone in grado di organizzare una vita so-
ciale e culturale.
Ci sono moli esempi che ci stanno seguen-
do in Italia: il Cinema Palazzo, il Macao di
Milano, a Napoli l'ex Asilo Filangieri, il Te-
tro Garibaldi di Palermo a Messina il Teatro
Pinelli appena occupato.
Ognuno di questi rappresenta un esempio
sia di denuncia che di una nuova pro-
grammazione culturale.
La fondazione si sta costituendo grazie al
contributo dei singoli cittadini per costiuirla
abbiamo bisogno di 250 mila euro ne
abbiamo raccolti sinora 150 mila sono tutti
invitati a partecipare.
Per chi fosse interessato questo il link:
http://www.teatrovalleoccupato.it/campag
nafondazione
64
Residui di teatro: "L'Italia è un Paese avaro"
I ‘Residui di teatro’ nascono nel 2000. La
compagnia, diretta da Gregorio Amicuzzi,
è uno dei gruppi teatrali italiani più attivi
che opera, dal 2007, in Spagna, so-
prattutto a Madrid. Si tratta di un team di
artisti che ha prodotto moltissimi spettaco-
li, con i quali hanno partecipato a diversi
festival internazionali e a differenti progetti
di cooperazione nei 'Campos de Refugia-
dos Saharaui' in Argentina, Uruguay, Nica-
ragua ed El Salvador. Oggi, sono al loro de-
cimo anno di vita e, dopo i sette passati in
Italia, c’è da chiedersi perché una compag-
nia di teatro cosi valida si sia dovuta trasfe-
rire in Spagna in un periodo, tra l’altro - il
2007 - in cui ancora non esistevano le
occupazioni dei teatri come ‘Il Valle’ e la
cultura era ancora dignitosamente sostenu-
ta. Abbiamo dunque voluto incontrarli, al
fine di intavolare insieme a loro un piccolo
‘dibattito’ sulle motivazioni che li hanno in-
dotti ad abbandonare il nostro Paese. I nos-
tri interlocutori sono gli storici membri del-
la compagnia: il direttore e attore Gregorio
65
Amicuzzi, l’attrice Viviana Bovino,responsa-
bile della formazione e Ignazio Abbatepao-
lo, attore specializzato nella ‘clowneria’.
Gentilissimi, secondo voi l’Italia è un
Paese ‘avaro’ nei confronti della cultura,
in particolar modo di quella teatrale? O
forse ritenete che sia proprio il ‘vostro’
stile recitativo a rappresentare un gene-
re di difficile ‘digestione’ per una so-
cietà culturalmente ‘appiattita’ dalla tele-
visione come quella italiana?
Viviana Bovino: “Con la premessa che cre-
do più all’onestà della ‘lavatrice’ che a
quella della televisione, che dire? La televi-
sione crea un appiattimento e un istupidi-
mento del genere umano, perché i pro-
grammi sono fatti per mantenerci incollati
allo schermo e rimanere fermi dinanzi alla
pubblicità. Quindi, la televisione serve a
vendere i prodotti, non ad altro. L’Italia ha
il problema che chi ha in mano le televisio-
ni, o chi ha diretta influenza, attraverso il
Governo, sull’emittenza, è anche premier.
Se la televisione è stupida, il capo della te-
levisione è dunque il leader degli stupidi?
E se il capo degli stupidi sta a capo del
Paese, ciò vuol dire che ci stiamo instupi-
dendo? Sono disquisizioni che ci porte-
rebbero lontano. Ad ogni modo, il nostro
lavoro non è commerciale, gira su circuiti
spesso ‘off’, più piccoli. E questo non facili-
ta per niente il contatto con la gente, che
non è abituata ad andare a teatro, che
guarda la televisione o che non va a vede-
re spettacoli nei teatri più piccoli, quelli in
cui non c’è bisogno di sfoggiare una ‘pellic-
cia’ per entrare. Se non si aiuta o o non si
incoraggiano i circuiti piccoli e le compag-
nie indipendenti con una politica intelligen-
te, in Italia le realtà come la nostra rima-
rranno sempre ai margini e non avranno vi-
sibilità. Non  si potrà dire se erano o non
erano bravi, ma solo: “Non li abbiamo vis-
ti”. Al contrario, la Spagna ci ha dato molte
più possibilità e condizioni favorevoli per
poter presentare i nostri lavori. In tutto
questo, io sono molto speranzosa: da po-
co ho partecipato a un convegno in cui si
parlava dei ‘neuroni specchio’ in rapporto
al teatro. Finalmente, ci sono le basi scienti-
fiche che dimostrano che il teatro (insieme
ad altre arti) contribuisce allo sviluppo del
genere umano. A questo punto, non ci res-
ta che contribuire positivamente a questa
evoluzione”.
Ignazio Abbatepaolo: “Io vorrei sottolinea-
re che, in effetti, è stata proprio questa
‘avarizia’ di fondo dell’Italia che ci ha spin-
to a trasferirci all’estero, semplicemente
per poter “vivere o morire” dell’arte di cui
siamo innamorati. E tuttavia non credo che
il nostro stile non sia ‘digeribile’ per il nos-
tro Paese. Al contrario, abbiamo sempre
66
riscontrato commenti e pareri positivi dopo
ogni nostra rappresentazione. Il problema,
mi dispiace dirlo, credo sia la ‘logica’ della
politica, o l’illogicità della politica, che è
riuscita a entrare in qualsiasi sfera e, natu-
ralmente, anche in quella culturale e artisti-
ca: se non conosci nessuno o non scendi
a compromessi, non arrivi da nessuna par-
te, in teatro come in qualsiasi altro setto-
re… Ecco perché abbiamo preferito emi-
grare, lottare e resistere, invece di elemosi-
nare contatti e passare metà delle nostre
ore lavorative in vari uffici di circoscrizione
o comunali cercando di spiegare, talvolta
invano, il senso delle nostre attività”.
Gregorio Amicuzzi: “Anch’io non credo
che il nostro teatro non sia ‘digeribile’ per
l’Italia: non considero il nostro teatro né
speciale, né particolarmente ‘difficile’. Ri-
tengo, invece, che il ‘problema italiano’ sia
profondamente legato alla ‘televisione-
spazzatura’ che continuiamo a ingurgitare
senza freno e, allo stesso tempo, alla stes-
sa situazione teatrale italiana presa nel suo
complesso. Purtroppo, il teatro, oltre a non
avere una legislazione propria, un circuito
trasparente e riconoscibile, non ha pubbli-
co. Ormai, si è accumulata una distanza in-
credibile tra quello che succede nei labora-
tori, nelle scuole teatrali, nei centri di forma-
zione e nei festival internazionali e la per-
cezione che il pubblico riesce ad avere dal
mondo del teatro. Un altro grande proble-
ma è la difficoltà di lavorare facendo ‘rete’:
molte compagnie, artisti o teatri continua-
no a ragionare in maniera isolata, difenden-
do la “propria arte” e non “il nostro settore
e la nostra arte”. Allo stesso modo, all’inter-
no del settore teatrale non si sviluppano
spazi di discussione tra i diversi anelli dello
stesso ambiente: artisti, programmatori, di-
rettori artistici, dirigenti culturali e pubblico
non parlano tra di loro. Non esistono spazi
di confronto, insomma. Infine, in Italia le lo-
giche continuano a essere sempre le stes-
se: clientelismo, raccomandazioni, profon-
da mancanza di meritocrazia e di rispetto
per il lavoro. Da quando siamo in Spagna,
gli unici che non ci rispondono e che ci ig-
norano dopo infinite chiamate, mail e lette-
re sono gli istituti italiani e i festival co-
siddetti ‘alternativi’ del nostro territorio! Ad
agosto siamo stati in Messico e abbiamo
creato laboratori di formazione e specia-
lizzazione oltre che in diverse scuole di tea-
tro, anche negli istituti di cultura spagnola
e in quello della cultura ellenica. L'istituto
di cultura italiano non ci ha neanche rispos-
to, perché chiaramente non conoscevamo
nessuno. Amen…”.
Sono 10 anni  che voi operate a livello
internazionale: perché avete optato per
una ‘doppia scelta’ tra il genere speri-
mentale e quello tradizionale?
67
Gregorio Amicuzzi: In realtà, abbiamo se-
guito un po’ ciò che il teatro ci ha propos-
to. Voglio dire: non venendo da una forma-
zione ‘accademica’, per noi è sempre stato
molto importante l’incontro con i ‘maestri’
e il loro lavoro. La loro esperienza ha in-
fluenzato le nostre scelte. Non ci siamo
mai chiesti se il nostro teatro è tradizionale
o sperimentale, bensì abbiamo seguito
semplicemente le nostre ‘inquietudini’, che
ci hanno spinto a produrre uno spettacolo
ispirato a ‘Aspettando Godot’, cosi come a
‘De babelica Generatione’, un’esperienza
itinerante per 25 spettatori in un cilindro gi-
gante di 7 piani nella periferia romana”.
Viviana Bovino: “In questi anni abbiamo
utilizzato numerose tecniche, abbiamo spa-
ziato attraverso vari generi. L’obiettivo è
sempre stato quello di utilizzare ciò che
era necessario per dire ciò che volevamo
dire, nel modo che piú ci soddisfaceva e
che più ritenevamo efficace”.
Ignazio Abbatepaolo: “In realtà, non
abbiamo mai optato per una ‘doppia scel-
ta’: è sempre stato uno ‘scoprire’ volta per
volta il genere più indicato per esprimere
nel migliore dei modi i messaggi e le
emozioni contenute nei vari spettacoli. Per
questo, le nostre messe in scena sono
sempre state molto diverse”.
Il lavoro con il corpo è il vostro ‘princi-
pio-base’, secondo i vari corsi  che ave-
te organizzato di teatro físico, ‘clown ac-
tor’, presenza scenica e corpo elastico:
ci potete spiegare perché risulta così de-
terminante nella vostra formazione ed
espressione artistica?
Gregorio Amicuzzi: “A prescindere dal tes-
to, l’estetica, lo stile o il genere, il corpo de-
ll’attore rimane il centro della messa in sce-
na. E’ il corpo dell’attore lo strumento di
comunicazione con il pubblico: è lo stru-
mento di creazione e d’espressione per lo
stesso attore. Ciò non significa, necessaria-
mente, lavorare senza testo, piuttosto che
il lavoro, anche vocale o d’interpretazione,
parte dal corpo. Il corpo è il motore prima-
rio della creazione: è lo strumento di lavoro
dell’attore, inteso nella sua integrità psicofi-
sica, emozionale e vocale”.
Viviana Bovino: “Sono d'accordo: l’attore
in scena utilizza innanzitutto il proprio cor-
po. E’ per questo motivo che non si può
prescindere dall’allenamento di quest’ulti-
mo. Il corpo è uno strumento fondamenta-
le e va allenato e affinato come fosse uno
strumento musicale. Abbiamo scelto di stu-
diare discipline distinte, che focalizzino l’at-
tenzione sul corpo (danza contemporanea,
‘capoeira’, ‘feldenkrais’, ‘clown-actor’,
acrobatica, corpo elastico) per non rimane-
68
re ‘ingabbiati’ in un’unica forma. Il nostro
training è finalizzato a far sì che i nostri cor-
pi siano pronti e disponibili a sostenere le
inquietudini che le nostre anime vogliono
‘gridare’ o ‘sussurrare’ in scena”.
Ignazio Abbatepaolo: “Effettivamente,
quello di mettere il corpo al centro del nos-
tro lavoro è stata l’unica scelta di stile ver-
so la quale abbiamo optato da sempre. Sia-
mo convinti che è proprio il nostro corpo,
inteso nel suo complesso psicofisico ed
emozionale, a essere sia il motore della
creazione, sia lo strumento che utilizziamo
come mezzo per esprimerci sul palco. Pro-
prio come un musicista accorda, pulisce e
si allena con il suo rispettivo strumento mu-
sicale, cosi noi facciamo con il nostro cor-
po. E’ il nostro strumento”.
La scelta del nome della compagnia su
quali valori fondanti si è basata?
Gregorio Amicuzzi: “Nel 2000 facemmo
un’esperienza artistica diretta da Paolo Vig-
nolo che è risultata assai significativa per
le persone appartenenti al gruppo in quel
momento. Sto parlando del ‘Corso di for-
mazione sul trattamento dei residui analiti-
ci’, una performance itinerante per 12 spet-
tatori, inspirato a ‘Testo di un taccuino’ di
Julio Cortazar, che si sviluppava nel territo-
rio romano con la metropolitana in quanto
spazio scenico. Da quella esperienza deci-
demmo di portarci il nome ‘Residui’, che
venne da noi utilizzato per la prima volta a
Milano nell’ottobre del 2000. I ‘Residui’ so-
no, infatti, ciò che rimane: le minoranze, le
speranze, i piccoli e insignificanti dettagli
che possono stravolgere gli eventi. In-
somma, le idee che non muoiono, le insos-
pettabili piccole azioni che possono cam-
biare la storia personale, di un gruppo o di
un popolo intero: le piccole cose per cui va-
le la pena vivere”.
Ignazio Abbatepaolo: “Confermo la ricos-
truzione di Gregorio: il nome del gruppo ri-
sale all’anno 2000 quando, dopo un labora-
torio teatrale con Paolo Vignolo, nacque (a
quei tempi, in realtà, io ancora non ero an-
cora un ‘Residuo’…) una performance itine-
rante nella metropolitana di Roma. Per tutti
i partecipanti si trattò di un’esperienza così
intensa ed emozionante che ci spinse a
continuare la  ‘sfida’ e a scegliere proprio
la parola ‘residui’ come nome per il
gruppo”.
