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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA
DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E IMPRESA
CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA AZIENDALE
_____________________________________________________
GIUSEPPE COPPOLA
_________________
Growth Hacking: il nuovo mindset del Marketing
________________
SAGGIO FINALE
_________________
Relatore
Chiar.mo Prof. M. Galvagno
_____________________________________________________
ANNO ACCADEMICO 2016-2017
2
Indice pag. 3
Introduzione pag. 3
Capitolo 1 - Growth Hacking pag. 4
1.1 – Il Growth Hacking: nascita ed evoluzione pag. 7
1.2 - Il principale protagonista: il Growth Hacker e Sean Ellis pag. 11
1.3 - I casi studio pag. 14
Capitolo 2- I Principi del Growth Hacking. pag. 19
2.1 - Growth Engine: il modello di crescita pag. 20
2.2 - L’importanza delle metriche pag. 21
2.3 - Startup Metrics for Pirates (Dave McClure) pag. 25
2.4 - Lean Startup pag. 32
Capitolo 3 - La linea sottile fra il “Marketing” e il Growth Hacking pag. 35
3.1 - Differenza tra Marketing e Growth Hacking pag. 35
3.2 - Se è il marketing è management, il Growth Hacker è il Ceo. pag. 36
3.1 - Intervista a due Growth Hacker Italiani: Luca Barboni e Raffaele Gaito pag. 37
Conclusioni pag. 41
Bibliografia pag. 42
3
INTRODUZIONE
Il presente lavoro, è un’idea “personale”, che prende forma attraverso un elaborato,
basato su una passione, il marketing, o meglio, una nuova forma di marketing che per la
prima volta prova verosimilmente a dare “misura” ad una scienza, che fino a poco tempo
fa, non poteva essere quantificata.
Lo scopo del mio saggio è quello di chiarire, il più possibile, il concetto di Growth
Hacking, che attualmente in Italia si presenta in una fase evolutiva. Per questo motivo ho
deciso di affrontare in maniera espositiva e descrittiva tutte quelle che sono le
caratteristiche di tale fenomeno e della relativa professionalità che ne deriva, ovvero
quella del Growth Hacker, il quale si trova ad affrontare un contesto competitivo veloce
e innovativo, soprattutto nel contesto startup.
Proprio per questo motivo, il fenomeno verrà esaminato, nella prima parte dell’elaborato,
dalla sua nascita alla sua evoluzione. Verranno presentati, inoltre, esempi chiave di grandi
imprese digitali odierne, che attribuiscono la loro crescita esponenziale ad un proficuo
utilizzo del Growth Hacking, inteso come processo di sperimentazione user-centered al
fine di ricercare la metodologia più efficiente ed efficace che possa permettere la crescita
del modello di business.
Presenterò, inoltre, talune caratteristiche e principi del Growth Hacking, al fine di
esplicare al meglio un mindset che fonda le proprie origini in approcci e strumenti pre-
esistenti e dai quali ne trae forza e ne organizza il suo processo.
Nello specifico, metterò a confronto il marketing tradizionale con il Growth Hacking, il
quale pur nascendo come contro cultura al primo, si propone di colmarne le relative
lacune strutturali. Attraverso il “case study” Coca-Cola evidenzierò come tale fenomeno,
stia assumendo un ruolo di notevole importanza anche nel panorama delle multinazionali.
Concluderò portando la reale testimonianza di due autorevoli Growth Hacker italiani, i
quali attraverso la mia intervista esporranno il loro giudizio circa lo stato attuale del
Growth Hacking in Italia, le sue possibile evoluzione ed i relativi impieghi professionali.
4
CAPITOLO 1
GROWTH HACKING
Il Growth Hacking è un nuovo modo di fare marketing, iniziato nel 2010 unendo in sé
product management e user experience marketing.
L’ideatore di tale mindset è Sean Ellis1
, imprenditore e startup advisor che è riuscito a
decretare il successo di numerose big company attuali, prime fra tutti DropBox.
L’analisi dei dati risulta essere il fulcro centrale del Growth Hacking attraverso la quale
si potrà pianificare a priori una strategia di marketing efficiente ed efficace per poter
apprezzare e misurare il risultato a posteriori delle scelte prese, in modo da poterle
calibrare di volta in volta in funzione alle esigenze dell’obiettivo prefissato.
Il Growth Hacking, pur nascendo nella Silicon Valley come contro-cultura nel mondo
Startup, risulta essere un approccio applicabile a qualsiasi business a prescindere dallo
stato di vita dello stesso e del settore di riferimento. Rappresenta l’obiettivo principale e
la crescita del business, apprezzabile sia in termini quantitativi che qualitativi.
Indubbiamente il contesto competitivo che contraddistingue una startup da un’impresa
già esistente è la ricerca della crescita esponenziale e la scalabilità del business che non
dovendo soggiacere alle restrizioni del business tradizionale, può attraverso la
digitalizzazione superare le barriere fisiche dei servizi/prodotti.
La velocità di innovazione, le diverse disponibilità di budget, con cui dover far fronte per
poter essere competitivi in un mondo sempre più veloce, rendono questo nuovo modo di
fare Marketing il giusto approccio per poter riuscire a ideare, validare e calibrare il proprio
prodotto/servizio.
La definizione di Growth Hacking2
più esaustiva è quella relativa ad un processo di
sperimentazione veloce, nello specifico nei canali di marketing e di sviluppo del prodotto,
il cui scopo finale è la ricerca della metodologia più efficiente ed efficace che possa
1
Sean Ellis è un imprenditore, un Business Angel ed uno startup advisor. Attualmente è il CEO di
GrowthHackers, precedentemente fondatore e CEO di Qualaroo - (fonte: Wikipedia luglio 2017).
2
L. Barboni e R. Gaito (2017) – Growth Hacking & Performance Marketing – in webinar Ninjacademy.it
5
permettere la crescita di un business. Una volta trovato il modo (hack) questo dovrà essere
ripetuto finché possa permetterne la crescita.
Si rappresenta graficamente il processo di ricerca dell’hack e di validazione dello stesso,
sino al raggiungimento della cosiddetta Growth Engine, di cui si parlerà successivamente.
L’analisi letterale3
dei due termini che caratterizzano il fenomeno in parola evidenzia il
seguente significato:
• Growth: crescita/ sviluppo;
• Hacking: “insieme dei metodi, delle tecniche e delle operazioni volte a conoscere,
accedere e modificare un sistema hardware o software”.
Nell’accezione etimologica, la parola hacking ha diversi significati derivando dal verbo
“to hack” che significa letteralmente “tagliare con l’accetta”. Infatti, la parola hacker
identifica anche il programmatore informatico, ovvero colui che è capace di assegnare
istruzioni ben precise ad una macchina per permettere lo svolgimento di un determinato
compito. Infine in maniera più estesa l’hacker è anche colui che, pensando “fuori dagli
schemi”, riesce a trovare soluzioni innovative a problemi consueti, ignorando le normali
prassi, regole o vincoli.
Il Growth Hacking, quindi, prefissatosi l’obiettivo di far crescere il business, utilizza ogni
strumento a sua disposizione per raggiungere tale scopo, utilizzando anche tecniche non
3
Tratto da Wikipedia (luglio 2017).
6
convenzionali o prassi di marketing tradizionale, perseguendo il Product Market Fit
(P.M.F.), ossia la progettazione e la vendita di un prodotto/servizio capace di rispondere
perfettamente ai bisogni ed alle esigenze dei clienti.
Il Growth Hacking (d’ora in avanti anche G.H.), inoltre, risulta essere una scienza
composta da step ben definiti, che permettono di saggiare i risultati ottenuti e verificare i
possibili problemi riscontrati nelle varie fasi del processo, potendo così apportare
eventuali modifiche in maniera tempestiva.
Le tappe fondamentali in un processo di G.H. sono:4
• Identificare gli obiettivi raggiungibili. Concentrandosi esclusivamente su quelli
ben definiti sarà più facile misurare i risultati finali. Evitando un range di
misurazione ampio si evita di ottenere dati poco significati.
• Implementare strumenti di analisi. Senza una misurazione, gli obiettivi prefissati
perdono di significato in quanto non si ha la certezza che essi siano stati raggiunti.
Inoltre, adottando sistemi di analisi adeguati è possibile raccogliere dati in grado
di fornire indicazioni anche su altri aspetti della strategia adottata o su eventuali
obiettivi da perseguire in futuro.
• Fare leva sui propri punti di forza. Potendo così ottenere risultati rilevanti, facendo
degli sforzi minimi, si avrà una precisa e dettagliata conoscenza informativa dello
“stato dell’arte” del proprio business, sia che esso sia già maturo o che sia ancora
in fase di sviluppo.
• Sperimentare. Il primo passo è quello di fare un’ipotesi sul risultato
dell’esperimento, esso potrà essere confermato o smentito e soltanto
successivamente sarà possibile analizzare gli eventuali dati per capire eventuali
possibili scelte o strategie di risposta. Il processo di sperimentazione richiede
tempo e coordinamento interno, le difficoltà saranno molteplici, i primi dati
raccolti potrebbero essere scoraggianti, ma i risultati finali offriranno spunti
rilevanti per una corretta strategia di Growth Hacking.
• Ottimizzare l’esperimento. Due sono le possibili modalità di sviluppo, la prima
consiste nell’isolare il campione di utenti su cui viene fatto tale esperimento
potendo così comparare in maniera dettagliata gli eventuali sviluppi; e la seconda
4
Tratto dal blog di Casarin D. – “Growth Hacking: analisi, creatività e strategia”.
7
consiste nell’effettuare un “A/B test” 5
che permetterà di individuare la soluzione
più congeniale.
• Reiterare il processo corretto. Ripetere il processo con un nuovo esperimento e/o
ottimizzare quello già testato. La sostenibilità della crescita è dettata dal numero
di esperimenti che si è in grado di mettere a regime in modo da rendere sostenibile
il business: più sperimenti, più avrai possibilità di migliorare, più renderai il tuo
prodotto unico, più sarà difficile che il cliente sostituisca il prodotto/servizio
realizzato.
Il G.H. non è una strategia sviluppata esclusivamente online. Fondamentale risulta essere
la possibilità di misurare e poter apprezzare, a posteriori, la strategia intrapresa, potendo
così decidere di replicare o modificare tale hack: il marketing sta diventando sempre più
misurabile e oggetto di esperimenti, dovendo essere valutato da un team che non abbia
solo conoscenze tradizionali6
.
1.1 Il Growth Hacking: nascita ed evoluzione.
Il primo utilizzo del termine Growth Hacking è da attribuire all’ideatore del fenomeno
rivoluzionario: Sean ELLIS. Questi è considerato il padre fondatore del Growth
Hacking, l’uomo al quale tante aziende e startup, prima fra tutte Dropbox, devono la loro
scalata ed il loro successo nei mercati globali.
La nascita del G.H ha una data ben precisa: il 26 luglio 2010, giorno in cui Sean Ellis,
scrive un post sul suo blog col seguente titolo:
Find a Growth Hacker for Your Startup7
(“Trova un Growth Hacker per la tua Startup”).
5
L’A/B test è una sorta di ‘esperimento’ che rende disponibili due versioni (la versione A e la B) di uno
stesso elemento (una landing page o una CTA, ma anche titoli, layout, immagini) che verranno inviate a
due sezioni di pubblico per capire quale delle due funziona (e converte) meglio. - Pizzato M. C.;
6
Tratto dal libro: “Startup marketing: Strategie di growth hacking per sviluppare il vostro business”
Camera A.; Hoepli. Edizione del Kindle (Italian Edition) (2017-posizioni nel Kindle 2539-2547)
7
Articolo scritto da Ellis S. il 26 luglio 2010, dal titolo: “Find a Growth Hacker for Your Startup”
8
In quei tempi Sean Ellis, come consulente di marketing e vendite, si avvicinava a diverse
nuove realtà e soltanto dopo 6 mesi
migrava verso altri progetti.
Tuttavia, avendo necessità di
avvalersi di un valido sostituto,
trovava delle serie difficoltà nel
ricercarlo, in quanto la maggior parte
dei “V.P. of Marketing”8
avevano
conoscenze ed esperienze molto specifiche, ma distanti dalle necessità di un business
giovane, incerto e non maturo, che necessitava piuttosto di figure capaci di mantenere il
focus sull’unica vera metrica dell’intera startup: la crescita.
In tale scenario economico, le “Big Company”, avendo notevoli budget a disposizione,
hanno la possibilità di investire in maniera non troppo attenta al marketing, mentre ciò,
ovviamente, non accade per le startup caratterizzate dall’esiguità delle risorse finanziarie
iniziali.
Il Growth Hacking richiede velocità, collaborazione e sinergia fra tutti gli aspetti di un
business, siano essi di natura tecnica e/o di marketing. Proprio per questo motivo la figura
del Growth Hacker risulta caratterizzata da conoscenze di marketing e di coding9
, la cui
principale domanda è sempre la stessa: “Come faccio ad avere clienti per il mio
prodotto?”. A questa domanda egli risponde mediante l’esecuzione dei A/B10
testing,
landing page11
, strategie di promozione virale ed e-mail deliverability12
.
Obiettivo principale delle start up è quello di far crescere il proprio business, scalando più
velocemente e possibile il mercato. È proprio in questo percorso che risulta necessario
ricercare una figura professionale che sia in grado di guidare tale crescita, un marketer,
8
Vice President of Marketing.
9
Programmazione informatica.
10
Sopra descritti.
11
Una “landing page”, nel web marketing, è una pagina web specificamente strutturata che il visitatore
raggiunge dopo aver cliccato un link o una pubblicità. Questa pagina è appositamente sviluppata per trattare
specifici argomenti: mostra contenuti che sono un'estensione del link o della pubblicità ed è ottimizzata per
una specifica parola chiave, o frase, per "attrarre" i motori di ricerca. È l'elemento cardine di qualsiasi
attività di web marketing perché permette di trasformare gli utenti in clienti. Tratto da Wikipedia
12
Concetto chiave per l'email marketing. Consiste nella capacità, da parte del mittente, di recapitare in
modo corretto le email inviate, senza incappare in filtri da parte dei client email o finire nello spam.
9
che validato il Product-Market Fit13
(P.M.F.) realizzi una strategia che permetta di
accrescere il numero dei clienti e di massimizzare i ricavi.
Sean Ellis definisce il Growth Hacking come “il marketing guidato dagli esperimenti”.
Lo stesso aveva capito che era necessario mantenere il focus soltanto su un obiettivo:
individuare la metrica chiave dell’intero business e fare tutto quello che era necessario
per aumentare quel numero.
In un contesto economico dove i canali tradizionali (sia di comunicazione, sia di
promozione che di vendita), erano sempre più saturi, i costi di acquisizione erano più alti
e gli utenti/clienti erano pressati da pubblicità, il Growth Hacking sembrò essere la
risposta a tutti questi problemi: un processo, ben strutturato, con degli step ben definiti,
attraverso i quali era possibile sperimentare più e più volte la “risposta” giusta al proprio
contesto/business di riferimento.
Una volta trovato il giusto “hack” si rendeva necessario investire budget più consistenti
per poter aumentare la crescita del proprio business.
In relazione al fenomeno in argomento, si traccia un breve escursus temporale dei
principali accadimenti che l’hanno caratterizzato:
13
Product/Market Fit fa riferimento alla capacità del prodotto/servizio di soddisfare i bisogni della domanda
di mercato. Tratto da Wikipedia
10
Il Growth Hacking, nasce durante l’era del Web 2.0 e si presenta come una strategia
scalabile e ripetibile per la crescita, guidata dal prodotto ed ispirata dai dati, che permette
di costruire una macchina di marketing autoalimentata che possa raggiungere milioni di
utenti in maniera autonoma, ovvero senza il materiale intervento dell’operatore ma che si
propone con una propria autonomia, come nel caso del programma referral di Dropbox
di cui si parlerà successivamente.14
14
Tratto da “Who is a Growth Hacker” di Aaron Ginn
2010
•Ellis conia il termine Growth Hacking, raccontando la sua visione del nuovo marketing
all'interno del suo blog "Startup Marketing".
•Ellis conia il termine Growth Hacking, raccontando la sua visione del nuovo marketing
all'interno del suo blog "Startup Marketing".
2012
•Prima organizzazione mondiale in California sul mondo del Growth Hacking;•Prima organizzazione mondiale in California sul mondo del Growth Hacking;
2013
•Concezione che il Growth Hacking ed il Marketing hanno obiettivi simili, ma li approcciano
con un mindset e con strumenti diversi;
•Concezione che il Growth Hacking ed il Marketing hanno obiettivi simili, ma li approcciano
con un mindset e con strumenti diversi;
2014
•Creazione della più grande community globale di G.H.•Creazione della più grande community globale di G.H.
2015
•Prima Accademia Europea ad Amsterdan denominata Growth Tribe
•Nasce il concetto di suddividere la vita di una startup in 5 fasi
•Prima Accademia Europea ad Amsterdan denominata Growth Tribe
•Nasce il concetto di suddividere la vita di una startup in 5 fasi
2016
•Realizzazione di un tool appossitamente creato per i team di crescita per la gestione del
G.H.;
•Realizzazione di un tool appossitamente creato per i team di crescita per la gestione del
G.H.;
2017
•La multinazionale Coca Cola, licenzia un C.M.O. (Chief Marketing Officer) per assumere un
C.G.O. (Chief Growth Officer)
•La multinazionale Coca Cola, licenzia un C.M.O. (Chief Marketing Officer) per assumere un
C.G.O. (Chief Growth Officer)
11
1.2 Il principale protagonista: il Growth Hacker (Sean Ellis)
La citazione del fondatore Sean Ellis15
“Un growth hacker è una persona la cui stella
polare è la crescita16
” è chiara per definire l’essenza e la priorità di colui che orbita nel
mondo del Growth Hacking.
Infatti, il Growth Hacker viene visto da Ellis come una persona che è unicamente
ossessionata dalla crescita e che, a differenza del marketing manager, il cui scopo è quello
di gestire e mantenere attivi una serie di attività e canali, definisce un singolo obiettivo a
cui sono correlati tutti i suoi sforzi.
Il Growth Hacker è, comunque, una figura tutt’ora in via di definizione e, forse,
rappresenta l’esempio più evidente di un ruolo che nasce all’interno dell’ecosistema
startup.
Egli non ha un background specifico, di solito si tratta di una figura ibrida che proviene
dal marketing, dall’Engineering, o dal product management ed ha l’obiettivo di fare
crescere le basi utenti del proprio business grazie ad un’analisi dei comportamenti, delle
interazioni e dei feedback degli utenti stessi17
.
La definizione di Growth Hacker si rinviene anche nel pensiero di Andrew Chen18
, il
quale lo definisce “un ibrido tra un marketer e un developer”.
Il Growth Hacker, infatti, deve saper combinare il giusto mix tra strategie e strumenti ed
essere il primo a porsi la domanda: “come riusciremo ad ottenere Traction e utenti per il
prodotto?”
Spesso tali strumenti e/o canali non risultano utilizzati o, comunque, risultano
sottostimati, determinando una minore competizione con altre aziende non presenti,
generando costi di acquisizione più bassi19
.
15
Sean Ellis rappresenta il capostipite di questo fenomeno, di cui ne è stato ideatore e promotore in maniera
diretta, attraverso il suo costante impegno effettivo nei vari progetti di impresa di cui si è occupato, primo
fra tutti Drop Box. Imprenditore, business Angel e startup Advisor Sean Ellis è attualmente CEO di
GrowthHAckers.com e mentor all’interno dell’acceleratore di impresa “500 startup” a San Francisco.
16
Tratto dal libro “Growth Hacking: fai crescere la tua impresa online” - Barboni L. Simonetti F. – (pag38)
17
Tratto dal libro “Digital Entrepreneur: Principi, pratiche e competenze per la propria startup.
18
Noto personaggio nel mondo dei Growth Hacker. Attualmente Andrew Chen lavora presso Uber,
multinazionale che fornisce un servizio di trasporto automobilistico privato.
19
Il C.A.C. o Customer Acquisition Cost è l’indicatore di costo che esplica in maniera monetaria il costo
che sostiene l’impresa (o la startup) per acquisire un singolo utente da un determinato canale, o strategia.
12
Una netta distinzione tra la figura del marketer tradizionale e quella del Growth Hacker
la traccia Ryan Holiday nel suo libro” Growth Hacker Marketing”. L’autore, infatti,
compara le due figure in una medesima situazione20
: il marketer si concentra sul “chi”
sono i clienti e “dove” sono; il Growth Hacker, invece, si concentra sulle stesse tematiche
ma in maniera più scientifica e misurabile, distaccandosi quindi dal brand/company
stesso/a per concentrarsi esclusivamente sulle metriche ed il R.O.I.21
L’autore Holiday nel suo libro, durante la comparazione, precisa che i marketer spesso
tendono a vedersi come creativi, facendo affidamento ai brainstorming, intuizioni o
ispirazioni. I Growth Hacker, invece, pur affrontando simili sfide tendono a vendersi
come degli scienziati. È proprio per tale motivo che “Dove il marketer vede una
campagna, il growth hacker vede un esperimento22
”
Approccio focalizzato alle motivazioni, curiosità, attenzione ai dati con relativa capacità
di rielaborazione ed analisi, creatività ed un istinto innato nell’ottimizzare un
prodotto/servizio risultano essere le caratteristiche uniche un Growth Hacker. In un
contesto altamente competitivo, dove i canali tradizionali sono ormai saturi, e gli
algoritmi di Google, Facebook vengono continuamente aggiornati il Growth Hacker non
può più essere soltanto un digital marketer, che utilizzando canali digitali comunica e
promuove, ma piuttosto uno “stratega” che testa continuamente nuove idee finché non
trova il set giusto di tecniche (hack), in grado di dare un vantaggio competitivo rispetto
ai competitor diretti e/o indiretti, trovando quindi, l’Unfair Advantage23
da poter sfruttare
prima, e meglio, di tutti gli altri.
L’obiettivo è la crescita, non il perseguimento di uno schema standardizzato, poiché ogni
contesto è unico e ogni soluzione precedentemente trovata non sarà più ripetibile e capace
di apportare tale Unfair Advantage.
20
Tratto dal libro”Growth Hacker Marketing” di Ryan Holiday (2013). Dove lo stesso scrive testualmente:
“Marketing has always been about the same thing—who your customers are and where they are. What
growth hackers do is focus on the “who” and “where” more scientifically, in a more measurable way”.
