2. 1483,
“in venerdì santo, alle tre di notte,
d'un Giovanni de' Santi, pittore non
meno eccellente, ma sì bene uomo
di buono ingegno, e atto a
indirizzare i figli per quella buona
via, che a lui, per mala fortuna sua,
non era stata mostra nella sua
bellissima gioventù”
Madonna con bambino 1495
3. Raffaello apprese
probabilmente i primi
insegnamenti di disegno e
pittura dal padre,
che
almeno dagli anni ottanta
era a capo di una fiorente
bottega, impegnata nella
creazione di opere per
l'aristocrazia locale e per la
famiglia ducale, come la
serie delle Muse per il
tempietto del palazzo
Ducale
autoritratto 1507
4. 1494
Quando Raffaello aveva
undici anni, morì il padre. In
quell'anno Raffaello ne
ereditò l'attività, assieme ad
alcuni collaboratori e
contemporaneamente inizia
la collaborazione con la
bottega del Perugino, a
Perugia vide, con molta
probabilità, per la prima volta
le grottesche, dipinte sul
soffitto del Collegio, che
entrarono in seguito nel suo
repertorio iconografico.
5. Nel 1499 Raffaello,
sedicenne, si trasferì con
gli aiuti della bottega
paterna a Città di
Castello, dove ricevette la
sua prima commissione
indipendente:
lo stendardo della
Santissima Trinità per
una confraternita locale.
La Pala Colonna
6. A Città di Castello l'artista
lasciò almeno altre due
opere di rilievo, tra cui
la Crocifissione Gavari,
visibile al lato.
7. L'opera si ispira a una pala
analoga che il Perugino stava
dipingendo in quegli stessi anni per
il Duomo di Perugia, ma il confronto
tra le due opere mette in risalto
profonde differenze. Raffaello infatti
copiò il maestoso tempio sullo
sfondo, ma lo alleggerì
allontanandolo dalle figure e ne fece
il fulcro dell'intera composizione, che
sembra ruotare attorno
all'elegantissimo edificio a pianta
centrale. Anche le figure sono più
sciolte e naturali, con una
disposizione nello spazio che evita
un rigido allineamento sul primo
piano, ma si assesta a semicerchio,
bilanciando e richiamando le forme
concave e convesse del tempio
8. Verso il 1503 l'artista intraprese
una serie di brevi viaggi che lo
portarono ai primi contatti con
importanti realtà artistiche
dell’epoca. Oltre alle città umbre e
alla nativa Urbino, visitò quasi
sicuramente Firenze, Roma (dove
assistette alla consacrazione
di Giulio II) e Siena.
Francesco Maria Della Rovere _1503
9. A Siena fu invitato da Pinturicchio,
con il quale era legato da una stretta
amicizia. Il pittore più anziano invitò
Raffaello a collaborare agli affreschi
della Libreria Piccolomini (voluta dal
futuro papa Paolo III), fornendo dei
cartoni che svecchiassero il suo stile
ormai in una fase di declino, come si
vede nei precedenti affreschi
della Cappella Baglioni a Spello
10. Nel clima artistico fiorentino,
fervente più che mai, Raffaello
strinse rapporti d'amicizia con
altri artisti, tra cui : Ridolfo del
Ghirlandaio, Antonio da
Sangallo, Andrea Sansovino
Probabilmente sperava in
qualche commissione ufficiale ,
ma il gonfaloniere era in
ristrettezze economiche per il
recente esborso per acquistare
il David di Michelangelo e i
grandiosi progetti per la Sala del
Gran Consiglio. Nonostante ciò
non passò molto tempo che
l'artista riuscì a garantirsi
commissioni da alcuni facoltosi
cittadini, come Lorenzo Nasi, per
il quale dipinse la Madonna del
Cardellino.
11. Il soggiorno fiorentino fu di
fondamentale importanza nella
formazione di Raffaello,
permettendogli di approfondire
lo studio dei modelli
quattrocenteschi (Masaccio e
Donatello) nonché delle ultime
conquiste dei contemporanei
maestri:
Leonardo e Michelangelo.