Viviana Bovino: “Io vorrei spiegare meglio
un cosa: nel mondo spettacolo un residuo
è tutto ciò che si trasforma (i dettagli, le
piccole cose o i sogni) e che cambia sotto
gli occhi del pubblico, senza che la gente
se ne renda conto. Questo è il concetto di
fondo della nostra scelta: un nome che
69
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  • 2. Prologo 1 “Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.” – Proverbio italiano
  • 3. Prologo in italiano Conosco Cinzia Salluzzo da 5 anni. Mi ha sempre affascinato il giornalismo come co- rrespondente di alcuni mass media italiani in Spagna. Ho letto i suoi articoli con inte- resse ed ho imparato molto sopra la vera Italia, quella di cui i grandi quotidiani non parlano. Cinzia riesce a combinare le due sponde del mediterraneo. Da un aparte racconta dell'ultima tendenza in medicia, autogestione dell'agricolutura ed i proble- mi di genere: dall'altro lato scrive sulla re- lattà politica  spagnola sia culturale che politica:  dal Museo Reina Sofia alla rivo- luzione del 15M( la rivoluazione spagnola così chiamata in Europa ed in Nord Ameri- ca). Un'altro aspetto che coltiva  è l'intervista, credo che in questo campo eccelle per- chèesprime lo spirito degli intervistati e li mostra realemente come sono. Per ultimo è obigatorio riferirsi alla poesia, in cui esprime tutto il suo mondo emotivo- che riflette tutta la spiritualità contenuta nella sua anima. Spero che i lettori possa- no dilettarsi di questo libro che si pubblica digitalemnte in maniera gratuita per tutti quelli che vogliono conoscere l'universo let- terario di questa scrittrice italiana (per metà spagnola nella sua anima). José Javier Monroy Editor, autore, webmaster 2 Tratto di youtube Película 1.1 Sogno di un sogno
  • 4. Prologo en castellano Conozco a Cinzia Salluzzo desde hace más de 5 años. Siempre me asombró su faceta periodística como corresponsal de varios medios italianos en España. He leí- do sus artículos con interés y he aprendi- do mucho sobre la verdadera Italia que no sale en la prensa. Cinzia consigue aunar dos orillas del mediterráneo. Por un lado habla de las últimas tendencias en medici- na, autogestión del medio rural y los pro- blemas de género. Por otro escribe sobre la realidad española cultural y política: Del museo Reina Sofía a la revolución del 15 M (the spanish revolution como se la llama en Norteamérica). Otro aspecto literario que cultiva es el gé- nero de la entrevista. Creo que en este campo destaca especialmente pues llega al espíritu de los entrevistados y nos los muestra como son en realidad. Por último es obligado referirse a la poe- sía. Mundo especialmente emotivo que re- fleja toda la espiritualidad contenida que porta en su alma. Espero que los lectores disfruten de esta obra que se publica digitalmente de mane- ra gratuita para todos aquellos que quie- ran conocer el universo literario de esta es- critora italiana (y medio española en su al- ma) con mucho porvenir: José Javier Monroy Editor, escritor, webmaster, etc Cinzia Salluzzo Rovituso 3
  • 5. PROSA 2 “L'amor che move il sole e l'altre stelle” – Dante Alighieri.
  • 6. L'Italia per la prima volta al mondo sperimenta la medicina tibetana tong lee in un ospedale per curare il cancro. L'Italia è sempre stata tra gli ultimi paesi a riconoscere la medicina olistica come bran- chia della medicina ufficiale,un esempio po- sitivo tra tutti è la Germania dove il servizio sanitario nazionale fa scegliere al paziente se seguire la medicina allopatica o olistica con costi economici ridotti e con servizi gratuiti.L'Italia ha fatto un balzo in avanti:l'Ausl di Bologna ha deciso di uti- lizzare accanto alla terapia ufficiale per ma- lati di cancro la meditazione tibetana tong len ( letteralmente prendere e dare) è il pri- mo esperimento al mondo di questa porta- ta applicato da una Azienda Sanitaria Na- zionale. La terapia inizierà a metà Febbraio nell'Os- pedale di Bellaria di Bologna partecipe- ranno 80 pazienti, sarà guidato dal team di Giocchino Pagliaro responsabile del com- partimento di Psicologia clinica del Diparti- mento di Bologna. Il Dott Pagliaro è da an- ni studioso ed autore di numerosi testi rela- tivi 5
  • 7. alle concezioni olistiche della mente ispi- randosi al concetto di unità mente e corpo alla base dell'antica tecnica terapeutica ti- betana, sostiene che la mditazione tibeta- na è il metodo più rapido e potente per guarire noi stessi" Gli effetti benefici della meditazione oggi sono ampiamente dimos- trati e verificati sia a livello fisiologico, che bio-chimico, che psicopatologico. La lette- ratura scientifica è vastissima e dimostra che la meditazione è particolarmente indi- cata nella gestione dello stress, nel tratta- mento dell’ansia, dell’attacco di panico, nelle depressioni, nel trattamento dell’in- sonnia, del colon irritabile e come regolato- re della pressione. Nella mia UOC di Psico- logia Ospedaliera, all’Ospedale Bellaria de- ll’AUSL di Bologna, la utilizziamo con pa- zienti oncologici, cardiologici e neurologici. Ma la meditazione è e resta innanzitutto una pratica di liberazione dalla sofferenza dell’esistenza, e quindi è un cammino di elevazione spirituale . Sarebbe un errore ri- durla ad una forma di terapia. Continuiamo a chiamarla meditazione, non america- nizziamola con il termine mindfulness pen- sando di attribuirle un maggiore alone di scientificità." La meditazione tibetana tong len era inizia- lemente una tecnica segreta resa nota dal Lama Kadampa il quale provò ad utilizzare questa meditazione su un gruppo di amma- lati di lebbra , riscontrando in loro un gran- de giovamento iniziò a diffondere l'insegna- mento rendendolo pubblico. Essa precede la pratica meditativa vera e propria,permette di diminuire e eliminare il nostro dolore purificando le cause della malattia che sostiene si trovano nella men- te umana. Nei vari scritti il tong len è descri- tto come la pratica di "scambiare se stessi con gli altri" quando soffriamo ci chiudia- mo in noi stessi producendo ancora più do- lore , il tong len è uno strumento che ci per- mette di aprire la nostra mente ed il nostro cuore al dolore sia per noi stessi che per gli altri, ciò che determina la sofferenza di- venta radice della felicità.Questa meditazio- ne è consigliata dal Dalai Lama in persona per alleviare le nostre o altrui sofferenze fisi- 6
  • 8. che e per ridurre l'avversione verso qualcu- no. Per valutare l'efficacia della terapia degli 80 pazienti 40 saranno sottoposti alla prati- ca meditativa mentre i restanti pazienti non la seguiranno, i 15 medici non conosce- ranno l'identità dei pazienti sottoposti all'esperimento avranno solo una scheda con le iniziali del paziente, ma saranno al corrente del tipo di patologia e dei valori saguigni, monitorando dai tre a cinque an- ni il loro stato di salute.La sperimentazione aiuterà a verificare per la prima volta al mondo,con prove scientifiche,se l'attività meditativa possa migliorare lo stato di salu- te: cambiamento dei valori del sangue (spe- cialmente i globuli bianchi) e se ci sono mi- glioramenti negli stati d'ansia e di tensio- ne. Ad oggi non ci sono documenti scienti- fici che possano provare il reale beneficio della terapia siamo i primi al mondo a inizia- re a scrivere una nuova pagina di storia nel- la medicina. Box Medicina Olistica La medicina olistica come termine nasce negli anni 70 è fa parte del concetto di olis- mo (dal greco olos, tutto; il termine è stato coniato da Jan Christiaan Smuts nel 1926, Holism and Evolution) l'olismo è la filosofia che spiega l'organismo nella sua interezza che nelle singole parti che lo compongono cercando di mettere in armonia le vaie componenti dell'individuo. la medicina olistica spiega le malattie nel complesso del sistema uomo i cui elemen- ti, psicologici, biologici e sociali sono forte- 7
  • 9. mente interconnessi. La medicina olistica è sempre esistita le antiche medicine come as esempio quelle dei Kahuna delle Hawai, gli sciamani siberiani, gli Inca delle Ande, le culture romane, greche,le culure indiane, egizie ecc. La medicina olistica attuale cerca di inte- grare le differenti tradizioni passate e pre- senti ed è in fase evolutiva sono migliaia le tecniche differenti utilizzate che hanno co- me punto in comune un'essere umano con- siderato in modo sacro come unità di cos- cienza con un suo equilbrio psicoenrgetico che se alterato crea la malattia e nasce da- ll'esperienza interiore a prescindere dal ti- po di pratica adottata. Per esempio ci sono la floriterapia, l'ome- patia, l'ayurveda, i vari tipi di massaggi, le terapie emozionali, le terapie energetiche di cui il più conosciuto è il Reiki è così via. Nei paesi come Germania, Francia e Inghil- terra sono riconosciute alla pari della medi- cina allopatica, per esempio il Reiki in Ger- mania è considerata una forma di cura ed il reikista un professionista terapista ed abbondano Ospedali che curano con ques- te terapie. In Italia si prova da anni a farl riconoscere e ci si è riusciti maggiormente con l'omepa- tia, ci sono medici di base che sono anche omeopati, ma siamo ben lontani dal raggiungere l'obiettivo anche se il numero di italiani che ne fa uso è esponenzialmen- te aumentato. La medicina olistica può essere considera- ta la medicina del futuro visto che da una recente indagine in Francia uscita dal gior- nale Le Monde sostiene che il 50% dei far- maci in commercio sono inutili. 8
  • 10. Gli ecovillaggi la strada del futuro. La crisi economica impera di questi giorni l'annuncio della Merkel e del presidente della Cina ai suoi cittadini della necessità di tagli economici e di un 2013 molto duro. La mancanza di lavoro, i prezzi sempre più cari di prodotti di qualità sia in termini ener- getici che di spesa comune come ortaggi e verdure, la crescita dei conseguenti disa- gi sociali sta spingendo al proliferare della nascita di ecovillaggi. Ecovilaggio viene dal termine anglosasso- ne "eco-village" che tradotto in italiano sig- n i fi c a c o m u n i t à i n t e n z i o n a l e ecosostenibile.Gli ecovillaggi sono comu- nità di persone che in base ad un progetto comune decidono di vivere insieme in ar- monia con tutto ciò che li circonda: la natu- ra e gli altri esseri viventi. Gli insediamenti urbani e rurali il loro sco- po è quello di integrare una struttura socia- le in equilibrio con principi di sostenibilitàa 9
  • 11. ambientale. Seguono il famoso stile di vita "a basso impatto" o " vita green", a cui hanno aderito molte star famose da Licia Colò passando per Jovannotti a Gianni Mo- randi, è una vera controccorente economi- co e sociale oltre ad una filosofia di vita.Si basa sul rispetto del pianeta in cui viviamo riducendo al minimo gli sprechi di ener- gia(elettrica e petrolio) quindi quando è possibile l'uso dell'energia alternativa, ris- pettare e seguire un alimentazione legata ai cicli agricoli, uso dei prodotti bio, limita- re al minimo gli sprechi. La motivazione profonda che sta alla base degli ecovilaagi è la necissità di costruire un modello alternativo al sistema sociale di invertire il processo della dirompente dis- gragazione delle strutture socio culturali.Per questo si basa sull'importanza dell'individuo come parte di un tutto sia al livello sociale che economico che in armo- nia con la natura in contrapposizione con il mondo in cui fanno da padrone le grandi strutture organizzative in cui il singolo è in- serito in un contesto quasi meccanico. All'interno di questo termine trovano spa- zio anche quelle comunitàa in cui una gran- de importanza ha anche la spiritualità. Sono basati su un modello democratico partecipativo con forte senso di apparte- nenza al gruppo, con forte senso di respon- sabiliotà reciproco, sono autosufficenti da ogni punto di vista per durare a lungo ter- mini. Usano un metodo olistico che integra l'habitat umano e l'ecologia, usano tutti energie alternative, i sostenitori cercano l'indipendenza economica cercando forme di commercio autosostenibile e che abbia anche degli sbocchi esterni. Gli ecovillaggi rurali sono si basano su agricoltura biologi- ca sia per il proprio sostentamento che per la vendita, esso si basa secondo Robert Gilman su un capitale infrastrutturale ver- de, su edilizia autonoma e coabitazione.Le comunità nn devono essere troppo grandi 10
  • 12. si va dai 100 ad un massimo di 500 mem- bri per favorire la partecipazione attiva di tutti. Anche l'arte, la cretività ed eventi so- no un fulcro ilmodo in cui si esprime l'uni- cità dell'individuo ed anche come si espri- me una collettività. Nella dimensione sociale di ecovilaggio è molto importnate la colettività come princi- pio su cui sono basate dei veri e propri la- boratori viventi basati sul tentativo di una società equa si formano a seconda delle caratteristiche culturali e geografiche delle regioni di appartenenza tramite la colletti- vità incoraggiano lo sviluppo personale. Grande importanza si da all'educazione ed insegnamento elementi cardine per consen- tire il diffondersi di questo nuovo stile di vi- ta nel mondo. Gli ecovillaggi sono stati riconosciuti nel 1995 come movimento a Findhorn in un meeting, ora sono aggregati in una rete in- ternazionale chiamata Gen ( Global Ecovi- llages Network) in Italia esiste Rive ( Rete Italiana Ecovillaggi) ce ne sono moltissimi gli storici nati negli anni 60, ma molti stanno nascendo in questi anni basti pen- sare al'ecovillaggio più famoso di questi ul- timi anni per via del terremoto di Aquila l'e- covilaggio Eva nato dall'iniziativa degli abi- t a n t i d i P e s c o m a g g i o r e (http://eva.pescomaggiore.org/) che si so- no autocostruiti case il legno rivestite di pa- glia in una valle a 300 metri dal paese. Ma tanti sono gli ecovilaggi sparsi nel mon- do e ce ne sono per tutti i gusti abbiamo Tunduqueral Green Village in Argentina si- tuato nell'oasi verde dell'altopiano di Uspa- llata basato sulla ricerca dia rmonia tra uo- mo e natura si può lavorare all'interno e soggiornarvi per brevi o lunghi periodi; poi abbiamo il primo ecovillaggio Dyssekilde in Danimarca attualmente ci vivono 180 per- sone a 60 km da Copenaghen. Le case vengono costruite dai volontari anche chi 11