21
R.O.I. (ovvero return on investment), tradotto come indice di redditività del capitale investito o ritorno
sugli investimenti) è un indice di bilancio che indica la redditività e l'efficienza economica della gestione
caratteristica a prescindere dalle fonti utilizzate: esprime, cioè, quanto rende il capitale investito in
quell'azienda (fonte: wikipedia).
22
Tratto dal libro “Growth Hacking: fai crescere la tua impresa online” - Barboni L. Simonetti F. – (pag71).
23
Unfair Advantage o “vantaggio scorretto” definisce quel fattore che fa la differenza e che non è definibile
nell’impostazione progettuale, facendo riferimento a quella caratteristica che non viene riconosciuta dal
mercato e non faceva necesseramnte parte del modello di business, ma che ne decreta comunque un
vantaggio competitivo notevole. Ad esempio: una particolare gentilezza del customer care, un livello di
servizio superiore a tutti i competitor, un design che attira un particolare pubblico, elementi che possono
essere sì pensati ma che vengono riconosciuti apertamente come elemento differenziante dal mercato.
13
Proprio per tale motivo sembra chiaro un concetto formulato da noti esponenti del settore:
“Un direttore di marketing tradizionale avrebbe avuto difficoltà a spingere Netflix nella
situazione in cui si trova oggi”.
Il Growth Hacker ha, pertanto, una forte personalità, caratterizzata da alcuni dei seguenti
elementi fondamentali:
• è sempre aggiornato sui trend del momento, gli strumenti, i canali digitali e non;
• è in grado di imparare velocemente e riprodurre altrettanto in fretta quanto appreso;
• è ossessionato dalla crescita;
• ha una spiccata creatività che gli permette di andare oltre i limiti, cercando e
ricercando nuovi canali, strategie e immaginandone dei nuovi;
• problem solving creativo;
• leadership.
Se si volesse rispondere, invece, alla semplice domanda “Cosa fa il Growth Hacker?”
basterebbe sintetizzare le seguenti attività:
• è un professionista che conosce i principi di digital marketing e di programmazione;
• lavora con risorse limitate, budget contenuti e tempi serratissimi;
• aumenta il traffico e le conversioni per trasformare quanti più visitatori possibili in
utenti.
In una sola parola: è un professionista che pensa fuori dagli schemi (out of the box).
Alla domanda “quale è la caratteristica principale di un Growth Hacker?”, un noto
imprenditore digitale24
risponde: “deve essere una persona multidisciplinare”, deve avere
una formazione a T, caratteristica volta a padroneggiare in maniera verticale diversi
argomenti e tematiche, ma allo stesso tempo deve avere una conoscenza, o quanto meno
comprensione, di tutti gli argomenti “di contorno”, di fondamentale importanza25
.
Il Growth Hacker, viene definito anche marketers full-stack ed è per questo un marketers
con competenze tecniche, di analisi, di design che lo rendono autonomo ed indipendente
24
Raffaele Gaito: Imprenditore Digitale, Growth Hacker, Startup Mentor, Blogger italiano;
25
Tratto dal libro “Growth Hacking: fai crescere la tua impresa online” - Barboni L. Simonetti F.; Dario
Flaccovio Editore; (pag.80). Testualmente: “Un growth hacker che viene dal mondo del marketing avrà,
probabilmente, ottime conoscenze di advertsing, di SEM, di funnel e potrà (anzi, dovrà) rafforzare le sue
competenze di programmazione, di analytics, di copywriting, di A/B testing…” scritto da Raffaele Gaito.
14
nelle sue strategie. Il suo lavoro è definito” marketing di prodotto guidato dai dati” o
“product management orientato al marketing”.
In Italia la figura professionale del Growth Hacker non ha ancora assunto particolare
rilievo giuridico e viene spesso surrogata dal consulente di marketing, di web strategist e
di digital marketing, lasciando quindi sconnesse tutte le forze che non risultano
concentrate univocamente per la crescita del business.
1.3 I casi studio
Al fine di facilitare la comprensione del fenomeno osservato, verranno presentati ed
illustrati in questo lavoro dei case study di startup, imprese e business che hanno
implementato, come strategia, il Growth Hacking il quale ha permesso loro di realizzare
una crescita esponenziale, costante e scalabile.
Saranno, quindi, illustrati soltanto alcuni di questi casi aziendali, evidenziando di volta in
volta le diverse strategie e gli ambiti di implementazione.
1.3.1 Il caso di Airbnb: O.P.N. (Other People’s Networks)
AIRBNB26 è un tipico esempio di come la mentalità del Growth Hacking,
sia in grado di portare il business da un garage polveroso a miliardi di
dollari di finanziamento27
ed il cui successo è dovuto principalmente ad
un Growth Hack. Il suo team di sviluppo, infatti, rileva una falla interna
in uno dei siti di annunci più famosi degli States: Craigslist28
, ovvero il più importante
portale di annunci, pioniere del settore, già noto con un elevatissimo numero di utenti,
proprio quando Airbnb stava iniziando a testare il proprio prodotto.
La crescita esponenziale di Airbnb, ai suoi esordi, è stata possibile sfruttando a proprio
vantaggio il canale già presente di Craigslist.
26
Airbnb è un portale online che mette in contatto persone in cerca di un alloggio o di una camera per brevi
periodi, con persone che dispongono di uno spazio extra da affittare, generalmente privati.
27
Tratto dal libro: “Le professioni della comunicazione 2017. Il libro bianco. Una guida per studenti,
professionisti e formatori” – Franco Angeli (2017).
28
Craigslist è un portale che ospita annunci dedicati al lavoro, eventi, acquisti e vari servizi. Il servizio è
stato creato da Newmark C. nel 1995. Fonte Wikipedia.
15
Airbnb adottò un sistema apparentemente semplice: nel form che ogni suo nuovo utente
doveva compilare per inserire la propria casa sul portale, diede l’opzione di poter
automaticamente inserire l’annuncio anche su Craigslist.
Tale procedura comportò una maggiore visibilità e autorevolezza, poiché il sito web di
Craigslist risultava ampiamente noto, permettendo di creare un link in entrata al sito web
di Airbnb, scalando, in tal modo, le chiavi di ricerca di Google e degli altri motori di
ricerca, permettendo di risalire così i risultati degli indici dei motori di ricerca (SERP).
Tutto questo
indubbiamente non fu
per niente facile,
poiché Craigslist non
aveva volutamente
lasciato le
proprie A.P.I.29
aperte
(quindi disponibili
liberamente a
programmatori
esterni per realizzare i collegamenti tra piattaforme) proprio per evitare di saturare il
proprio portale con gli annunci di altri servizi simili.
Nessuno aveva mai operato una simile procedura, fin quando il team di Airbnb, senza
chiedere alcun permesso, attraverso un processo di reverse engineering, capì come
funzionassero i form di immissione dati del competitor, rendendo il proprio portale
completamente compatibile, tramite un bot30
che agiva in maniera del tutto automatizzata.
Questo esempio31
offre diversi spunti di riflessione sul Growth Hacking:
• la strategia di Growth Hacking utilizzata da Airbnb non sarebbe mai potuta venire in
mente a un esperto di marketing tradizionale;
29
Con Application Programming Interface (in acronimo API, in italiano interfaccia di programmazione
di un'applicazione), in informatica, si indica ogni insieme di procedure disponibili al programmatore, di
solito raggruppate a formare un set di strumenti specifici per l'espletamento di un determinato compito
all'interno di un certo programma. Spesso con tale termine si intendono le librerie software disponibili in
un certo linguaggio di programmazione. – Wikipedia.
30
Esecuzione di un comando da remoto che permette ad un altro sistema di interagire.
31
Esempio fondamentale per comprendere il mindset secondo Neil Patel, autore della “Guida definita del
Growth Hacking. Neil Patel è Growth Hacker, Imprenditore digitale.
16
• Airbnb ha usato il suo stesso prodotto come principale canale di distribuzione di se
stesso: l’integrazione con Craigslist era interna all’applicazione e non esterna ad essa;
• Airbnb ha saputo individuare i propri utenti e ha esattamente centrato dove andarli a
trovare: fonte Craigslist.
Citazione32
“I tuoi utenti non cominciano a esistere solo dal momento in cui arrivi sul
mercato. Sono già attivi, là fuori…Chiediti dove si stanno radunando online e offline, e
trova il modo di attingere a queste community per ottenere visibilità e crescere
rapidamente sulle spalle dei competior”.
1.3.2 Referral Program di Dropbox
DROPBOX, oggi colosso del cloud storage, tra i primi nel settore, conta oltre 500 milioni
di utenti attivi che ogni giorno utilizzano questo servizio. Durante la sua
crescita, dovuta in parte a Sean Ellis, ha dovuto affrontare competitors
già consolidati nel settore quali Google Drive, iCloud e SkyDrive.
I fondatori di Dropbox33
, dopo essere riusciti a “conquistare” i primi
utenti, grazie al loro incredibile video demo virale, si trovarono agli inizi del 2009 in un
momento di stallo. Per tale motivo si concretizzò il dilemma se continuare a investire il
loro budget negli stessi canali (video virale e strategia comunicativa sui social media)
oppure utilizzare la pubblicità per promuovere il loro prodotto attraverso l’advertising34
su Google.
Stimarono che il costo di acquisizione per un singolo cliente si aggirava tra 233 e 388
dollari, rispetto ai 99 $ di un abbonamento premium che loro stessi offrivano, in questo
modo l’acquisizione utenti gli sarebbe costata moltissimo ed il modello non sarebbe
risultato sostenibile.
Dopo più di quattordici mesi di stasi venne implementata una proposta presentata da Sean
Ellis, durante un suo colloquio nella neo-società.
32
Tratto dal libro “Growth Hacking: fai crescere la tua impresa online” - Barboni L. Simonetti F. (pag 47).
33
Come viene raccontato nel citato libro “Growth Hacker Marketing “di Ryan Holiday.
34
Investire in campagne advertising significa, per le imprese, dare vita ad una serie di strategie di
comunicazione finalizzate alla creazione di consenso in relazione alla propria immagine e a quella dei
propri prodotti o servizi
17
Un programma referall35
, era abbastanza semplice, ogni volta che un utente si iscriveva
sul sito gli veniva automaticamente suggerito di invitare i propri contatti ad iscriversi su
Dropbox. Nel caso in cui questi decideva di iscriversi gli sarebbero stati riconosciuti 500
megabyte gratis ad utente (similmente ispirata alla strategia di PayPal che riconosceva
20$ di bonus).
Ellis, quindi, propose una strategia davvero unica: a Dropbox non costa praticamente
nulla ed era estremamente scalabile. Attraverso un attento studio sul processo di
iscrizione ed installazione venne processata la stessa, affinché accompagnasse in maniera
del tutto intuitiva e chiara l’utente a “Get more space36
” piuttosto all’ “invita i tuoi amici”.
A tal proposito, fu reso maggiormente intuitivo poter condividere url37
personalizzati che
permettevano di promuovere sui diversi social media il proprio link utente referral, oltre
che tramite email.
Una soluzione tanto semplice quanto efficace visto che nel giro di 15 mesi Dropbox è
passata da 100.000 iscritti a 4 milioni.
1.3.3 Facebook: Network Effect
FACEBOOK, il più grande social network più utilizzato al mondo, che conta oltre 2
miliardi di utenti attivi nell’ultimo anno38
.
Il suo successo non è, esclusivamente, da ricondurre ad un
Growth Hack, ma vanno comunque definiti i momenti più
35
Un referral si verifica quando un utente fa clic su un link ipertestuale, banner o altro, che lo indirizza a
una pagina di un nuovo sito web.
36
Letteralmente: “Ottieni più spazio”.
37
“La locuzione Uniform Resource Locator (in acronimo URL), nella terminologia delle telecomunicazioni
e dell'informatica, è una sequenza di caratteri che identifica univocamente l'indirizzo di una risorsa in
Internet, tipicamente presente su un host server, come ad esempio un documento, un'immagine, un video,
rendendola accessibile ad un client. L'URL di solito è una sequenza di caratteri indipendente dal web, e
anche se il tipo più comune identifica risorse web (http), è vastamente utilizzato dai programmatori per
indicare risorse recuperabili tramite protocolli di trasferimento file (ftp), condivisioni remote (smb), o
accessi a sistemi esterni (ssh)”. Fonte: Wikipedia.
38
Tratto da Wikipedia.
18
significativi che hanno permesso a Mark Zuckerberg39
di sfidare un colosso già presente
sul web: Myspace40
.
La possibilità di poter inserire dei widget all’interno dei propri blog, collegati
direttamente alla fanpage, ha permesso a Facebook di utilizzare la visibilità dei blog e dei
siti che avevano contestualmente anche aperto una pagina sul social.
Ma il vero Growth Hack di Facebook è stato quello di saper sfruttare al meglio il principio
della “riprova sociale”, uno dei 6 principi di persuasione che spingono gli individui
all’azione41
. Ovviamente, sorge spontaneo chiedersi come si possa tradurre tutto questo
nella strategia utilizzata da Zuckerberg.
Appena iscritto a Facebook, all’utente veniva chiesto di trovare i suoi amici sulla
piattaforma inserendo il suo indirizzo email. Una volta aggiunti quelli già presenti sul
social, veniva offerta la possibilità di invitare tutti i contatti non presenti, questo grazie
all’integrazione delle API dei vari servizi di posta elettronica più diffusi (Gmail, Hotmail.,
Yahoo ecc), inviando un’email nella quale si faceva presente la propria presenza
all’interno del social.
In questo modo, attraverso queste leve psicologiche/emotive, per le quali tendiamo a
fidarci di più delle persone che conosciamo e degli utenti reali, erano gli stessi
clienti/utenti a diventare un ulteriore canale di promozione del servizio.
39
“Mark Zuckerberg (White Plains, 14 maggio 1984) è un informatico e imprenditore statunitense,
conosciuto per essere uno dei cinque fondatori del social network Facebook. Dall'aprile 2013 Zuckerberg
è presidente e amministratore delegato di Facebook Inc.. In qualità di fondatore di Facebook, riceve uno
stipendio simbolico di 1 dollaro. Al 2017 è il 5° uomo più ricco del mondo, con un patrimonio stimato di
61,4 miliardi di dollari”. Fonte: Wikipedia.
40
Tratto dal libro “Growth Hacking: fai crescere la tua impresa online” - Barboni L. Simonetti F. (pag. 49-
51).
41
Luca Barboni più volte fa riferimento al principio psicologico chiamato ripova sociale, facendo
riferimento a Robert Cialdini, autore del libro “le armi della persuasione”. Dal libro “Growth Hacking: fai
crescere la tua impresa online” - Barboni L. Simonetti F. (pag. 49-51).
19
CAPITOLO 2
I PRINCIPI DEL GROWTH HACKING
Il Growth Hacking rappresenta la ricerca e la comprensione di quanto i piccoli
cambiamenti abbiano effetto sul prodotto e su tutte le fasi del Funnel42
.
L’approccio al Growth Hacking è da inserire in un ciclo che deve essere ottimizzato
continuamente, ciclo che inizia da un’idea, la quale verrà modificata, e ottimizzata, sulla
base degli obiettivi e dei test effettuati.
Il processo dovrà essere continuamente analizzato e ottimizzato, utilizzando approcci e
tecniche che possono riguardare l’aspetto psicologico, la fruizione, le funzionalità e le
caratteristiche del prodotto stesso. Si tratta di raggiungere obiettivi di crescita: per
perseguirli si potrà anche dover cambiare l’idea iniziale o alcune funzionalità del
prodotto.
L’identificazione di un modello di crescita, fondato sulla Growth Hypothesis43
, potrà far
riferimento a idee di marketing che, se opportunamente validate, permetteranno di
utilizzare strategie che non presuppongono solo un budget da impiegare.
È proprio attraverso le Growth Hypothesis che sarà possibile capire come creare domanda
di mercato, senza dover sperperare tutto il bugdet solo per richiamare l’attenzione
dell’utente.
42
“È una macchina, una struttura che viene costruita una volta e che ti permette di consegnare il valore,
quelli che sono i tuoi prodotti e i tuoi servizi ai tuoi potenziali clienti. Quindi una macchina che comunica
valore al posto tuo. In modo da non, ogni volta, scrivere le stesse email alle stesse persone per le stesse
domande, o comunicare al telefono le stesse informazioni, o in vis-a-vis comunicare le stesse
informazioni. Ma una macchina che possa consegnare un insieme di informazioni preciso, e che le
persone una volta entrate in questa macchina, come il gettone che inserisci un po’ nella slot-machine,
seguono un percorso preciso, e le quali ricevono i tuoi contenuti, il tuo valore. In questo modo, queste
persone quando poi ti ricontattano alla fine del funnel, alla fine del percorso, sono molto più propense
ad acquistare i tuoi prodotti, molto più propense ad acquistare i tuoi servizi. Generalmente il funnel di
marketing viene disegnato come un imbuto, infatti “funnel” significa “imbuto”. A me piace più pensare
a una macchina: una macchina che ha un suo interno, un suo meccanismo, composto da vari elementi,
che sono gli elementi che tu vai a controllare per verificare lo stato di questa macchina e come può
migliorare gli indici di conversione, quindi di vendita, quindi di performance della macchina stessa”.
Tratto da “Cos’è il funnel di Marketing” di Michele Tampieri.
43
“Una Growth Hypothesis è una supposizione che permette di capire e testare come gli utenti entreranno
in contatto con il prodotto e definire il modo più efficiente per acquisire clienti nuovi e aumentare il
bacino di utenza”. Tratto dal libro: “Startup Marketing: Strategie di Growth Hacking per sviluppare il
vostro Business” Camera A., Hoepli. Edizione Kindle (posizione nel Kindle 1446-1447)
20
Citazione: “Infine, chi è che dovrebbe progettare il prodotto? Il cliente, ovviamente”
(Philipp Kotler)
Durante il processo di sviluppo di Dropbox, sopra richiamato, non era stata azionata
un’idea per volta, ma era stato realizzato un complesso processo di analisi, test e
validazione, attraverso il quale era possibile abbandonare un’ipotesi per passare
velocemente a quella successiva, quando questa non consentiva di ottenere i risultati
attesi. La validazione delle Growth Hypothesis deve portare a ottenere una crescita
sostenibile, ossia con un impatto a lungo termine.
2.1 Growth Engine: il modello di crescita
Convalidate le ipotesi di crescita (Growth Hypotetis) sulle quali poter far leva, queste
andranno inserite all’interno di un processo definito Growth Engine, letteralmente motore
di crescita, il quale permetterà di monitorare ed analizzare i rapporti che intercorrono tra
l’azienda e il proprio target.
Essendo di fondamentale importanza perseguire il P.M.F., questo risulta essere
necessariamente un processo continuo, finalizzato all’automazione della crescita del
business stesso, attraverso una strategia che risulta essere contemporaneamente efficiente,
efficace e sostenibile.
Tale sistema, se progettato nel modo corretto, conduce alla crescita: è un loop che definirà
il ciclo di crescita di un prodotto.
Esistono tre differenti modelli di Growth Engine che possono essere utilizzati da una
startup:
• Sticky: basato sul mantenimento del coinvolgimento (engagement) degli utenti,
spingendoli a utilizzare il prodotto nel tempo.
• Viral: quando una startup si concentra sulla creazione di un sistema virale, che
permette l’espansione rapida della conoscenza della stessa.
• Paid: quando il processo di crescita si basa principalmente su campagne a pagamento.
In questo specifico caso è di fondamentale importanza che il costo di acquisizione di
un utente sia minore di tutti gli acquisti che effettuerà, al netto dei costi variabile.
21
Soltanto in tal modo si avrà profitto da poter reinvestire in pubblicità e attivando un
circolo virtuoso.
Nello specifico il processo di Growth Engine di marketing è strutturato in 3 fasi distinte:
1. Individuare tutti i canali disponibili, sia che essi risultano essere poco importanti o
non comuni;
2. Mettere insieme dei test veloci, con budget ridotto, per verificare il raggiungimento
degli obiettivi nei canali. Obiettivo di questa fase è capire quale strategia utilizzare
per ogni canale, al fine di individuare la tecnica che si utilizzerà successivamente per
ognuno;
3. Trovare il canale che funziona e permettere di ottenere Traction44
, focalizzarsi
esclusivamente su quello e sfruttarlo finché non sarà saturo.
Per tale motivo il Growth Hacker deve riuscire a realizzare una valida Growth Engine che
possa permettere di rendere performante e misurabile tutto il processo di sperimentazione
al fine di riuscire a trovare l’hack che avvii il processo di crescita del modello di business
stesso.
Lo stesso Ellis definisce di fondamentale importanza questa metodologia di fare
continuamente test “High Tempo Testing”45
,riferendosi all’importanza di validare quante
più proposte è possibile nel minor tempo, per riuscire a trovare l’unico growth hack,
preferendo, dunque, il maggior numero di esperimenti e permettendo così una maggiore
raccolta di informazione che consentano di massimizzare la possibilità di rintracciare il
giusto Growth Hack.
2.2 L’importanza delle metriche
Per metriche si intende qualsiasi cosa possa essere sottoposta a misurazione. Moltissime
cose sono misurabile, ma il fatto che lo siano non le rende automaticamente rilevanti.
44
Traction è la capacità di un’impresa di fare presa sul mercato, di guadagnare visibilità.
45
“High tempo testing. Moving Beyond Hustle to Building a Predictable Growth Machine” - Sean Ellis.
La definizione di High Tempo Testing fa riferimento a delle strategie di attacco del football americano,
nello specifico “High Tempo Pressing”: dove la migliore strategie per difendere e attaccare risultare
essere quella di pressare la squadra avversaria su più fronti contemporaneamente per non subire
facilmente goal.
22
La fase di misurazione è di fondamentale importanza per poter quantificare a posteriori
le ripercussioni delle scelte intraprese, iterazione dopo iterazione. Grazie all’analisi, si
riuscirà a misurare e validare l’istinto, basato sulle esperienze passate e sul pragmatismo.
I tool di analisi sono estremamente importanti, poiché consentono di correggere le azioni
e l’approccio, fornendo una rappresentazione veritiera e corretta della realtà che, tuttavia,
deve essere combinata con elementi qualitativi per essere funzionale a determinate
decisioni.
Tuttavia, non è possibile analizzare qualsiasi cosa, poiché alcune decisioni sono
indipendenti dai dati, ecco perché devono essere combinate con altre informazioni per
identificare il mercato, il problema da risolvere e gli elementi fondamentali del modello
di business.