Dal primo apprese i principi
compositivi per creare gruppi di
figure strutturati plasticamente
nello spazio, mentre sorvolò
sulle complesse allusioni e
implicazioni simboliche,
sostituendo l'indefinito
psicologico a sentimenti più
spontanei e naturali. Da
Michelangelo invece assimilò il
chiaroscuro plastico, la
ricchezza cromatica e il senso
dinamico delle figure
12. Celebre è la serie delle
Madonne col Bambino che a
Firenze raggiunge nuovi
vertici. Per famiglie fiorentine
della borghesia medio-alta
Raffaello dipinse alcuni
capolavori assoluti, come
alcuni gruppi di Madonne a
tutta figura col Bambino e san
Giovannino: la Bella
giardiniera, la Madonna del
Cardellino e la Madonna del
Belvedere.
La bella giardiniera
13. Le composizioni divengono via
via più complesse e articolate,
senza però mai rompere quel
senso di idilliaca armonia che,
unita alla perfetta padronanza
dei mezzi pittorici, fanno di
ciascuna opera un autentico
capolavoro. Nella Sacra Famiglia
Canigiani, databile al 1507 circa,
quindi quasi alla fine del
soggiorno fiorentino, le
espressioni e i gesti si intrecciano
con sorprendente varietà, che
riesce a rendere sublimi e poetici
dei momenti tratti
dalla quotidianità
particolare
14. Al periodo fiorentino appartengono
alcuni ritratti nei quali è manifesta
l'influenza di Leonardo: la Donna
gravida, Agnolo Doni e Maddalena
Strozzi, la Dama col liocorno e
la Muta.
Ad esempio in quello di Maddalena
Strozzi è evidente l'impostazione a
mezza figura nel paesaggio, con le
mani conserte, derivata
dalla Gioconda, ma con risultati
quasi antitetici, in cui prevalgono
la descrizione dei lineamenti fisici,
dell'abbigliamento, dei gioielli, e la
luminosità del paesaggio, scevra
dal complesso mondo di significati
simbolici ed allusivi di Leonardo
15. Opera cruciale di questa fase è
la Pala Baglioni (1507)
In quest'opera Raffaello fuse il
senso tragico della morte con
il vitale slancio del
turbamento, con una
composizione estremamente
monumentale, drammatica e
dinamica, ma bilanciata con
cura, in cui si notano ormai
evidenti spunti
michelangioleschi, nella
ricerca plastica e coloristica, e
dell'antico, in particolare dalla
rappresentazione della Morte
di Melagro che l'artista aveva
potuto vedere durante un
probabile viaggio formativo a
Roma nel 1506
16. Verso la fine del 1508 per
Raffaello arrivò la chiamata a
Roma che cambiò la sua vita.
In quel periodo infatti papa
Giulio II aveva messo in atto
una straordinaria opera di
rinnovo urbanistico e artistico
della città in generale e del
Vaticano in particolare,
chiamando a sé i migliori
artisti sulla piazza, tra
cui Michelangelo e Donato
Bramante. Fu proprio
Bramante, secondo la
testimonianza di Vasari, a
suggerire al papa il nome del
conterraneo Raffaello
17. Nella decorazione delle stanze, affiancò una squadra di pittori provenienti da tutta Italia
(il Sodoma, Bramantino, Baldassarre Peruzzi, Lorenzo Lotto e altri) per la decorazione,
da poco avviata, dei nuovi appartamenti papali. Le sue prove nella volta della prima, poi
detta Stanza della Segnatura, piacquero così tanto al papa che decise di affidargli, fin
dal 1509, tutta la decorazione, a costo anche di distruggere quanto già era stato fatto,
sia ora che nel Quattrocento (tra cui gli affreschi di Piero della Francesca)
18. Sarebbe stato lo stesso pontefice a fornire il complesso programma iconografico
adottato nella prima sala che ospitava la sua biblioteca e che contiene le allegorie delle
Quattro discipline contemplate dalla Scolastica medioevale, la Teologia, la Filosofia, il
Diritto e la Poesia (sostitutiva quest’ultima della Medicina).
19. La scena è una rappresentazione del monte Parnaso, che secondo la mitologia greca è
la dimora delle Muse. Sulla sommità del colle, nei pressi della fonte Castalia, Apollo,
coronato di alloro e al centro della composizione, suona una lira da braccio, circondato
dalle Muse. Ai suoi lati si vedono Calliope ed Erato, che presiedono il coro delle altre: a
sinistra dietro Calliope, Talia, Clio ed Euterpe; a destra dietro Erato, Polimnia,
Melpomene, Tersicore e Urania.