  • 13. coltiva lo fa gratuitamente fu ideato nel 1982 dal filosofo Martinus i principi erano di vegeteranesimo,autosufficenza alimenta- re, ecologia, lavoro locale con il tempo i va- lori legati all'ambiente sono rimaste mentre le rwgole iniziali sono diminuite lasciando più libertà individuale. Dyssekilde è all'a- vanguardia nel campo dell'ecologia con ris- caldamento a stufe a pellet sistemi geome- trici e pannelli fotovoltaici un trattamento dell'acqua piovana che è la più grnade di Europa. Chi è alla ricerca di una profonda spisitua- lità può recarsi a Findhorn in Scozia a 40 km da Inverness è il più antico nato nel 1962 da un gruppo di carovane vi vivono 400 membri fissi. Economia condivisa, giardinaggio agricoltu- ra, fonti energetiche rinnovabili coabitazio- ne sperimentazione sociale e spiritualità aperta e laica sono alcuni degli ingredienti del successo di questa longeva comunità. Le origini sono mistiche Doroty Maclean incomincia a sentire delle voci che la porta- no in questo lugo sperduto della Scozia e le suggeriscono come coltivare un terreno sabbioso ritenuto improduttivo incomincia- no a germgliore le prima piante e l'evento ha un grosso impatto tanto che gli scienzia- ti iniziano a studiare il fenomeno intanto Findhorn si ingrandisce. 12
  • 14. Il perno su cui si basa Findhorn è lo svi- luppo individuale sia spirituale che creativo sia lavora sei ores al giorno è importante cosa fa l'anima e cosa sta imparando, so- no n umersos i corsi olistici che vi si tengo- no ed è uno dei centri motore degli ecovi- llaggi a livello mondiale. Un esempio per la sua stuttura interna e Svanholm in Danimarca oraganizzata co- me una società nella società con una pro- pria polica sociale ed economia ed i vari settori dall'educazione alla cultura un de- mocrazia diretta con una economia comu- ne. Al Sud dell'India troviamo Auroville il pro- getto più grande esistente al mondo nato negli anni 60 che coinvolge più di 2000 per- sone che vengono da 40 nazioni diverse raggruppate in piccole comunità. Un eco- nomia basata su un solido artigianato e dai visitatori il suo fabbisogno enrgetico viene fornito da una modernissima centrale termi- ca solare circondato da una foresta lussere- giante c'è un centro dedicato alla ricerca elettornica ed ospedali aperti al pubblico. Cercando con il motore di ricerca sono moltissimi gli ecovillaggi nel mondo anche negli Stati Uniti dove hanno una rete inter- na propria, e sono tantissimi i progetti che stanno nascendo l'amore nella sua totalità , la coscienza e la pace sono i valori che guidano gli ecovi- llaggi semi che stanno germagliando dal declino si questo sistema socio-economi- co. 13
  • 15. La rivoluzione globale del 15 ottobre 2011 15 ottobre 2011 una data stori- ca perché? Innanzitutto siamo di fronte dopo al 1968 alla prima protesta globale che dalla Spag- na dopo il famoso 15 m, in cui dei giovani spagnoli occuparono Sol, sta dilagando in tutta Europa si cerca di costruire un siste- ma nuovo, dove non ci siano solo i privilegi di pochi ma ci siano diritti garantiti per tutti. Non si urla, non si vogliono atti di violenza, si vuole Dialogar....e dialogare....dialogare con i potenti, con i banchieri, si vuole usci- re dalla crisi assieme come fatto in Islanda. Questo è il movimento di coloro che sono stanchi di subire il privilegio di pochi sulla propria pelle turbati e consapevoli di paga- re in primis per un gruppi di potere, hol- ding etc che vogliono mantenere a tutti i costi propri vantaggi e di favorire quei po- 14
  • 16. chi “dei” del potere economico che decido- no i destini dei paesi. Cosa ci si aspetta il 15 ottobre in Italia : in- filtrati delle forze armate tra pacifici mani- festanti che hanno fatto di Gandhi il loro portavoce, cariche della polizia, un nuovo G8 mentre questo èe l’appello dei global- project: "Noi siamo indignati. Siamo indignati con- tro i governi europei che, stretti tra la crisi e le politiche liberiste e monetariste impos- te dalla Bce e dall'Fmi, accettano di essere esautorati delle funzioni democratiche per diventare semplici amministratori dei tagli della spesa sociale, delle privatizzazioni, della precarizzazione del mondo del lavoro e della costruzione di opere faraoniche, in- curanti dell'ambiente e delle popolazioni. Siamo indignati perché le classi dirigenti continuano a proporci l'austerity per le po- polazioni, mentre le rendite e i privilegi del- la finanza, dei grandi possidenti e della poli- tica rimangono intonse, quando non cres- cono. Siamo indignati in particolare contro il governo italiano, che ha deciso di rispon- dere alla crisi con una manovra i cui conte- nuti cambiano di ora in ora ma i cui pilastri restano sempre gli stessi: taglio ai servizi, privatizzazioni, attacco ai diritti dei lavorato- ri. Siamo indignati perché il governo ha deci- so di abolire per decreto il diritto del lavo- ro, permettendo alle aziende di derogare ed eludere contratti e leggi, compreso l'art.18 dello Statuto dei lavoratrici e dei la- voratori, proseguendo sulla strada della cancellazione della libertà e della democra- zia nei luoghi di lavoro. Siamo indignati perché in questo modo si elimina la democrazia nei luoghi del lavoro e si estende a tutti i lavoratori il ricatto del- la precarietà, e della clandestinità per i mi- granti, con cui negli ultimi due decenni si 15
  • 17. sono livellate verso il basso i diritti e le con- dizioni di vita di migliaia di giovani, esclusi dal sistema di welfare e da ogni orizzonte di emancipazione. Siamo indignati perché poco più di 2 mesi fa abbiamo votato, insieme alla maggioran- za assoluta del popolo italiano, per la ri- pubblicizzazione dell'acqua e per le ener- gie rinnovabili, e ora vediamo il nostro go- verno riproporre esattamente le vecchie ri- cette basate sulla svendita dei beni e su un modello di sviluppo energivoro. Siamo indignati perché si potrebbe fare al- tro; perché vorremmo uscire dalla crisi attraverso un grande processo di innova- zione, attraverso al costruzione di un nuo- vo modello di sviluppo che colga la sfida della riconversione ecologica dell'econo- mia e di uno sviluppo sociale partecipato, basato sulla centralità dei saperi e dell'in- novazione. Invece il nostro governo conti- nua a impoverire la scuola pubblica, l'uni- versità e la ricerca, ignorando i milioni di studenti, dottorandi, precari, ricercatori che si sono mobilitati negli scorsi mesi e preferendo ascoltare la voce delle rendite baronali e dei profitti aziendali. Siamo indignati perché i governi europei inseguono il dogma del pareggio di bilan- cio, cercando di far quadrare i conti della finanza, appesi come sono ai giudizi delle agenzie di rating o dei mercati di borsa, in- vece di fare i conti con le esigenze e i bi- sogni dei loro cittadini. Siamo indignati perché in questo modo non abbiamo più una reale sovranità demo- cratica, che è affidata alle stesse élite finan- ziarie transnazionali che prima hanno gene- rato la crisi, poi hanno chiesto di essere salvate dagli stati e ora vorrebbero far pa- gare il conto a noi, giustificando con lo sta- to di necessità dichiarato della crisi la priva- 16
  • 18. tizzazione della vita delle persone e della natura. Siamo indignati perché vediamo il serio ris- chio che a una vera alternativa al governo di Berlusconi e della Lega, si tenti di sosti- tuire un’alternanza, fatta delle stesse politi- che con maggioranze diverse, perché tutto cambi senza che in realtà nulla cambi. E allora sappiamo che siamo indignati, ma indignarsi non basta. Il cambiamento non arriverà da sé. Ce l'hanno insegnato le vicende degli scorsi mesi: le grande battaglie per i saperi, le lot- te dei lavoratori in difesa del contratto na- zionale, i diritti e i beni comuni in Italia, le rivolte del Mediterraneo, ora la crescita di un sentimento di ribellione contro le mano- vre finanziarie insostenibili e tutto ciò che ci viene propinato in nome della crisi. Noi non ci limitiamo a indignarci, ma inten- diamo darci da fare. Abbiamo in mente un mondo migliore del loro, e siamo pronti a mobilitarci per realizzarlo. Per il 15 ottobre in tanti stanno promuovendo appelli, dis- cussioni pubbliche, verso la giornata inter- nazionale United for global change." Riepiloghiamo: il corteo partirà alle 14 da piazza della Repubblica attraverserà via Cavour, Largo Corrado Ricci, via Dei Fori Imperiali, piazza del Colosseo, via Labica- na, via Manzoni, via Emanuele Filiberto, e infine raggiungerà piazza San Giovanni. 17
  • 19. Redazionale: Italia Inferno e speranza Italia, mia adorata Patria lontana, culla del mondo antico, il tuo nome si erge nel pas- sato maestoso della Storia. Il vero Ombeli- co del mondo centro della cultura e fiore del Rinascimento. Patria, ora, pervasa da una devastante decadenza, una decaden- za non barocca ma una crisi socio-cultura- le profonda. Un grido lancinante si erge sotto cumuli di macerie, un grido di dolore di sdegno, de- triti di una città colpita a morte, Aquila, pioggia di sangue e pietre delle stragi , co- me dimenticare Capaci, dimenticare Usti- ca, dimenticare ?! Della Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e una fitta schie- ra di martiri morti in tuo Nome, di partigia- ni, di giovani donne, di giovani uomini. Italia che allontani i tuoi figli, che in paese straniero trovano dimora. Italia in mano a dei tentacoli oscuri come la polvere da sparo che profuma d’incen- so. La mia terra bionda che splende alla lu- 18
  • 20. ce della luna, granaio di Federico II, Trina- cria, che naviga sopra lo stretto del golfo, gemme d’arancia profumo di limoni dovun- que e la voce soffocata di un vulcano che esplode nella rabbia di chi ha perso un pa- dre, un amico, un prete di periferia, un fra- tello. “Mio fratello sapeva della trattativa tra la mafia e lo Stato. Era stato informato. E per questo è stato ucciso. La strage di via D'A- melio è una strage di Stato. Pezzi delle isti- tuzioni hanno lavorato per prepararla ed eseguirla. Adesso che la verità sulla strage si avvicina, spero solo che non siano gli storici a doverla scrivere. Bensì i giornalis- ti. Io tra non molti anni raggiungerò mio fra- tello Paolo e non so se riuscirò a leggerla sui giornali dichiara Salvatore Borsellino, fratello del neo eroe Paolo, nei giorni de- ll’anniversario della strage di Via d’Amelio. Sicilia, dove, l’ombra nera mise le radici, con rami che , ora, sembrano avvolgerti tut- ta Italia, mia. Un esempio lo scempio e la ferita ancora aperta di Aquila dove le mille voci dei tuoi figli sono sgomente e dispera- te• tra tutte Laura Tarantino“La gente mi chiede come sto. Come volete che stia? DI MERDA. Stiamo tutti di merda, 70.000 per- sone stanno di merda. Senza casa, senza la città, senza tessuto sociale, senza gli uffi- ci. Molti di noi non rientreranno nella loro casa se non tra molti anni (me compresa), molti di noi non ci rientreranno più, perché la casa la hanno già perduta, o perché glie- la stanno per abbattere. Tutti non rivedre- mo la città ricostruita prima di 7/8 anni, al- meno. Le persone anziane rischiano di non rivederla mai più.”1 Italia, “ come quando spira una nebbia fitta o come quando fa notte nel nostro emisfe- ro appare da lontano come un mulinello gi- rato dal vento provocato da Lucifero che crea sbattendo le ali di pipistrello, Italia così mi appari,da lontano, l’anticamera de- ll’Inferno.” 2 19
  • 21. Solo che nel mio petto batte il cuore di tutti quegli italiani che, in te cara patria, non smettono, lottando, di Sperare. N o t e : 1 http://alessandrotauro.blogspot.com/2009/07/come -volete-che-si-stia-qui-ma-lo.html Note: 2 tratto da Canto XXXIII dell’Inferno di Dante t r a t t o d a P e r i o d i c o I t a l i a n o www.periodicoitaliano.it 20
  • 22. Disparità di genere Il ‘femmicidio’ è la conseguenza estrema delle forme di violenza esistenti contro le donne. Queste morti non sono isolati inci- denti che arrivano in maniera inaspettata e involontaria, bensì l’ultimo efferato atto di violenza che pone fine a una serie di bruta- lità maschili continuate nel tempo. Un’anali- si serrata su cause e conseguenze di una politica che fa ancora troppo poco per eli- minare le disparità di genere. E una valan- ga di ‘raccomandazioni’ a cui l’Italia, in ge- nere, si sottrae: una legge specifica contro la violenza sulle donne; una struttura gover- nativa che tratti solo la parità e la violenza; finanziamenti di case rifugio e centri antivio- lenza per mantenere quelle esistenti e aprir- ne di nuove; ratificare la Convenzione di Is- tanbul per la prevenzione della violenza, la protezione delle vittime e la condanna dei colpevoli, che l’Italia avrebbe dovuto a fir- mare ad aprile. Prevenzione, protezione delle vittime e punizione dei colpevoli sono i ritardi dell’Italia. Una violazione dei dritti umani? Di fatto, regole poco chiare consen- 21