Affinché la scelta delle metriche sia corretta è necessario che le stesse rispecchino queste
caratteristiche:
• Importanza. Inutile utilizzare quante più metriche è possibile, di cui non se ne
potrà neanche dedurre la causa-effetto. I parametri più importanti sono quelli che
permettono di rilevare eventuali problemi;
• Correlazione ad un obiettivo: dopo aver identificato i problemi su cui focalizzarsi,
è necessario definire gli obiettivi di business;
• Autenticità: esistono tanti dati poco significati, chiamati vanity metric (metriche
della vanità) che non indicano il valore di un’azienda o di un business, ad esempio
numero di follower sui social, numero di download di un’applicazione e non
numero di utilizzatori46
.
• Impatto significativo: relativamente al risultato ottenibile a seconda
dell’intervento sul parametro;
• Governabilità: dovendo analizzare le scelte intraprese, per poterne valutare gli
effetti, è doveroso escludere tutti quei parametri di cui non si ha un controllo
diretto;
46
Ad esempio per Facebook sarebbe risultato facile misurare la propria crescita attraverso numero di
utenti registrati, ma invece si sono concentrati sugli utenti attivi ogni giorno: metrica più autentica e
capace di quantificare realmente il delta di crescita.
23
• Che siano adattabili ai vari stadi del business: ogni azienda ha bisogno di crescere,
pur mutando il concetto di crescita in funzione allo stadio di evoluzione del
business.
Attraverso l’utilizzo delle metriche, quindi, il tracking e l’analisi dati risultano essere il
driver per ogni Growth Hacker, grazie ai quali si è in grado di ricavare informazioni
fondamentali e decisive per la crescita di un’azienda.
2.2.1 Obiettivi SMART
Molto spesso quando viene chiesto ai founders di una startup quale siano gli obiettivi che
intendono raggiungere, rispondo: “diventare la piattaforma europea per il Food
Delivery” oppure “diventare l’app più importante in Europa per lo scambio di contatti a
livello professionale”, invertendo così l’obiettivo con la visione.
Gli obiettivi, in quanto tali, devono quindi essere S.M.A.R.T.47
:
• Specific: specifici e pertinenti per quel tipo di business;
• Measurable: misurabili dal punto di vista quantitativo;
• Achievable: raggiungibili, ossia realistici (per esempio, non dovrete considerare
obiettivi troppo distanti dalla realtà, rischiando di perdervi in piani quinquennali);
• Realistic: realistici, quindi importanti ed essenziali per il vostro progetto;
• Time-Based: basati su un periodo di tempo definito.
2.2.2 K.P.I.
Le Key Performance Indicator (K.P.I.) sono degli indicatori (chiave) di performance,
quale metriche che permettono di capire se si sta raggiungendo o meno l’obiettivo.
Ai fini di definire una KPI è necessario avere a disposizione un dato quantitativo, ossia
una metrica rilevante e in linea con l’obiettivo da realizzare. Inoltre, deve essere un
parametro reattivo: nel caso di un cambiamento, il valore della KPI dovrebbe essere in
47
Il metodo S.M.A.R.T. è stato sviluppato da Peter Druck nel 1954, come parte integrante della filosofia di
gestione aziendale MBO (Management by Objectives). Si tratta di un sistema per la definizione degli
obiettivi, che vengono messi al primo posto rispetto alle attività necessarie per il loro raggiungimento;
24
grado di rifletterlo, sia in positivo che in negativo, fornendo una fotografia immediata
dello stato del progetto.
Infine, le KPI dovrebbero essere semplici da comprendere e non fornire risultati ambigui
o soggettivi.
Sebbene tutti le KPI siano delle metriche, non tutte le metriche sono KPI: una metrica
sarà un’ottima KPI nello stato in cui misura le performance che sono considerate
fondamentali per il business in esame.
Le KPI devono essere parte di un processo che comprende cicli brevi (sprint). Infatti, è
molto importante essere in grado di prendere decisioni tempestive sul prodotto e sul
business, in caso di cambiamenti. L’analisi delle KPI si deve basare su strumenti
qualitativi e quantitativi e sull’impiego di A/B Testing.
Di seguito alcune KPI essenziali per una startup:
• Consumer Acquisition Cost (C.A.C.): è un indicatore che monitora il costo di
acquisizione per un singolo utente in un determinato canale. È il risultato del
rapporto fra il totale dei costi di marketing e delle vendite in un arco di tempo per
il numero totale di clienti acquisiti nello stesso range temporale. Il C.A.C. potrà
essere specifico per ogni canale utilizzato, potendo così apprezzare la scelta di
uno rispetto ad un altro, oppure, facendo una media fra tutti i canali utilizzati, si
genererà un unico C.A.C. Obiettivo di un Growth Hacker è minimizzare il
C.A.C.
• il Customer Lifetime Value (CLV o LTV): è la quantificazione dei profitti
generati dai singoli clienti in un determinato lasso di tempo prima che smetta di
utilizzare il servizio/prodotto. Tale metrica è influenzata dal tasso di
fidelizzazione dei clienti stessi. Obiettivo di una strategia di Growth Hacking è
quella di massimizzare tale parametro.
• Churn Rate (Tasso di Abbandono): ossia quanti utenti abbandonano il
prodotto/servizio, risulta essere il complementare del CLV. È un parametro
influenzato dal modello di business e dal settore di riferimento48
. Obiettivo del
G.H. è minimizzare il Churn Rate.
48
Pur comparando due servizi digitali: Facebook e Uber, questi risulteranno avere un tasso di abbandono
considerevolmente differente. L’uso frequente di Facebook è diverso rispetto a quello di Uber, dove
l’utilizzo dell’applicazione anche soltanto poche volte a settimana risulta essere un indicatore positivo.
25
• Average Revenue Per User (ARPU): è la metrica che misura la quantità di denaro
che spende in media un utente ogni volta che acquista un determinato bene.
Parametro tipico degli e-commerce. Obiettivo del Growth Hacker: massimizzare
l’ARPU, aumentando la spesa media dell’utente49
.
• K-Factor o Fattore di Viralità: è il numero di utenti ottenuti tramite la viralità o il
passaparola fra i clienti, viene calcolato per cicli per poter apprezzare al meglio
il fattore di crescita. Un fattore K > 1 significa avere una crescita virale o
esponenziale, permette di abbattere i CAC.
2.3 Startup Metrics for Pirates (Dave McClure)
Come già illustrato al precedente paragrafo (2.2), è stata discussa l’importanza delle
metriche per poter riuscire a costruire un’efficiente ed efficace Engine Growth che possa
permettere una crescita esponenziale del proprio modello di business, motivo per il quale
sono da escludere le vanity metrics.
Nel Growth Hacking si utilizzano le “Metriche per Pirati50
” (Startup Metrics for Pirates:
AARRR), ideate da Dave McClure nel 2007, oggi impiegate per formare tutte le startup
che vengono accelerate nel Venture Capital 500Startups51
.
Numerosi sono i framework52
utilizzati per pianificare le diverse strategie di marketing53
.
Nel Growth Hacking questo viene utilizzato perché è uno dei funnel più efficace e
sintetico nel descrivere al meglio il ciclo di vita del cliente nel panorama del marketing
moderno.
Il framework viene così chiamato per il suono dell’acronico delle fasi che lo compongono,
appunto “AARRR54
”. Attraverso la suddivisione dell’esperienza utente in soli cinque step
è possibile mappare correttamente il proprio prodotto/servizio e la relativa strategia di
marketing, potendo così capire:
49
Esempio tipico di questa strategia è quella all’interno dell’e-commerce Amazon, che successivamente ad
un acquisto suggerisce altri articoli correlati, per aumentare il valore medio del carrello della spesa.
50
Tratto da “Startup Metrics for Pirates” di Dave McClure.
51
500Startups è un fondo di venture capital e acceleratore di startup fondato da Dave McClure e Christine
Tsai nel 2010 a Mountain View, California.
52
Il Framework è uno schema concettuale per semplificare la realtà e permettendo di prendere decisione
più velocemente e avendo una visione d’insieme maggiore.
53
Fra i più noti ricordiamo: le 4 forze di Porter, la S.W.O.T Analysis, la Customer Journey Map.
54
Nella letteratura moderna l’urlo dei pirati viene identificato col suono onomatopeico “ARRR” o
“ARGH”.
26
• Cosa accade quanto un utente interagisce col prodotto/servizio;
• Cosa sta funzionando bene;
• Cosa non funziona,
• Dove agire per risolvere eventuali problemi.
Nello specifico secondo McClure le cinque fasi sono così suddivise55
:
• Acquisition: acquisizione del cliente;
• Activation: attivazione dell’utente;
• Retention: ritorno del cliente fidelizzato;
• Referral: passaparola del cliente ad altri utenti;
• Revenue: momento in cui il cliente paga per il prodott/servizio.
Dalla sua nascita, il framework sopracitato si è evoluto, soprattutto in funzione alle nuove
dinamiche del marketing digitale, motivo per cui è subentrata un ulteriore fase iniziale:
• Awareness: momento in cui un possibile cliente entra in contatto per la prima
volta col prodotto/servizio.
I sei step non sono mai
statici, ma risultano essere
modulari in funzione al
modello di business preso
in esame56
. Tale
framework permette di
tenere in considerazione
specifici elementi per ogni
singola fase, in modo da
poter analizzare ed
apprezzare tutte le scelte
apportate, costituendo così
il Growth Funnel.
55
Tratto da “Startup Metrics for Pirates: AARRR!!! (Startup Metrics for Product Marketing & Product
Management)” di McClure D. (2007).
56
Es. Per le aziende che faranno fruire il proprio prodotto/servizio dopo il pagamento da parte del cliente,
risulta antecedente la fase Revenue a quella Activation.
27
2.3.1 Il Growth funnel A.A.A.R.R.R.
Letteralmente funnel significa Imbuto, proprio perché l’obiettivo del Growth Hacking è
quello di rendere quanto più efficiente, efficace e specifico il processo che genera il
profitto, appunto partendo da una fase più ampia e vasta per concludersi con il focus sulla
redditività del modello di business.
L’utilizzo del framework dei Pirati (AAARRR) permette di avere una piena visione di
insieme, guardando dall’esterno tutte le singole fasi, motivo per cui è di fondamentale
importanza che ogni step venga ben visualizzato, definito e testato.
Compito del Growth Hacker sarà quello di assegnare ad ogni step un KPI di riferimento
attraverso il quale validare le scelte intraprese in ogni singola fase dell’esperienza
dell’utente. Essendo diversi i clienti con i quale un’azienda o una startup si relaziona,
dovranno essere altrettanto diversificati i relativi funnel ideati, nello specifico uno per
ogni singolo target di riferimento dell’impresa.
Di seguito, una presentazione dettagliata di ogni singola fase con i relativi obiettivi e
metriche di riferimento.
2.3.1.1 Awareness
Fase iniziale del framework AAARRR, rappresenta il momento in cui un potenziale
cliente entra per la prima volta in contatto con l’impresa.
Questo momento corrisponde alla fase di consapevolezza/scoperta del prodotto e/o
servizio da parte dell’utente grazie ai vari touchpoint che ha l’azienda (sia online o
offline).
Le metriche più importanti in questa fase sono:
• Traffico sul sito web;
• Traffico su una specifica landing page;
• Visualizzazioni di uno specifico post (su un social o su un blog);
• Download dell’app.
28
In questa fase iniziale le metriche di vanità, nonostante più volte sono state considerate
vane, risultano essere abbastanza importanti, in quanto rendono apprezzabile il livello di
notorietà del modello di business. Però, al fine di non rendere questa fase fine a sé stessa
è necessario strutturarla affinché si instauri una relazione con gli utenti con i quali si entra
in contatto, per poterli convertire in potenziali acquirenti del prodotto/servizio.
Proprio per questo motivo, obiettivo di questo step è quello di mettere in contatto
l’azienda con i suoi utenti target, in modo da poterli così rendere successivamente clienti.
2.3.1.2 Acquisition
La fase di “Acquisizione”, primo punto di contatto diretto con i clienti, rappresenta il
momento in cui l’utente, dopo aver conosciuto per la prima volta l’impresa, intende
entrare in contatto con essa per avere maggiori informazioni, manifestando dunque
interesse verso il prodotto/servizio della stessa.
L’iscrizione, tramite il rilascio dei dati personali, rappresenta appieno questa fase, in cui
l’utente entra in contatto con il modello di business.
Diverse risultano essere le strategie affinché si possa raggiungere questa fase, ma
soprattutto diversi saranno i canali con i quali si potrà “attivare” il futuro cliente, fra
questi ricordiamo: iscrizione alla mailing-list, iscrizione alla prova gratuita del servizio
erogato, compilazione di un form per poter scaricare contenuti inerenti al
prodotto/servizio offerto, iscrizione gratuita al servizio offerto, ect.
Le metriche di riferimento di questa fase includono tutte le azioni per le quali il cliente
manifesta il proprio interesse nel conoscere, provare il prodotto/servizio.
L’obiettivo principale del Growth Hacker, in questo step è quello di ottimizzare il tasso
di conversione tra l’acquisizione dati dell’utente e la sua attivazione, mantenendo il
C.A.C. il più basso possibile.
Come già ribadito, ogni modello di business ha “regole” e dinamiche proprie, motivo per
cui il C.AC. andrà sempre rapportato al C.L.V.57
, ponderando quindi il costo di
57
Customer Lifetime Value.
29
acquisizione di un singolo utente rispetto al profitto che l’azienda guadagnerà da esso
quando diventerà un cliente pagante del prodotto/servizio.
2.3.1.3 Activation
Activation o Attivazione utente, è il momento in cui quest’ultimo sperimenta per la prima
volta la value proposition dell’impresa o della startup.
Pur sembrando simile alla fase precedentemente esposta, in questo step gli utenti non
saranno più “visitatori” ma potenziali clienti, poiché gli stessi provano/testano
effettivamente il prodotto/servizio. Tale momento non coincide, però, con la
manifestazione di interesse verso detto prodotto. Per chiarire meglio tale distinzione,
possiamo utilizzare l’esempio del servizio reso da Uber, per il quale un utente scaricando
l’applicazione ed iscrivendosi al servizio, manifesta la sua reale intenzione, interesse ad
utilizzare l’app stessa. Tuttavia, finché l’utente non prenota per la prima volta il servizio
di trasporto, questo non potrà considerarsi ancora all’interno della fase di Attivazione,
non potendosi così apprezzare il reale valore offerto dal servizio stesso.
Per evitare la possibilità di confusione tra queste due ultime fasi “A”
(Acquisition/Activation) sarà opportuno focalizzarsi sui rispettivi obiettivi. Nella fase di
acquisizione si incuriosisce il “visitatore” o utente attraverso contenuti informativi del
prodotto/servizio, invece nella fase di attivazione lo stesso proverà il servizio potendo
così valutare egli stesso la sua esperienza utente. Motivo per cui, il Growth Hacker dovrà
rendere quanto più performante e memorabile la prima esperienza utente, performance
che potrà misurare attraverso KPI che facciano riferimento e riconducano al livello di
soddisfazione.
2.3.1.4 Retention
La fidelizzazione del cliente è l’obiettivo principale di ogni modello di business,
attraverso il quale ogni azienda può apprezzare il reale soddisfacimento del proprio
cliente, poiché un cliente soddisfatto del prodotto/servizio dell’azienda tornerà
nuovamente ad utilizzarlo.
30
Nel misurare l’efficacia di questo step si utilizzano tutti i KPI che misurano il tasso di
fidelizzazione del cliente, serve però uno storico di dati per poter effettuare stime
abbastanza accurate. Tutte le scelte adottate in questa fase saranno cruciali per quanto
riguarda tutto il profitto che genera un singolo cliente.
Essendo diversi i modelli di business con le relative dinamiche di mercato, esistono casi
in cui un basso tasso di fidelizzazione non è un sintomo negativo per l’azienda, caso
specifico nel mercato del lusso, dove i margini sono talmente alti che la fidelizzazione
del cliente ricopre meno importanza. Dinamica opposta nel mercato B2B, dove il ciclo di
vendita solitamente è abbastanza lungo ed articolato.
Il Growth Hacker, al fine di migliorare la performance di questo step, si concentra nel
ottimizzare la funzione d’uso del prodotto/servizio, aumentandone le caratteristiche e le
feauture ovvero nel rendere più semplice e chiare le fasi antecedenti a queste. Ciò al fine
di poter “accompagnare” il cliente al riutilizzo del servizio e tutte le altre strategie che
possano permettere il più possibile di minimizzare il tasso di abbandono del servizio
stesso.
2.3.1.5 Revenue
La fase dei ricavi, appunto “Revenue”, rappresenta il momento in cui l’utente diventa un
cliente pagante. Nel marketing tradizionale corrisponde alla fase di acquisto.
Denominatore comune di ogni business è l’obiettivo finale per il quale tutto il Growth
Funnel si concentra: generare profitti.
Soltanto dopo un’attenta strategia finalizzata a rendere migliore la performance del
P.M.F., non concentrandosi esclusivamente sulle strategie di princing, si potrà
considerare il Growth Funnel funzionale e centrale alla Growth Engine.
Al fine di migliorare questa fase, sarà opportuno:
• Differenziare o creare nuovi prodotti/servizi;
• Utilizzare tutti i canali disponibili per intercettare i clienti;
• Validare attraverso diversi test tutte le scelte di princing, potendo così valutare
quanto il cliente è disposto a pagare per il prodotto/servizio;
31
• Ottimizzare il processo di produzione, fruizione, promozione del
prodotto/servizio in modo da abbattere i costi.
Le KPI che permettono di monitorare la performance di questa fase sono:
• A.R.P.U.: spesa media per utente;
• Frequenza di acquisto media per utente;
• Tasso di conversione da prova del prodotto/servizio a versione a pagamento dello
stesso;
• Revenue di periodo;
• Tasso di crescita delle revenue su base mensile o annuale.
Citazione58
“Vendere più roba a più persone, più spesso, per più soldi, in maniera
efficiente”.
2.3.1.6 Referral
Pur avendo raggiunto nel precedente step l’obiettivo principale di ogni impresa: generare
profitto, è soltanto in questa ultima fase che possiamo apprezzare la strategia del Growth
Hacking. È proprio in questo momento che il potenziale cliente diventa egli stesso
promotore del prodotto/servizio, consigliandolo a qualcuno.
Attivando il passaparola (uno dei canali marketing più efficaci), si avvia un loop di
crescita e promozione, in cui avendo validato il P.M.F. e riuscendo quindi ad intercettare,
catturare, attivare ed accompagnare all’acquisto il cliente, egli stesso diventa un ulteriore
canale di promozione dell’impresa, permettendo così, attraverso la sua fidelizzazione, la
conversione di ulteriori clienti.
I nuovi utenti, dunque, avviato il passaparola entreranno nel funnel partendo proprio dal
primo step: Awareness, anche se in questo caso conoscere l’impresa avverrà tramite altri
utenti, ormai clienti fidelizzati che utilizzano il prodotto/ servizio e ne sono talmente
soddisfatti da invitare altri a questa esperienza di consumo.
Le KPI capaci di monitorare l’effetto di viralità di questa fase sono due:
58
Sergio Zayman, ex C.M.O. presso Coca Cola.
32
• K-Virale (fattore di viralità), riferito all’efficacia degli inviti a nuovi utenti ad
utilizzare il servizio da parte di clienti già fidelizzati. Attraverso la seguente
formula sarà possibile calcolare il tasso di viralità:
𝐾 =
(n°clienti)×(n°medio di inviti mandati per utente)×(tasso di conversione degli inviti)
n° totale utenti
Quando K>1 il ciclo di viralità comporterà una crescita esponenziale.
• N.P.S. (Net Promoter Score) fa riferimento, invece, all’intenzione di un singolo
cliente nel consigliare il servizio utilizzato ad un nuovo potenziale utente. Per
calcolare tale parametro, è necessario chiedere agli utenti quanto sarebbero
disposti, da 1 a 10, a consigliare il prodotto/servizio a qualcuno. Queste
informazioni potranno essere successivamente raccolte ed esaminate attraverso
sondaggi ed interviste.
Obiettivo del Growth Hacker in questa fase è quella di massimizzare, dunque, il K-Virale
e N.P.S., attraverso specifici codici promozionale da assegnare agli utenti fidelizzati in
modo da stimolarli ad invitare nuovi utenti, ai quali, a loro volta, verrà riconosciuto un
credito o una scontistica. Attraverso questa strategia sarà possibile tracciare questo
fenomeno del passaparola, grazie all’attribuzione di un codice univoco ad ogni singolo
cliente in modo da attivare questo meccanismo di viralità, proprio come introdusse Sean
Ellis in DropBox.
2.4 Lean Startup
Fin ora è stato chiaro come il Growth Hacking possa essere definito un marketing
scientifico, composto da processi e step ben definiti; definiti gli obiettivi da perseguire ed
implementato un sistema di misurazione ed analisi, si procede con l’effettuare più
esperimenti possibili, ottimizzando questi ultimi al fine di trovare la soluzione più
performante ed iterare il processo corretto.
Affinché tutto questo avvenga è necessario che un esperimento abbia tre caratteristiche
fondamentali:
• Misurabilità: capace di essere tracciato e misurato;
33
• Ripetibilità: attinente alla capacità dell’esperimento di poter essere riproposto più
volte;
• Scalabilità: deve poter essere applicato e replicato su scala maggiore, intesa come
numero di utenti/clienti, a livello qualitativo e quantitativo.
Il Growth Hacking risulta, quindi, essere un processo Lean, nel quale l’obiettivo primario
è l’apprendimento costante attraverso una continua validazione, grazie ad una serie di
micro cambiamenti.
Questo tipo approccio consentendo di apprendere dai propri errori, permette la crescita
del relativo modello di business. Per tale motivo, nonostante un esperimento non generi i
risultati attesi, si avrà comunque acquisita un’informazione che altrimenti non si sarebbe
potuta generare, permettendo di raccogliere dati sul prodotto/servizio e sui clienti/utenti.
La metodologia Lean Startup si basa sul concetto che l’innovazione di prodotto/servizio
più efficiente è quella di cui ha realmente bisogno l’utente. Tale approccio nasce in un
contesto imprenditoriale sempre più rischioso, veloce e competitivo e soltanto attraverso
questa validazione rapida del proprio modello di business si può risparmiare un futuro
fallimento più grande, aggravato dagli investimenti di risorse e tempo.