20. Il programma decorativo della successiva stanza, destinata a sala delle Udienze e
poi detta di Eliodoro dal nome di uno degli affreschi, tenne conto della particolare
situazione politica: venne deciso infatti di realizzare scene legate al superamento
delle difficoltà della Chiesa grazie all'intervento divino.
21. Nella terza stanza, l'unica parete con l’intervento diretto del maestro, è quella
dell'Incendio di Borgo (1514) in cui iniziano ad essere evidenti i debiti verso il
dinamismo turbinoso degli affreschi di Michelangelo, reinterpretati però con altri
riferimenti, fino a generare un nuovo "classicismo", scenografico e monumentale, ma
dotato anche di grazia e armonia.
22. La storiografia artistica ha per lungo tempo trascurato la portata dell’opera di Raffaello architetto.
Quando Raffaello decise di accettare l'incarico di soprintendente ai lavori della basilica di San
Pietro, aveva alle spalle alcune esperienze in questo campo: per Agostino Chigi aveva curato le
cosiddette "Scuderie" di villa Farnesina (distrutte) e la cappella funeraria in Santa Maria del
Popolo. Inoltre aveva atteso alla costruzione della piccola chiesa di Sant'Eligio degli Orefici
(nell’immagine) portata a termine da Baldassarre Peruzzi e Aristotele da Sangallo. In queste opere
si nota un reimpiego di motivi derivati dall'esempio di Bramante e di Giuliano da Sangallo,
coniugati con notevoli suggestioni dell'antico.
23. Iniziate da Bramante, Le Logge,
vennero proseguite da Raffaello, sia
nell'esecuzione che nella
decorazione, arricchendo
l'articolazione delle pareti e coprendo
le campate con volte a padiglione,
che gli permisero di disporre di piani
più vasti per la decorazione pittorica.
Quest'ultima, avviata nel 1518, vide
l'opera di un folto numero di
assistenti, e comprendeva una
sessantina di storie dell'Antico e
Nuovo Testamento, tanto che venne
chiamata la "Bibbia di Raffaello"
Logge del palazzo Niccolino in Vaticano
24. Tra il 1514 e il 1516 dipinse
due pale d'altare: l'Estasi di
Santa Cecilia a Bologna e
la Madonna Sistina
contemporaneamente eseguì
alcuni ritratti di personaggi
illustri tra i quali il ritratto
di Baldassarre Castiglione, il
doppio ritratto che si trova
alla galleria Doria a Roma e
la cosiddetta Velata.
La Velata
25. Sotto il pontificato di Leone X,
Raffaello ricevette anche
l'incarico di custodia e
registrazione dei marmi
antichi, che lo portò a
condurre un attento studio
delle vestigia antiche, per
esempio esaminando le
strutture e gli elementi
architettonici del Pantheon
come nessuno aveva fatto
fino a quel momento
Ritratto di Leone X
con i cardinali Giulio de' Medici e Luigi de' Rossi
26. La Trasfigurazione, ultima opera di
Raffaello, alla sua morte era
ancora incompleta e fu portata a
termine da Giulio Romano nella
parte inferiore.
Opera dinamica e innovativa, con
uno straordinario uso della luce, ci
mostra due zone circolari
sovrapposte, legate da molteplici
rimandi di mimica e gesti. La forza
drammatica è determinata dal
contrasto tra la composizione
simmetrica della parte superiore e
la concitata gestualità e le
dissonanze di quella inferiore, che
si raccordano sull'asse verticale
fino all'epifania divina, che scioglie
tutti i drammi.
27. Raffaello morì a soli 37 anni, nel giorno di Venerdì Santo. Secondo Vasari la
morte sopraggiunse dopo quindici giorni di malattia, iniziata con una febbre
"continua e acuta", causata secondo il biografo da "eccessi amorosi", e
infelicemente curata con ripetuti salassi.
28. PRESENTAZIONE
a cura di
ANTONIO CURRELI
Nostro Signore (Papa Leone X) con l'onorarmi
m'ha messo un gran peso sopra spalle. Questo è
la cura della fabrica di S Pietro. Spero bene di non
cadervici sotto, e tanto più quanto il modello ch'io
nho' fatto piace a Sua Santità et è lodato da molti
belli ingegni. Ma io mi levo col pensier più alto.
Vorrei trovar le belle forme degli edifici antichi, né
so se il volo sarà d'Icaro.
Lettera di Raffaello a B. Castiglione