  • 23. tono di giungere a esplosioni di violenza che culminano con l’uccisione di donne per il solo fatto di essere tali. “Dall’inizio de- gli anni novanta è diminuito il numero di omicidi di uomini su uomini, mentre il nu- mero di donne uccise da uomini è aumen- tato”, ha ricordato di recente Rashida Man- joo, relatrice speciale per conto delle Nazio- ni Unite di un rapporto sulle violenze con- tro le donne. “I numeri ormai li conoscia- mo: una donna su tre – in una età compre- sa tra i 16 e i 70 – è stata vittima di violen- za. Circa un terzo delle vittime non presenta denuncia, mentre solo una minoranza chie- de aiuto per stalking. L’allarme sociale di questa situazione complessiva non lascia dubbi: la violenza contro le donne rimane un problema significativo in Italia. Affrontar- lo è un obbligo internazionale. Non a paro- le, ma con leggi e con azioni reali. L’Italia”, ha aggiunto la Manjoo, “deve impegnarsi a eliminare atteggiamenti stereotipati circa i ruoli e le responsabilità delle donne e a mo- dificare quello degli uomini nella famiglia, nella società e nell’ambiente di lavoro. Non è sufficiente che le donne restino le ‘centro- campiste del welfare’ per la loro capacità a conciliare lavoro e famiglia con il carico ‘ca- salingo’. Esse trasportano un pesante far- dello in termini di cura delle famiglie, men- tre il contributo dei maschi italiani è tra i più bassi nel mondo. Storie e dati portati ‘a galla’, di volta in volta, da cronache, statis- tiche, ricerche, rapporti e relazioni predis- poste dall’Onu mettono sempre più in rela- zione l’incapacità di riconoscere alle donne posizioni e ruoli pari agli uomini e l’incapa- cità a rispondere con strumenti adeguati a proteggere le vittime”. Il quadro italiano, in effetti, appare desolante: in un contesto so- ciale antiquato e obsoleto, dove la violenza domestica non sempre viene percepita co- me un crimine, persiste la percezione che le risposte dello Stato non siano appropria- te e sufficienti. Ed è all’economia che si do- vrebbe fare appello, come strumento di prevenzione al fine di rimuovere gli ostacoli che incidono sull’occupazione femminile, quelli che permettono la disparità retributi- va e di rafforzare il sistema di previdenza sociale, per superare i limiti all’integrazione delle donne nel mercato del lavoro. La si- tuazione economica e politica in Italia non 22
  • 24. giustifica la mancanza di attenzione e la di- minuzione delle risorse per combattere la violenza contro le donne. Le leggi per pro- teggere le vittime ci sarebbero. Queste non sono, tuttavia, sufficienti: dipendenza eco- nomica, inchieste malfatte, un sistema di istituzioni e regole frammentato, lungaggi- ne dei processi e inadeguata punizione dei colpevoli le rendono poco efficaci. In Italia persistono attitudini socio-culturali che condonano la violenza domestica e l’alto numero di donne uccise dai propri partner o ex partner può indicare il fallimento delle autorità dello Stato nel proteggere adegua- tamente le donne vittime dei propri partner o ex partner. Ritardi dell’Italia che contri- buiscono al silenzio delle vittime e lasciano che il fenomeno resti invisibile. D’altronde il ‘diritto’ degli uomini a picchia- re le donne non è arcaico. È storia dei nos- tri nonni. Ce ne siamo dimenticate: la legge che lo ha abrogato è solo degli anni ’70 del secolo scorso. Solo trent’anni fa a un marito o a un padre era consentito picchiare in quanto mezzo per ‘correggere’ il comportamento delle donne. Glielo riconosceva il codice penale e civile, a patto che non ne abusasse. Ma il limite poche volte era stato chiarito, cronicizzan- do nel dna della società e della cultura ita- liana l’abuso delle botte e la disattenzione ai diritti delle donne. Creare una singola struttura governativa dedicata a trattare es- clusivamente la questione della parità e la violenza era stata la prima raccomandazio- ne fatta dalla Comunità internazionale al Governo italiano all’inizio di quest’anno. Un ministero specifico e non una ‘seconda carica’ come quella attribuita a Elsa Forne- ro, più concentrata sul ministero del Lavo- ro, che sulle Pari Opportunità. Al Governo Monti, il cui obiettivo principale è stato 23
  • 25. quello di concentrarsi sulle riforme struttu- rali, economiche e del mercato del lavoro per affrontare la crisi economica nazionale, l’Onu aveva chiesto di intervenire sulle cau- se strutturali della disuguaglianza di gene- re e della discriminazione. E sui fenomeni stessi di violenza identificandoli, per esem- pio, nella loro reale entità, riunendo i codici civile e penale, formando i giudici per rafforzare le loro competenze, sostenendo economicamente i centri antiviolenza. Poli- tiche più attente e reattive debbono svi- luppare azioni legislative coerenti. Tra le più urgenti, affinché si riconosca il reale pe- so e si facciano norme conseguenti, c’è la raccolta omogenea dei dati. Vitali come l’in- vito a ratificare la Convenzione di Istanbul per la prevenzione della violenza, la pro- tezione delle vittime e la condanna dei col- pevoli. Avrebbe dovuto essere firmata ad aprile 2012, ma il Governo italiano è rimas- to silente. Le nostre istituzioni, insieme alla società civile, dovrebbero inoltre rielabora- re un ‘piano nazionale’ contro la violenza entro il 2013. Non considerare queste ur- genze, che ora sono sostenute anche da- ll’Onu, significa rinunciare alla modernizza- zione del nostro Paese. Finché non si con- sidera la violenza sulle donne un costo eco- nomico che erode il Pil e l’economia, oltre che l’equilibrio della società, l’Italia riuscirà a garantire i diritti solo a metà. Difficile per una donna che ha subito maltrattamenti in casa tornare al lavoro il giorno dopo. La vergogna di mostrare i segni: come potrà procurarsi un certificato medico? E quanto tempo impiegherà per tornare ad avere un reddito? Come non farla sparire nell’econo- mia sommersa? In ogni caso, il fenomeno dei ‘femminicidi’ può considerarsi un vero e proprio ‘genocidio nascosto’, cultural- mente e socialmente occultato da mass media, accettato, tollerato o giustificato, mentre sotto il profilo penale l’impunità ri- mane la regola generale. Con riguardo agli omicidi basati sul genere è veramente ca- rente l’assunzione di responsabilità da par- te degli Stati nell’agire con la dovuta dili- genza per la promozione e protezione dei diritti delle donne. Tratto da laici.it 24
  • 26. Cinema Donne: Sally Potter. Sally Potter è un’artista poliedrica conos- ciuta in tutto il mondo soprattutto per le sue opere cinematografiche ed il film “Or- lando” nominato agli Oscar, da sempre racconta le donne come nella Carmen di Bizet messa in scena a Londra nel 2002 a l l ’ E n o C o l o s s e u m T h e t r e (www.carmen.eno.org). Una sfida seguita dal suo ultimo film Rage, il primo film per I- Phone che narra il mondo della moda nello stile sperimentale amato dalla regista londi- nese, con la quale ha esordito nell’eldora- do della celluloide. Nel 1979, difatti, entra nel circuito interna- zionale con il mediometraggio Thriller, con cui decostruisce la Bohemè di Puccini, di- mostra che Mimi, simbolo di tutte le don- ne, è stata uccisa dal sistema patriarcale su cui si fonda la società: Thriller divenne un’ icona del femminismo. La Potter conti- nuò ad approfondire questo tema nel film più complesso The Gold Diggers, in cui in 25
  • 27. una sola ora, la regista, fece luce sui meccanismi che da sempre hanno colloca- to la donna ai margini del sistema sociale. Al tempo stesso indagò lo star system: Ju- lie Christie, famosa attrice a quei tempi, rappresenta la donna "Gold", la cui immagi- ne iconizzata è merce di scambio per i sol- di e sesso. Julie Christie, la diva, oggetto di rituali, che possono essere sconfitti solo grazie alla collaborazione tra le donne. Sally Potter è la regista più versatile e speri- mentale della moderna storia del Cinema, una prova n’è Rage, ma anche il suo ulti- mo lavoro teatrale la Carmen. La "Carmen" è una delle opere più famose in tutto il mondo, ambientata in Spagna, è un dramma lirico in quattro atti, composta da Bizet tra il 1873 e il 1874 su libretto di Henri Meilhac e Ludovic Havély, che fu ispi- rato a omonimo romanzo di Prosper Méri- mé, ricco di tragedia e passione trasforma- to nel palcoscenico in un’opera cine-teatra- le. I suoi film, nonostante i generi differenti, hanno tutti degli elementi in comune: in pri- mis la musica, tutti sono film musicali ed è lei stessa la compositrice, The Man Who Cried, aveva come Leit Motiv l’Opera, che ritorna nella Carmen. Il film girato nel 2000 aveva come protagonista Cristina Ricci, una donna alla ricerca del padre. Il secondo elemento, tema dominante è la figura femminile, da una donna che si emancipa e si risveglia con tutto il suo po- tenziale, in Thriller e in The Gold Diggers, assistiamo ad una donna alla ricerca della sua identità Orlando. Il film uscito nel 1998 può essere considerato il capolavoro della regista, basato sull’Orlando di Virginia Wolf, vede un’interpretazione formidabile di Tilda Swinton. Le sue protagoniste sono tutte alla ricerca della loro indipendenza e cercano di definir- si al di là delle regole che il patriarcato ha imposto, creando dal nulla modelli di riferi- mento, la destrutturazione è un'altra carat- teristica dell’opera della Potter. Elemento, quest’ultimo, presente anche in The Tango Lesson. Storia di se stessa, di una filmaker 26
  • 28. che ha maturato temi nuovi e coraggiosi che si racconta come regista, decostruen- do alla Godard il film stesso, come donna, come amante. Nel suo percorso filmico e come se la donna trovata se stessa, nella sua completezza, è pronta a confrontarsi con il partner. Relazione d’amore “sviscera- ta” in Yes 2004, intimo e complesso, il film girato in maniera completamente indipen- dente non ha avuto la distribuzione che me- ritava. Nella Carmen Sally Potter torna ad un per- sonaggio femminile forte, una donna indi- pendente che sceglie la libertà e per ques- to muore, dura legge del vecchio o ancora attuale sistema patriarcale. Rage è al di fuori degli stereotipi, film i-phone, sette epi- sodi, sette interviste, monologhi di cinque minuti con Jude Law nei panni di una drag queen, un’uomo-donna? Sally Potter ha cavalcato gli anni più impor- tanti della Storia della Donna divenendo uno degli emblemi del femminismo, un femminismo che sembra svanito ma che è vivo nel dna delle generazioni successive. Un femminismo che non vuole distruggere, che non vuole “una donna con i pantaloni” ma che vuole riportare la donna al giusto ruolo che deteneva nelle vecchie società ritenute “matriarcali”. Una donna, non relegata ai margini, ma una donna che, ritrovata se stessa e la sua identità, sa lottare per affermarsi con tutte le qualità di cui è permeata, che non de- morde mai anche in un mondo maschilista come quello dell’Arte e difficile come quel- lo del Cinema. Un’applauso a Sally Potter. 27
  • 29. Esteri: Zapatero invitato al G8 Il Primo ministro Silvio Berlusconi, ha invita- to la Spagna alla prossima riunione del G8, evento storico e seconda conquista del presidente dell’Esecutivo Zapatero ed il suo staff. Zapatero e’stato invitato da Berlusconi, pre- sidente attuale del G8, a partecipare all’in- contro delle otto potenze mondiali che si terra’ ad Aquila, la notizia di questi giorni e’stata sottolineta da tutti i media di infoma- zione spagnola. Un successo della politica estera di Zapate- ro che e’ riuscito, meglio del predecessore Aznar, a emergere nel panorama internazio- nale. In Principis riuscendo a ottenere un invito al G20 ed ora nell’impresa definita storica: partecipare al G8. Un incontro che Berlusconi intende ampliare al G14 e al G20, pero’ ufficialmente sino ad oggi e’ sta- ta invitata oltre la Spagna solo l’Olanda. Aznar, a dire il vero, era stato invitato al G8 in Canada nel 2002 ma aveva assistito co- 28
  • 30. me presidente in carica della EU. Ora il pre- mier spagnolo partecipera’ come invitato, diverra’ presidente della EU solo 1 gennaio del 2010. Il presidente dell’esecutivo, che nonostan- te l’acuirsi della crisi nel suo paese si fa ba- luardo in Europa della politica socialista, in questi mesi e’ stato protagonista di una es- calation di eventi “esteri”. Oltre al lavoro di- plomatico per promuovere una riunione in Egitto tra Paesi Arabi ed Europa durate la sua futura presidenza, Zapatero e’stato pre- sente a diversi summit tra i quali all’incon- tro di Praga tra Unione Europea e Stati Uni- ti e al vertice sull’Alleanza fra le civilizzazio- ni a Instambul. L’invito di Berlusconi e’ l’ennesimo suc- cesso della politica diplomatica di Zapate- ro intrepresa all’indomani della vittoria del 2004 con il ritiro delle truppe spagnole da- ll’Irak. L’evoluzione e’ stata una politica di cooperazione con gli altri stati, sfruttando sia la sua posizione geografica che la sua scelta politica: la vicinanza con il Marocco fa della Spagna un ponte ideale tra Europa e Mondo Arabo; la sua ideologia socialista lo avvicina a Chavez e a Cuba e a tutti i go- verni socialisti dell’America Latina. Senza mai dimenticare che la Spagna e’ ben vista da tutti i paesi Ispano parlanti che hanno no solo molti loro cari emigrati in Spagna ma hanno avviato anche delle relazioni commerciali. L’esempio piu’illustre della scalata alla sce- na internazionale e’ la scelta di Barcellona come segretariato permanente dell’Unione del Mediterraneo che situa la citta’al cen- tro dell spiluppo non solo politico e econo- mico ma anche culturale del bacino. Un successo conquistato con l’allestimento di una macchina diplomatica che ha visto ilus- tri spagnoli occupare dei posti stategici 29
  • 31. all’interno nell’Unione Europea e nell'area euromediterranea, al raggiungimento obiettivo Barcellona, con le presenze spag- nole del "ministro degli esteri europeo" Xa- vier Solana, del direttore generale della Re- lex Eneko Landaburu, del direttore per il Mediterraneo Tupla Del Moral, scendendo giù fino al capo unità per l'Upm Laura Bae- za ed alla coordinatrice per il Pem Imma Roca. In questo summit a Aquila, chiaramente, la Spagna presenziera’, ancora non si conos- ce a che titolo e in che funzione, ma e’ chiaro che si tratta solo di un altra conquis- ta verso l’obiettivo finale di una Spagna protagonista nella scena internazionale, non dimentichiamo che Obama e’ riuscito a vincere anche grazie all’elettorato ispani- co con la quale ha conquistato il voto in al- cuni Stati dell’Ovest da sempre dei re- pubblicani, per non parlare delle buone re- lazioni tra Zapatero e Chavez a cui ha fatto affidamento il presidente degli Stati Uniti nell’ultimo Summit delle Americhe. A Pra- ga Barrack ha lodato l’«impegno della Spagna ad esercitare le proprie responsabi- lità» in America Latina, ed ha dichiarato di essere contento di poter chiamare Zapate- ro suo amico. Si dovra’ a questo l’invito di Berlusconi? tratto Periodico Italiano 30