Il metodo Lean (ideato da Eric Ries nel 2008), prevede la realizzazione di cicli di
esperimenti i quali hanno lo scopo di testare rapidamente i diversi aspetti dell’offerta sul
mercato, raccogliendo informazioni, feedback, dati utili ad apprendere, crescere ed offrire
successivamente le soluzioni più vicine ai reali bisogni del proprio pubblico.
A livello operativo il metodo Lean Startup è costituito dal ciclo “build-measure-learn”
(costruire-misurare-apprendere), nel quale implementando, step by step, piccole
innovazioni di prodotto/servizio si valida immediatamente la loro performance e il loro
riscontro sull’esperienza di fruizione da parte dell’utente.
Risulta abbastanza evidente come il Growth Hacking fonda le proprie basi proprio su tale
metodologia per poter riuscire a progettare la migliore Growth Engine capace di generare
la crescita dell’impresa stessa.
34
Sean Ellis59
, nonostante le due metodologie, Lean Startup e Growth Hacking, risultino
essere sinergiche e complementari, ha tenuto a precisare come la Lean Startup abbraccia
tutto il ciclo di vita della startup, mentre il Growth Hacking risulta essere irrilevante
finché non si è raggiunto il Product Market Fit del modello di business, in quanto non si
potrebbe avviare il giusto processo di sperimentazione ai fini della crescita.
59
Tratto dall’intervista a Sean Ellis durante un convegno denominato: “Lean Startup meets growth
hacking: getting places fast”, dove lo stesso Ellis ha avuto modo di confrontarsi con altri esperti
dell’ambito starup e marketing.
35
CAPITOLO 3
LA LINEA SOTTILE FRA MARKETING E GROWTH HACKING
Risulta evidente come il Growth Hacking nasce dalla necessità di costruire un modello di
business che sia efficiente ed efficace per fronteggiare un contesto competitivo sempre
più difficoltoso, in cui la velocità di innovazione è strettamente correlata alla velocità di
fallimento.
Poter, quindi, creare un sistema autonomo capace di assicurare la crescita della propria
azienda o startup risulta essere funzione primaria del Growth Hacker, che rendendo
scientifico e misurabile il marketing riesce, dopo aver validato le varie proposte a trovare
la strategia capace di attivare la crescita e la scalabilità del modello di business.
3.1 Differenza tra Marketing e Growth Hacking
Paragonando il Marketing ed il Growth Hacking risulta chiaro come pur sembrando
simili, in realtà rappresentano due approcci abbastanza diversi, uno dei quali, il Growth
Hacking, risulta evoluzione dell’altro (marketing).
Per capire al meglio questa differenza si farà riferimento al funnel di crescita, esposto
precedentemente:
Paragonando i due approcci: quello tradizionale del marketing e quello del Growth
Hacking, sembra chiaro come il primo si concentri esclusivamente nella parte iniziale del
36
funnel, occupandosi quindi della promozione del prodotto/servizio, mentre il Growth
Hacking percorre il funnel in tutti i suoi step, non trascurando nessuna fase
dell’esperienza dell’utente stesso.
Nel suo approccio il Growth Hacking riunisce elementi, strategie e metodi già esistenti,
cercando di strutturare quindi un mindset, quello del Growth Hacker, capace di
focalizzarsi esclusivamente sulla crescita del modello di business e non sulle vendite,
come farebbe comunemente un marketer tradizionale.
Nonostante sia opinione comune considerare il Growth Hacking, un insieme di
“trucchetti” a budget zero, questo risulta essere un errore. Il budget, infatti, è necessario,
come nell’approccio tradizionale, con la differenza che questo viene allocato nei vari
“esperimenti” a differenza delle tradizionali campagne marketing.
Il budget, nel caso delle campagne di marketing, avrà una durata, una fine e dei risultati,
mentre, nel Growth Hacking questo verrà segmentato in mini-budget per consentire
diversi esperimenti contemporaneamente. Molti potranno fallire, ma quando si sarà
trovato l’esperimento performante, si investirà un budget ingente su quest’ultimo per
avviare la Growth Engine ed il relativo processo di crescita.
Secondo Ryan Holiday, autore del libro “Growth Hacking”, il Growth Hacker “non vede
il marketing come uno step determinato, quanto piuttosto un driver nello sviluppo del
prodotto/servizio, in cui saranno i dati a guidare lo sviluppo e la crescita dell’impresa”.
3.2 Se è il marketing è management, il Growth Hacker è il CEO.
In ambito economico, sia startup che aziende, a prescindere dal loro ambito di riferimento,
si ritrovano a dover competere fra loro ad un ritmo sempre più frenetico, in cui il ruolo
decisionale spetta al cliente/utente, che grazie alle nuove tecnologie e innovazioni, risulta
essere sempre più informato, attento e capace di scegliere con consapevolezza e
determinazione.
La vastità di scelta, quantitativa e qualitativa permette al cliente di poter abbandonare
facilmente prodotti/servizi per acquistarne ed utilizzarne di migliori, più economici e più
soddisfacenti.
37
Adottare una strategia di marketing, sembra essere doveroso, in un contesto dove è
necessario analizzare il mercato, al fine di pianificare la strategia più efficiente, ma tutto
questo però non sembra bastare.
Tale considerazione è dimostrabile con la decisione60
adottata dalla multinazionale Coca-
Cola nell’assumere Francisco Crespo, nuovo Chief Growth Officer (C.G.O.) in
sostituzione della vecchia figura del Chief Marketing Officer (C.M.O.), che sarà a capo
della strategia globale di marketing, della strategia di impresa e gestirà direttamente la
leadership dei reparti commerciali e la relazione clienti al fine di creare una sinergia tra i
team con un obiettivo comune volta a guidare la crescita globale dell’azienda. Essendo
egli il coordinatore finale di più Reparti, l’obiettivo e le strategie top-down sono connesse
sui reparti paralleli, convergendo in un unico obiettivo.
Tale scelta è da ritenere valida perché il Growth Hacking non si può ottenere con una
persona a capo di tutto ma con un coordinatore finale per più reparti.
La voglia di far crescere il modello di business, permetterà al CGO di scovare nuove
opportunità e mercati, anche attraverso scelte non comuni. Il processo di creazione di un
prodotto/servizio costumer oriented renderà nelle fasi successive più facile sviluppare
pubblicità e promozioni su un prodotto che realmente soddisfa i bisogni reali dei clienti.
3.3 Intervista a due Growth Hacker Italiani: Luca Barboni e Raffaele Gaito
A conclusione del mio saggio finale” Growth Hacking: il nuovo Mindset del Marketing”
ho ritenuto doveroso intervistare due tra i maggiori Growth Hacker italiani, i quali hanno
certamente contribuito alla diffusione del fenomeno californiano anche nel territorio
nazionale.
I due professionisti sono Luca BARBONI61
, startup advisor, public speaker e Raffaele
GAITO62
, imprenditore digitale, startup mentor e blogger.
60
Marzo del 2017;
61
Autore del libro “Growth Hacking fai crescere la tua impresa online”. Nato Social Media Manager, scopre
il Growth Hacking mentre gestisce il marketing per Atooma, startup nel settore Internet delle Cose basata
in Italia e a San Francisco. Presente in rete attraverso il proprio sito: http://lucabarboni.it/;
62
Imprenditore Digitale, Growth Hacker, Startup Mentor, Blogger. Presente in rete attraverso il proprio
sito: https://www.raffaelegaito.com/
38
A tal proposito ho formulato le seguenti 4 domande ad ognuno di essi al fine di ottenere
un parere/intervista da parte di un Growth Hacker operante nell’economia nazionale:
Domanda 1: Quale è lo stato attuale del Growth Hacking in Italia?
Barboni L.: “Direi che siamo nella fase finale del processo di evangelizzazione del
mercato. Grazie a diversi progetti formativi e divulgativi sul tema si sta consolidando la
consapevolezza che il Growth Hacking non è solo una parolaccia in inglese per darsi un
tono. Nel mentre storie di successo (come il recente caso Coca Cola) stanno cominciando
ad attirare l’attenzione di aziende italiane che già guardano con curiosità all’open
innovation e al modus operandi delle startup. E ritengo che sia un trend destinato a
crescere. A tutti gli effetti il growth hacking tratta proprio di questo: come implementare
un processo di innovazione continua per perseguire obiettivi di marketing”.
Gaito R.:”Siamo agli inizi, senza ombra di dubbio. È un argomento di cui non si sentiva
parlare fino a qualche anno fa e siamo nel pieno dell'hype, con i pro e i contro che questo
comporta. Mentre negli USA ormai l'hanno digerita questa disciplina e sta diventando la
normalità fare Growth Hacking sui propri progetti, qui corriamo ancora dietro agli
articoli con i titoloni come "7 trucchi di Growth Hacking da conoscere" oppure "Le 30
tecniche di Growth Hacking per far crescere la tua startup". Da questo punto di vista sia
io che Luca Barboni ci stiamo impegnando parecchio per andare oltre la semplice
formazione e consulenza e fare una vera e propria attività di evangelizzazione e
sensibilizzazione”.
Domanda 2: Secondo la vostra esperienza è possibile applicare tale modello (Growth
Hacking) alle imprese nazionali?
Barboni L.: “Assolutamente sì: nell’ultimo anno mi è capitato di lavorare su esperimenti
simili al fianco di aziende come Enel e Mercedes Benz Italia. Ci sono diversi modi di
applicare il Growth Hacking a realtà strutturate. Tra questi, probabilmente il meno
rischioso è quello di creare delle business unit dedicate a progetti specifici. Queste unit
avranno un team cross-funzionale, incorporando professionisti del design, analisi dei
dati, marketing e prodotto. In questo modo si va a creare una “zona sicura” di
sperimentazione dove i successi (ma anche i fallimenti) sono isolati ad un singolo
progetto. Oltre a dover raggiungere i KPI aziendali definiti, l’obiettivo della unit sarà
anche quello di dimostrare l’efficacia del processo prima di poterlo scalare agli altri
dipartimenti o alle altre linee di business. In tal caso sarà sufficiente allocare un
39
“responsabile della crescita” per ogni area, che andrà a fare un assessment e
ristrutturare i processi esistenti per far spazio al metodo del growth hacking dove prima
non c’era”.
Gaito R.:” Assolutamente sì! Non vedo perché non si potrebbe. Il Growth Hacking è un
mindset, un processo, un approccio. Si può utilizzare in qualsiasi tipo di azienda,
indipendentemente dal suo mercato e dalla sua grandezza. Io in primis ho clienti
sparpagliati su tutto il territorio nazionale. Il Growth Hacking è focus assoluto sulla
crescita, e ogni azienda ha bisogno di crescere, cambia solo il significato di crescita in
base all'impresa che ti trovi davanti”.
Domanda 3: Quali potrebbero essere le possibili evoluzioni del Growth Hacking?
Barboni L.: “Di recente sono stato in Silicon Valley, entrando in contatto con alcune
realtà che ne sono state la matrice, così come diverse personalità che hanno contribuito
a definire la materia. Questo mi ha permesso di dare “una sbirciata” ad un ecosistema
molto più maturo del nostro riguardo il Growth Hacking, e devo dire che ha confermato
le mie previsioni: l’evoluzione del growth hacking corrisponde al totale riassorbimento
dello stesso all’interno del Marketing. Si tratta a tutti gli effetti di perseguire gli stessi
obiettivi (la crescita) implementando nuovi processi che si sono dimostrati estremamente
più efficaci dei vecchi standard, specie per aziende ad alto rischio come le startup
innovative”.
Gaito R.:” Il Growth Hacking non ha inventato niente di nuovo, questo dobbiamo dirlo.
Ha preso elementi presistenti in altri settori (Marketing Digitale, Product Develment,
Data Analysis, ecc.) e li ha combinati sotto un unico processo con degli step ben chiari e
un output ben definito. Di conseguenza credo che, da un lato continuerà ad evolversi
attingendo da altre discipline limitrofe, e dall'altro andrà assestandosi fino a diventare
la normalità, come appunto sta succedendo già negli Stati Uniti”.
Domanda 4: Cosa consigliereste ad un giovane che ha intenzione di intraprendere il
percorso formativo del Growth Hacker?
Barboni L.:”Prima di tutto consiglierei di fare i compiti a casa. In Italia il growth hacking
è un tema ancora molto giovane e per questo è importante conoscerne le basi, capire in
che modo si integra con le altre discipline e quali sono le pratiche specifiche per cui si
differenzia dal marketing tradizionale. Dopo di che, è indispensabile fare pratica su
40
progetti reali. Un blog, un progetto sui social, oppure ancora l’affiliate marketing.
Gestire questo processo di sperimentazione continua quando si lavora in team richiede
il far fronte ad una grande complessità. È virtualmente impossibile avere successo senza
aver testato il processo in piccolo su sè stessi!”.
Gaito R.:” Io personalmente ho un mio metodo che definisco "Studia - Sperimenta -
Attendi" che, come è facile intuire, è un mix di teoria e pratica. Nel Growth Hacking è
fondamentale, fin da subito, studiare tanto, ma anche sperimentare tanto. Per la parte di
studio ci sono decine di libri (sia in inglese che in italiano) che ormai affrontano
l'argomento, senza parlare dei blog e dei corsi, sia online che in aula. Sulle spese che
riguardano la formazione consiglio sempre di stare attenti perché ci sono molti furbetti
in giro e spesso è difficile distinguere chi quella materia la vive tutti i giorni da chi la
racconta e basta. Fare un controllo sui docenti è uno step necessario prima di investire
in un corso. Per la parte di sperimentazione, è fondamentale avere un progetto reale sul
quale poter applicare fin da subito i concetti teorici imparati. Sia che si tratti di una vera
e propria startup, sia che si tratta del blog aperto per divertimento nel tempo libero, c'è
bisogno di sporcarsi le mani per capire la potenzialità della disciplina. E poi c'è la parte
dell'attesa, che in molti sottovalutano. Il Growth Hacking è un processo e per dare
risultati richiede tempo, a volte tanto. Chi si aspetta una crescita immediata rimarrà
deluso!”.
Alla luce di quanto riferito dai due autorevole esponenti del Growth Hacking italiano, è
evidente che tale fenomeno nella nostra economia è ancora in stato “embrionale”, anche
se ci sono tutti i presupposti per un proficuo utilizzo dello stesso in ambito aziendale.
Vada da sé che un giovane che intende approcciarsi a tale mindset dovrà necessariamente
farlo con modalità innovative, in considerazione del fatto che non vi è un notevole
background di conoscenze istituzionali dalle quali poter attingere le necessarie
competenze.
I due Growth Hacker, sembrano entrambi fiduciosi circa un’evoluzione e
normalizzazione di tale fenomeno, auspicando che lo stesso possa essere inglobato e
contestualizzato al marketing.
41
CONCLUSIONI
Delineato il fenomeno del Growth Hacking, dalla sua origine ai suoi risvolti odierni,
anche attraverso specifici case study, risulta alquanto evidente come questo nuovo
mindset presentato, possa rappresentare una valida forza su cui ogni impresa può fare
riferimento per far crescere il proprio modello di business.
Durante tutto l’elaborato più volte è stato affrontato la tematica dell’attuale contesto
competitivo imprenditoriale che risulta essere sempre più veloce, frenetico ed innovativo,
motivo per il quale attuare un tradizionale approccio di marketing non risulta essere
idoneo.
Alla mia banale domanda su cosa sia il Growth Hacking, che mi ha spinto ad affrontare
il presente saggio, ho trovato una citazione di un autorevole manager di una
multinazionale, Michael Brenner, il quale testualmente cita: “Il Growth Hacking è
marketing. È il futuro del marketing. È quello che il marketing sarebbe dovuto essere fin
dall’inizio”.
Aver affrontato lo studio di questo fenomeno mi ha permesso di poter delineare una mia
personale idea su questo nuovo approccio del marketing.
Ritengo che, concentrandosi esclusivamente sul vendere i propri prodotti/servizi, senza
aver una struttura e una visione di crescita d’insieme, non permette, a mio avviso, di
rendere l’impresa sostenibile nel lungo periodo, poiché questa stessa non sarà capace di
reagire alle diverse fluttuazioni della domanda.
Per questo motivo, penso che lo sviluppo di un prodotto/servizio che abbia come driver
il cliente, consenta la progettazione di modello di business più resiliente alle varie
dinamiche e flessioni del mercato.
L’auspicio, per il mio futuro professionale, è quello di poter avere un personale mindset
mediante un approccio del tutto simile a quello del Growth Hacking, concentrandomi
sulla crescita di lungo periodo piuttosto che sulle vendite attuali.
Concludo con la speranza che il presente saggio possa risultare interessante e destare la
curiosità di chiunque possa leggerlo, affinché riesca a conoscere un fenomeno che in un
prossimo futuro diventerà certamente una linea guida per tutti i contesti economici di
crescita delle imprese.
42
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47
RINGRAZIAMENTI
Ho il piacere di rivolgere un pensiero e di ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato
e sostenuto in differenti modi alla stesura della mia tesi e alla conclusione del mio
percorso.
Ringrazio anzitutto il professore Galvagno, Relatore il quale mi ha fornito consigli e
le linee guida per eseguire nel modo più corretto ed indipendente il mio lavoro. La
disponibilità, la fiducia e l’incoraggiamento ricevuto sono stati elementi fondamentali
per lo svolgimento di una tematica ancora lontana dai banchi accademici.
Ringrazio inoltre Luca Barboni e Raffaele Gaito, per aver contribuito a pieno alla
realizzazione di questo saggio finale. È grazie ad entrambi se è nato in me l’interesse
verso questo fenomeno così nuovo ed interessante. La loro disponibilità oltreoceano
(Luca) e oltre orario ha reso l’elaborato ricco di contributi che altrimenti non avrei
mai avuto.
Ringrazio la mia famiglia che mi ha sostenuto ed incoraggiato a credere in me stesso
nonostante tutto. Dedico il risultato, a prescindere tutto, ai miei genitori punto cardine
della mia vita che pur non comprendendo a pieno determinate mie scelte mi
supportano nell’affrontare la vita a testa alta.
Ringraziamento speciale alle mie due sorelle: Claudia, certezza e forza. La sua
determinazione, la sua positività “razionale” ed il suo supporto, anche a distanza, sono
stati fondamentali, soprattutto nei momenti difficili. Paola, dolcezza e delicatezza. La
sua gentilezza è stata sempre massima e comprensiva anche nei momenti dove la mia
pazienza vacillava.
A voi due devo la mia serenità nell’affrontare quotidianamente le mie sfide.
Ringrazio inoltre tutti i miei amici, quelli veri, importanti e sinceri, che sapranno
certamente riconoscersi in questa breve ma chiara descrizione, è grazie a loro se tutto
questo è stato meno difficile e più ricco di ricordi.
Il ringraziamento più grande, tuttavia, va a me stesso per non aver mai gettato la
spugna e aver continuato a lottare, per aver intrapreso scelte e percorsi, tutt’oggi, non
48
chiari a molti ma che mi hanno permesso di poter affrontare in prima persona anche
questo saggio finale.
Nonostante tutti i se e i ma, Giuseppe ce l’hai fatta.
GRAZIE

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Growth Hacking - Il nuovo mindset del marketing

  • 1. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E IMPRESA CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA AZIENDALE _____________________________________________________ GIUSEPPE COPPOLA _________________ Growth Hacking: il nuovo mindset del Marketing ________________ SAGGIO FINALE _________________ Relatore Chiar.mo Prof. M. Galvagno _____________________________________________________ ANNO ACCADEMICO 2016-2017
  • 2. 2 Indice pag. 3 Introduzione pag. 3 Capitolo 1 - Growth Hacking pag. 4 1.1 – Il Growth Hacking: nascita ed evoluzione pag. 7 1.2 - Il principale protagonista: il Growth Hacker e Sean Ellis pag. 11 1.3 - I casi studio pag. 14 Capitolo 2- I Principi del Growth Hacking. pag. 19 2.1 - Growth Engine: il modello di crescita pag. 20 2.2 - L’importanza delle metriche pag. 21 2.3 - Startup Metrics for Pirates (Dave McClure) pag. 25 2.4 - Lean Startup pag. 32 Capitolo 3 - La linea sottile fra il “Marketing” e il Growth Hacking pag. 35 3.1 - Differenza tra Marketing e Growth Hacking pag. 35 3.2 - Se è il marketing è management, il Growth Hacker è il Ceo. pag. 36 3.1 - Intervista a due Growth Hacker Italiani: Luca Barboni e Raffaele Gaito pag. 37 Conclusioni pag. 41 Bibliografia pag. 42
  • 3. 3 INTRODUZIONE Il presente lavoro, è un’idea “personale”, che prende forma attraverso un elaborato, basato su una passione, il marketing, o meglio, una nuova forma di marketing che per la prima volta prova verosimilmente a dare “misura” ad una scienza, che fino a poco tempo fa, non poteva essere quantificata. Lo scopo del mio saggio è quello di chiarire, il più possibile, il concetto di Growth Hacking, che attualmente in Italia si presenta in una fase evolutiva. Per questo motivo ho deciso di affrontare in maniera espositiva e descrittiva tutte quelle che sono le caratteristiche di tale fenomeno e della relativa professionalità che ne deriva, ovvero quella del Growth Hacker, il quale si trova ad affrontare un contesto competitivo veloce e innovativo, soprattutto nel contesto startup. Proprio per questo motivo, il fenomeno verrà esaminato, nella prima parte dell’elaborato, dalla sua nascita alla sua evoluzione. Verranno presentati, inoltre, esempi chiave di grandi imprese digitali odierne, che attribuiscono la loro crescita esponenziale ad un proficuo utilizzo del Growth Hacking, inteso come processo di sperimentazione user-centered al fine di ricercare la metodologia più efficiente ed efficace che possa permettere la crescita del modello di business. Presenterò, inoltre, talune caratteristiche e principi del Growth Hacking, al fine di esplicare al meglio un mindset che fonda le proprie origini in approcci e strumenti pre- esistenti e dai quali ne trae forza e ne organizza il suo processo. Nello specifico, metterò a confronto il marketing tradizionale con il Growth Hacking, il quale pur nascendo come contro cultura al primo, si propone di colmarne le relative lacune strutturali. Attraverso il “case study” Coca-Cola evidenzierò come tale fenomeno, stia assumendo un ruolo di notevole importanza anche nel panorama delle multinazionali. Concluderò portando la reale testimonianza di due autorevoli Growth Hacker italiani, i quali attraverso la mia intervista esporranno il loro giudizio circa lo stato attuale del Growth Hacking in Italia, le sue possibile evoluzione ed i relativi impieghi professionali.