  • 32. Museo Reina Sofia opera di un italiano. L’arte e’ eternamente giovane al Museo Reiña Sofia , in Calle Santa Isabel 52 di Ma- drid, una traversa di Paseo del Prado, raggiungibile dalla metro di Atocha www.museoreiñasofia.es. Il Museo viene aperto nel 1990 e’ si propone da subito co- me la maggiore e moderna galleria del mondo, anche se portare a termine la struttura non e’ stato facile. Il Museo ha inglobato L’Ospedale S.Carlos ma l’attuale struttura si deve all’architetto José de Hermosilla e sopratutto all’italiano Francesco Sabatini. Francesco Sabatini e’ stato l’archittetto che ha sviluppato la sua carriera professionale in Spagna al servizio della Casa Reale, nominato dal re Carlo di Borbone Gran Maestro delle Opere Reali, con rango di tenente colonnello del Corpo degli Ingegneri, oltre ad essere designato come accademico onorario della Real Aca- demia de Bellas Artes de San Fernando.Lo stile di Sabatini rientra all'interno del Neo- classicismo, ma a differenza di altri autori 31
  • 33. del movimento, non si inspiró fondamental- mente alle antichità greco-romane, bensì all'architettura rinascimentale. L’Ospedale S.Carlos viene restaurato nel 1980, e proclamato museo nel 1977, divie- ne Il Museo Reiña Sofia , organismo auto- nomo dipendente dal Ministero della Cultu- ra con il decreto reale 535/88 de 27 maggio 1988. Nel 2005 la struttua assume l’aspetto che ora conosciamo. Il Museo ha l’obiettivo di proporre le migliori opere spagnole intregrate nel contesto artistico internazionale, la collezione ebbe origine dall’Unione delle Opere del Museo spagno- lo di Arte contemporaneo e di quello di Mu- seo del Prado, che conteneva le Maggiore opere di Pablo Picasso tra cui Guernica che possiamo ammirare ora nella seconda pianta del Museo di Reiña Sofia. Oggi la galleria conta 16.200 opere di varie corren- ti e tecniche artistiche: 4000 quadri,1400 sculture,2600 fotografie e 80 video. Nella sua collezione permante oltre ad ammirare Picasso sono esposte le opere di Miro’,Da- li’, e anche artisti post-cubisti Julio Gonzá- lez e Pablo Gargallo, el cine de Luis Bu- ñuel, y la fotografía surrealista de Man Ray e Dora Maar. Troviamo anche le alcune delle opere degli artisti della pop art, dell’astrattismo, arte minimale ele ultime correnti artistiche ad esempio gli spagnoli:Antoni Tàpies, Anto- nio Saura, Eduardo Chillida, Jorge Oteiza, Manuel Millares y Manuel Rivera, Pablo Pa- lazuelo, Eduardo Arroyo, Equipo Crónica y Esteban Vicente e in campo internazionale: Yves Klein y Lucio Fontana, sin olvidar a Mark Rothko, Francis Bacon, Henry Moo- re, Graham Sutherland, Jean Dubuffet, Cy Twombly, Jannis Kounellis, Robert Mother- well, Mario Merz, Sean Scully. L’eterna gio- ventu’ del museo e’ presente nel suo conti- nuo interesse verso l’arte contemporanea e le nuove forme espressive tra cui le vi- deo-istallazioni, la video-arte, arte cocen- tuale e proiezioni, a queste sono dedicate 32
  • 34. delle sale e tra gli ultimi espositori si ricor- dano: Cristina Iglesias, Louise Bourgeois, Gerhard Richter, Bill Viola, Anish Kapoor, Juan Muñoz, Miquel Barceló, Adolfo Schlosser, Robert Mapplethorpe, Andreas Gursky. Famosa e’ la manifestazione Cine y casi cine dal 5 novembre al 6 dicembre, un ciclo di proiezioni che il Dipartimento au- diovisvo organizza per mostrare le tenden- ze piu’ visibili della nuova tendenza audio- visva contemporanea. In questa edizione il ciclo e’ composto di 36 opere ad esempio verra’ mostrata per la prima volta After Apocalypse Now: Mar- tin Sheen (The Soldier), 2007 (info www.museoreinasofia.es/s-audiovisuales/ audiovisuales.php) e dal 26 Novembre 2007 iniziera’ uno dei festival piu’ importan- te a livello internazionale dalle 20, il festival Iternazionale dei Cortometraggi di Oberhausen. Uno dei cardini e’ il carattere educativo del Museo con lo scopo princi- pale di diffondere la cultura: ci sono pro- grammi dedicati agli studenti, programmi per il pubblico e programmi per i govani. Il museo mette a disposizione un gran nume- ro di publicazioni didattiche nella sua biblio- teca a Plaza de Emperador Carlos V e qua- derni didattici sulle esposizioni temporali e per il pubblico adulto si organizzano corsi, seminari,incluyendo incontro con gli artista che espongono al museo. Un museo inte- rrativo, dinque che si avalora della moder- na tecnología di Internet con il suo sito bilingüe….insomma un museo eternamen- te giovane che nutre i suoi cittadini con continue novita’ e meraviglie artistiche. 33
  • 35. Esteri:Onda anomala Madrid Una sessantina i ragazzi che hanno sfilato dinanzi all'ambasciata italiana per protesta- re contro il pacchetto sicurezza definita da- gli stessi una nuova legge sull'immigrazio- ne. Una politica del governo italiano che intende criminizzare gli immigranti .I mani- festanti uniti a REDI (Red Española Dere- chos Inmigrantes) esigono dagli Stati mem- bri della UE che venga condannata la nuo- va legge e ne domandano la sua ritirata di- chiarando "L' Italia presenta una situazione di profonda crisi economica e sociale, spe- rimenta un tasso di povertà inarrestabile, registra una percentuale di disoccupazio- ne, lavoro in nero e precariato senza prece- denti, ma soprattutto non ha alcuna pros- pettiva di crescita e sviluppo essendo fre- nata da un livello di corruzione inaccettabi- le in uno stato democratico. Di fronte a questa situazione l' attuale Go- verno BERLUSCONI IV sceglie come prio- rità la lotta xenofoba nei confronti degli immigrati.E' facile dedurre che l'esigenza 34
  • 36. di questo esecutivo è nascondere i proble- mi reali del Paese deviando l'attenzione de- ll'opinione pubblica e ingigantendo il pro- blema dell' immigrazione illegale. Suo fine é trovare un capro espiatorio in risposta al clima di preoccupazione diffusa in molti strati della popolazione, colpendo così il gruppo sociale più debole e già privo di di- ritti. Uno di questi è la dignità, valore prima- rio della Dichiarazione dei diritti Fondamen- tali dell'Uomo, che non si può far finta di non riconoscere come si stia in questo mo- do negando totalmente agli immigrati. La campagna razzista del Governo BER- LUSCONI IV ha suscitato l' indignazione dell' opinione pubblica mondiale e di asso- ciazioni che difendono i diritti dei migranti come la Red Espanola de Derechos de Los Inmigrantes (REDI), che ha indetto la manifestazione alla quale partecipiamo. Non accettiamo l'atteggiamento dei politici italiani che sembrano far finta di ignorare che l'immigrazione nel nostro paese può creare problemi di sicurezza solo a causa di leggi giudiziarie approvate dai governi in questi anni col solo fine di evitare le pro- prie pene e pagare i crimini di cui un'intera classe politica è responsabile: l' incertezza della pena e il prolungamento dell' iter dei processi giudiziari non fanno altro che favo- rire il proliferare della delinquenza, italiana e non.Noi sappiamo bene che aumentare i tempi di detenzione nei centri di permanen- za temporanea (adesso ironicamente ed emblematicamente denominati “centri di identificazione ed espulsione”), aumentare le pene detentive per i reati connessi all'immigrazione, creare dei sindaci sceriffi e consentire “ronde” di cittadini “preferibil- mente ex agenti di polizia”, non ha altro obiettivo se non incentivare un clima di fo- bia e di razzismo volti, oltre che a dimenti- care i reali problemi del paese, a soddisfa- re i bassi istinti politici dei dirigenti leghisti e di un certo elettorato. Per questo ritenia- mo imprescindibile la revoca del pacchetto sicurezza (ddl n.733), e le conseguenti di- missioni dell'esecutivo italiano che con questa manovra cerca di garantirsi la pro- pia immunita a discapito dei più deboli." Progetti futuri dell'Onda Anomala Madrile- ña risponde Simone Costa:"Stiamo cercan- do riscontri che abbiano approvato al Se- nato una legge oscura Blog, un nuovo emendamento a sorpresa ma ancora non ne abbiamo trovato traccia". tratto da periodico italiano 35
  • 37. Cinema: 66 festival di Venezia Ecco una Reensione delle tante che puoi leggere: 66. Festival di Venezia: penultimo giorno: metafora e reale a confron- to. Penultimo Giorno di questo 66mo Festival del Cinema di Venezia si ode, nel fruscio degli arbusti che abbeliscono la Mostra, il mormorio dei tanti spettatori che ogni an- no si accalcano all’entrate dei Cinema del Lido. Si fa la fila davanti alla Sala Grande, ci si domanda quale sia il secondo film a “sorpresa”ed eccolo, finalmente, il titolo appare sul grande schermo: “Lola“. Il 25esi- 36
  • 38. mo titolo in gara per il Leone D’Oro, del bri- llante regista filippino Kinatay Mendoza, re- duce dal premio alla regia nel 2009 a Ca- nnes con Kinatay. Lola racconta di due “Nonne” sofferenti per le conseguenze di un crimine che ha visto protagonista i ris- pettivi nipoti: uno come possibile carnefi- ce, l’atro come vittima. Una camera che se- gue suoi protagonisiti nella loro intimitá Ani- ta Linda, l’attrice veterana del cinema fi- lippino, viene seguita ovunque nella sua ri- cerca di denaro per la sepoltura del nipote, nel suo dramma quotidiano per la sopravvi- venza. Le sue vicissitudine si incrociano e si specchiano con quelle di Puring, il regis- ta spiega che si tratta di un film su “la nos- tra umanitá soppesata - ed equilibrata - sulle scale della giustizia. Il delitto serve per mettere alla prova le for- ze e le fragilitá delle due donne. Una si di- mostra debole, l’altra forte. Questo permet- te di equilibrare l’umanita’, come nell’equili- brio della natura, in cui sopravvive chi piú si adatta e il valore di ciascuno dipende da- lla sua posizione nella vita” Alla fine Anita accetterá i soldi di Puring, una seppelirá il nipote e l’altra lo salverà. Il regista escogita e mette in atto molti stra- tagemmi per rendere il materiale visivo ade- rente alla realtá: la profondità dei piani, pa- noramiche veloci a stile documentarista, con un sonoro sempre in primo piano che amplifica la presenza del reale nella fiction. La metáfora, invece, è protagonista in“ Mr. Nobody”, un’opera enigmatica, l’ultimo film di Jaco Van Dormael, con un ricco cast internazionale: Jared Leto, Diane Kru- ger, Sarah Polley, Rhys Ifans e la nostra Chiara Caselli. Un’opera con l’apparenza di un film di fan- tascienza, il protagonista Nemo Nobody, interpretato da un superbo Jared Leto, con- duce la sua vita normale sino al giorno in cui si ritrova a vivere catapultado nel futuro 2029 all’eta’ di 120 anni. Qui oltre a essere più anziano si trova ad essere l’unico mor- tale tra immortali. Nemo non teme la mor- te, ma ė preoccupato di come ha vissuto la sua vita. Iniziano ad essere mostrate sul- 37
  • 39. lo schermo, le possibili vite che avrebbe potuto vivere, si intrecciano i livelli narrativi in cui si dipanano le tre possibili storie d’a- more accanto a tre donne diverse Anna, Eli- se e Jeanne, in un passato fittizio ma reale. Un film che lascia interdetti, tanto che la critica ha reagito spaccandosi a meta’ tra applausi e fischi. Terminato questo bellíssimo “tour de four- ce” filmico si aspetta domani per la premia- zione. A Venezia si sussurra da tempo che il favo- rito sia Baaria il film di Tornatore, ma ci si apettano grosse sorprese. tratto da Periodico Italiano. 38
  • 40. Poesia 3 “L’italiano e una delle pou bel- le lingue del mondo. guarda- re i fiori e facile ; farli cresce- re e molto piu dificile.” – Anonimo
  • 41. il passato il passato scivola lento come le note di un vecchio sax all'orizzon- te Il passato si ricorda di te solo se tu lo vuoi si torna da un viaggio dove tutto si è allon- tanato si va verso un presente da costruire il passato alla volte rimane nel cuore ma i suoi battititi si confondono con il battito dell'adesso al passato si attaccano quelli che non vo- gliono cambiare orizzonte ed hanno bisogno di vedere in te que- ll'immagine fugace che non esiste da tem- po lo fanno per rimanere attaccati all'illusione che il tempo non passa il mio passato è pieno di rovi, che hanno prodotto una rosa bianca purpurea bellissi- ma. 40
  • 42. Voglio, Chiedo, Stringo, Posso Voglio scendere per un momento sulla tua pelle sentirne la morbidezza ed abbondonarmi a essa Voglio catturare i tuoi sorrisi tristi nella gioia luminosa della rugiada di un mattino Chiedo le parole delle tue labbra nelle mie Sussuro baci di tenerezzza Stringo nel mio il tuo cuore Posso solo immaginare. 41
  • 43. La ricerca Passi nella notte sulle dune del deserto le impronte che segnano il cammino verso un orizzon- te indefinito Alba, che esplode nell'anima mia in vorticosa ricerca del limite che unisce del limite da superare del limite che condiziona il mio corpo e la materia grida allo spirito: Io esisto! 42
  • 44. La Morte Bianco Marmo fiocco di neve nel silenzio di cipressi ........... L'assenza infinitaimmutabile .......... Il viaggio continua in verdi raggi di Luce ............... La morte non esiste. 43
  • 45. L'immenso Silenzi.. scivola la notte tra le maglie bianche nuvo- le si staglia silenzioso il monte ricolmo di lacri- me e sospiri silenzi avvolgono il caldo rumore dell'acqua che scorre il fluire continuo della vita riscalda gli utimi trepidanti attimi di un addio nascosto foglie danzano in vortici di luce ed intrave- do l'infinito nei tuoi occhi simile al suono dell'immenso palpito del mondo 44
  • 46. e scorrono ancora lente le immagini perdute di fotogrammi impossi- bili invisibili l'immensa rocca si staglia innanzi e mi lascio travolgere da questa luce che avvolge ogni singolo atomo del Creato e nell'universo mi perdo e nell'immenso mi immergo ...... mi ergo. 45 Film festival Monterotondo 2005 Película 3.1 Volo d’angelo
  • 47. Enterviste 4 “Se dai a un uomo un pesce lo nutri per un giorno, se gli insegni a pescare lo nu- tri per il resto dei suoi gior- ni.” – Anonimo