  • 4. 4 CAPITOLO 1 GROWTH HACKING Il Growth Hacking è un nuovo modo di fare marketing, iniziato nel 2010 unendo in sé product management e user experience marketing. L’ideatore di tale mindset è Sean Ellis1 , imprenditore e startup advisor che è riuscito a decretare il successo di numerose big company attuali, prime fra tutti DropBox. L’analisi dei dati risulta essere il fulcro centrale del Growth Hacking attraverso la quale si potrà pianificare a priori una strategia di marketing efficiente ed efficace per poter apprezzare e misurare il risultato a posteriori delle scelte prese, in modo da poterle calibrare di volta in volta in funzione alle esigenze dell’obiettivo prefissato. Il Growth Hacking, pur nascendo nella Silicon Valley come contro-cultura nel mondo Startup, risulta essere un approccio applicabile a qualsiasi business a prescindere dallo stato di vita dello stesso e del settore di riferimento. Rappresenta l’obiettivo principale e la crescita del business, apprezzabile sia in termini quantitativi che qualitativi. Indubbiamente il contesto competitivo che contraddistingue una startup da un’impresa già esistente è la ricerca della crescita esponenziale e la scalabilità del business che non dovendo soggiacere alle restrizioni del business tradizionale, può attraverso la digitalizzazione superare le barriere fisiche dei servizi/prodotti. La velocità di innovazione, le diverse disponibilità di budget, con cui dover far fronte per poter essere competitivi in un mondo sempre più veloce, rendono questo nuovo modo di fare Marketing il giusto approccio per poter riuscire a ideare, validare e calibrare il proprio prodotto/servizio. La definizione di Growth Hacking2 più esaustiva è quella relativa ad un processo di sperimentazione veloce, nello specifico nei canali di marketing e di sviluppo del prodotto, il cui scopo finale è la ricerca della metodologia più efficiente ed efficace che possa 1 Sean Ellis è un imprenditore, un Business Angel ed uno startup advisor. Attualmente è il CEO di GrowthHackers, precedentemente fondatore e CEO di Qualaroo - (fonte: Wikipedia luglio 2017). 2 L. Barboni e R. Gaito (2017) – Growth Hacking & Performance Marketing – in webinar Ninjacademy.it
  • 5. 5 permettere la crescita di un business. Una volta trovato il modo (hack) questo dovrà essere ripetuto finché possa permetterne la crescita. Si rappresenta graficamente il processo di ricerca dell’hack e di validazione dello stesso, sino al raggiungimento della cosiddetta Growth Engine, di cui si parlerà successivamente. L’analisi letterale3 dei due termini che caratterizzano il fenomeno in parola evidenzia il seguente significato: • Growth: crescita/ sviluppo; • Hacking: “insieme dei metodi, delle tecniche e delle operazioni volte a conoscere, accedere e modificare un sistema hardware o software”. Nell’accezione etimologica, la parola hacking ha diversi significati derivando dal verbo “to hack” che significa letteralmente “tagliare con l’accetta”. Infatti, la parola hacker identifica anche il programmatore informatico, ovvero colui che è capace di assegnare istruzioni ben precise ad una macchina per permettere lo svolgimento di un determinato compito. Infine in maniera più estesa l’hacker è anche colui che, pensando “fuori dagli schemi”, riesce a trovare soluzioni innovative a problemi consueti, ignorando le normali prassi, regole o vincoli. Il Growth Hacking, quindi, prefissatosi l’obiettivo di far crescere il business, utilizza ogni strumento a sua disposizione per raggiungere tale scopo, utilizzando anche tecniche non 3 Tratto da Wikipedia (luglio 2017).
  • 6. 6 convenzionali o prassi di marketing tradizionale, perseguendo il Product Market Fit (P.M.F.), ossia la progettazione e la vendita di un prodotto/servizio capace di rispondere perfettamente ai bisogni ed alle esigenze dei clienti. Il Growth Hacking (d’ora in avanti anche G.H.), inoltre, risulta essere una scienza composta da step ben definiti, che permettono di saggiare i risultati ottenuti e verificare i possibili problemi riscontrati nelle varie fasi del processo, potendo così apportare eventuali modifiche in maniera tempestiva. Le tappe fondamentali in un processo di G.H. sono:4 • Identificare gli obiettivi raggiungibili. Concentrandosi esclusivamente su quelli ben definiti sarà più facile misurare i risultati finali. Evitando un range di misurazione ampio si evita di ottenere dati poco significati. • Implementare strumenti di analisi. Senza una misurazione, gli obiettivi prefissati perdono di significato in quanto non si ha la certezza che essi siano stati raggiunti. Inoltre, adottando sistemi di analisi adeguati è possibile raccogliere dati in grado di fornire indicazioni anche su altri aspetti della strategia adottata o su eventuali obiettivi da perseguire in futuro. • Fare leva sui propri punti di forza. Potendo così ottenere risultati rilevanti, facendo degli sforzi minimi, si avrà una precisa e dettagliata conoscenza informativa dello “stato dell’arte” del proprio business, sia che esso sia già maturo o che sia ancora in fase di sviluppo. • Sperimentare. Il primo passo è quello di fare un’ipotesi sul risultato dell’esperimento, esso potrà essere confermato o smentito e soltanto successivamente sarà possibile analizzare gli eventuali dati per capire eventuali possibili scelte o strategie di risposta. Il processo di sperimentazione richiede tempo e coordinamento interno, le difficoltà saranno molteplici, i primi dati raccolti potrebbero essere scoraggianti, ma i risultati finali offriranno spunti rilevanti per una corretta strategia di Growth Hacking. • Ottimizzare l’esperimento. Due sono le possibili modalità di sviluppo, la prima consiste nell’isolare il campione di utenti su cui viene fatto tale esperimento potendo così comparare in maniera dettagliata gli eventuali sviluppi; e la seconda 4 Tratto dal blog di Casarin D. – “Growth Hacking: analisi, creatività e strategia”.
  • 7. 7 consiste nell’effettuare un “A/B test” 5 che permetterà di individuare la soluzione più congeniale. • Reiterare il processo corretto. Ripetere il processo con un nuovo esperimento e/o ottimizzare quello già testato. La sostenibilità della crescita è dettata dal numero di esperimenti che si è in grado di mettere a regime in modo da rendere sostenibile il business: più sperimenti, più avrai possibilità di migliorare, più renderai il tuo prodotto unico, più sarà difficile che il cliente sostituisca il prodotto/servizio realizzato. Il G.H. non è una strategia sviluppata esclusivamente online. Fondamentale risulta essere la possibilità di misurare e poter apprezzare, a posteriori, la strategia intrapresa, potendo così decidere di replicare o modificare tale hack: il marketing sta diventando sempre più misurabile e oggetto di esperimenti, dovendo essere valutato da un team che non abbia solo conoscenze tradizionali6 . 1.1 Il Growth Hacking: nascita ed evoluzione. Il primo utilizzo del termine Growth Hacking è da attribuire all’ideatore del fenomeno rivoluzionario: Sean ELLIS. Questi è considerato il padre fondatore del Growth Hacking, l’uomo al quale tante aziende e startup, prima fra tutte Dropbox, devono la loro scalata ed il loro successo nei mercati globali. La nascita del G.H ha una data ben precisa: il 26 luglio 2010, giorno in cui Sean Ellis, scrive un post sul suo blog col seguente titolo: Find a Growth Hacker for Your Startup7 (“Trova un Growth Hacker per la tua Startup”). 5 L’A/B test è una sorta di ‘esperimento’ che rende disponibili due versioni (la versione A e la B) di uno stesso elemento (una landing page o una CTA, ma anche titoli, layout, immagini) che verranno inviate a due sezioni di pubblico per capire quale delle due funziona (e converte) meglio. - Pizzato M. C.; 6 Tratto dal libro: “Startup marketing: Strategie di growth hacking per sviluppare il vostro business” Camera A.; Hoepli. Edizione del Kindle (Italian Edition) (2017-posizioni nel Kindle 2539-2547) 7 Articolo scritto da Ellis S. il 26 luglio 2010, dal titolo: “Find a Growth Hacker for Your Startup”
  • 8. 8 In quei tempi Sean Ellis, come consulente di marketing e vendite, si avvicinava a diverse nuove realtà e soltanto dopo 6 mesi migrava verso altri progetti. Tuttavia, avendo necessità di avvalersi di un valido sostituto, trovava delle serie difficoltà nel ricercarlo, in quanto la maggior parte dei “V.P. of Marketing”8 avevano conoscenze ed esperienze molto specifiche, ma distanti dalle necessità di un business giovane, incerto e non maturo, che necessitava piuttosto di figure capaci di mantenere il focus sull’unica vera metrica dell’intera startup: la crescita. In tale scenario economico, le “Big Company”, avendo notevoli budget a disposizione, hanno la possibilità di investire in maniera non troppo attenta al marketing, mentre ciò, ovviamente, non accade per le startup caratterizzate dall’esiguità delle risorse finanziarie iniziali. Il Growth Hacking richiede velocità, collaborazione e sinergia fra tutti gli aspetti di un business, siano essi di natura tecnica e/o di marketing. Proprio per questo motivo la figura del Growth Hacker risulta caratterizzata da conoscenze di marketing e di coding9 , la cui principale domanda è sempre la stessa: “Come faccio ad avere clienti per il mio prodotto?”. A questa domanda egli risponde mediante l’esecuzione dei A/B10 testing, landing page11 , strategie di promozione virale ed e-mail deliverability12 . Obiettivo principale delle start up è quello di far crescere il proprio business, scalando più velocemente e possibile il mercato. È proprio in questo percorso che risulta necessario ricercare una figura professionale che sia in grado di guidare tale crescita, un marketer, 8 Vice President of Marketing. 9 Programmazione informatica. 10 Sopra descritti. 11 Una “landing page”, nel web marketing, è una pagina web specificamente strutturata che il visitatore raggiunge dopo aver cliccato un link o una pubblicità. Questa pagina è appositamente sviluppata per trattare specifici argomenti: mostra contenuti che sono un'estensione del link o della pubblicità ed è ottimizzata per una specifica parola chiave, o frase, per "attrarre" i motori di ricerca. È l'elemento cardine di qualsiasi attività di web marketing perché permette di trasformare gli utenti in clienti. Tratto da Wikipedia 12 Concetto chiave per l'email marketing. Consiste nella capacità, da parte del mittente, di recapitare in modo corretto le email inviate, senza incappare in filtri da parte dei client email o finire nello spam.
  • 9. 9 che validato il Product-Market Fit13 (P.M.F.) realizzi una strategia che permetta di accrescere il numero dei clienti e di massimizzare i ricavi. Sean Ellis definisce il Growth Hacking come “il marketing guidato dagli esperimenti”. Lo stesso aveva capito che era necessario mantenere il focus soltanto su un obiettivo: individuare la metrica chiave dell’intero business e fare tutto quello che era necessario per aumentare quel numero. In un contesto economico dove i canali tradizionali (sia di comunicazione, sia di promozione che di vendita), erano sempre più saturi, i costi di acquisizione erano più alti e gli utenti/clienti erano pressati da pubblicità, il Growth Hacking sembrò essere la risposta a tutti questi problemi: un processo, ben strutturato, con degli step ben definiti, attraverso i quali era possibile sperimentare più e più volte la “risposta” giusta al proprio contesto/business di riferimento. Una volta trovato il giusto “hack” si rendeva necessario investire budget più consistenti per poter aumentare la crescita del proprio business. In relazione al fenomeno in argomento, si traccia un breve escursus temporale dei principali accadimenti che l’hanno caratterizzato: 13 Product/Market Fit fa riferimento alla capacità del prodotto/servizio di soddisfare i bisogni della domanda di mercato. Tratto da Wikipedia
  • 10. 10 Il Growth Hacking, nasce durante l’era del Web 2.0 e si presenta come una strategia scalabile e ripetibile per la crescita, guidata dal prodotto ed ispirata dai dati, che permette di costruire una macchina di marketing autoalimentata che possa raggiungere milioni di utenti in maniera autonoma, ovvero senza il materiale intervento dell’operatore ma che si propone con una propria autonomia, come nel caso del programma referral di Dropbox di cui si parlerà successivamente.14 14 Tratto da “Who is a Growth Hacker” di Aaron Ginn 2010 •Ellis conia il termine Growth Hacking, raccontando la sua visione del nuovo marketing all'interno del suo blog "Startup Marketing". •Ellis conia il termine Growth Hacking, raccontando la sua visione del nuovo marketing all'interno del suo blog "Startup Marketing". 2012 •Prima organizzazione mondiale in California sul mondo del Growth Hacking;•Prima organizzazione mondiale in California sul mondo del Growth Hacking; 2013 •Concezione che il Growth Hacking ed il Marketing hanno obiettivi simili, ma li approcciano con un mindset e con strumenti diversi; •Concezione che il Growth Hacking ed il Marketing hanno obiettivi simili, ma li approcciano con un mindset e con strumenti diversi; 2014 •Creazione della più grande community globale di G.H.•Creazione della più grande community globale di G.H. 2015 •Prima Accademia Europea ad Amsterdan denominata Growth Tribe •Nasce il concetto di suddividere la vita di una startup in 5 fasi •Prima Accademia Europea ad Amsterdan denominata Growth Tribe •Nasce il concetto di suddividere la vita di una startup in 5 fasi 2016 •Realizzazione di un tool appossitamente creato per i team di crescita per la gestione del G.H.; •Realizzazione di un tool appossitamente creato per i team di crescita per la gestione del G.H.; 2017 •La multinazionale Coca Cola, licenzia un C.M.O. (Chief Marketing Officer) per assumere un C.G.O. (Chief Growth Officer) •La multinazionale Coca Cola, licenzia un C.M.O. (Chief Marketing Officer) per assumere un C.G.O. (Chief Growth Officer)
  • 11. 11 1.2 Il principale protagonista: il Growth Hacker (Sean Ellis) La citazione del fondatore Sean Ellis15 “Un growth hacker è una persona la cui stella polare è la crescita16 ” è chiara per definire l’essenza e la priorità di colui che orbita nel mondo del Growth Hacking. Infatti, il Growth Hacker viene visto da Ellis come una persona che è unicamente ossessionata dalla crescita e che, a differenza del marketing manager, il cui scopo è quello di gestire e mantenere attivi una serie di attività e canali, definisce un singolo obiettivo a cui sono correlati tutti i suoi sforzi. Il Growth Hacker è, comunque, una figura tutt’ora in via di definizione e, forse, rappresenta l’esempio più evidente di un ruolo che nasce all’interno dell’ecosistema startup. Egli non ha un background specifico, di solito si tratta di una figura ibrida che proviene dal marketing, dall’Engineering, o dal product management ed ha l’obiettivo di fare crescere le basi utenti del proprio business grazie ad un’analisi dei comportamenti, delle interazioni e dei feedback degli utenti stessi17 . La definizione di Growth Hacker si rinviene anche nel pensiero di Andrew Chen18 , il quale lo definisce “un ibrido tra un marketer e un developer”. Il Growth Hacker, infatti, deve saper combinare il giusto mix tra strategie e strumenti ed essere il primo a porsi la domanda: “come riusciremo ad ottenere Traction e utenti per il prodotto?” Spesso tali strumenti e/o canali non risultano utilizzati o, comunque, risultano sottostimati, determinando una minore competizione con altre aziende non presenti, generando costi di acquisizione più bassi19 . 15 Sean Ellis rappresenta il capostipite di questo fenomeno, di cui ne è stato ideatore e promotore in maniera diretta, attraverso il suo costante impegno effettivo nei vari progetti di impresa di cui si è occupato, primo fra tutti Drop Box. Imprenditore, business Angel e startup Advisor Sean Ellis è attualmente CEO di GrowthHAckers.com e mentor all’interno dell’acceleratore di impresa “500 startup” a San Francisco. 16 Tratto dal libro “Growth Hacking: fai crescere la tua impresa online” - Barboni L. Simonetti F. – (pag38) 17 Tratto dal libro “Digital Entrepreneur: Principi, pratiche e competenze per la propria startup. 18 Noto personaggio nel mondo dei Growth Hacker. Attualmente Andrew Chen lavora presso Uber, multinazionale che fornisce un servizio di trasporto automobilistico privato. 19 Il C.A.C. o Customer Acquisition Cost è l’indicatore di costo che esplica in maniera monetaria il costo che sostiene l’impresa (o la startup) per acquisire un singolo utente da un determinato canale, o strategia.
  • 12. 12 Una netta distinzione tra la figura del marketer tradizionale e quella del Growth Hacker la traccia Ryan Holiday nel suo libro” Growth Hacker Marketing”. L’autore, infatti, compara le due figure in una medesima situazione20 : il marketer si concentra sul “chi” sono i clienti e “dove” sono; il Growth Hacker, invece, si concentra sulle stesse tematiche ma in maniera più scientifica e misurabile, distaccandosi quindi dal brand/company stesso/a per concentrarsi esclusivamente sulle metriche ed il R.O.I.21 L’autore Holiday nel suo libro, durante la comparazione, precisa che i marketer spesso tendono a vedersi come creativi, facendo affidamento ai brainstorming, intuizioni o ispirazioni. I Growth Hacker, invece, pur affrontando simili sfide tendono a vendersi come degli scienziati. È proprio per tale motivo che “Dove il marketer vede una campagna, il growth hacker vede un esperimento22 ” Approccio focalizzato alle motivazioni, curiosità, attenzione ai dati con relativa capacità di rielaborazione ed analisi, creatività ed un istinto innato nell’ottimizzare un prodotto/servizio risultano essere le caratteristiche uniche un Growth Hacker. In un contesto altamente competitivo, dove i canali tradizionali sono ormai saturi, e gli algoritmi di Google, Facebook vengono continuamente aggiornati il Growth Hacker non può più essere soltanto un digital marketer, che utilizzando canali digitali comunica e promuove, ma piuttosto uno “stratega” che testa continuamente nuove idee finché non trova il set giusto di tecniche (hack), in grado di dare un vantaggio competitivo rispetto ai competitor diretti e/o indiretti, trovando quindi, l’Unfair Advantage23 da poter sfruttare prima, e meglio, di tutti gli altri. L’obiettivo è la crescita, non il perseguimento di uno schema standardizzato, poiché ogni contesto è unico e ogni soluzione precedentemente trovata non sarà più ripetibile e capace di apportare tale Unfair Advantage. 20 Tratto dal libro”Growth Hacker Marketing” di Ryan Holiday (2013). Dove lo stesso scrive testualmente: “Marketing has always been about the same thing—who your customers are and where they are. What growth hackers do is focus on the “who” and “where” more scientifically, in a more measurable way”. 21 R.O.I. (ovvero return on investment), tradotto come indice di redditività del capitale investito o ritorno sugli investimenti) è un indice di bilancio che indica la redditività e l'efficienza economica della gestione caratteristica a prescindere dalle fonti utilizzate: esprime, cioè, quanto rende il capitale investito in quell'azienda (fonte: wikipedia). 22 Tratto dal libro “Growth Hacking: fai crescere la tua impresa online” - Barboni L. Simonetti F. – (pag71). 23 Unfair Advantage o “vantaggio scorretto” definisce quel fattore che fa la differenza e che non è definibile nell’impostazione progettuale, facendo riferimento a quella caratteristica che non viene riconosciuta dal mercato e non faceva necesseramnte parte del modello di business, ma che ne decreta comunque un vantaggio competitivo notevole. Ad esempio: una particolare gentilezza del customer care, un livello di servizio superiore a tutti i competitor, un design che attira un particolare pubblico, elementi che possono essere sì pensati ma che vengono riconosciuti apertamente come elemento differenziante dal mercato.
  • 13. 13 Proprio per tale motivo sembra chiaro un concetto formulato da noti esponenti del settore: “Un direttore di marketing tradizionale avrebbe avuto difficoltà a spingere Netflix nella situazione in cui si trova oggi”. Il Growth Hacker ha, pertanto, una forte personalità, caratterizzata da alcuni dei seguenti elementi fondamentali: • è sempre aggiornato sui trend del momento, gli strumenti, i canali digitali e non; • è in grado di imparare velocemente e riprodurre altrettanto in fretta quanto appreso; • è ossessionato dalla crescita; • ha una spiccata creatività che gli permette di andare oltre i limiti, cercando e ricercando nuovi canali, strategie e immaginandone dei nuovi; • problem solving creativo; • leadership. Se si volesse rispondere, invece, alla semplice domanda “Cosa fa il Growth Hacker?” basterebbe sintetizzare le seguenti attività: • è un professionista che conosce i principi di digital marketing e di programmazione; • lavora con risorse limitate, budget contenuti e tempi serratissimi; • aumenta il traffico e le conversioni per trasformare quanti più visitatori possibili in utenti. In una sola parola: è un professionista che pensa fuori dagli schemi (out of the box). Alla domanda “quale è la caratteristica principale di un Growth Hacker?”, un noto imprenditore digitale24 risponde: “deve essere una persona multidisciplinare”, deve avere una formazione a T, caratteristica volta a padroneggiare in maniera verticale diversi argomenti e tematiche, ma allo stesso tempo deve avere una conoscenza, o quanto meno comprensione, di tutti gli argomenti “di contorno”, di fondamentale importanza25 . Il Growth Hacker, viene definito anche marketers full-stack ed è per questo un marketers con competenze tecniche, di analisi, di design che lo rendono autonomo ed indipendente 24 Raffaele Gaito: Imprenditore Digitale, Growth Hacker, Startup Mentor, Blogger italiano; 25 Tratto dal libro “Growth Hacking: fai crescere la tua impresa online” - Barboni L. Simonetti F.; Dario Flaccovio Editore; (pag.80). Testualmente: “Un growth hacker che viene dal mondo del marketing avrà, probabilmente, ottime conoscenze di advertsing, di SEM, di funnel e potrà (anzi, dovrà) rafforzare le sue competenze di programmazione, di analytics, di copywriting, di A/B testing…” scritto da Raffaele Gaito.
  • 14. 14 nelle sue strategie. Il suo lavoro è definito” marketing di prodotto guidato dai dati” o “product management orientato al marketing”. In Italia la figura professionale del Growth Hacker non ha ancora assunto particolare rilievo giuridico e viene spesso surrogata dal consulente di marketing, di web strategist e di digital marketing, lasciando quindi sconnesse tutte le forze che non risultano concentrate univocamente per la crescita del business. 1.3 I casi studio Al fine di facilitare la comprensione del fenomeno osservato, verranno presentati ed illustrati in questo lavoro dei case study di startup, imprese e business che hanno implementato, come strategia, il Growth Hacking il quale ha permesso loro di realizzare una crescita esponenziale, costante e scalabile. Saranno, quindi, illustrati soltanto alcuni di questi casi aziendali, evidenziando di volta in volta le diverse strategie e gli ambiti di implementazione. 1.3.1 Il caso di Airbnb: O.P.N. (Other People’s Networks) AIRBNB26 è un tipico esempio di come la mentalità del Growth Hacking, sia in grado di portare il business da un garage polveroso a miliardi di dollari di finanziamento27 ed il cui successo è dovuto principalmente ad un Growth Hack. Il suo team di sviluppo, infatti, rileva una falla interna in uno dei siti di annunci più famosi degli States: Craigslist28 , ovvero il più importante portale di annunci, pioniere del settore, già noto con un elevatissimo numero di utenti, proprio quando Airbnb stava iniziando a testare il proprio prodotto. La crescita esponenziale di Airbnb, ai suoi esordi, è stata possibile sfruttando a proprio vantaggio il canale già presente di Craigslist. 26 Airbnb è un portale online che mette in contatto persone in cerca di un alloggio o di una camera per brevi periodi, con persone che dispongono di uno spazio extra da affittare, generalmente privati. 27 Tratto dal libro: “Le professioni della comunicazione 2017. Il libro bianco. Una guida per studenti, professionisti e formatori” – Franco Angeli (2017). 28 Craigslist è un portale che ospita annunci dedicati al lavoro, eventi, acquisti e vari servizi. Il servizio è stato creato da Newmark C. nel 1995. Fonte Wikipedia.
  • 15. 15 Airbnb adottò un sistema apparentemente semplice: nel form che ogni suo nuovo utente doveva compilare per inserire la propria casa sul portale, diede l’opzione di poter automaticamente inserire l’annuncio anche su Craigslist. Tale procedura comportò una maggiore visibilità e autorevolezza, poiché il sito web di Craigslist risultava ampiamente noto, permettendo di creare un link in entrata al sito web di Airbnb, scalando, in tal modo, le chiavi di ricerca di Google e degli altri motori di ricerca, permettendo di risalire così i risultati degli indici dei motori di ricerca (SERP). Tutto questo indubbiamente non fu per niente facile, poiché Craigslist non aveva volutamente lasciato le proprie A.P.I.29 aperte (quindi disponibili liberamente a programmatori esterni per realizzare i collegamenti tra piattaforme) proprio per evitare di saturare il proprio portale con gli annunci di altri servizi simili. Nessuno aveva mai operato una simile procedura, fin quando il team di Airbnb, senza chiedere alcun permesso, attraverso un processo di reverse engineering, capì come funzionassero i form di immissione dati del competitor, rendendo il proprio portale completamente compatibile, tramite un bot30 che agiva in maniera del tutto automatizzata. Questo esempio31 offre diversi spunti di riflessione sul Growth Hacking: • la strategia di Growth Hacking utilizzata da Airbnb non sarebbe mai potuta venire in mente a un esperto di marketing tradizionale; 29 Con Application Programming Interface (in acronimo API, in italiano interfaccia di programmazione di un'applicazione), in informatica, si indica ogni insieme di procedure disponibili al programmatore, di solito raggruppate a formare un set di strumenti specifici per l'espletamento di un determinato compito all'interno di un certo programma. Spesso con tale termine si intendono le librerie software disponibili in un certo linguaggio di programmazione. – Wikipedia. 30 Esecuzione di un comando da remoto che permette ad un altro sistema di interagire. 31 Esempio fondamentale per comprendere il mindset secondo Neil Patel, autore della “Guida definita del Growth Hacking. Neil Patel è Growth Hacker, Imprenditore digitale.
  • 16. 16 • Airbnb ha usato il suo stesso prodotto come principale canale di distribuzione di se stesso: l’integrazione con Craigslist era interna all’applicazione e non esterna ad essa; • Airbnb ha saputo individuare i propri utenti e ha esattamente centrato dove andarli a trovare: fonte Craigslist. Citazione32 “I tuoi utenti non cominciano a esistere solo dal momento in cui arrivi sul mercato. Sono già attivi, là fuori…Chiediti dove si stanno radunando online e offline, e trova il modo di attingere a queste community per ottenere visibilità e crescere rapidamente sulle spalle dei competior”. 1.3.2 Referral Program di Dropbox DROPBOX, oggi colosso del cloud storage, tra i primi nel settore, conta oltre 500 milioni di utenti attivi che ogni giorno utilizzano questo servizio. Durante la sua crescita, dovuta in parte a Sean Ellis, ha dovuto affrontare competitors già consolidati nel settore quali Google Drive, iCloud e SkyDrive. I fondatori di Dropbox33 , dopo essere riusciti a “conquistare” i primi utenti, grazie al loro incredibile video demo virale, si trovarono agli inizi del 2009 in un momento di stallo. Per tale motivo si concretizzò il dilemma se continuare a investire il loro budget negli stessi canali (video virale e strategia comunicativa sui social media) oppure utilizzare la pubblicità per promuovere il loro prodotto attraverso l’advertising34 su Google. Stimarono che il costo di acquisizione per un singolo cliente si aggirava tra 233 e 388 dollari, rispetto ai 99 $ di un abbonamento premium che loro stessi offrivano, in questo modo l’acquisizione utenti gli sarebbe costata moltissimo ed il modello non sarebbe risultato sostenibile. Dopo più di quattordici mesi di stasi venne implementata una proposta presentata da Sean Ellis, durante un suo colloquio nella neo-società. 32 Tratto dal libro “Growth Hacking: fai crescere la tua impresa online” - Barboni L. Simonetti F. (pag 47). 33 Come viene raccontato nel citato libro “Growth Hacker Marketing “di Ryan Holiday. 34 Investire in campagne advertising significa, per le imprese, dare vita ad una serie di strategie di comunicazione finalizzate alla creazione di consenso in relazione alla propria immagine e a quella dei propri prodotti o servizi
  • 17. 17 Un programma referall35 , era abbastanza semplice, ogni volta che un utente si iscriveva sul sito gli veniva automaticamente suggerito di invitare i propri contatti ad iscriversi su Dropbox. Nel caso in cui questi decideva di iscriversi gli sarebbero stati riconosciuti 500 megabyte gratis ad utente (similmente ispirata alla strategia di PayPal che riconosceva 20$ di bonus). Ellis, quindi, propose una strategia davvero unica: a Dropbox non costa praticamente nulla ed era estremamente scalabile. Attraverso un attento studio sul processo di iscrizione ed installazione venne processata la stessa, affinché accompagnasse in maniera del tutto intuitiva e chiara l’utente a “Get more space36 ” piuttosto all’ “invita i tuoi amici”. A tal proposito, fu reso maggiormente intuitivo poter condividere url37 personalizzati che permettevano di promuovere sui diversi social media il proprio link utente referral, oltre che tramite email. Una soluzione tanto semplice quanto efficace visto che nel giro di 15 mesi Dropbox è passata da 100.000 iscritti a 4 milioni. 1.3.3 Facebook: Network Effect FACEBOOK, il più grande social network più utilizzato al mondo, che conta oltre 2 miliardi di utenti attivi nell’ultimo anno38 . Il suo successo non è, esclusivamente, da ricondurre ad un Growth Hack, ma vanno comunque definiti i momenti più 35 Un referral si verifica quando un utente fa clic su un link ipertestuale, banner o altro, che lo indirizza a una pagina di un nuovo sito web. 36 Letteralmente: “Ottieni più spazio”. 37 “La locuzione Uniform Resource Locator (in acronimo URL), nella terminologia delle telecomunicazioni e dell'informatica, è una sequenza di caratteri che identifica univocamente l'indirizzo di una risorsa in Internet, tipicamente presente su un host server, come ad esempio un documento, un'immagine, un video, rendendola accessibile ad un client. L'URL di solito è una sequenza di caratteri indipendente dal web, e anche se il tipo più comune identifica risorse web (http), è vastamente utilizzato dai programmatori per indicare risorse recuperabili tramite protocolli di trasferimento file (ftp), condivisioni remote (smb), o accessi a sistemi esterni (ssh)”. Fonte: Wikipedia. 38 Tratto da Wikipedia.
  • 18. 18 significativi che hanno permesso a Mark Zuckerberg39 di sfidare un colosso già presente sul web: Myspace40 . La possibilità di poter inserire dei widget all’interno dei propri blog, collegati direttamente alla fanpage, ha permesso a Facebook di utilizzare la visibilità dei blog e dei siti che avevano contestualmente anche aperto una pagina sul social. Ma il vero Growth Hack di Facebook è stato quello di saper sfruttare al meglio il principio della “riprova sociale”, uno dei 6 principi di persuasione che spingono gli individui all’azione41 . Ovviamente, sorge spontaneo chiedersi come si possa tradurre tutto questo nella strategia utilizzata da Zuckerberg. Appena iscritto a Facebook, all’utente veniva chiesto di trovare i suoi amici sulla piattaforma inserendo il suo indirizzo email. Una volta aggiunti quelli già presenti sul social, veniva offerta la possibilità di invitare tutti i contatti non presenti, questo grazie all’integrazione delle API dei vari servizi di posta elettronica più diffusi (Gmail, Hotmail., Yahoo ecc), inviando un’email nella quale si faceva presente la propria presenza all’interno del social. In questo modo, attraverso queste leve psicologiche/emotive, per le quali tendiamo a fidarci di più delle persone che conosciamo e degli utenti reali, erano gli stessi clienti/utenti a diventare un ulteriore canale di promozione del servizio. 39 “Mark Zuckerberg (White Plains, 14 maggio 1984) è un informatico e imprenditore statunitense, conosciuto per essere uno dei cinque fondatori del social network Facebook. Dall'aprile 2013 Zuckerberg è presidente e amministratore delegato di Facebook Inc.. In qualità di fondatore di Facebook, riceve uno stipendio simbolico di 1 dollaro. Al 2017 è il 5° uomo più ricco del mondo, con un patrimonio stimato di 61,4 miliardi di dollari”. Fonte: Wikipedia. 40 Tratto dal libro “Growth Hacking: fai crescere la tua impresa online” - Barboni L. Simonetti F. (pag. 49- 51). 41 Luca Barboni più volte fa riferimento al principio psicologico chiamato ripova sociale, facendo riferimento a Robert Cialdini, autore del libro “le armi della persuasione”. Dal libro “Growth Hacking: fai crescere la tua impresa online” - Barboni L. Simonetti F. (pag. 49-51).
  • 19. 19 CAPITOLO 2 I PRINCIPI DEL GROWTH HACKING Il Growth Hacking rappresenta la ricerca e la comprensione di quanto i piccoli cambiamenti abbiano effetto sul prodotto e su tutte le fasi del Funnel42 . L’approccio al Growth Hacking è da inserire in un ciclo che deve essere ottimizzato continuamente, ciclo che inizia da un’idea, la quale verrà modificata, e ottimizzata, sulla base degli obiettivi e dei test effettuati. Il processo dovrà essere continuamente analizzato e ottimizzato, utilizzando approcci e tecniche che possono riguardare l’aspetto psicologico, la fruizione, le funzionalità e le caratteristiche del prodotto stesso. Si tratta di raggiungere obiettivi di crescita: per perseguirli si potrà anche dover cambiare l’idea iniziale o alcune funzionalità del prodotto. L’identificazione di un modello di crescita, fondato sulla Growth Hypothesis43 , potrà far riferimento a idee di marketing che, se opportunamente validate, permetteranno di utilizzare strategie che non presuppongono solo un budget da impiegare. È proprio attraverso le Growth Hypothesis che sarà possibile capire come creare domanda di mercato, senza dover sperperare tutto il bugdet solo per richiamare l’attenzione dell’utente. 42 “È una macchina, una struttura che viene costruita una volta e che ti permette di consegnare il valore, quelli che sono i tuoi prodotti e i tuoi servizi ai tuoi potenziali clienti. Quindi una macchina che comunica valore al posto tuo. In modo da non, ogni volta, scrivere le stesse email alle stesse persone per le stesse domande, o comunicare al telefono le stesse informazioni, o in vis-a-vis comunicare le stesse informazioni. Ma una macchina che possa consegnare un insieme di informazioni preciso, e che le persone una volta entrate in questa macchina, come il gettone che inserisci un po’ nella slot-machine, seguono un percorso preciso, e le quali ricevono i tuoi contenuti, il tuo valore. In questo modo, queste persone quando poi ti ricontattano alla fine del funnel, alla fine del percorso, sono molto più propense ad acquistare i tuoi prodotti, molto più propense ad acquistare i tuoi servizi. Generalmente il funnel di marketing viene disegnato come un imbuto, infatti “funnel” significa “imbuto”. A me piace più pensare a una macchina: una macchina che ha un suo interno, un suo meccanismo, composto da vari elementi, che sono gli elementi che tu vai a controllare per verificare lo stato di questa macchina e come può migliorare gli indici di conversione, quindi di vendita, quindi di performance della macchina stessa”. Tratto da “Cos’è il funnel di Marketing” di Michele Tampieri. 43 “Una Growth Hypothesis è una supposizione che permette di capire e testare come gli utenti entreranno in contatto con il prodotto e definire il modo più efficiente per acquisire clienti nuovi e aumentare il bacino di utenza”. Tratto dal libro: “Startup Marketing: Strategie di Growth Hacking per sviluppare il vostro Business” Camera A., Hoepli. Edizione Kindle (posizione nel Kindle 1446-1447)
  • 20. 20 Citazione: “Infine, chi è che dovrebbe progettare il prodotto? Il cliente, ovviamente” (Philipp Kotler) Durante il processo di sviluppo di Dropbox, sopra richiamato, non era stata azionata un’idea per volta, ma era stato realizzato un complesso processo di analisi, test e validazione, attraverso il quale era possibile abbandonare un’ipotesi per passare velocemente a quella successiva, quando questa non consentiva di ottenere i risultati attesi. La validazione delle Growth Hypothesis deve portare a ottenere una crescita sostenibile, ossia con un impatto a lungo termine. 2.1 Growth Engine: il modello di crescita Convalidate le ipotesi di crescita (Growth Hypotetis) sulle quali poter far leva, queste andranno inserite all’interno di un processo definito Growth Engine, letteralmente motore di crescita, il quale permetterà di monitorare ed analizzare i rapporti che intercorrono tra l’azienda e il proprio target. Essendo di fondamentale importanza perseguire il P.M.F., questo risulta essere necessariamente un processo continuo, finalizzato all’automazione della crescita del business stesso, attraverso una strategia che risulta essere contemporaneamente efficiente, efficace e sostenibile. Tale sistema, se progettato nel modo corretto, conduce alla crescita: è un loop che definirà il ciclo di crescita di un prodotto. Esistono tre differenti modelli di Growth Engine che possono essere utilizzati da una startup: • Sticky: basato sul mantenimento del coinvolgimento (engagement) degli utenti, spingendoli a utilizzare il prodotto nel tempo. • Viral: quando una startup si concentra sulla creazione di un sistema virale, che permette l’espansione rapida della conoscenza della stessa. • Paid: quando il processo di crescita si basa principalmente su campagne a pagamento. In questo specifico caso è di fondamentale importanza che il costo di acquisizione di un utente sia minore di tutti gli acquisti che effettuerà, al netto dei costi variabile.
  • 21. 21 Soltanto in tal modo si avrà profitto da poter reinvestire in pubblicità e attivando un circolo virtuoso. Nello specifico il processo di Growth Engine di marketing è strutturato in 3 fasi distinte: 1. Individuare tutti i canali disponibili, sia che essi risultano essere poco importanti o non comuni; 2. Mettere insieme dei test veloci, con budget ridotto, per verificare il raggiungimento degli obiettivi nei canali. Obiettivo di questa fase è capire quale strategia utilizzare per ogni canale, al fine di individuare la tecnica che si utilizzerà successivamente per ognuno; 3. Trovare il canale che funziona e permettere di ottenere Traction44 , focalizzarsi esclusivamente su quello e sfruttarlo finché non sarà saturo. Per tale motivo il Growth Hacker deve riuscire a realizzare una valida Growth Engine che possa permettere di rendere performante e misurabile tutto il processo di sperimentazione al fine di riuscire a trovare l’hack che avvii il processo di crescita del modello di business stesso. Lo stesso Ellis definisce di fondamentale importanza questa metodologia di fare continuamente test “High Tempo Testing”45 ,riferendosi all’importanza di validare quante più proposte è possibile nel minor tempo, per riuscire a trovare l’unico growth hack, preferendo, dunque, il maggior numero di esperimenti e permettendo così una maggiore raccolta di informazione che consentano di massimizzare la possibilità di rintracciare il giusto Growth Hack. 2.2 L’importanza delle metriche Per metriche si intende qualsiasi cosa possa essere sottoposta a misurazione. Moltissime cose sono misurabile, ma il fatto che lo siano non le rende automaticamente rilevanti. 44 Traction è la capacità di un’impresa di fare presa sul mercato, di guadagnare visibilità. 45 “High tempo testing. Moving Beyond Hustle to Building a Predictable Growth Machine” - Sean Ellis. La definizione di High Tempo Testing fa riferimento a delle strategie di attacco del football americano, nello specifico “High Tempo Pressing”: dove la migliore strategie per difendere e attaccare risultare essere quella di pressare la squadra avversaria su più fronti contemporaneamente per non subire facilmente goal.
  • 22. 22 La fase di misurazione è di fondamentale importanza per poter quantificare a posteriori le ripercussioni delle scelte intraprese, iterazione dopo iterazione. Grazie all’analisi, si riuscirà a misurare e validare l’istinto, basato sulle esperienze passate e sul pragmatismo. I tool di analisi sono estremamente importanti, poiché consentono di correggere le azioni e l’approccio, fornendo una rappresentazione veritiera e corretta della realtà che, tuttavia, deve essere combinata con elementi qualitativi per essere funzionale a determinate decisioni. Tuttavia, non è possibile analizzare qualsiasi cosa, poiché alcune decisioni sono indipendenti dai dati, ecco perché devono essere combinate con altre informazioni per identificare il mercato, il problema da risolvere e gli elementi fondamentali del modello di business. Affinché la scelta delle metriche sia corretta è necessario che le stesse rispecchino queste caratteristiche: • Importanza. Inutile utilizzare quante più metriche è possibile, di cui non se ne potrà neanche dedurre la causa-effetto. I parametri più importanti sono quelli che permettono di rilevare eventuali problemi; • Correlazione ad un obiettivo: dopo aver identificato i problemi su cui focalizzarsi, è necessario definire gli obiettivi di business; • Autenticità: esistono tanti dati poco significati, chiamati vanity metric (metriche della vanità) che non indicano il valore di un’azienda o di un business, ad esempio numero di follower sui social, numero di download di un’applicazione e non numero di utilizzatori46 . • Impatto significativo: relativamente al risultato ottenibile a seconda dell’intervento sul parametro; • Governabilità: dovendo analizzare le scelte intraprese, per poterne valutare gli effetti, è doveroso escludere tutti quei parametri di cui non si ha un controllo diretto; 46 Ad esempio per Facebook sarebbe risultato facile misurare la propria crescita attraverso numero di utenti registrati, ma invece si sono concentrati sugli utenti attivi ogni giorno: metrica più autentica e capace di quantificare realmente il delta di crescita.
  • 23. 23 • Che siano adattabili ai vari stadi del business: ogni azienda ha bisogno di crescere, pur mutando il concetto di crescita in funzione allo stadio di evoluzione del business. Attraverso l’utilizzo delle metriche, quindi, il tracking e l’analisi dati risultano essere il driver per ogni Growth Hacker, grazie ai quali si è in grado di ricavare informazioni fondamentali e decisive per la crescita di un’azienda. 2.2.1 Obiettivi SMART Molto spesso quando viene chiesto ai founders di una startup quale siano gli obiettivi che intendono raggiungere, rispondo: “diventare la piattaforma europea per il Food Delivery” oppure “diventare l’app più importante in Europa per lo scambio di contatti a livello professionale”, invertendo così l’obiettivo con la visione. Gli obiettivi, in quanto tali, devono quindi essere S.M.A.R.T.47 : • Specific: specifici e pertinenti per quel tipo di business; • Measurable: misurabili dal punto di vista quantitativo; • Achievable: raggiungibili, ossia realistici (per esempio, non dovrete considerare obiettivi troppo distanti dalla realtà, rischiando di perdervi in piani quinquennali); • Realistic: realistici, quindi importanti ed essenziali per il vostro progetto; • Time-Based: basati su un periodo di tempo definito. 2.2.2 K.P.I. Le Key Performance Indicator (K.P.I.) sono degli indicatori (chiave) di performance, quale metriche che permettono di capire se si sta raggiungendo o meno l’obiettivo. Ai fini di definire una KPI è necessario avere a disposizione un dato quantitativo, ossia una metrica rilevante e in linea con l’obiettivo da realizzare. Inoltre, deve essere un parametro reattivo: nel caso di un cambiamento, il valore della KPI dovrebbe essere in 47 Il metodo S.M.A.R.T. è stato sviluppato da Peter Druck nel 1954, come parte integrante della filosofia di gestione aziendale MBO (Management by Objectives). Si tratta di un sistema per la definizione degli obiettivi, che vengono messi al primo posto rispetto alle attività necessarie per il loro raggiungimento;
  • 24. 24 grado di rifletterlo, sia in positivo che in negativo, fornendo una fotografia immediata dello stato del progetto. Infine, le KPI dovrebbero essere semplici da comprendere e non fornire risultati ambigui o soggettivi. Sebbene tutti le KPI siano delle metriche, non tutte le metriche sono KPI: una metrica sarà un’ottima KPI nello stato in cui misura le performance che sono considerate fondamentali per il business in esame. Le KPI devono essere parte di un processo che comprende cicli brevi (sprint). Infatti, è molto importante essere in grado di prendere decisioni tempestive sul prodotto e sul business, in caso di cambiamenti. L’analisi delle KPI si deve basare su strumenti qualitativi e quantitativi e sull’impiego di A/B Testing. Di seguito alcune KPI essenziali per una startup: • Consumer Acquisition Cost (C.A.C.): è un indicatore che monitora il costo di acquisizione per un singolo utente in un determinato canale. È il risultato del rapporto fra il totale dei costi di marketing e delle vendite in un arco di tempo per il numero totale di clienti acquisiti nello stesso range temporale. Il C.A.C. potrà essere specifico per ogni canale utilizzato, potendo così apprezzare la scelta di uno rispetto ad un altro, oppure, facendo una media fra tutti i canali utilizzati, si genererà un unico C.A.C. Obiettivo di un Growth Hacker è minimizzare il C.A.C. • il Customer Lifetime Value (CLV o LTV): è la quantificazione dei profitti generati dai singoli clienti in un determinato lasso di tempo prima che smetta di utilizzare il servizio/prodotto. Tale metrica è influenzata dal tasso di fidelizzazione dei clienti stessi. Obiettivo di una strategia di Growth Hacking è quella di massimizzare tale parametro. • Churn Rate (Tasso di Abbandono): ossia quanti utenti abbandonano il prodotto/servizio, risulta essere il complementare del CLV. È un parametro influenzato dal modello di business e dal settore di riferimento48 . Obiettivo del G.H. è minimizzare il Churn Rate. 48 Pur comparando due servizi digitali: Facebook e Uber, questi risulteranno avere un tasso di abbandono considerevolmente differente. L’uso frequente di Facebook è diverso rispetto a quello di Uber, dove l’utilizzo dell’applicazione anche soltanto poche volte a settimana risulta essere un indicatore positivo.