  • 48. Daniele Poto: "Io protesto all'inglese" Lo ‘speaker’s corner’ nasce a Londra, ad Hyde park, in un angolo del famoso parco dove un cittadino qualsiasi sale su una cas- setta, propone un discorso e coinvolge il pubblico presente in un dibattito ‘aperto’. Un ‘a tu per tu con la gente’ che non richie- de permessi o pretesti per essere attuato. Niente a che vedere, quindi, con i dibattiti culturali organizzati per promuovere l’usci- ta di un libro, una mostra o un evento. Ed è proprio in questa sua semplicità che l’an- golo degli oratori si è diffuso in tutto il mon- do, giungendo anche in Italia. Sinonimo di ‘confronto diretto con la gente’, il termine ha fatto ‘capolino’ nelle riviste e nei pro- grammi radiofonici, affermando l’idea che molti dei temi che riguardano la politica, l’e- conomia e il sociale possano e debbano essere resi accessibili a tutti, in maniera semplice e diretta. Evidentemente, la cosa funziona (tanto che persino la politica ha cercato di appropriarsene per scendere in piazza e discutere con la gente). La casisti- ca, comunque, è piuttosto ampia. Dal ‘sem- 47
  • 49. plice’ cittadino un po’ ‘arrabbiato’, che so- ttolinea le ‘indecenze’ del sistema, all’asso- ciazione culturale che organizza una serie di incontri pubblici, al professionista ‘im- pegnato’ che sente la necessità di risolleva- re gli italiani da quel diffuso torpore cultura- le dal quale sembrano non voler più riemer- gere. Come ci racconta Daniele Poto, un giornalista che, nel corso degli anni, ha co- llaborato per numerose testate (Tuttosport, il Messaggero, il Corriere della Sera, Il Tem- po, la Repubblica, Olimpico). Ha iniziato la carriera come reporter per Paese sera, Li- berazione (nella versione del quotidiano ra- dicale), Lotta Continua, Gazzetta del Popo- lo (fino all’estinzione), Prealpina. Ha lavora- to all'Ansa e nella prestigiosa rivista‘La fie- ra letteraria’. Come esperto di sport è sta- to ospite delle prime storiche emittenti ca- pitoline come SPQR, Telefantasy, Gbr, Vi- deouno, Rete Oro, Quarta Rete, Tele Roma Europa, Super Tre, Teleradiosole. È stato più volte ospite del ‘Processo del lunedì’ di Biscardi come opinionista. Eccolo a voi all’indomani di uno ‘speaker's corner’ orga- nizzato a Monterotondo sul tema: ‘Vivere di economia o vivere in economia’. Daniele Poto, lo speaker's corner si è molto diffuso in questi ultimi anni e ce ne sono di vari tipi: potresti darci la tua definizione? “E’ un luogo d’incontro per una partecipa- zione democratica dal basso in un momen- to in cui la politica (soprattutto i Partiti) mostrano il ‘fiato corto’. Cittadinanza attiva vuol dire questo: esprimersi sui problemi di base, fossero pure la gestione dell’acqua pubblico o il nuovo piano trasporti di una città, per far contare la propria voce e non rimanere in una protesta senza articolato”. In Italia funziona come all’estero? “Lo speaker’s classico ad Hyde Park più che altro è diventato un luogo di predica- zione, a volte fanatico- religiosa. La versio- ne italiana vorrebbe rispondere a criteri di normalità e di senso comune, ma non ba- nale nella interpretazione del succedere della vita, affidato al copione libero di chi partecipa”. Per gli italiani è una novità: il pubblico come interagisce con il relatore? “Sta alla capacità del relatore sulla singola materia (che sia esperto, neutrale o di par- te) stimolare il pubblico che, alternativa- mente, diventa protagonista in un’interazio- ne foriera di sviluppi dialettici e di apprendi- mento. Idealmente, da ogni incontro bisog- nerebbe uscire arricchiti (sia chi ha parlato, sia chi è rimasto silente). Altrimenti, non avrebbe senso incontrarsi”. 48
  • 50. Come si organizza uno speaker’s cor- ner? “Attraverso i social network, le e-mail, i gruppi d’ascolto. Parte la convocazione in un luogo propizio, possibilmente comodo e invitante. Naturalmente, si può anche arricchire l’incontro con convivialità, brindi- si, spuntini: un momento piacevole, ma sti- molante”. Il confronto con la ‘piazza’ evidenzia buona o scarsa conoscenza degli argo- menti che trattano i media? “Molte tematiche sono conosciute solo in parte, o superficialmente. Mi rendo che la lettura dei giornali è diventata un ‘optio- nal’. Eppure, la formazione ha bisogno di un ampio ventaglio di informazioni e non può bastare la televisione, nella somma- rietà dei telegiornali, internet, i blog, la free press. Penso che il quotidiano, nella sua obsolescenza, abbia ancora qualcosa di dirci, soprattutto per quanto riguarda l’approfondimento e quel che resta delle inchieste”. Lo speaker's corner è un modo per diffondere una notizia, o lo possiamo in- tendere come una forma di cultura dal basso? “Esattamente: cultura e informazione dal basso. Che però, progressivamente, si fa ‘alta’ e cresce nella scala. Una cultura che vuole poter contare, democraticamente. Non è cosa da poco, visto che abbiamo un Governo non democraticamente eletto, al momento”. Su che basi scegli gli argomenti da pro- porre? “Argomenti su cui mi sento preparato, che mi stimolano o che possono stimolare. Ar- gomenti di interesse pubblico quasi priori- tario, emergenziale”. Nel tuo ultimo intervento hai scelto il te- ma ‘Vivere l’economia’: su argomenti così complessi quali sono le ingenuità più diffuse nel pubblico? “Confrontarsi immediatamente con il pro- prio quotidiano, che pure è importante. Ma dal ‘micro’ bisognerebbe salire al ‘macro’, sul terreno dei problemi comuni. Politica, da ‘polis’, in senso nobile è anche questo: partecipazione e condivisione del proble- ma”. Il contatto diretto con la gente come re- latore ti ha dato una diversa prospettiva su come si diffonde la cultura e l’infor- mazione in Italia? 49
  • 51. “Mi ha fatto constatare, per la ridotta parte- cipazione e l’isolamento in cui finiamo nel cadere, che effettivamente l’Italia è un Pae- se in declino, succube dei ‘disvalori’. Solo ritrovando un cammino, un percorso, una comunità, una finalità, un’idea di dover essere collettivi ci risolleveremo da questo torpore”. Qual è l’argomento o i temi di cui si par- la troppo poco? “Ci sono tante tematiche. Anche gli argo- menti normalmente più popolari, di largo interesse, spesso richiedono un approfon- dimento, poiché sono conosciuti superfi- cialmente. Senza contare quelle tematiche di cui si parla poco perché sottovalutate, o censurate dai media. L’alternanza dei due registri, nel caso dello speaker's corner, da vita a un’interessante e stimolante varietà di interventi, in genere”. Dove svolgi attualmente lo speaker’s corner? “Dopo un lungo periodo di attività nei par- chi romani e al Casale del Podere Rosa, attualmente la seconda domenica del me- se alla grafica ‘Campioli’ di Monterotondo, sotto l’egida dell’associazione culturale Re- seda”. 50
  • 52. Cristina Striglio: "Abbandonare gli animali è un reato" Martedi prossimo, 3 luglio 2012, alle ore19.30 si terrà a Milano, presso l'Old fashion club di viale Emilio Alemagna n. 6, un ‘happy hour’ di beneficenza per la pre- sentazione dello spot televisivo dellaOnlus ‘Amoglianimali’ dal titolo:‘Ovunque andrai non abbandonarlo mai’. Testimonial dello spot è Luca Laurenti accompagnato dall’a- mico Matthew. Amoglianimali ha voluto in- fatti realizzare uno spot contro gli abbando- ni, un argomento molto delicato nella sua drammaticità. Il messaggio che si intende trasmettere è la felicità che si prova nel prendersi cura dei nostri migliori amici. L’a- peritivo, con ricco buffet, costerà eccezio- nalmente 15 euro, di cui una gran parte sarà interamente devoluta a favore di Amo- glianimali, che impiegherà i fondi raccolti per le sue attività di tutela e assistenza de- gli animali. La serata proseguirà con la ‘One night’ Fidelio e l’innovativo corpo di ballo ‘Nu’Art’. Questo happy hour benefico sarà inoltre animato da musica ‘lounge’ e dalla presenza di numerosi personaggi del 51
  • 53. mondo delle arti e dello spettacolo amanti degli animali, alcuni dei quali sono stati pro- tagonisti del backstage dello spot. Abbia- mo incontrato la portavoce nazionale di Amoglianimali, la collega Cristina Striglio, al fine di scambiare insieme a lei un parere intorno agli scopi che questa organizzazio- ne no-profit si è prefissata e sugli obiettivi che intende raggiungere. Cristina Striglio, può spiegarci, innanzi- tutto, quali sono gli scopi di questo vos- tro incontro di Milano? Di cosa si tratta, esattamente? “Gli scopi che ci prefiggiamo con questo evento benefico sono la presentazione del- lo spot tv contro gli abbandoni e la presen- tazione dei nostri nuovi progetti, da rea- lizzare nelle realtà più disagiate”. Amoglianimali Onlus ha raccolto, in questi anni, dei dati precisi in merito al fenomeno dell’abbandono di cani e ani- mali domestici durante i mesi estivi, o poco prima delle vacanze: qual è il trend di questi ultimi anni? In crescita, oppure in diminuzione? “Purtroppo, è estremamente difficile poter fornire dei dati precisi in merito agli abban- doni. Il fenomeno dell’abbandono sulle strade sembra essere in diminuzione, ma non nei canili o in aree semideserte. Se gli animali non vengono identificati dal micro- chip, di cui spesso sono sprovvisti, diviene assai complesso distinguere tra un abban- dono o un probabile randagismo”. La collettività si è resa conto della gra- vità della cosa, secondo lei, oppure il ve- ro ‘muro’ è quello di una sostanziale ipo- crisia di fondo? “In merito a questo, avete ragione: l’ipocri- sia di fondo esiste ed è molto radicata in coloro che avrebbero la possibilità di preve- nire questo atto di barbarie. L’abbandono di un animale domestico è estremamente grave, perseguibile penalmente, ma troppo 52
  • 54. spesso non si riesce a individuare i respon- sabili. A mio avviso, le pene dovrebbero essere molto più severe. Le autorità, inve- ce di imporre divieti e restrizioni, come per esempio nel caso di ‘Trenitalia’, dovrebbe- ro offrire la possibilità di portare sempre con sé il proprio animale. Dobbiamo am- mettere che molti passi avanti sono stati fatti in Italia, ma c’è ancora molto lavoro da svolgere”. Chi non ama gli animali è in grado di amare veramente qualcuno o qualcosa? “Personalmente, ritengo di no: questo era il mio pensiero anche prima di accogliere nella mia vita Matthew, un amico meravi- glioso di 10 anni. Ma se proprio non si rius- cisse ad amarli, per lo meno si dovrebbe avere il dovere morale di rispettarli e di im- pegnarsi a tutelarne i diritti come qualsiasi altro essere vivente”. Quali altre iniziative avete previsto, per il futuro, al fine di sensibilizzare ancor di più l’opinione pubblica a voler sempre più bene ai nostri amici animali? “Noi riteniamo che solo il buon esempio possa essere un monito o un messaggio di sensibilizzazione. Quindi, proseguiremo con la nostra attività di sostegno per aiuta- re gli animali più sfortunati, ospiti di struttu- re in aree molto disagiate e/o di proprietà di persone anziane o meno abbienti. Conti- nueremo a fornire il nostro ausilio sul terri- torio per sterilizzare gratuitamente i cani randagi, laddove gli enti preposti abbiano la necessità di contenere il fenomeno sem- pre più allarmante dei cani in gruppi vagan- ti e aggressivi. Cercheremo di coinvolgere sempre di più i media sensibili al tema, co- me voi, nelle nostre iniziative benefiche, al fine di far conoscere i risultati raggiunti e i numerosi e importanti progetti che vo- rremmo realizzare”. 53
  • 55. Daniele Poto: Io protesto all'inglese Lo ‘speaker’s corner’ nasce a Londra, ad Hyde park, in un angolo del famoso parco dove un cittadino qualsiasi sale su una cas- setta, propone un discorso e coinvolge il pubblico presente in un dibattito ‘aperto’. Un ‘a tu per tu con la gente’ che non richie- de permessi o pretesti per essere attuato. Niente a che vedere, quindi, con i dibattiti culturali organizzati per promuovere l’usci- ta di un libro, una mostra o un evento. Ed è proprio in questa sua semplicità che l’an- golo degli oratori si è diffuso in tutto il mon- do, giungendo anche in Italia. Sinonimo di ‘confronto diretto con la gente’, il termine ha fatto ‘capolino’ nelle riviste e nei pro- grammi radiofonici, affermando l’idea che molti dei temi che riguardano la politica, l’e- conomia e il sociale possano e debbano essere resi accessibili a tutti, in maniera semplice e diretta. Evidentemente, la cosa funziona (tanto che persino la politica ha cercato di appropriarsene per scendere in piazza e discutere con la gente). La casisti- ca, comunque, è piuttosto ampia. Dal ‘sem- 54
  • 56. plice’ cittadino un po’ ‘arrabbiato’, che so- ttolinea le ‘indecenze’ del sistema, all’asso- ciazione culturale che organizza una serie di incontri pubblici, al professionista ‘im- pegnato’ che sente la necessità di risolleva- re gli italiani da quel diffuso torpore cultura- le dal quale sembrano non voler più riemer- gere. Come ci racconta Daniele Poto, un giornalista che, nel corso degli anni, ha co- llaborato per numerose testate (Tuttosport, il Messaggero, il Corriere della Sera, Il Tem- po, la Repubblica, Olimpico). Ha iniziato la carriera come reporter per Paese sera, Li- berazione (nella versione del quotidiano ra- dicale), Lotta Continua, Gazzetta del Popo- lo (fino all’estinzione), Prealpina. Ha lavora- to all'Ansa e nella prestigiosa rivista ‘La fie- ra letteraria’. Come esperto di sport è sta- to ospite delle prime storiche emittenti ca- pitoline come SPQR, Telefantasy, Gbr, Vi- deouno, Rete Oro, Quarta Rete, Tele Roma Europa, Super Tre, Teleradiosole. È stato più volte ospite del ‘Processo del lunedì’ di Biscardi come opinionista. Eccolo a voi all’indomani di uno ‘speaker's corner’ orga- nizzato a Monterotondo sul tema: ‘Vivere di economia o vivere in economia’.
 
 Daniele Poto, lo speaker's corner si è molto diffuso in questi ultimi anni e ce ne sono di vari tipi: potresti darci la tua d e fi n i z i o n e ?
 “E’ un luogo d’incontro per una partecipa- zione democratica dal basso in un momen- to in cui la politica (soprattutto i Partiti) mostrano il ‘fiato corto’. Cittadinanza attiva vuol dire questo: esprimersi sui problemi di base, fossero pure la gestione dell’acqua pubblico o il nuovo piano trasporti di una città, per far contare la propria voce e non rimanere in una protesta senza articolato”.