  • 25. 25 • Average Revenue Per User (ARPU): è la metrica che misura la quantità di denaro che spende in media un utente ogni volta che acquista un determinato bene. Parametro tipico degli e-commerce. Obiettivo del Growth Hacker: massimizzare l’ARPU, aumentando la spesa media dell’utente49 . • K-Factor o Fattore di Viralità: è il numero di utenti ottenuti tramite la viralità o il passaparola fra i clienti, viene calcolato per cicli per poter apprezzare al meglio il fattore di crescita. Un fattore K > 1 significa avere una crescita virale o esponenziale, permette di abbattere i CAC. 2.3 Startup Metrics for Pirates (Dave McClure) Come già illustrato al precedente paragrafo (2.2), è stata discussa l’importanza delle metriche per poter riuscire a costruire un’efficiente ed efficace Engine Growth che possa permettere una crescita esponenziale del proprio modello di business, motivo per il quale sono da escludere le vanity metrics. Nel Growth Hacking si utilizzano le “Metriche per Pirati50 ” (Startup Metrics for Pirates: AARRR), ideate da Dave McClure nel 2007, oggi impiegate per formare tutte le startup che vengono accelerate nel Venture Capital 500Startups51 . Numerosi sono i framework52 utilizzati per pianificare le diverse strategie di marketing53 . Nel Growth Hacking questo viene utilizzato perché è uno dei funnel più efficace e sintetico nel descrivere al meglio il ciclo di vita del cliente nel panorama del marketing moderno. Il framework viene così chiamato per il suono dell’acronico delle fasi che lo compongono, appunto “AARRR54 ”. Attraverso la suddivisione dell’esperienza utente in soli cinque step è possibile mappare correttamente il proprio prodotto/servizio e la relativa strategia di marketing, potendo così capire: 49 Esempio tipico di questa strategia è quella all’interno dell’e-commerce Amazon, che successivamente ad un acquisto suggerisce altri articoli correlati, per aumentare il valore medio del carrello della spesa. 50 Tratto da “Startup Metrics for Pirates” di Dave McClure. 51 500Startups è un fondo di venture capital e acceleratore di startup fondato da Dave McClure e Christine Tsai nel 2010 a Mountain View, California. 52 Il Framework è uno schema concettuale per semplificare la realtà e permettendo di prendere decisione più velocemente e avendo una visione d’insieme maggiore. 53 Fra i più noti ricordiamo: le 4 forze di Porter, la S.W.O.T Analysis, la Customer Journey Map. 54 Nella letteratura moderna l’urlo dei pirati viene identificato col suono onomatopeico “ARRR” o “ARGH”.
  • 26. 26 • Cosa accade quanto un utente interagisce col prodotto/servizio; • Cosa sta funzionando bene; • Cosa non funziona, • Dove agire per risolvere eventuali problemi. Nello specifico secondo McClure le cinque fasi sono così suddivise55 : • Acquisition: acquisizione del cliente; • Activation: attivazione dell’utente; • Retention: ritorno del cliente fidelizzato; • Referral: passaparola del cliente ad altri utenti; • Revenue: momento in cui il cliente paga per il prodott/servizio. Dalla sua nascita, il framework sopracitato si è evoluto, soprattutto in funzione alle nuove dinamiche del marketing digitale, motivo per cui è subentrata un ulteriore fase iniziale: • Awareness: momento in cui un possibile cliente entra in contatto per la prima volta col prodotto/servizio. I sei step non sono mai statici, ma risultano essere modulari in funzione al modello di business preso in esame56 . Tale framework permette di tenere in considerazione specifici elementi per ogni singola fase, in modo da poter analizzare ed apprezzare tutte le scelte apportate, costituendo così il Growth Funnel. 55 Tratto da “Startup Metrics for Pirates: AARRR!!! (Startup Metrics for Product Marketing & Product Management)” di McClure D. (2007). 56 Es. Per le aziende che faranno fruire il proprio prodotto/servizio dopo il pagamento da parte del cliente, risulta antecedente la fase Revenue a quella Activation.
  • 27. 27 2.3.1 Il Growth funnel A.A.A.R.R.R. Letteralmente funnel significa Imbuto, proprio perché l’obiettivo del Growth Hacking è quello di rendere quanto più efficiente, efficace e specifico il processo che genera il profitto, appunto partendo da una fase più ampia e vasta per concludersi con il focus sulla redditività del modello di business. L’utilizzo del framework dei Pirati (AAARRR) permette di avere una piena visione di insieme, guardando dall’esterno tutte le singole fasi, motivo per cui è di fondamentale importanza che ogni step venga ben visualizzato, definito e testato. Compito del Growth Hacker sarà quello di assegnare ad ogni step un KPI di riferimento attraverso il quale validare le scelte intraprese in ogni singola fase dell’esperienza dell’utente. Essendo diversi i clienti con i quale un’azienda o una startup si relaziona, dovranno essere altrettanto diversificati i relativi funnel ideati, nello specifico uno per ogni singolo target di riferimento dell’impresa. Di seguito, una presentazione dettagliata di ogni singola fase con i relativi obiettivi e metriche di riferimento. 2.3.1.1 Awareness Fase iniziale del framework AAARRR, rappresenta il momento in cui un potenziale cliente entra per la prima volta in contatto con l’impresa. Questo momento corrisponde alla fase di consapevolezza/scoperta del prodotto e/o servizio da parte dell’utente grazie ai vari touchpoint che ha l’azienda (sia online o offline). Le metriche più importanti in questa fase sono: • Traffico sul sito web; • Traffico su una specifica landing page; • Visualizzazioni di uno specifico post (su un social o su un blog); • Download dell’app.
  • 28. 28 In questa fase iniziale le metriche di vanità, nonostante più volte sono state considerate vane, risultano essere abbastanza importanti, in quanto rendono apprezzabile il livello di notorietà del modello di business. Però, al fine di non rendere questa fase fine a sé stessa è necessario strutturarla affinché si instauri una relazione con gli utenti con i quali si entra in contatto, per poterli convertire in potenziali acquirenti del prodotto/servizio. Proprio per questo motivo, obiettivo di questo step è quello di mettere in contatto l’azienda con i suoi utenti target, in modo da poterli così rendere successivamente clienti. 2.3.1.2 Acquisition La fase di “Acquisizione”, primo punto di contatto diretto con i clienti, rappresenta il momento in cui l’utente, dopo aver conosciuto per la prima volta l’impresa, intende entrare in contatto con essa per avere maggiori informazioni, manifestando dunque interesse verso il prodotto/servizio della stessa. L’iscrizione, tramite il rilascio dei dati personali, rappresenta appieno questa fase, in cui l’utente entra in contatto con il modello di business. Diverse risultano essere le strategie affinché si possa raggiungere questa fase, ma soprattutto diversi saranno i canali con i quali si potrà “attivare” il futuro cliente, fra questi ricordiamo: iscrizione alla mailing-list, iscrizione alla prova gratuita del servizio erogato, compilazione di un form per poter scaricare contenuti inerenti al prodotto/servizio offerto, iscrizione gratuita al servizio offerto, ect. Le metriche di riferimento di questa fase includono tutte le azioni per le quali il cliente manifesta il proprio interesse nel conoscere, provare il prodotto/servizio. L’obiettivo principale del Growth Hacker, in questo step è quello di ottimizzare il tasso di conversione tra l’acquisizione dati dell’utente e la sua attivazione, mantenendo il C.A.C. il più basso possibile. Come già ribadito, ogni modello di business ha “regole” e dinamiche proprie, motivo per cui il C.AC. andrà sempre rapportato al C.L.V.57 , ponderando quindi il costo di 57 Customer Lifetime Value.
  • 29. 29 acquisizione di un singolo utente rispetto al profitto che l’azienda guadagnerà da esso quando diventerà un cliente pagante del prodotto/servizio. 2.3.1.3 Activation Activation o Attivazione utente, è il momento in cui quest’ultimo sperimenta per la prima volta la value proposition dell’impresa o della startup. Pur sembrando simile alla fase precedentemente esposta, in questo step gli utenti non saranno più “visitatori” ma potenziali clienti, poiché gli stessi provano/testano effettivamente il prodotto/servizio. Tale momento non coincide, però, con la manifestazione di interesse verso detto prodotto. Per chiarire meglio tale distinzione, possiamo utilizzare l’esempio del servizio reso da Uber, per il quale un utente scaricando l’applicazione ed iscrivendosi al servizio, manifesta la sua reale intenzione, interesse ad utilizzare l’app stessa. Tuttavia, finché l’utente non prenota per la prima volta il servizio di trasporto, questo non potrà considerarsi ancora all’interno della fase di Attivazione, non potendosi così apprezzare il reale valore offerto dal servizio stesso. Per evitare la possibilità di confusione tra queste due ultime fasi “A” (Acquisition/Activation) sarà opportuno focalizzarsi sui rispettivi obiettivi. Nella fase di acquisizione si incuriosisce il “visitatore” o utente attraverso contenuti informativi del prodotto/servizio, invece nella fase di attivazione lo stesso proverà il servizio potendo così valutare egli stesso la sua esperienza utente. Motivo per cui, il Growth Hacker dovrà rendere quanto più performante e memorabile la prima esperienza utente, performance che potrà misurare attraverso KPI che facciano riferimento e riconducano al livello di soddisfazione. 2.3.1.4 Retention La fidelizzazione del cliente è l’obiettivo principale di ogni modello di business, attraverso il quale ogni azienda può apprezzare il reale soddisfacimento del proprio cliente, poiché un cliente soddisfatto del prodotto/servizio dell’azienda tornerà nuovamente ad utilizzarlo.
  • 30. 30 Nel misurare l’efficacia di questo step si utilizzano tutti i KPI che misurano il tasso di fidelizzazione del cliente, serve però uno storico di dati per poter effettuare stime abbastanza accurate. Tutte le scelte adottate in questa fase saranno cruciali per quanto riguarda tutto il profitto che genera un singolo cliente. Essendo diversi i modelli di business con le relative dinamiche di mercato, esistono casi in cui un basso tasso di fidelizzazione non è un sintomo negativo per l’azienda, caso specifico nel mercato del lusso, dove i margini sono talmente alti che la fidelizzazione del cliente ricopre meno importanza. Dinamica opposta nel mercato B2B, dove il ciclo di vendita solitamente è abbastanza lungo ed articolato. Il Growth Hacker, al fine di migliorare la performance di questo step, si concentra nel ottimizzare la funzione d’uso del prodotto/servizio, aumentandone le caratteristiche e le feauture ovvero nel rendere più semplice e chiare le fasi antecedenti a queste. Ciò al fine di poter “accompagnare” il cliente al riutilizzo del servizio e tutte le altre strategie che possano permettere il più possibile di minimizzare il tasso di abbandono del servizio stesso. 2.3.1.5 Revenue La fase dei ricavi, appunto “Revenue”, rappresenta il momento in cui l’utente diventa un cliente pagante. Nel marketing tradizionale corrisponde alla fase di acquisto. Denominatore comune di ogni business è l’obiettivo finale per il quale tutto il Growth Funnel si concentra: generare profitti. Soltanto dopo un’attenta strategia finalizzata a rendere migliore la performance del P.M.F., non concentrandosi esclusivamente sulle strategie di princing, si potrà considerare il Growth Funnel funzionale e centrale alla Growth Engine. Al fine di migliorare questa fase, sarà opportuno: • Differenziare o creare nuovi prodotti/servizi; • Utilizzare tutti i canali disponibili per intercettare i clienti; • Validare attraverso diversi test tutte le scelte di princing, potendo così valutare quanto il cliente è disposto a pagare per il prodotto/servizio;
  • 31. 31 • Ottimizzare il processo di produzione, fruizione, promozione del prodotto/servizio in modo da abbattere i costi. Le KPI che permettono di monitorare la performance di questa fase sono: • A.R.P.U.: spesa media per utente; • Frequenza di acquisto media per utente; • Tasso di conversione da prova del prodotto/servizio a versione a pagamento dello stesso; • Revenue di periodo; • Tasso di crescita delle revenue su base mensile o annuale. Citazione58 “Vendere più roba a più persone, più spesso, per più soldi, in maniera efficiente”. 2.3.1.6 Referral Pur avendo raggiunto nel precedente step l’obiettivo principale di ogni impresa: generare profitto, è soltanto in questa ultima fase che possiamo apprezzare la strategia del Growth Hacking. È proprio in questo momento che il potenziale cliente diventa egli stesso promotore del prodotto/servizio, consigliandolo a qualcuno. Attivando il passaparola (uno dei canali marketing più efficaci), si avvia un loop di crescita e promozione, in cui avendo validato il P.M.F. e riuscendo quindi ad intercettare, catturare, attivare ed accompagnare all’acquisto il cliente, egli stesso diventa un ulteriore canale di promozione dell’impresa, permettendo così, attraverso la sua fidelizzazione, la conversione di ulteriori clienti. I nuovi utenti, dunque, avviato il passaparola entreranno nel funnel partendo proprio dal primo step: Awareness, anche se in questo caso conoscere l’impresa avverrà tramite altri utenti, ormai clienti fidelizzati che utilizzano il prodotto/ servizio e ne sono talmente soddisfatti da invitare altri a questa esperienza di consumo. Le KPI capaci di monitorare l’effetto di viralità di questa fase sono due: 58 Sergio Zayman, ex C.M.O. presso Coca Cola.
  • 32. 32 • K-Virale (fattore di viralità), riferito all’efficacia degli inviti a nuovi utenti ad utilizzare il servizio da parte di clienti già fidelizzati. Attraverso la seguente formula sarà possibile calcolare il tasso di viralità: 𝐾 = (n°clienti)×(n°medio di inviti mandati per utente)×(tasso di conversione degli inviti) n° totale utenti Quando K>1 il ciclo di viralità comporterà una crescita esponenziale. • N.P.S. (Net Promoter Score) fa riferimento, invece, all’intenzione di un singolo cliente nel consigliare il servizio utilizzato ad un nuovo potenziale utente. Per calcolare tale parametro, è necessario chiedere agli utenti quanto sarebbero disposti, da 1 a 10, a consigliare il prodotto/servizio a qualcuno. Queste informazioni potranno essere successivamente raccolte ed esaminate attraverso sondaggi ed interviste. Obiettivo del Growth Hacker in questa fase è quella di massimizzare, dunque, il K-Virale e N.P.S., attraverso specifici codici promozionale da assegnare agli utenti fidelizzati in modo da stimolarli ad invitare nuovi utenti, ai quali, a loro volta, verrà riconosciuto un credito o una scontistica. Attraverso questa strategia sarà possibile tracciare questo fenomeno del passaparola, grazie all’attribuzione di un codice univoco ad ogni singolo cliente in modo da attivare questo meccanismo di viralità, proprio come introdusse Sean Ellis in DropBox. 2.4 Lean Startup Fin ora è stato chiaro come il Growth Hacking possa essere definito un marketing scientifico, composto da processi e step ben definiti; definiti gli obiettivi da perseguire ed implementato un sistema di misurazione ed analisi, si procede con l’effettuare più esperimenti possibili, ottimizzando questi ultimi al fine di trovare la soluzione più performante ed iterare il processo corretto. Affinché tutto questo avvenga è necessario che un esperimento abbia tre caratteristiche fondamentali: • Misurabilità: capace di essere tracciato e misurato;
  • 33. 33 • Ripetibilità: attinente alla capacità dell’esperimento di poter essere riproposto più volte; • Scalabilità: deve poter essere applicato e replicato su scala maggiore, intesa come numero di utenti/clienti, a livello qualitativo e quantitativo. Il Growth Hacking risulta, quindi, essere un processo Lean, nel quale l’obiettivo primario è l’apprendimento costante attraverso una continua validazione, grazie ad una serie di micro cambiamenti. Questo tipo approccio consentendo di apprendere dai propri errori, permette la crescita del relativo modello di business. Per tale motivo, nonostante un esperimento non generi i risultati attesi, si avrà comunque acquisita un’informazione che altrimenti non si sarebbe potuta generare, permettendo di raccogliere dati sul prodotto/servizio e sui clienti/utenti. La metodologia Lean Startup si basa sul concetto che l’innovazione di prodotto/servizio più efficiente è quella di cui ha realmente bisogno l’utente. Tale approccio nasce in un contesto imprenditoriale sempre più rischioso, veloce e competitivo e soltanto attraverso questa validazione rapida del proprio modello di business si può risparmiare un futuro fallimento più grande, aggravato dagli investimenti di risorse e tempo. Il metodo Lean (ideato da Eric Ries nel 2008), prevede la realizzazione di cicli di esperimenti i quali hanno lo scopo di testare rapidamente i diversi aspetti dell’offerta sul mercato, raccogliendo informazioni, feedback, dati utili ad apprendere, crescere ed offrire successivamente le soluzioni più vicine ai reali bisogni del proprio pubblico. A livello operativo il metodo Lean Startup è costituito dal ciclo “build-measure-learn” (costruire-misurare-apprendere), nel quale implementando, step by step, piccole innovazioni di prodotto/servizio si valida immediatamente la loro performance e il loro riscontro sull’esperienza di fruizione da parte dell’utente. Risulta abbastanza evidente come il Growth Hacking fonda le proprie basi proprio su tale metodologia per poter riuscire a progettare la migliore Growth Engine capace di generare la crescita dell’impresa stessa.
  • 34. 34 Sean Ellis59 , nonostante le due metodologie, Lean Startup e Growth Hacking, risultino essere sinergiche e complementari, ha tenuto a precisare come la Lean Startup abbraccia tutto il ciclo di vita della startup, mentre il Growth Hacking risulta essere irrilevante finché non si è raggiunto il Product Market Fit del modello di business, in quanto non si potrebbe avviare il giusto processo di sperimentazione ai fini della crescita. 59 Tratto dall’intervista a Sean Ellis durante un convegno denominato: “Lean Startup meets growth hacking: getting places fast”, dove lo stesso Ellis ha avuto modo di confrontarsi con altri esperti dell’ambito starup e marketing.
  • 35. 35 CAPITOLO 3 LA LINEA SOTTILE FRA MARKETING E GROWTH HACKING Risulta evidente come il Growth Hacking nasce dalla necessità di costruire un modello di business che sia efficiente ed efficace per fronteggiare un contesto competitivo sempre più difficoltoso, in cui la velocità di innovazione è strettamente correlata alla velocità di fallimento. Poter, quindi, creare un sistema autonomo capace di assicurare la crescita della propria azienda o startup risulta essere funzione primaria del Growth Hacker, che rendendo scientifico e misurabile il marketing riesce, dopo aver validato le varie proposte a trovare la strategia capace di attivare la crescita e la scalabilità del modello di business. 3.1 Differenza tra Marketing e Growth Hacking Paragonando il Marketing ed il Growth Hacking risulta chiaro come pur sembrando simili, in realtà rappresentano due approcci abbastanza diversi, uno dei quali, il Growth Hacking, risulta evoluzione dell’altro (marketing). Per capire al meglio questa differenza si farà riferimento al funnel di crescita, esposto precedentemente: Paragonando i due approcci: quello tradizionale del marketing e quello del Growth Hacking, sembra chiaro come il primo si concentri esclusivamente nella parte iniziale del
  • 36. 36 funnel, occupandosi quindi della promozione del prodotto/servizio, mentre il Growth Hacking percorre il funnel in tutti i suoi step, non trascurando nessuna fase dell’esperienza dell’utente stesso. Nel suo approccio il Growth Hacking riunisce elementi, strategie e metodi già esistenti, cercando di strutturare quindi un mindset, quello del Growth Hacker, capace di focalizzarsi esclusivamente sulla crescita del modello di business e non sulle vendite, come farebbe comunemente un marketer tradizionale. Nonostante sia opinione comune considerare il Growth Hacking, un insieme di “trucchetti” a budget zero, questo risulta essere un errore. Il budget, infatti, è necessario, come nell’approccio tradizionale, con la differenza che questo viene allocato nei vari “esperimenti” a differenza delle tradizionali campagne marketing. Il budget, nel caso delle campagne di marketing, avrà una durata, una fine e dei risultati, mentre, nel Growth Hacking questo verrà segmentato in mini-budget per consentire diversi esperimenti contemporaneamente. Molti potranno fallire, ma quando si sarà trovato l’esperimento performante, si investirà un budget ingente su quest’ultimo per avviare la Growth Engine ed il relativo processo di crescita. Secondo Ryan Holiday, autore del libro “Growth Hacking”, il Growth Hacker “non vede il marketing come uno step determinato, quanto piuttosto un driver nello sviluppo del prodotto/servizio, in cui saranno i dati a guidare lo sviluppo e la crescita dell’impresa”. 3.2 Se è il marketing è management, il Growth Hacker è il CEO. In ambito economico, sia startup che aziende, a prescindere dal loro ambito di riferimento, si ritrovano a dover competere fra loro ad un ritmo sempre più frenetico, in cui il ruolo decisionale spetta al cliente/utente, che grazie alle nuove tecnologie e innovazioni, risulta essere sempre più informato, attento e capace di scegliere con consapevolezza e determinazione. La vastità di scelta, quantitativa e qualitativa permette al cliente di poter abbandonare facilmente prodotti/servizi per acquistarne ed utilizzarne di migliori, più economici e più soddisfacenti.
  • 37. 37 Adottare una strategia di marketing, sembra essere doveroso, in un contesto dove è necessario analizzare il mercato, al fine di pianificare la strategia più efficiente, ma tutto questo però non sembra bastare. Tale considerazione è dimostrabile con la decisione60 adottata dalla multinazionale Coca- Cola nell’assumere Francisco Crespo, nuovo Chief Growth Officer (C.G.O.) in sostituzione della vecchia figura del Chief Marketing Officer (C.M.O.), che sarà a capo della strategia globale di marketing, della strategia di impresa e gestirà direttamente la leadership dei reparti commerciali e la relazione clienti al fine di creare una sinergia tra i team con un obiettivo comune volta a guidare la crescita globale dell’azienda. Essendo egli il coordinatore finale di più Reparti, l’obiettivo e le strategie top-down sono connesse sui reparti paralleli, convergendo in un unico obiettivo. Tale scelta è da ritenere valida perché il Growth Hacking non si può ottenere con una persona a capo di tutto ma con un coordinatore finale per più reparti. La voglia di far crescere il modello di business, permetterà al CGO di scovare nuove opportunità e mercati, anche attraverso scelte non comuni. Il processo di creazione di un prodotto/servizio costumer oriented renderà nelle fasi successive più facile sviluppare pubblicità e promozioni su un prodotto che realmente soddisfa i bisogni reali dei clienti. 3.3 Intervista a due Growth Hacker Italiani: Luca Barboni e Raffaele Gaito A conclusione del mio saggio finale” Growth Hacking: il nuovo Mindset del Marketing” ho ritenuto doveroso intervistare due tra i maggiori Growth Hacker italiani, i quali hanno certamente contribuito alla diffusione del fenomeno californiano anche nel territorio nazionale. I due professionisti sono Luca BARBONI61 , startup advisor, public speaker e Raffaele GAITO62 , imprenditore digitale, startup mentor e blogger. 60 Marzo del 2017; 61 Autore del libro “Growth Hacking fai crescere la tua impresa online”. Nato Social Media Manager, scopre il Growth Hacking mentre gestisce il marketing per Atooma, startup nel settore Internet delle Cose basata in Italia e a San Francisco. Presente in rete attraverso il proprio sito: http://lucabarboni.it/; 62 Imprenditore Digitale, Growth Hacker, Startup Mentor, Blogger. Presente in rete attraverso il proprio sito: https://www.raffaelegaito.com/
  • 38. 38 A tal proposito ho formulato le seguenti 4 domande ad ognuno di essi al fine di ottenere un parere/intervista da parte di un Growth Hacker operante nell’economia nazionale: Domanda 1: Quale è lo stato attuale del Growth Hacking in Italia? Barboni L.: “Direi che siamo nella fase finale del processo di evangelizzazione del mercato. Grazie a diversi progetti formativi e divulgativi sul tema si sta consolidando la consapevolezza che il Growth Hacking non è solo una parolaccia in inglese per darsi un tono. Nel mentre storie di successo (come il recente caso Coca Cola) stanno cominciando ad attirare l’attenzione di aziende italiane che già guardano con curiosità all’open innovation e al modus operandi delle startup. E ritengo che sia un trend destinato a crescere. A tutti gli effetti il growth hacking tratta proprio di questo: come implementare un processo di innovazione continua per perseguire obiettivi di marketing”. Gaito R.:”Siamo agli inizi, senza ombra di dubbio. È un argomento di cui non si sentiva parlare fino a qualche anno fa e siamo nel pieno dell'hype, con i pro e i contro che questo comporta. Mentre negli USA ormai l'hanno digerita questa disciplina e sta diventando la normalità fare Growth Hacking sui propri progetti, qui corriamo ancora dietro agli articoli con i titoloni come "7 trucchi di Growth Hacking da conoscere" oppure "Le 30 tecniche di Growth Hacking per far crescere la tua startup". Da questo punto di vista sia io che Luca Barboni ci stiamo impegnando parecchio per andare oltre la semplice formazione e consulenza e fare una vera e propria attività di evangelizzazione e sensibilizzazione”. Domanda 2: Secondo la vostra esperienza è possibile applicare tale modello (Growth Hacking) alle imprese nazionali? Barboni L.: “Assolutamente sì: nell’ultimo anno mi è capitato di lavorare su esperimenti simili al fianco di aziende come Enel e Mercedes Benz Italia. Ci sono diversi modi di applicare il Growth Hacking a realtà strutturate. Tra questi, probabilmente il meno rischioso è quello di creare delle business unit dedicate a progetti specifici. Queste unit avranno un team cross-funzionale, incorporando professionisti del design, analisi dei dati, marketing e prodotto. In questo modo si va a creare una “zona sicura” di sperimentazione dove i successi (ma anche i fallimenti) sono isolati ad un singolo progetto. Oltre a dover raggiungere i KPI aziendali definiti, l’obiettivo della unit sarà anche quello di dimostrare l’efficacia del processo prima di poterlo scalare agli altri dipartimenti o alle altre linee di business. In tal caso sarà sufficiente allocare un
  • 39. 39 “responsabile della crescita” per ogni area, che andrà a fare un assessment e ristrutturare i processi esistenti per far spazio al metodo del growth hacking dove prima non c’era”. Gaito R.:” Assolutamente sì! Non vedo perché non si potrebbe. Il Growth Hacking è un mindset, un processo, un approccio. Si può utilizzare in qualsiasi tipo di azienda, indipendentemente dal suo mercato e dalla sua grandezza. Io in primis ho clienti sparpagliati su tutto il territorio nazionale. Il Growth Hacking è focus assoluto sulla crescita, e ogni azienda ha bisogno di crescere, cambia solo il significato di crescita in base all'impresa che ti trovi davanti”. Domanda 3: Quali potrebbero essere le possibili evoluzioni del Growth Hacking? Barboni L.: “Di recente sono stato in Silicon Valley, entrando in contatto con alcune realtà che ne sono state la matrice, così come diverse personalità che hanno contribuito a definire la materia. Questo mi ha permesso di dare “una sbirciata” ad un ecosistema molto più maturo del nostro riguardo il Growth Hacking, e devo dire che ha confermato le mie previsioni: l’evoluzione del growth hacking corrisponde al totale riassorbimento dello stesso all’interno del Marketing. Si tratta a tutti gli effetti di perseguire gli stessi obiettivi (la crescita) implementando nuovi processi che si sono dimostrati estremamente più efficaci dei vecchi standard, specie per aziende ad alto rischio come le startup innovative”. Gaito R.:” Il Growth Hacking non ha inventato niente di nuovo, questo dobbiamo dirlo. Ha preso elementi presistenti in altri settori (Marketing Digitale, Product Develment, Data Analysis, ecc.) e li ha combinati sotto un unico processo con degli step ben chiari e un output ben definito. Di conseguenza credo che, da un lato continuerà ad evolversi attingendo da altre discipline limitrofe, e dall'altro andrà assestandosi fino a diventare la normalità, come appunto sta succedendo già negli Stati Uniti”. Domanda 4: Cosa consigliereste ad un giovane che ha intenzione di intraprendere il percorso formativo del Growth Hacker? Barboni L.:”Prima di tutto consiglierei di fare i compiti a casa. In Italia il growth hacking è un tema ancora molto giovane e per questo è importante conoscerne le basi, capire in che modo si integra con le altre discipline e quali sono le pratiche specifiche per cui si differenzia dal marketing tradizionale. Dopo di che, è indispensabile fare pratica su
  • 40. 40 progetti reali. Un blog, un progetto sui social, oppure ancora l’affiliate marketing. Gestire questo processo di sperimentazione continua quando si lavora in team richiede il far fronte ad una grande complessità. È virtualmente impossibile avere successo senza aver testato il processo in piccolo su sè stessi!”. Gaito R.:” Io personalmente ho un mio metodo che definisco "Studia - Sperimenta - Attendi" che, come è facile intuire, è un mix di teoria e pratica. Nel Growth Hacking è fondamentale, fin da subito, studiare tanto, ma anche sperimentare tanto. Per la parte di studio ci sono decine di libri (sia in inglese che in italiano) che ormai affrontano l'argomento, senza parlare dei blog e dei corsi, sia online che in aula. Sulle spese che riguardano la formazione consiglio sempre di stare attenti perché ci sono molti furbetti in giro e spesso è difficile distinguere chi quella materia la vive tutti i giorni da chi la racconta e basta. Fare un controllo sui docenti è uno step necessario prima di investire in un corso. Per la parte di sperimentazione, è fondamentale avere un progetto reale sul quale poter applicare fin da subito i concetti teorici imparati. Sia che si tratti di una vera e propria startup, sia che si tratta del blog aperto per divertimento nel tempo libero, c'è bisogno di sporcarsi le mani per capire la potenzialità della disciplina. E poi c'è la parte dell'attesa, che in molti sottovalutano. Il Growth Hacking è un processo e per dare risultati richiede tempo, a volte tanto. Chi si aspetta una crescita immediata rimarrà deluso!”. Alla luce di quanto riferito dai due autorevole esponenti del Growth Hacking italiano, è evidente che tale fenomeno nella nostra economia è ancora in stato “embrionale”, anche se ci sono tutti i presupposti per un proficuo utilizzo dello stesso in ambito aziendale. Vada da sé che un giovane che intende approcciarsi a tale mindset dovrà necessariamente farlo con modalità innovative, in considerazione del fatto che non vi è un notevole background di conoscenze istituzionali dalle quali poter attingere le necessarie competenze. I due Growth Hacker, sembrano entrambi fiduciosi circa un’evoluzione e normalizzazione di tale fenomeno, auspicando che lo stesso possa essere inglobato e contestualizzato al marketing.
  • 41. 41 CONCLUSIONI Delineato il fenomeno del Growth Hacking, dalla sua origine ai suoi risvolti odierni, anche attraverso specifici case study, risulta alquanto evidente come questo nuovo mindset presentato, possa rappresentare una valida forza su cui ogni impresa può fare riferimento per far crescere il proprio modello di business. Durante tutto l’elaborato più volte è stato affrontato la tematica dell’attuale contesto competitivo imprenditoriale che risulta essere sempre più veloce, frenetico ed innovativo, motivo per il quale attuare un tradizionale approccio di marketing non risulta essere idoneo. Alla mia banale domanda su cosa sia il Growth Hacking, che mi ha spinto ad affrontare il presente saggio, ho trovato una citazione di un autorevole manager di una multinazionale, Michael Brenner, il quale testualmente cita: “Il Growth Hacking è marketing. È il futuro del marketing. È quello che il marketing sarebbe dovuto essere fin dall’inizio”. Aver affrontato lo studio di questo fenomeno mi ha permesso di poter delineare una mia personale idea su questo nuovo approccio del marketing. Ritengo che, concentrandosi esclusivamente sul vendere i propri prodotti/servizi, senza aver una struttura e una visione di crescita d’insieme, non permette, a mio avviso, di rendere l’impresa sostenibile nel lungo periodo, poiché questa stessa non sarà capace di reagire alle diverse fluttuazioni della domanda. Per questo motivo, penso che lo sviluppo di un prodotto/servizio che abbia come driver il cliente, consenta la progettazione di modello di business più resiliente alle varie dinamiche e flessioni del mercato. L’auspicio, per il mio futuro professionale, è quello di poter avere un personale mindset mediante un approccio del tutto simile a quello del Growth Hacking, concentrandomi sulla crescita di lungo periodo piuttosto che sulle vendite attuali. Concludo con la speranza che il presente saggio possa risultare interessante e destare la curiosità di chiunque possa leggerlo, affinché riesca a conoscere un fenomeno che in un prossimo futuro diventerà certamente una linea guida per tutti i contesti economici di crescita delle imprese.
  • 42. 42 BIBLIOGRAFIA Andrew Chen - “Growth Hacker is the new VP Marketing” – in http://andrewchen.co/how-to-be-a-growth-hacker-an-airbnbcraigslist-case-study/ (consultato luglio 2017). Airbnb - https://www.airbnb.com Barboni L., Simonetti F., Growth Hacking: Fai crescere la tua impresa online, Dario Flaccovio Editore, 2017. Blank Steve, Ellis Sean, Schurenber – “Lean Startup meets Growth Hacking: getting places fast” del 2016 - https://www.youtube.com/watch?v=-smTkDBRqr0 (consultato luglio 2017) Botteghe Digitali - “Il Lean Canavas e l’Unfair Advantage” - http://www.botteghedigitali.it/2017/03/16/l-unfair-advantage/ (consultato luglio 2017) Camera A. (2017) - Startup marketing: Strategie di growth hacking per sviluppare il vostro business” Hoepli. Edizione del Kindle (Italian Edition) – in Kindle posizioni 2539-2547. Camera A. (2017) – Startup marketing, gli errori da evitare- https://www.wired.it/economia/start-up/2017/05/18/startup-marketing-errori-evitare/ (consultato luglio 2017) Casarin D. (ottobre 2016) – Growth Hacking: analisi, creatività e strategia - in blog - http://blog.advmedialab.com/growth-hacking-analisi-strategia Craigslist - https://www.craigslist.org Di Gaetano F. (2015) – Growth Hacking, SEO ed Inbound Marketing per lanciare la tua Startup - http://www.argoserv.it/growth-hacking-startup (consultato luglio 2017) Dodson I., L’arte del marketing digitale. Guida per creare strategie e campagne di successo, Apogeo Dropbox - https://www.dropbox.com
  • 43. 43 EmailMarketingblog – Email Deliverability - https://emailmarketingblog.it/glossario/deliverability (2017). Ellis S. (26 luglio 2010) – Find a Growth Hacker for Your Startup - in http://www.startup-marketing.com/where-are-all-the-growth-hackers/ (luglio 2017). Ellis S.– The startup Pyramid; Product Market/Fit – in blog http://www.startup- marketing.com/the-startup-pyramid/ (luglio 2017). Eugeni R, Vittadini N. - Lo strumento più potente per il marketing e la comunicaziona di una startup digitale: il Growth Hacking - libro: “Le professioni della comunicazione 2017. Il libro bianco. Una guida per studenti, professionisti e formatori” - Franco Angeli, 2017 Gaito Raffaele – “Growth Hacking: cosa è, come funziona e come iniziare” - https://www.raffaelegaito.com/growth-hacking/ (consultato luglio 2017). Gaito Raffaele – “La skill principale per il Growth Hacking? La multidisciplinarietà” - https://www.raffaelegaito.com/growth-hacking-multidisciplinarieta/ (consultato luglio 2017) Gaito Raffale – “Multidisciplinarietà: La skill più importante di ogni Growth Hacker” - Growth Hacking: Fai crescere la tua impresa – Barboni L., Simonetti F. (2017) – Dario Flaccovio Editore Ginn Aaron – Who is a Growth Hacker - http://www.aginnt.com/growth- hacker#.WV0RO4iLSUl (2017). Giorgi A. (2017) – Dalla metodologia lean startup al growth hacking: sperimentare e crescere - http://www.armandogiorgi.it/dalla-metodologia-lean-startup-al-growth- hacking-sperimentare-e-crescere/ (consultato luglio 2017). Growth Hackers – Airbnb: The Growth Story You Didn’t Know - https://growthhackers.com/growth-studies/airbnb/ (consultato luglio 2017) Inside Marketing – Le 5 fasi del funnel dei pirati: A.A.R.R.R. - https://www.insidemarketing.it/le-5-fasi-del-funnel-dei-pirati-aarrr/ (consultato luglio 2017)
  • 44. 44 Lacerba.io – Growth Hacking MasterClass – Raffaele Gaito e Luca Barboni - in webinar http://lacerba.io/courses/enrolled/169210 Lacerba.io – Introduzione al Growth Hacking - Raffaele Gaito e Luca Barboni- in webinar http://lacerba.io/courses/enrolled/128707 Linkedin - Andrew Chen - https://www.linkedin.com/in/andrewchen/it (consultato luglio 2017). Linkedin – Luca Barboni - https://www.linkedin.com/in/lucabarboni/ (consultato luglio 2017). Linkedin – Neil Patel - https://www.linkedin.com/in/neilkpatel (consultato luglio 2017). Linkedin - Raffaele Gaito - https://www.linkedin.com/in/raffaelegaito/ (consultato luglio 2017). Linkedin – Sean Ellis - https://www.linkedin.com/in/seanellis/ (consultato luglio 2017). Marketing Week – Coca-Cola and the rise of the Chief Growth Officer - https://www.marketingweek.com/2017/03/29/chief-growth-officer-coca- cola/?ct_595bc09248706=595bc092487a8 (consultato luglio 2017). Martel D. (2015) – Building a Startup Growth Engine - http://www.danmartell.com/growthengine/ (consultato luglio 2017). McClure Dave (2007) - Startup Metrics for Pirates - https://www.slideshare.net/dmc500hats/startup-metrics-for-pirates-long-version (consultato luglio 2017). Nardon M. (2017) – Il Growth Hacking non riguarda solo le startup, Applicalo nel tuo lavoro - http://www.ninjamarketing.it/2017/02/27/il-growth-hacking-non-riguarda-solo- le-startup-applicalo-nel-tuo-lavoro/ (consultato luglio 2017). Patel Neil – The Definitive Guide To Growth Hacking – Quick Sprout, LLC - https://www.quicksprout.com/the-definitive-guide-to-growth-hacking/ (consultato luglio 2017). Patel Neil - http://neilpatel.com/it/
  • 45. 45 Pizzato M. C. (pubblicato 9 aprile 2015) A/B test: cos’è e come realizzarlo – in pulse Linkedin - https://www.linkedin.com/pulse/ab-test-cos%C3%A8-e-come-realizzarlo- maria-cristina-pizzato (luglio 2017). Ries Eric, Partire Leggeri, Rizzoli Etas, 2012. Ryan Holiday, Growth Hacker Marketing: A Primer on the Future of PR, Marketing and Advertising, Profile Books, Main. Edizione, 2014. Skole J. (2016) – AAARRR! What are Pirate Metrics? - http://www.activecampaign.com/blog/aaarrr-what-are-pirate-metrics/ (consultato luglio 2017). Startup Business – Growth Hacking e Lean Startup, perché si somigliano - http://www.startupbusiness.it/growth-hacking-vs-lean-startup/85796/ (consultato luglio 2017). Tampieri M. (2015) - Funnel di Marketing: Cosa sono e che vantaggi per la tua attività - video Youtube https://www.youtube.com/watch?v=EbiVNwrf5fI (consultato luglio 2017). Tampieri M. (2015) - Funnel di Marketing: Cosa sono e che vantaggi per la tua attività - http://businesstribe.it/interviste/funnel-di-marketing/ (consultato luglio 2017). Wikipedia – Airbnb - https://it.wikipedia.org/wiki/Airbnb (consultato luglio 2017). Wikipedia – Appication programmaing interface- https://it.wikipedia.org/wiki/Application_programming_interface (consultato luglio 2017). Wikipedia – Bot - https://it.wikipedia.org/wiki/Bot (consulato luglio 2017). Wikipedia - Craiglist - https://it.wikipedia.org/wiki/Craigslist (consultato luglio 2017). Wikipedia – Landing page – https://it.wikipedia.org/wiki/Landing_page (consultato luglio 2017). Wikipedia – Product Market Fit - https://en.wikipedia.org/wiki/Product/market_fit (2017).
  • 46. 46 Wikipedia – Facebook- https://it.wikipedia.org/wiki/Facebook (consultato luglio 2017). Wikipedia - Growth - https://en.wikipedia.org/wiki/Growth (consultato luglio 2017). Wikipedia - Growth Hacking - https://it.wikipedia.org/wiki/Growth_hacking (consultato luglio 2017). Wikipedia – Hacking - https://it.wikipedia.org/wiki/Hacking (consultato luglio 2017). Wikipedia – Mark Zuckerber - https://it.wikipedia.org/wiki/Mark_Zuckerberg (consultato luglio 2017). Wikipedia - Sean Ellis - https://en.wikipedia.org/wiki/Sean_Ellis_(entrepreneur) (consultato luglio2017). Wikipedia – Uber - https://it.wikipedia.org/wiki/Uber (luglio 2017). Wikipedia - Uniform Resource Locator - https://it.wikipedia.org/wiki/Uniform_Resource_Locator (consultato luglio 2017). Wikipedia – 500Startups https://en.wikipedia.org/wiki/500_Startups (consultato luglio 2017). Zaccone E. – Growth Hacker - “Digital Entrepreneur: Principi, pratiche e competenze per la propria startup” - Franco Angeli Editore
  • 47. 47 RINGRAZIAMENTI Ho il piacere di rivolgere un pensiero e di ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato e sostenuto in differenti modi alla stesura della mia tesi e alla conclusione del mio percorso. Ringrazio anzitutto il professore Galvagno, Relatore il quale mi ha fornito consigli e le linee guida per eseguire nel modo più corretto ed indipendente il mio lavoro. La disponibilità, la fiducia e l’incoraggiamento ricevuto sono stati elementi fondamentali per lo svolgimento di una tematica ancora lontana dai banchi accademici. Ringrazio inoltre Luca Barboni e Raffaele Gaito, per aver contribuito a pieno alla realizzazione di questo saggio finale. È grazie ad entrambi se è nato in me l’interesse verso questo fenomeno così nuovo ed interessante. La loro disponibilità oltreoceano (Luca) e oltre orario ha reso l’elaborato ricco di contributi che altrimenti non avrei mai avuto. Ringrazio la mia famiglia che mi ha sostenuto ed incoraggiato a credere in me stesso nonostante tutto. Dedico il risultato, a prescindere tutto, ai miei genitori punto cardine della mia vita che pur non comprendendo a pieno determinate mie scelte mi supportano nell’affrontare la vita a testa alta. Ringraziamento speciale alle mie due sorelle: Claudia, certezza e forza. La sua determinazione, la sua positività “razionale” ed il suo supporto, anche a distanza, sono stati fondamentali, soprattutto nei momenti difficili. Paola, dolcezza e delicatezza. La sua gentilezza è stata sempre massima e comprensiva anche nei momenti dove la mia pazienza vacillava. A voi due devo la mia serenità nell’affrontare quotidianamente le mie sfide. Ringrazio inoltre tutti i miei amici, quelli veri, importanti e sinceri, che sapranno certamente riconoscersi in questa breve ma chiara descrizione, è grazie a loro se tutto questo è stato meno difficile e più ricco di ricordi. Il ringraziamento più grande, tuttavia, va a me stesso per non aver mai gettato la spugna e aver continuato a lottare, per aver intrapreso scelte e percorsi, tutt’oggi, non
  • 48. 48 chiari a molti ma che mi hanno permesso di poter affrontare in prima persona anche questo saggio finale. Nonostante tutti i se e i ma, Giuseppe ce l’hai fatta. GRAZIE