 In Italia funziona come all’estero?
 “Lo speaker’s classico ad Hyde Park più che altro è diventato un luogo di predica- zione, a volte fanatico- religiosa. La versio- ne italiana vorrebbe rispondere a criteri di normalità e di senso comune, ma non ba- nale nella interpretazione del succedere della vita, affidato al copione libero di chi partecipa”. 
 Per gli italiani è una novità: il pubblico come interagisce con il relatore?
 “Sta alla capacità del relatore sulla singola 55
  • 57. materia (che sia esperto, neutrale o di par- te) stimolare il pubblico che, alternativa- mente, diventa protagonista in un’interazio- ne foriera di sviluppi dialettici e di apprendi- mento. Idealmente, da ogni incontro bisog- nerebbe uscire arricchiti (sia chi ha parlato, sia chi è rimasto silente). Altrimenti, non a v r e b b e s e n s o i n c o n t r a r s i ” .
 
 Come si organizza uno speaker’s cor- n e r ?
 “Attraverso i social network, le e-mail, i gruppi d’ascolto. Parte la convocazione in un luogo propizio, possibilmente comodo e invitante. Naturalmente, si può anche arricchire l’incontro con convivialità, brindi- si, spuntini: un momento piacevole, ma sti- molante”. Il confronto con la ‘piazza’ evidenzia buona o scarsa conoscenza degli argo- m e n t i c h e t r a t t a n o i m e d i a ?
 “Molte tematiche sono conosciute solo in parte, o superficialmente. Mi rendo che la lettura dei giornali è diventata un ‘optio- nal’. Eppure, la formazione ha bisogno di un ampio ventaglio di informazioni e non può bastare la televisione, nella somma- rietà dei telegiornali, internet, i blog, la free press. Penso che il quotidiano, nella sua obsolescenza, abbia ancora qualcosa di dirci, soprattutto per quanto riguarda l’approfondimento e quel che resta delle i n c h i e s t e ” .
 
 Lo speaker's corner è un modo per diffondere una notizia, o lo possiamo in- tendere come una forma di cultura dal b a s s o ?
 “Esattamente: cultura e informazione dal basso. Che però, progressivamente, si fa ‘alta’ e cresce nella scala. Una cultura che vuole poter contare, democraticamente. Non è cosa da poco, visto che abbiamo un Governo non democraticamente eletto, al m o m e n t o ” .
 
 Su che basi scegli gli argomenti da pro- p o r r e ?
 “Argomenti su cui mi sento preparato, che mi stimolano o che possono stimolare. Ar- 56
  • 58. gomenti di interesse pubblico quasi priori- t a r i o , e m e r g e n z i a l e ” .
 
 Nel tuo ultimo intervento hai scelto il te- ma ‘Vivere l’economia’: su argomenti così complessi quali sono le ingenuità p i ù d i ff u s e n e l p u b b l i c o ?
 “Confrontarsi immediatamente con il pro- prio quotidiano, che pure è importante. Ma dal ‘micro’ bisognerebbe salire al ‘macro’, sul terreno dei problemi comuni. Politica, da ‘polis’, in senso nobile è anche questo: partecipazione e condivisione del proble- m a ” .
 
 Il contatto diretto con la gente come re- latore ti ha dato una diversa prospettiva su come si diffonde la cultura e l’infor- m a z i o n e i n I t a l i a ?
 “Mi ha fatto constatare, per la ridotta parte- cipazione e l’isolamento in cui finiamo nel cadere, che effettivamente l’Italia è un Pae- se in declino, succube dei ‘disvalori’. Solo ritrovando un cammino, un percorso, una comunità, una finalità, un’idea di dover essere collettivi ci risolleveremo da questo t o r p o r e ” .
 
 Qual è l’argomento o i temi di cui si par- l a t r o p p o p o c o ?
 “Ci sono tante tematiche. Anche gli argo- menti normalmente più popolari, di largo interesse, spesso richiedono un approfon- dimento, poiché sono conosciuti superfi- cialmente. Senza contare quelle tematiche di cui si parla poco perché sottovalutate, o censurate dai media. L’alternanza dei due registri, nel caso dello speaker's corner, da vita a un’interessante e stimolante varietà di interventi, in genere”. 
 
 Dove svolgi attualmente lo speaker’s c o r n e r ?
 “Dopo un lungo periodo di attività nei par- chi romani e al Casale del Podere Rosa, attualmente la seconda domenica del me- se alla grafica ‘Campioli’ di Monterotondo, sotto l’egida dell’associazione culturale Re- s e d a ” .
 
 Tratto da periodicoitalianomagazine 57
  • 59. Susanna Schimperna: "Sulle donne, l'Italia ha un grave problema culturale" Si è tenuta di recente presso il CE.S.P.P., il centro di psicologia popolare di Roma inti- tolato a ‘Lino Filipponi’, un interessante in- contro contro la violenza sulle donne, un’i- niziativa alla quale hanno partecipato nu- merosi personaggi del mondo politico e culturale italiano. Tra questi, la brava gior- nalistaSusanna Schimperna, scrittrice di saggi comePiccolo dizionario dell’Eros (Cairo editore),Abbandonati e contenti (Leggereditore), Le amicizie amorose (Mon- dadori), nonché direttrice, in passato, delle interessanti riviste‘Blue’ e ‘Cuore’. Susa- nna è nota anche per lo spazio dedicato all’astrologia nella trasmissione‘Omnibus’, sulle frequenze televisive de La7. Ed è au- trice e conduttrice radiofonica di Ra- dio2,dove l’abbiamo ascoltata in pro- grammi come‘Sadalmelik’ e ‘Cattivi Pensie- ri’. Da sempre impegnata per le donne, pro- prio in merito a tale argomento ha cortese- mente voluto rilasciarci quest’intervista. 58
  • 60. Susanna Schimperna, in Italia, secondo i dati Istat, hanno subito violenza più di sei milioni e mezzo di donne, per la maggior parte dirigenti e laureate: lei pensa che sia questo il ‘pegno’ che si paga per l’emanci- pazione culturale raggiunta? “No, credo che soltanto in alcuni casi gli uomini violenti vengano “eccitati” dalla sfi- da rappresentata da una donna che avver- tono in gamba, culturalmente e professio- nalmente superiore a loro. Penso invece che paghiamo il prezzo di tanti altri disagi, sia psicologici che sociali, e di pesanti re- taggi che condizionano più di quanto si vo- glia ammettere, poiché non si cancellano in pochi decenni secoli e secoli di discrimi- nazioni, abitudini, leggi, costumi e dis- prezzo”. Lei è d’accordo su una legge che pro- tegga in modo assoluto la donna e che ancora manca nel nostro Paese? “Io certamente vorrei una società in cui i deboli fossero protetti in modo assoluto, ma il problema è nella mentalità - e questa non si cambia con le leggi - e in tutti quegli strumenti che, comunque, dovrebbero aiu- tare a prevenire, a evitare, e che, invece, non ci sono, o sono pateticamente inade- guati”. Lei crede che essere un Paese cattolico sia a vantaggio della cosiddetta cultura dell’omertà? “Invocando l’unità e il buon nome della fa- miglia sì, è vero: si sono fatti e si fanno danni incalcolabili. Tacere e sopportare, ac- cettare tutto come una ‘croce’. Quanto è stato manipolato il messaggio cristiano, ve- ro? Direi addirittura ‘snaturato’. Ipocrisia, invece di verità. E l’uomo signore e padro- ne? Il pater familiae con diritto quasi asso- luto sui membri del proprio nucleo diventò, col cattolicesimo, il ‘padre-padrone’, quan- do invece la rivoluzione di Gesù Cristo fu quel mettere l’accento sull’uguaglianza di tutti gli esseri umani, a prescindere da ce- to, età e sesso. E, naturalmente, non pos- siamo dimenticare l’evangelico, bellissimo: “La verità vi farà liberi”.   Rispetto agli altri Paesi, come si collo- ca l’Italia nella difesa dei diritti della don- na? E’ solo una questione di mancanza di leggi o si tratta di un problema cultu- rale? “È un problema culturale: le donne sono spesso le prime carnefici delle altre donne, magari dopo esser state a propria volta vi- ttime. Troppe madri coprono i mariti violen- ti, fingono di non vedere, oppure impegna- no le proprie energie a convincere le figlie - 59
  • 61. picchiate o stuprate dai propri padri, mal- menate dai propri mariti - a stare tranqui- lle, a non dare adito a scoppi di rabbia, in- somma a ‘gestire’ l’orrore, piuttosto che combatterlo. E se parliamo di ‘stalking’, molestie, violenze da parte di uomini ester- ni alla cerchia familiare, è sempre presente il sospetto che lei, la donna, abbia ‘provo- cato’, che ‘se la sia cercata’, quando non addirittura che stia ‘esagerando’ o ‘inven- tando’. A volte, questo sospetto è plateal- mente trasformato in accusa, altre è solo adombrato. Ma basta un’occhiata scettica o un tono ironico a far precipitare in un abisso di disperazione una donna che è già fragile, colpita, impaurita”. Quali sono, secondo lei, i motivi che spingono alla violenza sulle donne? “C’è la frustrazione sessuale, che si mani- festa con varie modalità: rapina (stupro), negazione dell’esistente (uccisione della donna che abbandona), ritorsione (mobbing). E c’è una realtà di cui, pur- troppo, dobbiamo tener conto sempre, vali- da in tutte le società e le epoche: è facile, è da vigliacchi e, proprio per questo, è così comune prendersela con chi è fisicamente più debole”. 60
  • 62. IL Teatro Valle l'alternativa culturale prosegue. Il Teatro Valle è uno dei più antichi teatri di Roma costruito nel 1727 aveva una stuttu- ra in legno ed architettonicamente seguiva le regole dei Teatri Italiani con cinque pal- chi nel 1791 fu totalmente risocostruito. Le opere messe in scena inizialmente erano opere in musica e drammi in prosa, succes- sivamente il teatro divenne pubblico sono innumerevoli le rappresentazioni dramma- turgiche esibite,si tratta di un pezzo di sto- ria importante della cultura italiana che nel 2011 smette di essere operativo. Il Teatro faceva parte della rete gestita dall' Eti, l'en- te teatrale italiano, l'istituto pubblico a pro- mozione nazionale ed internazionale per la promozione della diffusione della danza e teatro soppresso nel 2010 dal governo Ber- lusconi. Questo ha creato un vuoto enor- me nel sistema cuturale italiano la destina- zione del Teatro Valle era incerta tra l'idea di privitazzirlo a farlo diventare un bistrot, rallegra vederlo operativo dopo un'anno di entusiasmante lotta e di occupazione degli addetti del mondo dello spettacolo. Riper- 61
  • 63. corriamo con Valerio Gatto nell'intervista la storia di questa battaglia culturale che sta portando il Teatro Valle a diventare Fonda- zione.   Quando avete occupato il Teatro e per- chè? L'occupazione è iniziata a giugno del 2011 subito dopo il referendum sui tagli alla cul- tura e le manifestazioni studentesche, alcu- ni lavoratori dello spettacolo si sono mobili- tati organizzandosi in gruppi che andavano alle prime teatrali interrompendole e denun- ciando i tagli che erano stati effettuati, creando con mini performance lo spettaco- lo nello spettacolo. Il Teatro Valle era desti- nato da parte del Comune che ne era dive- nuto il propretario a progetti pessimi tanta gente normale, glia operatori dello spetta- colo con il sostegno dei più grandi artisti ( Benigni, Bolloni,Elio Germano e tasntissimi altri) hanno occupato l'edificio. L'occupazione era già strutturata come siete organizzati ora? In realtà si trattava di un occupazione sim- bolica pensata molto bene poi è diventata a lungo termine ci sono persone che dor- mono nei camerini,siamo ancora in 30, l'or- ganizzazione si è strutturata con il tempo è una specie di laboratorio sperimentale ci sono dei punti fermi come le persone e la rinuione d'assemblea del lunedì. Per l'orga- nizzazione attuale è molto importante ques- ta assemblea interna corellata da 7 gruppi di lavoro che portano avanti i vari progetti discussi in assemblea. Che programmazione avete svolto e come sarà quella del futuro? Il primo anno è stato un festival continuo ogni giorno un evento o una manifestazio- ne o spettacolo diverso una dell cose più belle che abbiamo fatto è stata quella di aver riaperto il buco dell'orchesta chiuso da 40 anni per mettere in scena un'opera lirica italo americana appositamente scritta. Nel 2012 abbiamo stabilito di fare una pro- grammazione con spettacoli a tiratura più lunga chiamata 5 stagioni lasciando il tea- tro aperto durante tutto l'anno è seguendo 62
  • 64. il ciclo dell stagioni con spettacoli legati a Città, Corpi, Scritture. L'idea è quella di un teatro aperto ai cittadini sempre. Oltre agli spettacoli abbiamo corsi di for- mazione sia artigianale ( i vari tecnici teatra- li) sia formazione drammaturgica ( scrittu- ra, messa in scena, danza). Uno spazio importante è dedicato ai bam- bini con un appuntamento al mese usando un linguaggio trasversale molto accurato. Avete vinto sia dei premi nazionali che internazionali, siete soddisfatti? Certo siamo soddisfatti perchè si tratta di un importnate riconoscimento ma ha qual- cosa di strano e come se ti definisce, ti ren- de di granito, come se fermasse un pro- cesso in continua evoluzione in qualche modo il Premio definisce. Comunque abbiamo vinto il Premio Ubu( come il devid di Donatello del Teatro), un premio conferi- to da LegaAmbiente, ed il premio Anna Lindh Fondation ( premio internazionale mediterraneo cooperazione, pace e svi- luppo) per il dialogo interculturale, la mis- sione di pace ed il tentativo di cercare di creare nuovi modelli. Siete partecipi di molti progetti come amici di Tbq di cosa si tratta? Sono molti i teatri della cintura periferica della città con un pessimo destino o dimet- terli o affidarli a privati, stiamo lavorando per cercare di cambiare il bando per il Tea- tro Biblioteca Quarticciolo. Vi siete attivati con collaborazioni con altre organizzazioni nazionali o interna- zionali? Si, certamente in Italia con l'Istituto Svizze- ro, il Goethe Institute e Villa dei Medici e facciamo parte della rete di European Alter- native un organizzazione della società ci- viel dedita a promuovere politiche transina- zionali. Abbiamo collaborato con Madrid con il centro sociale patio maravillas da cui siamo stati invitati, a Madrid ci sono molti movimenti che lavorano contro la politica di austerità. Cosa è Crisi 2,0? 63
  • 65. E' un progetto di dramamturgia costruito attorno alla crisi con attività di riflessione. Ora vi costituirete in fondazione può spiegarci il motivo e quali obiettivi vole- te raggiungere? La fondazione essendo un'Istituzione ci permette di dare al Teatro un destino forte e farne un bene comune. Sarà organizzato con principi simili dell'occupazione gestito da un Assemblea di membri alla pari con 12 consiglieri turnari, la carica dura un an- no non come nei grandi Consigli di ammi- nistazione dove le cariche durano una vita, saranno i cittadini a gestirloa votare i cosi- glieri ed il direttore quindi nn ci saranno più cariche decise dai piani alti. Si tratta di lavorare sui Beni Comuni, un modello alternativo sia al pubblico che al privato, senza fini egoistici creando non so- lo un modello culturale alternatio ma an- che sociale bisogna imparare a smettere di delegare, andare quindi oltra il principio della delega ma costruire una comunità di persone in grado di organizzare una vita so- ciale e culturale. Ci sono moli esempi che ci stanno seguen- do in Italia: il Cinema Palazzo, il Macao di Milano, a Napoli l'ex Asilo Filangieri, il Te- tro Garibaldi di Palermo a Messina il Teatro Pinelli appena occupato. Ognuno di questi rappresenta un esempio sia di denuncia che di una nuova pro- grammazione culturale. La fondazione si sta costituendo grazie al contributo dei singoli cittadini per costiuirla abbiamo bisogno di 250 mila euro ne abbiamo raccolti sinora 150 mila sono tutti invitati a partecipare. Per chi fosse interessato questo il link: http://www.teatrovalleoccupato.it/campag nafondazione 64
  • 66. Residui di teatro: "L'Italia è un Paese avaro" I ‘Residui di teatro’ nascono nel 2000. La compagnia, diretta da Gregorio Amicuzzi, è uno dei gruppi teatrali italiani più attivi che opera, dal 2007, in Spagna, so- prattutto a Madrid. Si tratta di un team di artisti che ha prodotto moltissimi spettaco- li, con i quali hanno partecipato a diversi festival internazionali e a differenti progetti di cooperazione nei 'Campos de Refugia- dos Saharaui' in Argentina, Uruguay, Nica- ragua ed El Salvador. Oggi, sono al loro de- cimo anno di vita e, dopo i sette passati in Italia, c’è da chiedersi perché una compag- nia di teatro cosi valida si sia dovuta trasfe- rire in Spagna in un periodo, tra l’altro - il 2007 - in cui ancora non esistevano le occupazioni dei teatri come ‘Il Valle’ e la cultura era ancora dignitosamente sostenu- ta. Abbiamo dunque voluto incontrarli, al fine di intavolare insieme a loro un piccolo ‘dibattito’ sulle motivazioni che li hanno in- dotti ad abbandonare il nostro Paese. I nos- tri interlocutori sono gli storici membri del- la compagnia: il direttore e attore Gregorio 65
  • 67. Amicuzzi, l’attrice Viviana Bovino,responsa- bile della formazione e Ignazio Abbatepao- lo, attore specializzato nella ‘clowneria’. Gentilissimi, secondo voi l’Italia è un Paese ‘avaro’ nei confronti della cultura, in particolar modo di quella teatrale? O forse ritenete che sia proprio il ‘vostro’ stile recitativo a rappresentare un gene- re di difficile ‘digestione’ per una so- cietà culturalmente ‘appiattita’ dalla tele- visione come quella italiana? Viviana Bovino: “Con la premessa che cre- do più all’onestà della ‘lavatrice’ che a quella della televisione, che dire? La televi- sione crea un appiattimento e un istupidi- mento del genere umano, perché i pro- grammi sono fatti per mantenerci incollati allo schermo e rimanere fermi dinanzi alla pubblicità. Quindi, la televisione serve a vendere i prodotti, non ad altro. L’Italia ha il problema che chi ha in mano le televisio- ni, o chi ha diretta influenza, attraverso il Governo, sull’emittenza, è anche premier. Se la televisione è stupida, il capo della te- levisione è dunque il leader degli stupidi? E se il capo degli stupidi sta a capo del Paese, ciò vuol dire che ci stiamo instupi- dendo? Sono disquisizioni che ci porte- rebbero lontano. Ad ogni modo, il nostro lavoro non è commerciale, gira su circuiti spesso ‘off’, più piccoli. E questo non facili- ta per niente il contatto con la gente, che non è abituata ad andare a teatro, che guarda la televisione o che non va a vede- re spettacoli nei teatri più piccoli, quelli in cui non c’è bisogno di sfoggiare una ‘pellic- cia’ per entrare. Se non si aiuta o o non si incoraggiano i circuiti piccoli e le compag- nie indipendenti con una politica intelligen- te, in Italia le realtà come la nostra rima- rranno sempre ai margini e non avranno vi- sibilità. Non  si potrà dire se erano o non erano bravi, ma solo: “Non li abbiamo vis- ti”. Al contrario, la Spagna ci ha dato molte più possibilità e condizioni favorevoli per poter presentare i nostri lavori. In tutto questo, io sono molto speranzosa: da po- co ho partecipato a un convegno in cui si parlava dei ‘neuroni specchio’ in rapporto al teatro. Finalmente, ci sono le basi scienti- fiche che dimostrano che il teatro (insieme ad altre arti) contribuisce allo sviluppo del genere umano. A questo punto, non ci res- ta che contribuire positivamente a questa evoluzione”. Ignazio Abbatepaolo: “Io vorrei sottolinea- re che, in effetti, è stata proprio questa ‘avarizia’ di fondo dell’Italia che ci ha spin- to a trasferirci all’estero, semplicemente per poter “vivere o morire” dell’arte di cui siamo innamorati. E tuttavia non credo che il nostro stile non sia ‘digeribile’ per il nos- tro Paese. Al contrario, abbiamo sempre 66
  • 68. riscontrato commenti e pareri positivi dopo ogni nostra rappresentazione. Il problema, mi dispiace dirlo, credo sia la ‘logica’ della politica, o l’illogicità della politica, che è riuscita a entrare in qualsiasi sfera e, natu- ralmente, anche in quella culturale e artisti- ca: se non conosci nessuno o non scendi a compromessi, non arrivi da nessuna par- te, in teatro come in qualsiasi altro setto- re… Ecco perché abbiamo preferito emi- grare, lottare e resistere, invece di elemosi- nare contatti e passare metà delle nostre ore lavorative in vari uffici di circoscrizione o comunali cercando di spiegare, talvolta invano, il senso delle nostre attività”. Gregorio Amicuzzi: “Anch’io non credo che il nostro teatro non sia ‘digeribile’ per l’Italia: non considero il nostro teatro né speciale, né particolarmente ‘difficile’. Ri- tengo, invece, che il ‘problema italiano’ sia profondamente legato alla ‘televisione- spazzatura’ che continuiamo a ingurgitare senza freno e, allo stesso tempo, alla stes- sa situazione teatrale italiana presa nel suo complesso. Purtroppo, il teatro, oltre a non avere una legislazione propria, un circuito trasparente e riconoscibile, non ha pubbli- co. Ormai, si è accumulata una distanza in- credibile tra quello che succede nei labora- tori, nelle scuole teatrali, nei centri di forma- zione e nei festival internazionali e la per- cezione che il pubblico riesce ad avere dal mondo del teatro. Un altro grande proble- ma è la difficoltà di lavorare facendo ‘rete’: molte compagnie, artisti o teatri continua- no a ragionare in maniera isolata, difenden- do la “propria arte” e non “il nostro settore e la nostra arte”. Allo stesso modo, all’inter- no del settore teatrale non si sviluppano spazi di discussione tra i diversi anelli dello stesso ambiente: artisti, programmatori, di- rettori artistici, dirigenti culturali e pubblico non parlano tra di loro. Non esistono spazi di confronto, insomma. Infine, in Italia le lo- giche continuano a essere sempre le stes- se: clientelismo, raccomandazioni, profon- da mancanza di meritocrazia e di rispetto per il lavoro. Da quando siamo in Spagna, gli unici che non ci rispondono e che ci ig- norano dopo infinite chiamate, mail e lette- re sono gli istituti italiani e i festival co- siddetti ‘alternativi’ del nostro territorio! Ad agosto siamo stati in Messico e abbiamo creato laboratori di formazione e specia- lizzazione oltre che in diverse scuole di tea- tro, anche negli istituti di cultura spagnola e in quello della cultura ellenica. L'istituto di cultura italiano non ci ha neanche rispos- to, perché chiaramente non conoscevamo nessuno. Amen…”. Sono 10 anni  che voi operate a livello internazionale: perché avete optato per una ‘doppia scelta’ tra il genere speri- mentale e quello tradizionale? 67
  • 69. Gregorio Amicuzzi: In realtà, abbiamo se- guito un po’ ciò che il teatro ci ha propos- to. Voglio dire: non venendo da una forma- zione ‘accademica’, per noi è sempre stato molto importante l’incontro con i ‘maestri’ e il loro lavoro. La loro esperienza ha in- fluenzato le nostre scelte. Non ci siamo mai chiesti se il nostro teatro è tradizionale o sperimentale, bensì abbiamo seguito semplicemente le nostre ‘inquietudini’, che ci hanno spinto a produrre uno spettacolo ispirato a ‘Aspettando Godot’, cosi come a ‘De babelica Generatione’, un’esperienza itinerante per 25 spettatori in un cilindro gi- gante di 7 piani nella periferia romana”. Viviana Bovino: “In questi anni abbiamo utilizzato numerose tecniche, abbiamo spa- ziato attraverso vari generi. L’obiettivo è sempre stato quello di utilizzare ciò che era necessario per dire ciò che volevamo dire, nel modo che piú ci soddisfaceva e che più ritenevamo efficace”. Ignazio Abbatepaolo: “In realtà, non abbiamo mai optato per una ‘doppia scel- ta’: è sempre stato uno ‘scoprire’ volta per volta il genere più indicato per esprimere nel migliore dei modi i messaggi e le emozioni contenute nei vari spettacoli. Per questo, le nostre messe in scena sono sempre state molto diverse”. Il lavoro con il corpo è il vostro ‘princi- pio-base’, secondo i vari corsi  che ave- te organizzato di teatro físico, ‘clown ac- tor’, presenza scenica e corpo elastico: ci potete spiegare perché risulta così de- terminante nella vostra formazione ed espressione artistica? Gregorio Amicuzzi: “A prescindere dal tes- to, l’estetica, lo stile o il genere, il corpo de- ll’attore rimane il centro della messa in sce- na. E’ il corpo dell’attore lo strumento di comunicazione con il pubblico: è lo stru- mento di creazione e d’espressione per lo stesso attore. Ciò non significa, necessaria- mente, lavorare senza testo, piuttosto che il lavoro, anche vocale o d’interpretazione, parte dal corpo. Il corpo è il motore prima- rio della creazione: è lo strumento di lavoro dell’attore, inteso nella sua integrità psicofi- sica, emozionale e vocale”. Viviana Bovino: “Sono d'accordo: l’attore in scena utilizza innanzitutto il proprio cor- po. E’ per questo motivo che non si può prescindere dall’allenamento di quest’ulti- mo. Il corpo è uno strumento fondamenta- le e va allenato e affinato come fosse uno strumento musicale. Abbiamo scelto di stu- diare discipline distinte, che focalizzino l’at- tenzione sul corpo (danza contemporanea, ‘capoeira’, ‘feldenkrais’, ‘clown-actor’, acrobatica, corpo elastico) per non rimane- 68
  • 70. re ‘ingabbiati’ in un’unica forma. Il nostro training è finalizzato a far sì che i nostri cor- pi siano pronti e disponibili a sostenere le inquietudini che le nostre anime vogliono ‘gridare’ o ‘sussurrare’ in scena”. Ignazio Abbatepaolo: “Effettivamente, quello di mettere il corpo al centro del nos- tro lavoro è stata l’unica scelta di stile ver- so la quale abbiamo optato da sempre. Sia- mo convinti che è proprio il nostro corpo, inteso nel suo complesso psicofisico ed emozionale, a essere sia il motore della creazione, sia lo strumento che utilizziamo come mezzo per esprimerci sul palco. Pro- prio come un musicista accorda, pulisce e si allena con il suo rispettivo strumento mu- sicale, cosi noi facciamo con il nostro cor- po. E’ il nostro strumento”. La scelta del nome della compagnia su quali valori fondanti si è basata? Gregorio Amicuzzi: “Nel 2000 facemmo un’esperienza artistica diretta da Paolo Vig- nolo che è risultata assai significativa per le persone appartenenti al gruppo in quel momento. Sto parlando del ‘Corso di for- mazione sul trattamento dei residui analiti- ci’, una performance itinerante per 12 spet- tatori, inspirato a ‘Testo di un taccuino’ di Julio Cortazar, che si sviluppava nel territo- rio romano con la metropolitana in quanto spazio scenico. Da quella esperienza deci- demmo di portarci il nome ‘Residui’, che venne da noi utilizzato per la prima volta a Milano nell’ottobre del 2000. I ‘Residui’ so- no, infatti, ciò che rimane: le minoranze, le speranze, i piccoli e insignificanti dettagli che possono stravolgere gli eventi. In- somma, le idee che non muoiono, le insos- pettabili piccole azioni che possono cam- biare la storia personale, di un gruppo o di un popolo intero: le piccole cose per cui va- le la pena vivere”. Ignazio Abbatepaolo: “Confermo la ricos- truzione di Gregorio: il nome del gruppo ri- sale all’anno 2000 quando, dopo un labora- torio teatrale con Paolo Vignolo, nacque (a quei tempi, in realtà, io ancora non ero an- cora un ‘Residuo’…) una performance itine- rante nella metropolitana di Roma. Per tutti i partecipanti si trattò di un’esperienza così intensa ed emozionante che ci spinse a continuare la  ‘sfida’ e a scegliere proprio la parola ‘residui’ come nome per il gruppo”. Viviana Bovino: “Io vorrei spiegare meglio un cosa: nel mondo spettacolo un residuo è tutto ciò che si trasforma (i dettagli, le piccole cose o i sogni) e che cambia sotto gli occhi del pubblico, senza che la gente se ne renda conto. Questo è il concetto di fondo della nostra scelta: un nome che 69